Coleridge-Taylor, Prokof'ev & Čajkovskij

Ryan McAdams, direttore

Alessandro Taverna, pianoforte

  • Place

  • Politeama Garibaldi

  • Day

    Time

    Duration

    Price

     

  • Giorno

    Friday
    25 February 2022

    Ore

    21,00

    Durata

    90min.

    Prezzi

    20 - 10 €

    Calendario

  • Giorno

    Saturday
    26 February 2022

    Ore

    17,30

    Durata

    90min.

    Prezzi

    20 - 10 €

    Calendario

  • Programma

  • Samuel Coleridge-Taylor
    Holborn, 1875 - Croydon, 1912

    The Song of Hiawatha op.30, ouverture

    Compositore e direttore d’orchestra britannico, Samuel Coleridge-Taylor fu considerato l’erede di Elgar, che, del resto, fu suo mentore. Nato a Londra nel 1875, dopo aver studiato prima violino e poi composizione al Royal College of Music della capitale inglese con Charles Villiers Stanford, Coleridge-Taylor iniziò subito la sua attività di insegnante presso la Crystal Palace School of Art, Science, and Literature e di direttore d’orchestra alla guida dell’orchestra del Conservatorio di Croydon. Una vera e propria svolta nella sua carriera si ebbe nel 1896 quando Edward Elgar lo segnalò al Three Choirs Festival nell’ambito delle cui manifestazioni fu eseguita con grande successo la sua Ballata in la minore. Due anni dopo Coleridge-Taylor, che sarebbe stato autore di una produzione più cospicua se una polmonite non avesse stroncato la sua vita nel 1912 alla giovane età di 36 anni, iniziò la composizione della sua opera più famosa, The Song of Hiawatha, il cui titolo completo è Scenes from The Song of Hiawatha by Henry Wadsworth Longfellow. Ispirato, come indicato nel titolo, all’omonimo poema epico del 1855 del poeta americano Henry Wadsworth Longfellow, The Song of Hiawatha, che, secondo quanto affermato da Dvořák, costituisce la fonte d’ispirazione anche del secondo e del terzo movimento della sua Sinfonia dal Nuovo Mondo, è una trilogia di cantate delle quali la prima, intitolata Hiawatha's Wedding Feast ottenne un grande successo prima ancora della sua première. Pubblicata in anteprima dall’editore Novello, la partitura vendette un gran numero di copie e suscitò un interesse tale che a Coleridge-Taylor fu subito dato l’incarico di scrivere un’altra cantata ispirata al suddetto poema. Così preparata, la prima esecuzione, avvenuta l’11 novembre 1898 al Royal College of Music sotto la direzione del suo insegnante di una volta Charles Villiers Stanford, nonostante alcuni fonti indichino che sia stato lo stesso Coleridge-Taylor a salire sul podio, fu un vero e proprio evento al quale non tutti riuscirono ad assistere. Molte persone rimasero fuori dalla sala da concerto alla quale ebbe, però, modo di accedere il compositore Arthur Sullivan che, presente a quella prima esecuzione, nonostante fosse malato, scrisse nel suo diario a proposito di questo lavoro:

     

    “Ho cenato a casa e sono andato al Royal College of Music per ascoltare Hiawatha di Coleridge-Taylor. Molto colpito dal genio del ragazzo. È un compositore – non uno scrittore di musica. La musica è fresca e originale – ha melodia e armonia in abbondanza e la sua partitura è brillante e piena di colore – a volte deliziosa, ricca e sensuale. Il lavoro è stato fatto molto bene”.

     

    Il successo, ottenuto con questa prima parte, non si ripeté, però, con le altre due: The Death of Minnehaha,  che, completata nel 1899,  fu eseguita per la prima volta in occasione del North Staffordshire Music Festival in Hanley, il 26 ottobre dello stesso anno, e Hiawatha's Departure che fu eseguita per la prima volta il 22 marzo 1900. In seguito Coleridge-Taylor compose l’ouverture che, eseguita per la prima volta nel 1901 insieme con la trilogia, oggi ha trovato come brano a se stante spazio nel repertorio sinfonico. Aperta da suggestivi accordi ornati da arpeggi dell’arpa, quest’ouverture, che si basa sul tema dello spiritual Nobody knows the Trouble I’ve seen, si impone per il suo lirismo e per la freschezza melodica.

