Richard Strauss
Hartmut Haenchen, direttore
Miah Persson, soprano
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Programma
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Richard Strauss
Monaco di Baviera, 1864 - Garmisch-Partenkirchen, 1949Tod und Verklärung (Morte e trasfigurazione), poema sinfonico op. 24
Largo-Allegro molto agitato-Meno mosso sempre alla breve-Largo-Allegro molto agitato-Moderato
“Fu sei anni fa che mi capitò di presentare nella forma di un poema sinfonico le ore prossime alla morte di un uomo che aveva combattuto per i più idealistici fini, forse proprio quelli di un artista. L’uomo malato giace nel letto, addormentato, con un respiro pesante e irregolare; amichevoli sogni fanno sorgere un sorriso sui lineamenti di un uomo profondamente sofferente; questi si sveglia; è una volta di più torturato da orribili agonie; le sue membra sono scosse dalla febbre – appena l’attacco passa e le pene lo lasciano, i suoi pensieri vagano nella sua vita passata; la fanciullezza passa prima; il tempo della sua giovinezza con le sue lotte e le sue passioni e allora, appena le pene già incominciano a ritornare, gli appare il frutto del cammino della sua vita, la concezione, l’ideale che ha cercato di realizzare, di presentare artisticamente, ma che non ha potuto completare, poiché all’uomo non è consentito di portare a compimento tali cose. L’ora della morte si avvicina, l’anima lascia il corpo per trovare realizzate in modo glorioso in uno spazio eterno quelle cose che non potevano essere compiute quaggiù”.
Con queste parole, contenute in una lettera indirizzata a un suo amico, lo stesso Strauss descrisse in modo sintetico quanto dettagliato il programma del suo terzo poema sinfonico, Tod und Verklärung (Morte e trasfigurazione), che rappresenta un ulteriore momento di maturazione dello stile sinfonico del compositore tedesco. Per questo suo nuovo lavoro, composto tra la primavera del 1888 e il 18 novembre 1889, Strauss si distaccò dalle fonti letterarie che aveva utilizzato per Macbeth e per Don Juan, per avvalersi di un programma narrativo da lui stesso ideato, la cui origine rimane, tuttavia, misteriosa. Quale sarebbe, infatti, la ragione che avrebbe spinto il ventiquattrenne Strauss, pur così giovane, a comporre questa meditazione musicale sulla morte alla quale non sono estranei elementi autobiografici rintracciabili nell’identificazione tra la sua persona e quella dell’artista? Le ragioni della scelta di un tale programma appaiono misteriose anche perché sembra del tutto destituita di ogni fondamento l’ipotesi secondo la quale Strauss avrebbe sofferto di problemi respiratori nel periodo in cui compose questo poema sinfonico. In realtà i problemi respiratori sopraggiunsero nel 1891, quando Morte e trasfigurazione non solo era stata composta, ma addirittura era stata eseguita, come lo stesso compositore ricordò:
“Tod è un puro prodotto della mia immaginazione; non è basato su alcun evento; la mia malattia non mi colpì che due anni più tardi. Fu un’ispirazione come un’altra. In ultima analisi, lo stimolo musicale”.
Nonostante tutto, un’identificazione autobiografica con il protagonista del programma di questo poema sinfonico è innegabile, come è dimostrato dal fatto che il tema della trasfigurazione è ripreso nel suo poema sinfonico Ein Heldenleben del 1898 e cinquant’anni più tardi nei Vier letzte Lieder (Ultimi quattro Lieder) composti nel 1948 per accompagnare le parole: è forse questa la morte? Secondo un aneddoto, inoltre, Strauss, sul letto di morte, avrebbe detto a sua nuora: «È una cosa bizzarra, Alice, morire è proprio come l’ho descritto in Tod und Verklärung». Alla prima esecuzione, avvenuta il 21 giugno 1890 a Monaco, fu distribuita, come programma di sala, una poesia di Alexander Ritter, scritta su indicazione di Strauss e in seguito ampliata per l’edizione a stampa della partitura che fu pubblicata l’anno dopo a Monaco.
