Messiaen/ Poulenc/Franck
Jonathan Webb, direttore
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Programma
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Olivier Messiaen
Avignone, 1908 - Clichy, 1992Les Offrandes oubliées, meditazione sinfonica per orchestra
La Croix
Le Péchée
L'Eucharistie
“Ho la fortuna di essere cattolico, sono nato credente e si dà il caso che i testi sacri mi abbiano colpito sin dall'infanzia”.
Queste parole riassumono perfettamente i sentimenti che ispirano la maggior parte della produzione di Olivier Messiaen che, se, da una parte, è certamente uno dei pilastri della musica del Novecento, essendo il padre della cosiddetta serialità integrale, il cui atto di fondazione è costituito dal suo Mode de valeurs et d'intensité, terzo dei suoi Quatre études de rhythme, nel quale sono serializzati le altezze, i valori di durata, i livelli d'intensità e gli attacchi dei suoni, dall’altra, sentì la composizione musicale, non come un luogo di sperimentazione, ma come la realizzazione della sua vocazione più profonda. Messiaen ebbe modo di affermare:
“Nella mia idea, un compositore crea della musica perché non può non crearla, perché questa è la sua vocazione, ed egli la crea con estrema naturalezza, così come un melo produce mele, come un roseto produce rose”.
Questa poetica e questi sentimenti sono alla base della composizione di Les offrandes oubliées, che, risalenti al 1930, quando Messiaen aveva appena 22 anni, ed eseguite per la prima volta, il 19 febbraio 1931, sotto la direzione di Walther Straram, a Parigi, presso il Théàtre des Champs-Elysées, costituiscono la sua prima opera interamente concepita per orchestra. A ispirarle fu soprattutto la sua profonda fede religiosa, evidente in questa sua nota esplicativa dell’opera nella quale si legge:
“Il peccato è l'oblio di Dio. La Croce e l'Eucaristia costituiscono le offerte divine: Questo è il mio Corpo, donato a voi; questo è il mio Sangue, donato a voi”.
Questo lavoro, che Messiaen definì meditazione sinfonica per orchestra, è costituito da tre pannelli, incatenati e preceduti da un commento di carattere teologico del compositore stesso il quale, per il primo, La Croix, scrisse:
“Con le braccia distese, triste fino alla morte / sull’albero della croce Voi spargete il Vostro sangue / Voi ci amate, dolce Gesù, noi l’abbiamo dimenticato”.
In questo breve pannello (Très lent, douleroux, profondément triste), l’orchestra, il cui organico è limitato a 10 fiati (7 legni e 3 ottoni) e agli archi, innalza un compianto di grande forza espressiva in una tonalità di mi minore che, a volte, cede ad alcune inflessioni modali.
Nel secondo pannello, Le Péché (Vif), Messiaen, attraverso l’intera orchestra che dà vita a una folle corsa verso l’abisso, evoca perfettamente quanto da lui scritto nel commento:
“Spinti dalla follia e dall'insidia del serpente / a una corsa trafelata, senza freni e senza sosta, / scendiamo nella voragine del peccato come in una tomba”.
Dedicato all’Eucaristie è l’ultimo pannello, preceduto dal commento:
“Ecco la tavola pura, la sorgente della carità, / il banchetto del povero, ecco la Pietà da adorare, offrendo / il pane della Vita e dell'Amore. / Voi ci amate, dolce Gesù, siamo noi ad averlo dimenticato”
In quest’ultimo pannello (Extrêmement lent, avec une grande pitié et un grand amour), una celestiale melodia in mi maggiore, quasi a dare compimento al mi minore del primo, si dipana nella parte degli archi che danno vita a una poetica contemplazione dell’Eucarestia.
Duration: 13'
Francis Poulenc
Parigi, 1899 - Parigi, 1963Sinfonietta
Allegro con fuoco
Molto vivace
Andante cantabile
Très vite et très gai
All’inizio del 1947 arrivò per Poulenc una commissione particolarmente interessante e, in un certo qual modo, anche sperata. Per celebrare l’anniversario del primo anno dalla fondazione del Third Programme radiofonico, l’emittente britannica BBC gli chiese, infatti, di scrivere una sinfonia. Il compositore, che, già dal mese di dicembre del 1946, desiderava riciclare, per un lavoro per orchestra, tre temi di un suo quartetto d’archi da lui distrutto non molto tempo prima, accettò la proposta, prefissandosi di scrivere una sinfonia breve, da cui deriva appunto il titolo di Sinfonietta. Poulenc non riuscì, però, a realizzare compiutamente questo suo proposito iniziale, in quanto la sinfonia, alla quale iniziò a lavorare nel mese di giugno del 1947 completandola l’8 settembre del 1948, finì per assumere, nel corso della composizione, dimensioni più grandi e non preventivate. La prima esecuzione, avvenuta a Londra il 24 ottobre del 1948 con la BBC Philharmonic Orchestra diretta da Roger Désormière che registrò la Sinfonietta, fu un successo, come si evince dal resoconto, contenuto in una lettera di una sua amica, Marthe Bosredon, la quale, entusiasta, scrisse:
“I temi sopravvissuti del quartetto hanno fatto un miracolo; tutto il secondo movimento e la seconda parte del terzo movimento mi hanno portato al settimo cielo”.
Nella Sinfonietta, dedicata a Georges Auric, un altro compositore del Gruppo dei sei, che aveva suggerito al compositore di salvare i temi del quartetto, Poulenc si avvalse anche di citazioni di altre sue opere e in particolare dell’Aubade, del Sestetto, del Concerto per organo, delle Mammelle di Tiresia e della cantata Figure Humaine, della quale è ripreso, all’inizio del terzo movimento, il tema del quarto numero.
