Exultate, jubilate

64ma Settimana Internazionale di Musica Sacra di Monreale

Diego Fasolis, direttore

Orchestra Sinfonica Siciliana

Coro del Teatro Massimo

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Sabato
    15 Ottobre 2022

    Ore

    21,00

    Durata

    75min.

    Prezzi

    - €

    Calendario

Damiana Mizzi soprano 
Daniela Barcellona mezzosoprano 
Airam Hern
ández tenore 
George Andguladze basso 


Salvatore Punturo maestro del coro 

 

 

Ingresso gratuito con prenotazione su https://www.eventbrite.com/cc/64-settimana-di-musica-sacra-monreale-1245199?just_published=true

BIGLIETTI ESAURITI

  • Programma

  • Wolfgang Amadeus Mozart
    Salisburgo 1756 – Vienna 1791

    Exultate Jubilate, mottetto KV 165

    Exultate, jubilate (Allegro)

    Fulget amica dies (Recitativo secco)

    Tu virginum corona (Andante)

    Alleluja (Allegro)

     

    Composto da Mozart nel 1773, quando si trovava a Milano, per il castrato Venanzio Rauzzini, primo apprezzato interprete del ruolo di Cecilio nella sua opera Lucio Silla, il  mottetto Exultate Jubilate KV 165 si distingue per una scrittura più profana che chiesastica come vorrebbe la sua destinazione. Il mottetto, che fu eseguito, infatti, per la prima volta presso il Convento dei Teatini della città lombarda il 17 gennaio 1773, in realtà non presenta alcun riferimento alla festa di S. Antonio Abate che ricorre proprio quel giorno, ma si presenta, a causa del carattere generico del suo testo, come un brano che si può eseguire in ogni tempo e in ogni luogo. Per tale ragione questo lavoro divenne un vero e proprio pezzo di baule per Rauzzini, sulla cui vocalità, che si esaltava nel canto di coloratura e nell'intonazione di ampi intervalli, fu, del resto, cucito addosso da Mozart. Dal punto di vista formale il mottetto, costituito da due arie inframmezzate da un recitativo secco e seguite dall'Alleluja, tolto il recitativo, sembra assumere le caratteristiche di un concerto per voce e orchestra in tre movimenti, dei quali il primo Exultate, jubilate è una spumeggiante aria che si distingue per una scrittura intrisa di agilità e per gli ampi salti intervallari. Il breve recitativo secco Fulget amica dies introduce la seconda aria, Tu virginum corona, una dolcissima e delicatissima pagina, formalmente vicina al rondò-sonata,  nella quale la voce è accompagnata dai violini e dalla viola, mentre il conclusivo Alleluja con le sue agilità e con un do acuto costituisce la parte più famosa del mottetto, tanto che viene eseguito spesso da solo.

    Durata: 15'

    Wolfgang Amadeus Mozart
    Salisburgo 1756 – Vienna 1791

    Requiem in re minore KV 626

    Requiem e Kyrie (Soprano e coro: Adagio; Coro: Allegro)

    Dies Irae (Coro: Allegro assai)

    Tuba mirum (Quartetto dei soli: Andante)

    Rex tremendae (Coro: Grave)

    Recordare (Quartetto dei soli: Andante)

    Confutatis (Coro: Andante)

    Lacrymosa (Coro: senza indicazione di tempo ma larghetto)

    Domine Jesu (Quartetto dei soli e coro: Andante con moto)

    Hostias e Quam olim (Coro: Andante e Andante con moto)

    Sanctus e Osanna (Coro: Adagio e Allegro)

    Benedictus e Osanna (Quartetto dei soli: Andante; Coro: Allegro)

    Agnus Dei, Lux aeterna e Cum sanctis tuis (Coro: senza indicazione di tempo ma larghetto; Soprano e coro: Adagio; Coro: Allegro)

     

    “Affezionatissimo Signore. Vorrei seguire il vostro consiglio, ma come riuscirvi? Ho il capo frastornato, conto a forza, e non posso levarmi dagli occhi l’immagine di questo incognito. Lo vedo di continuo, esso mi prega, mi sollecita, ed impaziente mi chiede il lavoro. Continuo perché il comporre mi stanca meno del riposo. Altronde non ho più da tremere. Lo sento a quel chel provo, che l’ora suona; sono in procinto di spirare; ho finito prima di aver goduto del mio talento. La vita era pur sì bella, la carriera s’apriva sotto auspici tanto fortunati, ma non si può cangiar il proprio destino. Nessuno misura i propri giorni, bisogna rassegnarsi, sarà quel che piacerà alla providenza. Termino ecco il mio canto funebre, non devo lasciarlo imperfetto”.