Il poema sinfonico si apre con un Largo introduttivo di grande suggestione nel quale il respiro affannoso e irregolare dell’artista morente è reso dalle pulsazioni sincopate delle viole e dei violini secondi divisi che si alternano ai timpani. Questo respiro ansante, realizzato anche dagli accenti sul primo tempo del tema armonico degli archi, cede il posto di tanto in tanto ai sogni che si materializzano in frammenti tematici esposti dagli altri strumenti solisti, compreso un violino, su un etereo accompagnamento degli archi in una scrittura cameristica. Qui prende forma una delle più suggestive evocazioni musicali dell’inconscio umano con i suoi desideri, le sue alate e dolci speranze, i cui slanci (salto di ottava iniziale) e frustrazioni (disegno discendente) sembrano sintetizzate in un unico evocativo tema. Tutti questi sogni e pensieri, chiusi nell’inconscio del moribondo, si affastellano nella sua mente in quella disordinata associazione di idee che caratterizza lo stato onirico. Un gesto teatrale, costituito da un colpo di timpano in fortissimo, sostenuto dagli archi gravi, dalle tube, dai corni e dai controfagotti, sveglia improvvisamente il moribondo il cui dramma interiore si consuma nel serpeggiante e insinuante tema che percorre la parte iniziale dell’Allegro, dove gli strumentini, sostenuti dal tremolo dei violini primi, continuano a esprimere il respiro affannoso dell’uomo. In questo Allegro molto agitato il conflitto con la morte si esprime attraverso una rielaborazione molto libera della forma-sonata, nella quale trovano spazio anche i temi già esposti nel Largo iniziale insieme a uno, di carattere lirico, affidato al flauto a cui rispondono un violino e un violoncello solista in una scrittura quasi cameristica, e ad un altro esposto dagli ottoni di carattere solenne e drammatico. Tra oasi liriche e momenti animati il movimento si snoda nella sua drammaticità fino a quando una breve ripresa del largo iniziale, a cui segue un altro passo animato, non conduce al Moderato conclusivo dove, in un’atmosfera rarefatta con un misterioso tam-tam in sottofondo, si costruisce a poco a poco, coinvolgendo progressivamente l’intera orchestra, il tema in do maggiore della trasfigurazione che, come giustamente notato da Otto Erhardt nella sua monografia su Strauss, non ha nulla di trascendente o spirituale, ma «è un’apoteosi sensuale e una cosciente affermazione di vita terrena».
Duration: 25'
Richard Strauss
Monaco di Baviera, 1864 - Garmisch-Partenkirchen, 1949Vier letzte Lieder (Ultimi quattro lieder) per soprano e orchestra op.150
Frühling (Primavera), su testo di Hermann Hesse
September (Settembre), su testo di Hermann Hesse
Beim Schlafengehen (Tempo di dormire), su testo di Hermann Hesse
Im Abendrot (Al crepuscolo), su testo di Joseph von Eichendorff
Tra il mese di maggio e il 20 settembre 1948, durante un soggiorno a Montreaux e a Pontresina, Richard Strauss compose Vier letzte Lieder (Ultimi quattro Lieder) per soprano e orchestra. È questo l’ultimo suo lavoro, scritto un anno prima della morte che lo avrebbe colto l’8 settembre 1949 quando ormai il compositore sembrava aver perso la voglia di comporre. Il crollo del regime nazista, con il quale durante la Seconda Guerra Mondiale i rapporti erano diventati più tesi, e la nuova situazione politica determinatasi in Germania avevano costretto il compositore a lasciare il suo paese per rifugiarsi in Svizzera con la moglie, il soprano Pauline de Ahna. Ormai ottantenne e in uno stato di profonda indigenza, Strauss, che dovette subire un processo presso la Corte di Monaco per collaborazionismo con il regime nazista, accusa dalla quale fu assolto, visse ancora un momento di gloria quando fu accolto trionfalmente a Londra dove si era recato per dirigere su invito della Thomas Beecham Concerts Society e della BBC un ciclo di sue composizioni. Subito dopo compose i Vier letzte Lieder (Ultimi quattro Lieder), nei quali si riflettono certamente le condizioni materiali e spirituali vissute in quel drammatico periodo della sua vita. Già nel 1946, infatti, egli aveva scoperto Im Abendrot (Al crepuscolo) del grande poeta lirico Joseph Eichendorff, poesia che gli aveva ispirato la composizione di un lavoro da lui ritenuto idoneo a prepararlo spiritualmente all’estremo passo. Da questo primo progetto, momentaneamente accantonato, Strauss maturò l’idea di scrivere un ciclo liederistico soltanto nel 1948, quando gli fu regalata la raccolta completa delle liriche di Hermann Hesse. Nacquero, così, gli Ultimi quattro Lieder, che furono eseguiti postumi il 22 maggio 1950 alla Royal Albert Hall di Londra sotto la direzione del grande Wilhelm Furtwängler con l’interpretazione del soprano Kirsten Flagstad. In quest’occasione i Lieder, per i quali il compositore non aveva stabilito alcun ordine di esecuzione, furono presentati in uno inverso rispetto a quello di composizione con Im Abendrot, che, pur essendo il primo Lieder composto, fu eseguito per ultimo. Oggi i Lieder sono eseguiti secondo l’ordine in cui sono stati pubblicati da Ernst Roth, amico di Strauss e direttore editoriale della casa editrice Boosey & Hawkes, a cui si deve anche il titolo dell’opera la quale, secondo un’ipotesi non suffragata, tuttavia, da prove, ma basata sull’intenzione del compositore di comporre un quinto Lieder sempre su testo di Hesse, sarebbe rimasta incompiuta.
