Ultimo Beethoven all’Orto Botanico. Dirige Salvatore Percacciolo

Pubblicato il 20 Settembre 2018

Carlo rizzari

L'Orchestra Sinfonica Siciliana protagonista nel giardino di via Lincoln in occasione del Progetto Beethoven sabato 22 settembre. In programma le sinfonie n.1 e n.3 di Ludwig van Beethoven. Dirige l'Orchestra, Carlo Rizzari.

Palermo, 20 settembre 2018 - Terzo appuntamento del Progetto Beethoven all'Orto Botanico. Sabato 22 settembre, alle ore 18,30 (NUOVO ORARIO ORE 21 CAUSA CHIUSURA AL TRAFFICO PER PALERMO PRIDE) l'Orchestra Sinfonica Siciliana sarà diretta da Carlo Rizzari. In programma la Sinfonia n.1 in do maggiore op.21 e la Sinfonia n.3 in mi bemolle maggiore op.55 (Eroica).

Carlo Rizzari. Ha diretto l'Orchestra Sinfonica di Montréal, l'Orchestra della Suisse Romande, l'Orchestra Sinfonica di Graz, l'Orchestra Regionale Toscana, l'Orchestra di Padova e del Veneto, l'Orchestra del Teatro San Carlo di Napoli, l'Orchestra della Fondazione Toscanini, l'Orchestra dei Pomeriggi musicali di Milano, l'Orchestra della Svizzera Italiana. Fondamentale per la sua formazione, l'esperienza maturata dal 2006 come assistente di direzione di Antonio Pappano presso l'Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma. Con il medesimo ruolo, è stato invitato da Claudio Abbado per una serie di concerti dell'Orchestra Mozart a Bologna e Lucerna. Dirige regolarmente l'Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia sia nella stagione sinfonica che nei Family Concerts lavorando con grandi solisti quali John Osborn, Barry Banks, Celso Albelo, Sonia Ganassi, Lang Lang e nelle iniziative della didattica (dando un prezioso contributo ai corsi di specializzazione dell'Accademia di Santa Cecilia indirizzati ai cantanti lirici - Opera Studio - e ai giovani musicisti - l'Ensemble Novecento). Su invito di Kent Nagano, ha iniziato una significativa collaborazione con l'Orchestre Symphonique de Montréal che ha diretto all'interno della programmazione del Festival di Knowlton e, nel nuovissimo Performing Art Center, con un programma dedicato al belcanto e a Respighi (Fontane di Roma, Pini di Roma). È direttore artistico e musicale della Young Talents Orchestra Ernst & Young, orchestra giovanile formata dai migliori giovani musicisti selezionati e perfezionatisi con le prime parti delle migliori orchestre italiane. È stato uno dei quattro direttori della rassegna di musica contemporanea PlayIT-2014 (vincitore del Premio Abbiati) con l'Orchestra Regionale Toscana.

Biglietto: 10 EURO AL BOTTEGHINO DEL POLITEAMA GARIBALDI E UN'ORA E MEZZA PRIMA DEL CONCERTO ALL'ORTO BOTANICO

Info: 
biglietteria@orchestrasinfonicasiciliana.it
Tel. 091 6072532/3
www.orchestrasinfonicasiciliana.it
www.vivaticket.it

L'Ufficio stampa 
(Mario Pintagro) 

Note biografiche

Carlo Rizzari, direttore
Ha diretto l'Orchestra Sinfonica di Montréal, l'Orchestra della Suisse Romande, l'Orchestra Sinfonica di Graz, l'Orchestra Regionale Toscana, l'Orchestra di Padova e del Veneto, l'Orchestra del Teatro San Carlo di Napoli, l'Orchestra della Fondazione Toscanini, l'Orchestra dei Pomeriggi musicali di Milano, l'Orchestra della Svizzera Italiana.

Fondamentale per la sua formazione, l'esperienza maturata dal 2006 come assistente di direzione di Antonio Pappano presso l'Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma. Con il medesimo ruolo, è stato invitato da Claudio Abbado per una serie di concerti dell'Orchestra Mozart a Bologna e Lucerna.

Dirige regolarmente l'Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia sia nella stagione sinfonica che nei Family Concerts lavorando con grandi solisti quali John Osborn, Barry Banks, Celso Albelo, Sonia Ganassi, Lang Lang e nelle iniziative della didattica (dando un prezioso contributo ai corsi di specializzazione dell'Accademia di Santa Cecilia indirizzati ai cantanti lirici - Opera Studio - e ai giovani musicisti - l'Ensemble Novecento).