     

    Parole altamente drammatiche dalle quali traspare certo un senso di tristezza e di turbamento associato, tuttavia, alla consapevolezza del proprio valore e alla serena accettazione dell’imminente dipartita. È questo, infatti, il suo canto funebre, come lo stesso Mozart definì il suo Requiem in questa lettera indirizzata il 7 settembre 1791 ad uno sconosciuto, identificabile forse con Da Ponte, che, in quel periodo, si trovava a Londra, e nella quale esprime il fermo proposito di non lasciare incompiuto un lavoro che, purtroppo, non avrebbe fatto in tempo a completare. La morte, che aveva presagito e che sentiva imminente, lo avrebbe colto la notte del 5 dicembre di quell’anno 55 minuti dopo la mezzanotte, senza che sulla sua ultima opera fosse sollevato il velo di mistero che l’avvolgeva fin dal momento in cui era stata commissionata. Un giorno, nel mese di luglio del 1791, mentre Mozart attendeva alla composizione del Flauto magico, si era presentato nella sua abitazione viennese un messo abbastanza singolare, vestito di grigio e latore di una lettera nella quale si chiedeva quale prezzo avrebbe preteso per una Messa da Requiem. Mozart, felicemente sorpreso e desideroso di scrivere musica sacra, dopo essersi consigliato con la moglie Konstanze accettò l’offerta chiedendo 50 o, come affermano alcuni, 100 ducati che lo sconosciuto puntualmente gli corrispose promettendogli un ulteriore aumento del compenso pattuito a lavoro finito a condizione  che non cercasse mai di scoprire il committente. Solo dopo la morte fu svelata l’identità dello sconosciuto intermediario, il signor Leutgeb, e del committente di cui era amministratore, il conte Franz von Walsegg zu Stuppach che, innamorato della moglie, Anne Edle von Flammberg, morta il 14 febbraio del 1791, voleva celebrarne il ricordo.  Mozart, che saggiamente non aveva concordato alcun preciso termine di consegna, iniziò il lavoro componendo l’Introito, il Kyrie e la Sequenza fino al Rex tremendae, per sospenderlo quando decise di dedicarsi alla composizione della Clemenza di Tito, che fu rappresentata a Praga il 6 settembre, e dell’ultima parte del Flauto magico, rappresentato il 30 settembre 1791 al Theater auf der Wieden. Questo periodo di lavoro febbrile e il faticoso viaggio da Praga a Vienna avevano minato la già cagionevole salute di Mozart che, tuttavia, riprese il lavoro del Requiem fino alla morte. Sebbene sia stato dissolto il mistero relativo all’identità del committente della composizione, tuttavia non si è ancora riusciti a distinguere i brani composti da Mozart da quelli scritti da Joseph Eybler e da Franz Xaver Süssmayer. Questo mistero ha affascinato generazioni intere di musicologi e ha dato vita ad una sterminata bibliografia all’interno della quale è possibile anche trovare tesi interpretative alquanto singolari secondo le quali viene negata quasi interamente la paternità mozartiana del Requiem. Dalle poche notizie certe è possibile ricavare che Mozart aveva terminato nella partitura autografa i primi due brani, Requiem e Kyrie, e aveva scritto solo le parti vocali col basso continuo del Dies irae accennando quelle iniziali dei vari strumenti. La composizione si fermava ai due versi del Lacrymosa: qua resurget ex favilla / judicandus homo reus, mentre vi erano alcuni abbozzi del Domine Jesu Christe ed Hostias. Gli unici brani, che Mozart non aveva nemmeno iniziato a comporre, erano il Sanctus, il Benedictus e l’Agnus Dei. È certa la notizia secondo la quale la vedova Konstanze aveva dato l’incarico di completare il Requiem a Joseph Eybler, che in una ricevuta aveva scritto:

     

    “Il sottoscritto dichiara di aver ricevuto dalla vedova Konstanze Mozart l’incarico di condurre a termine il Requiem iniziato dal suo defunto marito; dichiara inoltre d’impegnarsi a compiere detto lavoro entro la prossima mezzaquaresima e di non farne altra copia né di affidarlo ad altre mani che non siano quelle della Signora vedova. Vienna 21 dicembre 1791”

     

