Liszt & Sciarrino

Salvatore Sciarrino, direttore

Livia Rado, soprano

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    10 Maggio 2019

    Ore

    21,00

    Durata

    90min.

    Prezzi

    12 - 25 €

    Calendario

  • Giorno

    Sabato
    11 Maggio 2019

    Ore

    17,30

    Durata

    90min.

    Prezzi

    12 - 25 €

    Calendario

26° Concerto in abbonamento

Direttore:
Salvatore Sciarrino

Soprano:
Livia Rado

Il ritorno a Palermo di Salvatore Sciarrino, dopo cinquant’anni di successi in tutto il mondo, ormai celebrità internazionale, giunge opportuno per ricordare che l’OSS ha tenuto a battesimo negli anni Sessanta il giovanissimo palermitano. Una prima esecuzione assoluta commissionata dall’Ente per la 60° stagione arricchisce il programma che vede Sciarrino nell’insolita veste di direttore di se stesso.

  • Programma

  • Franz Liszt
    Raiding, 1811 - Bayreuth, 1886

    Sposalizio - elaborazione per orchestra di Salvatore Sciarrino

    Salvatore Sciarrino
    Palermo, 1947

    Efebo con radio per voce e orchestra

    Salvatore Sciarrino
    Palermo, 1947

    Rispondono, a chi? (Melodie circolari da Wagner) - opera commissionata dalla FOSS per la 60ma stagione - prima esecuzione assoluta

    Salvatore Sciarrino
    Palermo, 1947

    Come se un amico (canzone da Chopin)

    Autori vari

    Nove Canzoni del XX secolo - elaborazione per voce e orchestra di Salvatore Sciarrino

    1. Dream 1 (Johnny Mercer, con voce)
    2. Deep Purple (Mitchel Parish - Peter De Rose)
    3. Sophisticated Lady  (Mitchel Parish-Iriving Mils-Duke Ellington, con voce)
    4. Night and Day (Cole Porter)
    5. Startdust (Mitchel Parish - Hoagy Carmichael, con voce)
    6. Love is here to stay (Ira e & George Gershwin)
    7. Second hand rose  (Grant Clarke, James F. Hanley, con voce)
    8. You are my lucky star (A. Feed - N. H.Brown)
    9. Dream 2 (Johnny Mercer, con voce)

     

    "Nel nostro tempo nessuno ha vissuto più alacremente di Sciarrino il rapporto fra natura e cultura in campo musicale".

    Così scrive Enzo Restagno sul compositore palermitano Salvatore Sciarrino che, noto per la trasformazione acustica del suono e per le forme discontinue spazio-temporali, ha dato un notevole contributo all'evoluzione delle tecniche strumentali, ma che è anche una figura singolare nel mondo della musica contemporanea in quanto drammaturgo, ecologo, didatta e divulgatore.  Sin dall'età di 12 anni ha iniziato a comporre da autodidatta anche se ha ritenuto frutto di un apprendistato acerbo tutti i suoi lavori anteriori al 1966. È da questo momento che si afferma l'originale poetica di Sciarrino che pone al centro della sua musica l'ascoltatore e non l'autore o la partitura come avviene normalmente.

    Alla ricerca sulla percezione Sciarrino però ha sempre associato la conoscenza della tradizione: ha dunque elaborato spesso pezzi meno noti di autori famosi. Di questo filone fanno parte i lavori in programma nel concerto a partire dall'orchestrazione di Sposalizio, primo brano del Deuxième année de Pèlerinage di Franz Liszt, realizzata nel 2015 ed eseguita per la prima volta al Teatro Pollini di Padova, il 24 ottobre 2015, dall'Orchestra da camera di Padova e del Veneto sotto la direzione di Marco Angius. Sulla genesi di questa elaborazione lo stesso compositore ha affermato:

    "Pezzo anticipatore, fin'ora ha stazionato nel mezzo alla mia vita, discretamente, e mai l'ho perso d'occhio; ne devo la scoperta all'amico Dino Ciani e alla sua maestra, Martha Del Vecchio, nel tempo romano della mia giovinezza.