Come gli altri Lieder di Strauss, anche questi, il cui contenuto esprime una profonda meditazione sulla vita e sulla morte, sentita ormai prossima, sembrano composti per la voce della moglie Pauline nonostante il soprano non potesse più interpretarli a causa dell’età avanzata. Alla fedele compagna di una vita, che morì il 13 maggio 1950, meno di un anno dopo la morte del marito, sembrano, inoltre, dedicati i versi iniziali di Im Abendrot che recitano: Attraverso affanni e gioie / abbiamo camminato mano nella mano; / da questo viaggio riposiamo /ora sulla silente terra.
Nei quattro Lieder una musica evocativa descrive un vero e proprio viaggio interiore che dal miracolo di una primavera ritrovata in Frühling (Primavera) conduce, attraverso la malinconia di September (Settembre) e la contemplazione di un cielo stellato di Beim Schlafengehen (Tempo di dormire), all’ultimo brano Im Abendrot, nel quale la fine di un viaggio inteso come metafora della morte sembra annunciare la prossima fine dei due coniugi, legati indissolubilmente nella vita come nella morte. In quest’ultimo brano, in cui emerge la tragica immagine di due amanti ormai stanchi di vagare e già proiettati nella visione di una pace profonda, Strauss citò un tema del suo poema sinfonico, Morte e trasfigurazione, del quale Im Abendrot condivide l’attesa serena della morte.
Duration: 22'
Richard Strauss
Monaco di Baviera, 1864 - Garmisch-Partenkirchen, 1949Der Rosenkvalier (Il cavaliere della rosa), suite per orchestra op. 59
Con moto agitato (Preludio – Atto I)
Allegro molto (Presentazione della rosa d’argento – Atto II)
Tempo di Valse, assai comodo da primo (Valzer del Barone Ochs – Atto II)
Moderato molto sostenuto (“Ist ein Traum” – Atto III)
Schneller Waltzer. Molto con moto (reprise)
“Ma c’è qualcosa che per noi due è assai più importante (così spero): qui in tre pomeriggi tranquilli ho preparato un canovaccio completo e tutto originale di un’opera, con decisi elementi comici nei personaggi e nelle situazioni, con una vicenda varia ed evidente quasi come una pantomima, con occasioni per parti liriche, burlesche, umoristiche e perfino per un piccolo balletto. Il mio abbozzo lo trovo incantevole, e il conte Kessler, con cui ne ho discusso, è entusiasta. Due delle parti per baritono e per un’attraente fanciulla in costume virile à la Farrar o Mary Garden. Epoca: la Vienna di Maria Teresa”.
Contenuto in una lettera indirizzata da Hugo von Hofmannsthal a Strauss l’11 febbraio 1909 appena due settimane dopo la prima di Elektra, è questo il primo accenno al futuro Rosenkavalier, opera che segna all’interno della produzione del compositore tedesco un netto cambio di rotta dopo Salome ed Elektra. In realtà l’esigenza di musicare un soggetto leggero, totalmente diverso da quello di Salome, era stata avvertita da Strauss prima di accingersi alla composizione di Elektra, ma le insistenze di Hofmannsthal, da una parte, e il gradimento dello stesso compositore per la sua tragedia, dall’altra, lo avevano indotto a cimentarsi con il mito greco. Strauss, tuttavia, non aveva mai cessato di pensare a un soggetto che potesse realizzare il suo desiderio di scrivere una commedia per musica, come si evince dall’epistolario intrattenuto con Hofmannsthal e soprattutto da una lettera di quest’ultimo del 18 ottobre 1908, circa un mese dopo il compimento della partitura di Elektra. In essa Hofmannsthal, oltre a rammaricarsi del fatto che non era riuscito a completare due commedie, accenna al progetto di un libretto “comico” che si può genericamente indicare come la commedia su Casanova, della quale si parla in un’altra lettera:
“Ritenevo possibile di essere pronto con questa commedia da Casanova al più tardi per l’inizio di settembre, e poi di poter portare a compimento una mia commedia dell’anno passato, già pronta a metà, scritta in dialetto austriaco. Non se n’è fatto nulla, e ora mi trovo costretto a non poter far altro che dargli il Casanova […]. In considerazione del fatto che assai di buon grado avrei accontentato un Suo espresso desiderio che ora non posso più accontentare in tutta la sua estensione, le circostanze presenti mi angustierebbero molto se non fossi perfettamente convinto che Ella per la Sua musica non potrebbe servirsi del mio lavoro quale adesso è, direttamente e senza modifiche (come del resto Mozart e chiunque altro non avrebbe potuto adoperare la commedia in prosa Le nozze di Figaro senza cambiarla); e che d’altra parte a un libretto utilizzabile per un’opera buffa, alla quale certo speriamo ancora di poter giungere, non saremmo mai arrivati, ne sono certissimo, se io prima non avessi steso il soggetto in questa forma tutta mia della commedia psicologica in prosa […]. Ma questo nuovo lavoro, al quale Ella mi vedrà impegnato con vera gioia e fervore, dev’essere preceduto su un’intesa molto precisa sullo stile che intende dare alla sua opera buffa. Se non ho mal compreso i Suoi accenni, che davvero mi sono sembrati quanto mai promettenti, Ella vuol creare qualcosa di completamente nuovo sul piano stilistico, qualcosa che assomigli all’antica opera buffa più che ai Meisterisinger o a Feursnot (ogni sviluppo nell’arte procede con regolarità ritmica). Ella mira, sempre che io non abbia frainteso i Suoi accenni, a un’alternanza tra numeri chiusi e altre parti che si accosteranno all’antico recitativo secco”.