Su invito di Kent Nagano, ha iniziato una significativa collaborazione con l'Orchestre Symphonique de Montréal che ha diretto all'interno della programmazione del Festival di Knowlton e, nel nuovissimo Performing Art Center, con un programma dedicato al belcanto e a Respighi (Fontane di Roma, Pini di Roma).

Ha inaugurato le edizioni del Reate Festival a Rieti del 2009, del 2010 e del 2011, dirigendo presso il Teatro Flavio Vespasiano di Rieti, Il Campanello di Donizetti, il Gianni Schicchi di Puccini, l'He-ure Espagnole di Ravel, l'Adina di Rossini.

Come esperto di belcanto ha diretto il Don Pasquale al Teatro Sao Carlo di Lisbona.

Inoltre è stato protagonista della stagione estiva 2012 dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia con il concerto n.1 e n.5 per pianoforte e orchestra (al pianoforte Lang Lang) e le sinfonie dispari di L. van Beethoven con grande entusiasmo di pubblico e critica.

Per il Teatro Petruzzelli di Bari ha diretto la Quinta e la Settima Sinfonia di L. van Beethoven e, con grande successo, una nuova produzione del Rigoletto al Petruzzelli di Bari, replicata al Carlo Felice di Genova.

È direttore artistico e musicale della Young Talents Orchestra Ernst & Young, orchestra giovanile formata dai migliori giovani musicisti selezionati e perfezionatisi con le prime parti delle migliori orchestre italiane.

È stato uno dei quattro direttori della rassegna di musica contemporanea PlayIT-2014 (vincitore del Premio Abbiati) con l'Orchestra Regionale Toscana.

A maggio 2016 il suo brillante debutto alla Staatsoper di Amburgo con Traviata che ha inaugurato una regolare collaborazione con l'esecuzione di opere come Carmen, Madama Butterfly, Rigoletto, Il Barbiere di Siviglia. 

Note di sala a cura di Riccardo Viagrande

Ludwig van Beethoven
(Bonn 1770 – Vienna 1827)
Sinfonia n. 1 in do maggiore op. 21
Adagio molto, Allegro con brio
Andante cantabile con moto
Minuetto
Adagio, Allegro molto e vivace
Durata: 27'

Composta tra il 1799 e gli inizi del 1800 quando Beethoven era ormai sulla soglia dei trent'anni, la Sinfonia n. 1 in do maggiore si pone come un magnifico ponte tra la produzione di Haydn e Mozart, da una parte, e i suoi successivi lavori dall'altra. Grande sinfonista, Beethoven si accostò relativamente tardi a questa forma consapevole della difficoltà di introdurre novità in un genere nel quale era molto forte il peso della tradizione, rappresentata da Haydn che nel 1795 aveva presentato al pubblico inglese le sue due ultime sinfonie londinesi, la n. 103 col rullo di timpani e la n. 104 London. Tra il 1794 e il 1795 anche Beethoven aveva progettato di scrivere una sinfonia, ma, dopo aver lavorato ad un abbozzo alquanto frammentario di un primo movimento nella tonalità di do minore, decise di interrompere il lavoro per completare altre composizioni, riprendendolo appunto nel 1799. La Sinfonia fu eseguita per la prima volta, sotto la direzione del compositore, il 2 aprile 1800 all'Hofburgtheater di Vienna in un'Accademia a beneficio di Beethoven che vendette personalmente i biglietti nella sua residenza dopo aver messo un regolare annuncio sulla «Wiener Zeitung» il 26 marzo 1800 che recitava:

"La Imperial Regia Direzione ha concesso il beneficio di un'Accademia nell'Imperial Regio Teatro di Corte al sig. van Beethoven. Questi rende noto allo spettabile pubblico che l'accademia è fissata per il 2 aprile. Palchi e posti riservati si possono ottenere i giorni 1 e 2 aprile presso il sig. van Beethoven al n. 241, Tiefen Garten, terzo piano".

In questa prima esecuzione, che giunse al termine di un concerto di circa cinque ore in cui furono eseguite altre composizioni, la Sinfonia fu accolta favorevolmente sia dal pubblico che dalla stampa, come si apprende dalla recensione pubblicata sull'«Allgemeine Musikalische Zeitung»:

"Anche il Sig. Beethoven ha finalmente ottenuto il Teatro [l' Hofburgtheater], ed è stata probabilmente l'Accademia più importante da lungo tempo a questa parte. Egli ha suonato un nuovo Concerto [molto probabilmente il Concerto n. 1 op. 15 per pianoforte] di sua composizione che comprende molte cose belle – soprattutto i primi due movimenti. Poi è stato eseguito un suo Settimino scritto con molto buon gusto e con sentimento. Indi ha improvvisato magistralmente [sull'Inno all'Imperatore di Haydn] e alla fine è stata eseguita una Sinfonia [la Sinfonia n. 1 op. 21 appunto] di sua composizione che ha rivelato molta arte, novità e ricchezza di idee".