    Eybler, molto probabilmente, completò la strumentazione del Confutatis ed aggiunse due battute al Lacrymosa rinunciando, però, all’impresa. La vedova, quindi, decise di rivolgersi ad altri musicisti che declinarono l’invito e, infine, a Franz Xaver Süssmayer. Non si conosce, in verità, la consistenza dell’autografo e degli abbozzi lasciati da Mozart che, inoltre, aveva fatto delle anticipazioni al suo allievo Süssmayer o verbalmente o suonando al pianoforte intere parti. Secondo quanto si legge in una comunicazione di Konstanze ad Anton Stadler, famoso virtuoso del corno di bassetto, Mozart aveva lasciato sul suo scrittoio alcuni foglietti di musica sparsi che la vedova aveva dato a Süssmayer senza curarsi di sapere quale fosse il loro contenuto. A chiarire le questioni relative all’individuazione delle parti da attribuire a Mozart e di quelle composte da Süssmayer, non contribuisce certo il comportamento dell’allievo del Salisbughese, che ricopiò l’autografo mozartiano per non confondere le due calligrafie e dichiarò suoi il Sanctus, il Benedictus e l’Agnus Dei. La calligrafia di Süssmayer, inoltre, era talmente simile a quella di Mozart che sia il committente, a cui fu consegnata l’opera compiuta, che molti altri osservatori pensarono che si trattasse dell’originale mozartiano. La vedova, inoltre, che non si era risparmiata nel tentativo di far sì che l’opera fosse attribuita interamente a Mozart, il 10 febbraio 1839 fu costretta ad ammettere che la parte composta dal defunto marito arrivava fino al Dies irae e che i già citati Sanctus, Benedictus ed Agnus Dei erano opera di Süssmayer. L’immediato successo dell’opera, inoltre, indusse Konstanze a tentare la pubblicazione del Requiem, contravvenendo ad una clausola dell’accordo con il committente nella quale si proibiva assolutamente la pubblicazione della Messa a nome di Mozart. La comunicazione della Casa Editrice Breitkopf & Härtel, che si dichiarava pronta a pubblicare la partitura su copie in suo possesso, indusse la vedova a mettere a disposizione dell’editore il manoscritto originale. L’annuncio della pubblicazione del Requiem da parte dell’editore diede origine, però, ad una nuova spinosa questione con il committente che, consapevole di essere scambiato per il compositore dell’opera, montò su tutte le furie chiedendo un risarcimento danni. Alla fine il conte fu liquidato con alcune copie inedite di Mozart e la sua pretesa iniziale di 50 ducati fu totalmente annullata. Per ironia della sorte la prima edizione del Requiem non fu pubblicata dalla casa editrice tedesca che diede alle stampe la partitura soltanto nel 1820, ma dall’Imprimerie du Conservatoire a Parigi nel 1804.

    Nell’Introitus predomina un’atmosfera liturgica lugubre in cui il tema del Requiem, esposto dai corni di bassetto e dai fagotti, si erge su un accompagnamento degli archi che produce forti dissonanze, mentre la seconda delle tre sezioni, di cui si compone questo brano iniziale, segnata dall’intervento del soprano alle parole Te decet, introduce un tema gregoriano. All’Introitus si lega direttamente il successivo Kyrie che si sviluppa in una doppia fuga di vaga ascendenza händeliana e bachiana nella struttura melodica dei due soggetti che vengono, però, rielaborati in modo geniale e originale dal grande Salisburghese. Carattere profondamente drammatico presenta il successivo Dies irae, il cui testo è tratto dalla sequenza attribuita a Tommaso da Celano e lasciata all’interno della liturgia della Messa dei Defunti dal Concilio di Trento. Le immagini di terrore evocate in questa stupenda pagina non annullano la necessità del ricorso alla preghiera ed introducono il tema del Giudizio Universale, contenuto nel testo del Tuba mirum. Alla grande massa orchestrale e vocale del Dies irae si contrappone l’iniziale e delicato concertare delle voci soliste con il trombone, il cui attacco solenne sembra evocare le trombe del Giudizio Finale. La misericordia e la grazia divina sembrano materializzarsi nella celestiale voce del soprano che intona gli ultimi tre versi, mentre nel successivo Rex tremendae viene esaltata la maestà divina con un ritmo solenne e puntato in cui la ripetizione per tre volte della parola Rex non fa altro che ribadire la potenza del Creatore. Nei tre brani successivi, Recordare, Confutatis, per il quale Mozart si servì, nella stesura della parte del tenore, di una cellula melodica dell’Andante di una sinfonia di Pasquale Anfossi, e Lacrymosa, la preghiera si fa sempre più fervente in un crescendo d’intensità che raggiunge il suo punto culminante in quest’ultimo brano nel quale la musica sembra evocare il pianto attraverso un disegno, affidato ai violini, di crome discendenti ed ascendenti. Questo brano, di cui Mozart compose soltanto le prime otto misure, fu completato da Süssmayer che proseguì l’idea iniziale del Salisburghese raddoppiando le parti vocali con i tromboni.  Anche i successivi Domine Jesu ed Hostias furono rielaborati da Süssmayer sugli abbozzi di Mozart che riguardano il basso continuo e le parti vocali. Nel primo dei due brani la potenza divina è, ancora una volta, esaltata nel forte che caratterizza, dal punto di vista dinamico, l’espressione Rex gloriae. Il Sanctus fu interamente composto da Süssmayer il quale, nella parte dei timpani, riprese una figurazione che ricorda il Sanctus della Messa in si minore di Johann Sebastian Bach. Il brano si conclude con un breve fugato che si basa sul testo dell’Osanna in excelsis, ripreso nella parte finale del Benedictus. Il successivo Agnus Dei presenta un’intonazione spiccatamente mozartiana in quanto deriva dalla scelta di Süssmayer di riprendere alcune sezioni del Gloria della Messa K. 220 del compositore salisburghese. La conclusiva sezione Lux aeterna riprende, infine, la musica dell’Introitus.

     

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 55'

Coro del Teatro Massimo di Palermo