    Sposalizio rifrange per me una serie di coincidenze speculari.

    Ciani morì nel 1974. Trasferitomi a Milano, circa un decennio dopo lasciai la metropoli per l'Umbria, come mettendo fra parentesi l'intrico dispersivo delle prime energie. È nella mia Città di Castello che Raffaello, quasi ancora minorenne, compì lo Sposalizio della Vergine, una delle pitture più famose in assoluto. Alle soglie del XIX secolo il Municipio del paese regalò (incautamente) ad un generale di Bonaparte questo capolavoro, così Liszt poté ammirarlo durante i suoi soggiorni in Lombardia. Dovette anzi folgorarlo dato che il musicista ne derivò il capitolo iniziale della parte italiana di Année de Pèlerinage, quaderni che sotto la metafora del viaggio raccolgono spunti colti, letterari e meditazioni.

    Personalmente, sono portato ad osservare il mondo ed ho sviluppato una percezione di tipo comparativo e analitico, con cui mi riescono, fra le cose più disparate, connessioni niente affatto scontate. Ecco perché tenevo a trasfigurare Sposalizio di Liszt.

    Il brano si snoda per temi e sezioni a contrasto. Virtù nascosta (dunque preziosa) è l'omogeneità intima degli incisi di cui viene tessuto. Gracili le dimensioni e tentativa la forma che ne consegue; ciò malgrado Sposalizio brilla di invenzioni e sembra volgersi, più che all'età stessa in cui fu scritto (Wagner), alle generazioni successive: Debussy, Puccini, Scriabin, Mahler: a loro in particolare.
    Orchestrare serve qui a proclamare la presenza virtuale degli autori che attraverso l'originale pianistico s'intuiscono soltanto. Vorrei spiegare che elaborare per orchestra non comporta semplici travasi di note, bensì ulteriore invenzione. Bisogna anzitutto pensare per immagini dal suono plastico, e poi realizzarle, nel rispetto del testo e parimenti scavalcandolo, per raggiungere la fisionomia alternativa. Sdoppiamento, ambiguità di versanti opposti e concilianti stanno al fondamento del nostro repertorio musicale".

    La partitura realizzata da Sciarrino è infatti una vera e propria riscrittura grazie alla quale la composizione di Liszt acquisisce nuova luce e nuovi colori.

    Al filone ironico, costituito da lavori quali Archeologia del telefono (2005) e Senza sale d'aspetto (2011), che possono essere letti sia come diario dei nostri tempi che come realismo, appartiene Efebo con radio. Composto nel 1981 ed eseguito per la prima volta il 28 maggio dello stesso anno a Firenze, in occasione del 44° Maggio Musicale Fiorentino con Daisy Lumini (soprano) e l'Orchestra Regionale Toscana diretta da Massimo De Bernart, questo lavoro si basa sulla capacità mimetica della musica, utilizzando un'agile duttilità strumentale sulla quale il compositore si è espresso:

    "Ciò che in tutte le altre composizioni sono i miei suoni, la materia preziosa di cui plasmo il mio universo qui è umilmente ridotta a disturbo delle trasmissioni o, più spesso, allo sfrigolante passaggio da una all'altra, che è come il connettivo sonoro di tutta la composizione".

    Una tale ricerca, basata, pure, su una complessa e spregiudicata tecnica di montaggio, finisce per superare il tradizionale modo di concepire la forma per conseguire «una nuova coerenza di frammenti». Lo stesso Sciarrino ha, inoltre, affermato a proposito di questa composizione:

    "La mia produzione più recente si muove spesso nell'ambito di tali ricerche, che spaziano dall'imitazione alla riproduzione iperrealista; ovviamente con la coscienza che nella sfera estetica questi aspetti si vengono a costituire come forme di allusionismo o illusionismo, a seconda del grado di realismo, e che i problemi connessi non sono mai considerabili quantitativamente né meccanicisticamente, ma sono d'ordine psicologico. Non è possibile oltretutto scinderli - quei problemi - dall'esame delle associazioni, essenzialmente di natura visiva, quelle immagini che l'ascolto della musica provoca in ciascuno di noi; esse si formano anche in chi le rimuova per il bisogno di evadere nella pura fantasticheria o nell'astrazione, secondo quanto potremmo definire "deformazione professionale" in una più ampia accezione del termine, d'ascoltatore o di musicista.
    Realismo e illusionismo sono concetti fondamentali per comprendere quel caratteristico straniamento della mia musica. Bisogna rendersi conto che, senza una forte possibilità di imitazione della realtà, questa non si può né trasformare né tanto meno superare. L'altra dimensione, quella fantastica, scaturisce da una base fortemente realistica, come del resto è storicamente sempre avvenuto. Tutto ciò è da intendersi riferito, oltreché alla riproduzione di singoli eventi sonori, alla loro collocazione psicologica spaziale in senso più complesso, perché tendo a determinare delle vere associazioni d'ambiente, più forti di quelle semplicemente visive. Così è possibile, attraverso i vari stati emotivi di associazione, percorrere tutto l'arco di analogia e interferenze, sino a sconfinare nel disturbo reciproco tra stimolo e associazione convenuta, alle dissociabilità dai contesti - secondo una tecnica surrealista.

    Efebo con radio si inserisce in questo filone della mia poetica, ascendente alle prospettive temporali, le età; e a incubi, illusioni; al riflettersi di una cosa nell'altra. L'idea di sdoppiamento (moltiplicarsi nell'identico) e quella di conciliazione degli opposti sono complementari, anzi nelle prassi artistiche, sono facce diverse di uno stesso problema: non posso, infatti, imitare una radio (duplicarla) senza sdoppiarmi (fingermi altro da me). Ciò è chiaro solo a chi ha coscienza dei linguaggi, in cui sempre si trasforma qualcosa di preesistente".

    Composto per la sessantesima stagione dell'Orchestra Sinfonica Siciliana che la eseguirà in prima assoluta, Rispondono, a chi? è una forma di omaggio a Palermo realizzato attraverso una melodia infinita di origine wagneriana la cui essenza è indicata, nella nota della composizione redatta da Sciarrino, nella ciclicità e nella circolarità a cui allude il sottotitolo. Il compositore di Lipsia e, soprattutto, una sua melodia, intitolata "Il tempo di Porazzi", legata in un  certo qual modo a Palermo, è, in effetti, la fonte d'ispirazione di questo lavoro, come rivelato dallo stesso Sciarrino in risposta all'iniziale domanda «dove si attinge la melodia infinita?»:

    "Una melodia rotante. Non semplici ripetizioni o ritornelli: mentre avanziamo nel percorso musicale, stiamo tornando indietro con la memoria verso ciò ch'essa riconosce.

    L'utopia circolare proviene forse dal mondo dei sogni? Non sempre il sogno è vago, anzi disegna contorni nitidi alla nostra percezione. È l'ambiguità che dona ai sogni indicibile stranezza, infatti nei sogni una cosa è se stessa ed è anche altra cosa.

    Alcune forme musicali possono indurre un'incertezza analoga, e durante l'ascolto talvolta ci domandiamo; questo l'abbiamo sentito, ma come siamo arrivati qui? Neanche parliamo di allucinazioni, casomai del trasfigurarsi della coscienza, dei suoi stupori, risveglio dopo risveglio. Ma siamo svegli.

    Dunque una circolarità ben costruita di suoni, di onde, ci seduce sì con espressioni momentanee ed euforie prolungate fra limbo e paradiso terrestre, in bilico; e però sfioriamo proprio quel misterioso istante fra conoscere e riconoscere, in cui la nostra mente si apre a comprendere, ed entra l'estraneo, ciò che per noi prima non esisteva

    Il «Tempo di Porazzi» fu composto da Wagner nel 1882, dopo aver terminato Parsifal, alla fine di un lungo soggiorno a Palermo, la città dove sono nato; si tratta di una monodia assoluta, in sé sospesa fuori da ogni armonia. L'estensione invita a immaginare un oboe per suo destino ideale. In 22 battute snoda piccole simmetrie che nelle ampie proporzioni di Wagner abitualmente non si colgono.