Questa Sinfonia, i cui elementi di novità convivono con altri legati alla tradizione, soprattutto nella parte introduttiva del primo movimento, Adagio molto, abbastanza ampia sebbene non raggiunga le proporzioni di quelle delle Londinesi di Haydn, è innovativa nella struttura tonale nella quale si evidenzia una certa ambiguità tonale ottenuta all'inizio con un'immediata, quanto transitoria modulazione alla sottodominante. Nell'Allegro con brio, in forma-sonata, traspaiono alcune caratteristiche del personale linguaggio beethoveniano nel contrasto dei due temi, dei quali il primo ricorda quello iniziale della Jupiter di Mozart, mentre il secondo si distende in disegni melodici affidati all'oboe e al flauto, che dialogano tra di loro. Proprio questo aspetto fu giudicato innovativo dalla critica, come è testimoniato dal rimprovero mosso a Beethoven dall'anonimo recensore dell'«Allgemeine Musikalische Zeitung» che notò un uso eccessivo dei legni.

Più tradizionale è il secondo movimento, Andante cantabile con moto, anch'esso in forma-sonata, nel quale emerge, come tema principale, dalla voce dei secondi violini che la espongono inizialmente, una melodia gentile e aggraziata.

Estremamente innovativo è, invece, il terzo movimento che, pur conservando il tradizionale titolo di Minuetto, è scritto in un andamento Allegro molto e vivace che lo allontana dalle corrispondenti pagine salottiere di Haydn e Mozart.

L'ultimo movimento, aperto da una breve introduzione, Adagio, inesistente nei finali delle sinfonie di Haydn o di Mozart, si snoda in un brillante Allegro molto e vivace in forma di rondò, il cui primo tema è tratto dall'abbozzo della sinfonia progettata nel 1795.

Sinfonia n. 3 "Eroica" in mi bemolle maggiore op. 55
Allegro con brio
Marcia funebre (Adagio assai)
Scherzo (Allegro vivace)
Finale (Allegro molto)
Durata: 52'

"Nello scrivere questa sinfonia Beethoven stava pensando a Buonaparte, ma Buonaparte mentre era primo console. In quel tempo Beethoven aveva la più alta stima per lui e lo paragonava ai più grandi consoli di Roma antica. Non solo io, ma molti degli amici più intimi di Beethoven, videro questa sinfonia sul suo tavolo, meravigliosamente copiata in manoscritto, con la parola «Buonaparte» scritta nella parte superiore del frontespizio e «Ludwig van Beethoven» nell'estremità più bassa [...]. Io fui il primo a riferirgli le notizie che Buonaparte si era proclamato Imperatore dopo di che egli si adirò ed esclamò: «Così egli non è più un comune mortale! Ora, egli calpesterà tutti i diritti umani, indulgerà solo sulla sua ambizione; ora egli si crederà superiore a tutti gli uomini, diventerà un tiranno!». Beethoven andò al tavolo, afferrò la parte superiore del frontespizio, la strappò a metà e la gettò sul pavimento. La pagina dovette essere ricopiata e fu solo ora che la sinfonia prese il titolo di Sinfonia eroica".

Ferdinand Ries, allievo e biografo di Beethoven, descrive così la delusione del compositore nell'apprendere che Napoleone Bonaparte al quale inizialmente l'opera era stata dedicata, si era proclamato imperatore rinnegando di fatto i principi della Rivoluzione Francese e della ragione illuministica. Venuta meno ogni possibilità di una palingenesi politica e morale, nella quale l'avvento di Napoleone aveva fatto sperare, per Beethoven non ebbero più alcun senso né la dedica né il titolo originario Bonaparte, che fu modificato in Sinfonia eroica composta per festeggiare il sovvenire di un grande uomo, come si legge nell'edizione a stampa sia delle parti, la cui pubblicazione risale al 1806, sia della partitura di tre anni posteriore. Alla delusione per la situazione politica, inoltre, si erano aggiunti altri drammi personali: la sordità, che nel 1802 si era aggravata al punto tale da indurlo a meditare il suicidio, e l'amore non corrisposto per la contessa Giulietta Guicciardi, sua allieva di pianoforte, che nel 1803 aveva sposato il conte Gallemberg. Proprio a questo periodo così drammatico risalgono la stesura delle prime battute dell'Eroica, composta tra il 1802 e il 1804, e il commovente Testamento spirituale di Heiligenstadt redatto tra il 6 e il 10 ottobre del 1802, dove appaiono alcuni propositi suicidi. Per dare una forma musicale alla tempesta emotiva che stava sconvolgendo la sua vita, il compositore, non soddisfatto dei tradizionali schemi della forma-sonata, realizzò una struttura musicale estremamente complessa, in cui ogni movimento risulta ampliato in modo considerevole, i temi sono sottoposti ad uno sviluppo e ad un'elaborazione fuori dal comune, che testimonia un profondo travaglio interiore, e, infine, gli stati d'animo vengono rappresentati con icastica efficacia narrativa. Questa struttura complessa non sfuggì ai primi commentatori che alla prima esecuzione pubblica della sinfonia, avvenuta il 7 aprile 1805 al teatro An der Wien sotto la direzione dello stesso Beethoven, rimasero disorientati esprimendo il loro disappunto per non essere riusciti a cogliere nell'opera l'unità dell'insieme. In una recensione, apparsa su un giornale viennese, si legge:

"Chi scrive è senz'altro uno degli ammiratori più sinceri di Beethoven, ma deve confessare di ritenere molte cose stridenti ed eccentriche tali da impedire di cogliere l'insieme, perdendo quasi totalmente il senso dell'unità".

A sua volta un corrispondente del giornale «Freymüthige» di Berlino scrisse:

"Alcuni amici di Beethoven sostengono che proprio questa sinfonia è il suo capolavoro [...]. Un'altra fazione nega invece che l'opera abbia qualsiasi valore artistico e sostiene di vederci solo l'indomito tentativo del compositore di essere originale, tentativo che però non è riuscito ad ottenere in nessuna delle sue parti né l'autentica bellezza né il sublime. Attraverso strane modulazioni e violente transizioni, combinando gli elementi più eterogenei – come quando, per esempio, un'ampia pastorale viene fatta a pezzi da contrabbassi, tre corni e così via –, si può ottenere senza troppi problemi una certa originalità non proprio desiderabile; ma il genio non afferma se stesso nell'insolito e nel fantasioso, bensì nel bello e nel sublime; e Beethoven stesso ha dimostrato questo assioma nei suoi lavori precedenti".

Anche il pubblico manifestò la sua contrarietà soprattutto per l'eccessiva lunghezza della sinfonia, al punto che, secondo un aneddoto alquanto verosimile, uno spettatore dalla galleria del teatro gridò: Pago un altro kreutzer se questa roba finisce.

Dallo studio dei numerosi abbozzi e appunti sembra che Beethoven abbia concepito la sinfonia dal Finale, in quanto l'idea tematica, sulla quale si basa la poderosa costruzione sinfonica, è costituita dallo scarno tema, quasi basso da passacaglia, già utilizzato nelle Variazioni op. 35 per pianoforte e nel balletto Le creature di Prometeo. Da questa idea tematica nasce, infatti, il primo tema del primo movimento, Allegro con brio, in cui alla riduzione della sezione introduttiva a due aforistici, quanto perentori accordi, si contrappone l'ampliamento della sezione di sviluppo, dove è introdotta una nuova idea tematica ampiamente elaborata nella lunga coda. In questo primo movimento l'elaborato sviluppo tematico sembra rappresentare perfettamente l'autoaffermazione dell'eroe che nella successiva Marcia funebre, equivalente laico della cattolica Messa da Requiem negli anni della Rivoluzione francese, sembra meditare serenamente sulla morte. Nella sezione centrale del movimento è introdotto un ampio fugato che conduce ad un punto culminante di straordinaria forza drammatica.

Nello Scherzo, il cui carattere perentorio e impetuoso sembra ridonare una certa vitalità all'eroe, si afferma una scrittura formata da note staccate leggerissime, che sarebbe diventata quasi canonica anche nelle altre sinfonie. Il tema del Trio, affidato ai corni, con i suoi richiami a quello fondamentale dell'intera sinfonia, contribuisce a conferire all'opera quella profonda unità interna che era sfuggita ai primi commentatori.

Il Finale è di difficile classificazione formale, dal momento che si presenta come una sintesi perfetta di varie forme musicali quali il Rondò, il tema e variazioni e la forma-sonata. Il tema, talmente scarno ed essenziale da avvicinarsi alla forma stringata dell'aforisma, si presenta arricchito dal punto di vista contrappuntistico ed è sottoposto ad un'elaborazione estremamente complessa che anticipa le opere successive del compositore di Bonn. Con questo Finale, che si conclude con una coda impetuosa e travolgente, l'eroe, quasi nuovo Prometeo, il semidio che nella mitologia classica salvò l'umanità, si afferma pienamente, dopo aver rivisto e definitivamente superato per un attimo alcuni fantasmi della Marcia funebre, in un tripudio di timbri e sonorità a cui partecipa l'intera orchestra.