    Duration: 12'

    Sergej Sergeevič Prokof'ev
    Soncovka 1891 - Mosca 1953

    Concerto n.3 in do maggiore per pianoforte e orchestra, op.26

    Andante, Allegro, Andante, Allegro

    Tema con variazioni, Andantino, Allegro, Andante, Allegro giusto

    Allegro ma non troppo

     

    “Dopo il rumore degli spettacoli mi ritirai nella Bretagna francese, sulle rive dell’Oceano Atlantico e presi a lavorare al Terzo Concerto per pianoforte. Avevo composto il materiale un po’ alla volta e molto tempo prima. Già nel 1911, mentre stavo scrivendo il Primo concerto per pianoforte che, come il Primo concerto per violino avevo progettato in prima battuta come concertino, avevo pensato, accanto al concertino di realizzare un concerto più ampio […]. Di quel concerto, la cui composizione non era andata molto avanti, si era conservato soltanto un passaggio – triadi parallele che correvano dal grave all’acuto. Ora il passaggio entrò nel Finale del primo movimento del Terzo Concerto. Nel 1913 avevo composto un tema con variazioni che poi avevo conservato a lungo. Negli anni 1916-1917 avevo tentato alcune volte di prendere in mano il Terzo concerto, avevo scritto l’inizio (due temi) e due variazioni sul tema del secondo movimento. Nello stesso periodo mi era venuta l’idea di scrivere un quartetto bianco, vale a dire un quartetto d’archi completamente diatonico, che se si fosse voluto suonare al pianoforte era limitato soltanto ai tasti bianchi. Il quartetto era pensato in due movimenti: un primo tempo lento in forma sonata e un Finale in ¾. Alcuni temi bianchi furono composti a Pietroburgo, altri sull’oceano Pacifico e anche in America, ma l’impresa era troppo difficile, avevo paura della monotonia e nel 1921 decisi di smembrare il materiale accumulato: la parte secondaria divenne il tema di Renata nell’Angelo di fuoco, la principale fu usata per caratterizzare il monastero dove finiva Renata; il primo e il secondo tema del Finale furono trasferiti nel Finale del Terzo concerto. In questo modo iniziando il lavoro di quest’ultimo avevo tutto il materiale tematico con l’esclusione del secondo tema del primo movimento e del terzo tema del Finale”. (M. R. Boccuni, Prokof’ev, Palermo, L’Epos, 2003, p. 200)

     

    Così lo stesso Prokof’ev ricordò la genesi del Terzo concerto per pianoforte e orchestra op. 26, senza dubbio il suo concerto più famoso che occupò un periodo di tempo insolitamente lungo impegnando, con lunghe pause, il compositore per ben cinque anni della sua vita, dal 1916 al 1921. In effetti Prokof’ev si dedicò in modo sistematico alla composizione del Concerto in quell’estate del 1921 in seguito al suo ritiro nella cittadina  bretone di Saint-Brévin-les-Pins, dove, lontano dai rumori degli spettacoli e soprattutto dalla critiche della stampa inglese che aveva stroncato il balletto Le Chout, dopo la prima londinese avvenuta il 9 giugno 1921, trovò la serenità necessaria per scrivere. Eseguito, per la prima volta, a Chicago il 16 dicembre dello stesso anno con Prokof’ev al pianoforte e Frederick Stock sul podio, il Concerto presenta una particolarità nella struttura formale del primo movimento con un Andante introduttivo, un notturno, nel quale è esposto un tipico tema russo affidato al clarinetto, a cui segue un Allegro, nel quale vengono sviluppati i due temi presenti nella seconda parte. Il secondo movimento, Andantino, è scritto nella forma del tema e variazioni, nelle quali si alternano sonorità misteriose ad altre di carattere martellante, mentre il Finale, Allegro ma non troppo, presenta una scrittura virtuosistica estremamente impegnativa.