    La fascinazione di una melodia lontana, senza accompagnamento, di chi suona per sé e si affida al vento. Siamo proprio giunti alla soglia consacrata da Mallarmé e Debussy. Una perfetta sfaccettatura conferisce unicità al pezzo; azzarderei che esso intendesse rispondere alle sollecitazioni sonore che in Sicilia stupiscono l'orecchio. Nella gola di ogni venditore ambulante sgorga l'incanto mediterraneo, ancora oggi. Quali ornamenti fiorivano quelle voci negli anni di Wagner? Venite a sentire se nel vento fosse rimasta l'eco delle Sirene.

    Ho affidato la melodia a colori cangianti d'orchestra. Parrebbe un controsenso, invece ciò permette di ordinare e distinguere le frasi, così rivelando meglio l'irregolare curva descritta dalle traiettorie. Senza soluzioni di continuità, talvolta si spalancano spazi ai richiami.

    Ogni anello incatena l'altro, si formano man mano Rotazioni: I, II, III, IV, Tema, Fanfara (senza trascinare), Carillon rotto. Che significa questo titolo? In quest'ultima fase irrompono altre due schegge scritte da Wagner avanti di lasciare Palermo. La prima, 6 battute costrette su un biglietto da visita, col sottotitolo «melodia del Porazzi», è diventata qui un trattenuto spasmo sinfonico. Esso si bacia con un foglio per pianoforte, "Languendo" (Schmachtend) che pare sia stato trovato dentro la partitura di Parsifal. Poi il Carillon continua fino ad estinguersi.

    Alcuni suoni dell'inizio avevano lasciato una scia; essa declina inavvertita come luce a sera, prima di ammantarsi con i grilli della notte".

    Chopin è la fonte di Come se un amico, composto nel 2015 ed eseguito per la prima volta al Teatro Sociale di Rovigo, il 9 maggio 2017, con l'interpretazione di Cristina Zavalloni e l'Orchestra di Padova e del Veneto diretta da Marco Angius. Su questo suo lavoro il compositore così si è espresso:

    "In fondo al volume degli Studi per pianoforte di Chopin, fra le ultime pagine stanno nascosti tre piccoli pezzi. Sebbene maturi e sofisticati, forse proprio per questo, sono sfuggiti alla fama degli altri. Mi è caro il numero 3 (secondo l'edizione polacca, 2 in revisioni ulteriori). Letto e riletto con stupore crescente attraverso gli anni, lo presentavo spesso come indovinello ai visitatori. Silenziosamente desideravo che risplendesse sotto altro sembiante.

    Nel 2013 ne trascrissi un buon tratto per piccola orchestra; i fogli rimasero da qualche parte in mezzo ad altri fogli. Elaborando nuovi testi, era il 2014, presi a sfogliare i miei quaderni di appunti, che tutt'ora serbano sorprese; notai elementi scartati da una canzone di Superflumina, sul dormire fra i cartoni. Una triste mietitura: per chi dorme a terra tutto assume una prospettiva capovolta, le voci si allontanano, esplode il rumore di ciò che cade: un inondo di piedi e di rifiuti. Scaturì un nucleo di parole come intatto per una canzone ambigua, una chimera che l'anno dopo abbracciò Chopin. Ho visto chiome fiorite appoggiarsi una sull'altra, ho visto anche alberi abbracciarsi col tronco, esistenze simbiotiche. II testo e servito a distillare un'altra melodia, virtualmente contenuta nello studio pianistico.

    Anticonformismo, fuori dai limiti di genere che una prudente educazione impone. Anche gli schemi devono evolversi, altrimenti irrigidiscono. Non dico di aver rispettato Chopin, proprio no, ma ritrovare le sue occulte meraviglie, immetterle nell'oggi vuol dire rischiare, e in lucida coscienza credere nel potere del linguaggio; esso crea per continua trasformazione della tradizione, per interferenze sempre irriverenti poiché inaspettate, sospinte dall'esaltazione nell'immaginare".