Il primo movimento, Allegro con fuoco, che, come affermato da Hervé Lacombe nella sua biografia su Poulenc, “sembra rispondere a un programma, o a un soggetto di balletto, articolando le tappe della forma pensata come una storia (con il gesto formale di ricapitolazione tematica che appare come un gioco della memoria)”, presenta due temi di carattere lirico, dei quali il primo si distingue per un fraseggio staccato. Il secondo movimento, Molto vivace, è formalmente uno Scherzo di carattere gaio e festoso, nel quale sono presenti idee tematiche provenienti dal suo balletto Les Biches. Un carattere pastorale informa il terzo movimento, Andante cantabile, che si segnala per la regolarità fraseologica del tema principale, mentre il quarto, Très vite et très gai, come affermato sempre da Lacombe, sembra essere “un ritratto di Poulenc” che gioca con citazioni di svariata provenienza: da Stravinskij e da Mozart a un tango e a una canzone popolare.
Duration: 30'
César Franck
Liegi, 1822 - Parigi, 1890Sinfonia in re minore FWV 48
Lento, Allegro non troppo
Allegretto
Finale: Allegro non troppo
Completata il 22 agosto del 1888 dopo due anni di lavoro ed eseguita, per la prima volta, presso la Societé Nationale di Parigi il 17 febbraio 1889, la Sinfonia in re minore è uno degli ultimi lavori di César Franck. Non si conoscono con precisione le ragioni che indussero il compositore a cimentarsi nel genere sinfonico, poco apprezzato nell’Ottocento in Francia, ma è probabile che egli abbia effettuato questa scelta formale dopo il successo delle sue Variazioni sinfoniche per pianoforte e orchestra composte nell’estate del 1885. La Sinfonia in re minore non ebbe, però, immediatamente un’accoglienza favorevole da parte del pubblico, nonostante il genere sinfonico, in quello stesso periodo, fosse ritornato in auge in Francia grazie alla Sinfonia su un canto di Montagna di Vincent D’Indy e alla Sinfonia n. 3 in do minore op. 78 di Saint-Saëns che, composte entrambe nel 1886, godettero di enorme popolarità. Questi due lavori sembrano i modelli a cui Franck si ispirò direttamente soprattutto per la struttura ciclica, anche se decise di non introdurre, come avevano fatto Saint-Saëns e D’Indy, elementi tematici nazionalistici. Questa scelta, unita a una scrittura armonica estremamente complessa per l’uso del cromatismo di ascendenza wagneriana, fu la causa dell’accoglienza piuttosto fredda del pubblico che ebbe modo di ascoltare un’opera nella quale confluivano e si fondevano la tradizione francese con la sua struttura ciclica e quella romantica di origine tedesca. Nel periodo in cui la Sinfonia fu eseguita per la prima volta era, inoltre, molto forte la polemica accesa dai sostenitori della musica francese, che avevano contestato la decisione presa nel 1886 dalla Societé Nationale di eseguire anche musica straniera, soprattutto tedesca. Il clima non certo favorevole, oltre a determinare la fredda accoglienza della sinfonia, probabilmente ispirò anche i primi giudizi su questo lavoro, tra i quali spicca quello dell’autorevole critico Camille Bellaigue che considerò alcuni passi aridi e monotoni senza grazia e fascino, aggiungendo che i temi principali sui quali è costruita l’intera sinfonia erano appena superiori di livello a quelli dati agli studenti del Conservatorio. Non meno dura fu la stroncatura della rivista «Le Ménestrel», dove si legge: Franck aveva molto poco da dire qui. Nonostante le violenti stroncature tra le quali spicca quella di Charles Gounod che la definì come l’affermazione dell’incompetenza spinta fino al dogmatismo, la Sinfonia si affermò presto in Europa e nel mondo e fu eseguita con successo, per la prima volta, in America, a Boston, il 16 gennaio 1899 sotto la direzione di Wilhelm Gericke.
Il primo movimento, Lento, Allegro non troppo, di questa Sinfonia, strutturata secondo una forma ciclica, si apre con un’introduzione lenta, dove appare il celebre tema, affidato alle viole, ai violoncelli e ai contrabbassi, costituito da un semitono discendente seguito da un salto di quarta ascendente, sul quale si fonda tutta l’opera. Un poderoso crescendo porta all’esposizione in forma-sonata con un primo tema, derivato da quello iniziale, che contrasta con il secondo, dolce e cantabile, intonato dai violini. Molto particolare, dal punto di vista formale, è il secondo movimento, Allegretto, che si presenta come una fusione dell’Adagio e dello Scherzo, i due tempi centrali classici delle sinfonie in quattro movimenti. Questo movimento, nel quale passi di carattere danzante si alternano ad altri lirici e melodici, si apre con un suggestivo e cantabile tema affidato al corno inglese, la cui presenza in orchestra aveva scandalizzato Ambrosie Thomas, il tradizionalista direttore del Conservatorio di Parigi, che, secondo un aneddoto riferito da Vincent D’Indy nella sua monografia dedicata a Franck, suo maestro, avrebbe esclamato durante le prove: il nome di una sinfonia di Haydn o di Beethoven in cui è usato il corno inglese, dimenticandosi che proprio Haydn aveva introdotto ben due corni inglesi nella sua Sinfonia n. 22 “Il filosofo”. Nel terzo movimento, Finale: Allegro non troppo, che si apre con cinque secchi accordi orchestrali, vengono ripresi tutti gli elementi tematici dei due movimenti precedenti in una scrittura ricca di invenzione culminante nella grandiosa e suggestiva coda conclusiva.
Riccardo Viagrande
Duration: 42'