Strauss, esprimendo una certa delusione, replicò il 2 novembre:
“Ora ho ricevuto entrambe le lettere e sono in verità un po’ triste perché il mio bel soggetto operistico, dal quale ho tratto già tanta gioia, è diventato tutta un’altra cosa, a quel che sembra. Be’, la volontà del creatore è determinante, e mi devo rassegnare”.
Nella risposta del 7 novembre Hofmannsthal insisteva ancora una volta su questa commedia su Casanova che, però, rimase solo un abbozzo. È significativo, infatti, che nell’epistolario, piuttosto diradato e limitato a brevissime lettere, cada il silenzio su questa nuova opera fino alla citata lettera dell’11 febbraio 1909, dove appare ormai chiaro che Hofmannsthal stava lavorando a un soggetto del tutto originale. Finalmente i tempi erano maturi perché Strauss potesse realizzare il suo desiderio di creare una commedia quasi nello stile di Mozart che, come egli ebbe modo di affermare, con le sue melodie rivelò al mondo i più intimi segreti dell’anima. Il progetto del Rosenkavalier coinvolse entrambi gli artisti che diedero vita a un’intensa collaborazione, testimoniata dall’epistolario e fatta di suggerimenti reciproci che, a volte, potevano apparire come delle ingerenze nelle rispettive arti di competenza. Completata nel settembre del 1910, l’opera andò in scena a Dresda il 26 gennaio 1911 sotto la direzione di Ernst von Schuch e con la regia di Max Reinhardt, ottenendo un successo eclatante coronato da ben cinquanta repliche. Più tiepida fu l’accoglienza del pubblico milanese per la prima italiana del 1° marzo 1911, alla Scala, sotto la direzione di Tullio Serafin e nella versione metrica curata da Otto Schanzer.
Il successo, comunque, grande della première indusse altri compositori e lo stesso Strauss a ricavare diverse suites dalle musiche di quest’opera, l’ultima delle quali fu realizzata dallo stesso compositore probabilmente con l’aiuto di Arthur Rodzinsky. Eseguita per la prima volta a Vienna il 28 settembre 1946, la suite si compone di 5 brani dei quali il primo è costituito dal preludio nel quale è presentato in un rapido affresco il sentimento d’amore che lega la Marescialla al suo giovane amante, il diciassettenne Octavian. La passione assume una dimensione nobile nel celebre elegante incipit affidato ai corni, raddoppiati dai fagotti, a cui rispondono gli archi e i legni con un tema brevissimo che accompagnerà nel corso della scena iniziale le parole rivolte dalla Marescialla al suo giovane amante, Er muss nicht alles wissen (Non deve saper tutto), quasi a creare un’increspatura in questo amore impossibile. Nella parte centrale del preludio emerge la voce calda dell’oboe che intona un languido tema molto sfruttato all’interno della partitura. Ad esso risponde il primo corno con il quale dà vita a un tenero duetto d’amore. La pagina sinfonica si conclude con un languido e dolce tema che ritornerà nella scena iniziale dell’opera e nell’atto terzo a suggello, rispettivamente, della dichiarazione d’amore di Octavian per la Marescialla e della fine del loro rapporto d’amore. Affidato agli archi, il tema è raddoppiato dai legni che conferiscono a esso un colore dalla tonalità più soffusa come la passione, destinata a esaurirsi, che lega i due amanti. Gli altri brani sono tratti dalla scena dell’atto secondo in cui Sophie e la Governante attendono, con una certa emozione, l’arrivo del cavaliere della rosa, dal celebre finale dello stesso atto e dal terzo (terzetto). Il quarto e il quinto brano corrispondono rispettivamente al bellissimo duetto Ist ein traum (È un sogno), cantato da Octavian e Sophie, e al duetto finale.
Riccardo Viagrande
Duration: 27'