    Il titolo del brano, infine, «evoca le infinite carte lasciate su scaffali vecchi di secoli. A ciascuno di noi giungono fortunosi messaggi, quasi via mare le lampade dei geni gettate da Salomone».

    Si estende lungo un vasto arco di anni la composizione del ciclo delle Nove canzoni del XX secolo,. La prima idea di questo lavoro risale, infatti,  al 1984, quando il compositore decise di scrivere «un curioso trattatello di orchestrazione» su pezzi conosciuti da tutti, ma la raccolta fu completata soltanto nel 1991, anno in cui fu eseguita per la prima volta nella sua forma integrale a Firenze in occasione del 54° Maggio Musicale Fiorentino con Raquel Pierotti (soprano) e l'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino diretta dallo stesso compositore. Fonte d'ispirazione di questo lavoro, che era già stato eseguito in forma parziale in precedenza a Napoli nel 1985, a Reggio Emilia nel 1988 e a Trento nel 1988, sono alcuni significativi brani "leggeri" del XX secolo, spunto anche di questa riflessione dell'autore:

    "Le canzoni, sul piano della musica, rappresentano un po' l'equivalente dei fiori: belle, sì, ma effimere, Mai potrà la musica colta, con la sua pretesa di universalità, dare il senso di morte che una composizione leggera trasuda. Con modi garbati, nella sua massima stilizzazione, questa si offre, non ha pretese; ma di fronte all'eternità proclamata da un'ingannevole sinfonia, la canzone coglie un istante che smaschera la fragilità dell'uomo. In mezzo ai ricordi più abbandonati, più perduti, ciascuno di noi ha qualche canzone che, proprio perché così legata a un certo periodo del nostro passato, rappresenta il concentrato della nostalgia".

    In questa raccolta, che si presenta come un lavoro organico e al tempo stesso differenziato nel quale si alternano brani solo orchestrali ad altri cantati, Sciarrino dà, attraverso la sua rielaborazione, nuova vita diversa a queste canzoni delle quali la prima Dream 1 di Johnny Mercer si presenta come «una metamorfosi del pianoforte, da cui escono a poco a poco gli strumenti, come per onde di profumo colorato» tanto che alla fine il pianoforte è del tutto sparito, mentre il secondo brano Deep Purple (Mitchel Parish - Peter De Rose), puramente orchestrale è «una forma elaborata classicamente», che «condensa tre modelli orchestrali», provenienti da Shéhérazade di Ravel, «nell'arco di una sola lunga frase». In Sophisticated Lady (Mitchel Parish-Iriving Mils-Duke Ellington), in cui sono presenti brevi citazioni da Pli selon pli di Boulez e da Valses nobles et sentimentales di Ravel  «le immagini sonore balenano nell'oscurità». In Night and Day (Cole Porter) appaiono citazioni da In the mood e si assiste a un contrasto tra pieni e vuoti seguendo le parole del testo. Se in Startdust (Mitchel Parish - Hoagy Carmichael) si materializzano risonanze del pianoforte e un'improvvisa illuminazione orchestrale, in Love is here to stay (Ira e & George Gershwin),  sono presenti «irruzioni del Prometeo di Skrjabin, portate dalla somiglianza tematica». A Second hand rose  (Grant Clarke, James F. Hanley), un charleston del 1922, che è quindi «il pezzo più vecchio della raccolta», seguono You are my lucky star (A. Feed - N. H.Brown) che «procede per apparizioni» con «accordi concepiti come spettri sonori»  e  Dream 2 (Johnny Mercer). In quest'ultimo brano, afferma il compositore, «al contrario della prima versione, l'introduzione si muove con un respiro sinfonico ampio. Poi l'orchestra rientra nel pianoforte, che bruscamente tronca la musica».

    Riccardo Viagrande