    Duration: 27'

    Pëtr Il'ič Čajkovskij
    Votkinsk, 1840 - San Pietroburgo, 1893

    Il lago dei cigni, suite (versione di McAdams)

    1. № 10 Scène. Moderato
    2. № 7  Sujet
    3. №  8. Danse des coupes
    4. № 16.  Danses du Corps de Ballet et des Nains
    5. № 20 Danse Russe
    6. 21  Danse Espagnole
    7. 13 Danse des Cygnes (IV): Allegro Moderato
    8. 24.  Scène
    9. 13  Danse des Cygnes (V): Pas d'Action
    10. 28.  Scène
    11. 29. Scène Finale

    “Ho creato questa Suite perché ho sempre avuto desiderio di sentire una suite del Lago dei Cigni che rispecchiasse il percorso emozionale e narrativo del balletto, in particolare l’alternanza tra il mondo magico e il mondo umano. Quello che ho creato è più di “Sinfonia” del Lago dei Cigni, della durata di 45 minuti, una combinazione di alcune delle sezioni più famose con alcune delle sezioni più raramente eseguite, con l’augurio di riuscire a comporre un ‘viaggio’ soddisfacente – e una grande opportunità, per un’orchestra, di mostrare il proprio talento. Ho basato la mia Suite sulle trascrizioni inserite nelle parti orchestrali dai Teatri Kirov e Bol'šoj, per cercare di ottenere la rappresentazione più autentica delle intenzioni di Čajkovskij. Credo che i balletti di Čajkovskij siano tra le sue creazioni più maestose, ma spesso vengono ascoltate in condizioni poco ideali e con scarso tempo di prova alle spalle. Mi diletto quindi nel riproporle con eccellenti orchestre, dando loro il tempo e il rispetto che meritano”.

     

    Con queste parole il maestro Ryan McAdams ha presentato questa sua originale versione della suite dal balletto Il lago dei cigni, che, composto da Čajkovskij tra il mese di agosto del 1875 e il 22 aprile 1876, alla prima rappresentazione avvenuta il 20 febbraio 1877, non ebbe un grande successo. Dopo due sole riprese, rispettivamente nel 1880 e nel 1882, uscì, infatti, dal repertorio fino a quando il 15 gennaio 1895, due anni dopo la morte del compositore, si affermò definitivamente in un nuovo allestimento curato dal teatro Marijnskij di Pietroburgo grazie anche alle coreografie di Petipa e di Ivanov. In questa versione, inoltre, furono apportate alcune modifiche alla trama da parte di Modest, fratello del compositore, che rese più stretto il rapporto tra Odette e Odile. Nella versione originale Čajkovskij aveva dovuto accontentare due ballerine, Pelageja Karpakova e Anna Sobeščankaja, per le quali aveva aggiunto rispettivamente una Danse russe e un Pas de deux.

    Il soggetto del balletto, ricavato dalla tradizione favolistica tedesca da un amico del compositore, Vladimir Begišev, narra dell’amore contrastato del principe Siegfried per Odette, una fanciulla trasformata in cigno insieme alle sue amiche dal nonno che aveva così voluto proteggerla dai sortilegi della matrigna, una strega sposata dal padre in seconde nozze. La ragazza, che di notte riprende le sembianze umane insieme alle sue amiche con le quali danza intorno al lago, può sfuggire alla malefica influenza della matrigna solo sposandosi. Di lei s’innamora perdutamente il principe Siegfried che, però, ad un ballo organizzato per scegliere la sua fidanzata resta affascinato dalla misteriosa e bellissima Odile, figlia del mago Rotbart che con le sue arti aveva soggiogato il giovane. Quando Rotbart sta per concedere la mano della figlia al principe, un volo di cigni ricorda a Siegfried l’antico amore per Odette che, tuttavia, non può più avere il naturale, prevedibile esito perché messo in discussione dal recente tradimento. Alla fine, durante un uragano, i due giovani vengono inghiottiti dalle acque del lago e, nella versione di Modest, appaiono uniti insieme in una vera e propria apoteosi.

    In questa suite del balletto, che si apre con la scena iniziale dell'atto secondo (n. 10), sono presentati, insieme a passi meno eseguiti, alcuni tra i brani più famosi tra i quali spiccano: due delle Danze dei cignetti; la Scena, nella quale i due protagonisti, dopo aver dichiarato il loro reciproco amore, sono costretti a separarsi al sopraggiungere dell’alba in quanto Odette deve ritornare nel lago per riprendere le sembianze di cigno; la Danza russa, momento culminante della festa al castello nella quale il principe sceglie come sua fidanzata Odile, e il Finale del balletto, nel quale vengono rappresentate situazioni contrastanti e drammatiche come la disperazione di Odette per il tradimento subito, l’uragano e la successiva quiete, mentre il cielo, ridiventato improvvisamente sereno, sembra un riflesso tangibile dello stato d’animo di Siegfried nel momento in cui ribadisce il suo amore per Odette.

     

    Riccardo Viagrande

     

     

    Duration: 45'