Andrea Lucchesini/Čajkovskij
Emmanuel Tjeknavorian, direttore
Andrea Lucchesini, pianoforte
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Programma
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Pëtr Il'ič Čajkovskij
Votkinsk, 1840 - San Pietroburgo, 1893Concerto n. 1 in si bemolle minore per pianoforte e orchestra op. 23
Allegro non troppo e molto maestoso, Allegro con spirito
Andantino semplice, Prestissimo, Tempo I
Finale (Allegro con fuoco)
Periodo di composizione: novembre 1874 – Mosca, 21 febbraio 1875.
Prima esecuzione: Boston, Music Hall, 25 ottobre 1875. Nel 1875 inizia la costruzione del Teatro Massimo di Palermo i cui lavori si concluderanno nel 1891. In Germania nasce il Partito Socialdemocratico.
“Nel dicembre 1874 ho scritto un concerto per pianoforte. Dato che non sono un pianista, avevo bisogno di rivolgermi a un virtuoso, uno specialista, che mi indicasse, relativamente alla tecnica, ciò che fosse faticoso, di difficile esecuzione, privo di effetto e così via. Mi serviva un critico severo, ma allo stesso tempo, ben disposto nei miei confronti... Devo dire chiaramente che una voce interiore protestava contro la scelta di Rubinštejn come giudice dell’aspetto tecnico della mia composizione. Sapevo che non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione per comportarsi in modo dispotico. Ciò nonostante, egli non solo è il primo pianista moscovita, ma è certamente un pianista superiore. Così, sapendo in anticipo che si sarebbe profondamente offeso se fosse venuto a sapere che l’avevo scavalcato, l’ho invitato ad ascoltare il concerto e a fare delle osservazioni a proposito della parte pianistica. Era la vigilia di Natale del 1874. Quella sera eravamo entrambi invitati alla festa di Albrecht; Rubinštejn ha proposto di provare in una delle classi del Conservatorio prima della festa. Così abbiamo fatto. Mi sono presentato con il mio manoscritto e dopo di me Rubinštejn con Hubert. Ho suonato il primo movimento. Neanche una parola, non un solo commento! Quanto è stupida e insopportabile la posizione di una persona che presenta a un suo amico un piatto di sua preparazione, e quello lo mangia e tace! Almeno qualcosa, anche una stroncatura amichevole, per l’amor di Dio, anche una sola parola di simpatia, seppure non d’elogio! Rubinštejn affilava gli artigli e Hubert aspettava che si chiarisse la situazione per schierarsi da questa o quella parte. […] Il silenzio eloquente di Rubinštejn era gravido di significati. Armatomi di pazienza, l’ho suonato fino alla fine. Ancora silenzio. Mi sono alzato e ho chiesto: «Ebbene?». Allora dalle labbra di Rubinštejn è sgorgato un torrente di parole, dapprima tranquille, poi sempre più simili a un profluvio di Giove tonante. Pareva che il mio concerto non valesse niente, che suonarlo non fosse possibile, che i passaggi fossero banali, irrimediabilmente goffi, che la composizione stessa fosse pessima e volgare, che io avessi rubato di qua e di là e che ci fossero solo due o tre pagine da poter tenere, mentre il resto bisognava gettarlo via oppure rifarlo completamente. “Ecco, per esempio, questo che cosa è? (e di quel passaggio faceva la caricatura). E questo? Come può essere possibile!”». E così via. […] Non ero solo attonito, ma anche offeso da tutta questa scena. Sono uscito tacendo dalla stanza e sono andato di sopra. Non potevo parlare dall’agitazione e dalla collera. Ben presto è apparso Rubinštejn e, accortosi del mio turbamento, mi ha chiamato in una delle stanze più lontane. Là mi ha ripetuto nuovamente che il mio concerto è impossibile e, avendomi indicato molti punti in cui erano necessari cambiamenti radicali, mi ha detto che se entro un certo periodo lo avessi rivisto secondo i suoi desideri, allora mi avrebbe fatto l’onore di eseguirlo nel suo concerto. Non ne rivedrò neppure una nota, — gli ho risposto — e lo pubblicherò così com’è! E così ho fatto”.
In questa lettera, indirizzata nel 1878 alla sua protettrice la contessa Von Meck, Čajkovskij ricordava, con un certo disappunto per nulla sopito dai tre anni trascorsi, la prima fredda accoglienza ottenuta dal suo Primo concerto per pianoforte e orchestra. Čajkovskij, incurante delle critiche di Rubinštejn , che non gli fece l’onore di eseguire per la prima volta il Concerto, portò a termine l’orchestrazione dell’opera nel mese di febbraio del 1875 senza toccare nulla del suo impianto generale e lasciando inalterati quei passaggi che erano stati criticati. L’opera, tuttavia, trovò un degno interprete nel grande e famosissimo pianista e direttore d’orchestra Hans von Bülow, al quale il compositore russo dedicò la composizione, che fu eseguita per la prima volta a Boston il 25 ottobre 1875. Alla prima esecuzione il Concerto fu accolto da un grande successo di pubblico e, nonostante qualche perplessità espressa dalla critica, ottenne una straordinaria quanto immediata popolarità, che, alla stregua di una sorta di contrappasso, costrinse Rubinštejn a studiarlo e, quindi, ad eseguirlo diverse volte.
Un perentorio attacco dei corni costituisce l’incipit della celeberrima sezione introduttiva (Allegro non troppo e molto maestoso), nella quale orchestra e solista si scambiano alternativamente i ruoli; così quando gli archi inizialmente espongono il celebre languido tema, il pianoforte accompagna con accordi, mentre quando il tema passa al solista, che si presenta al pubblico, peraltro, con una virtuosistica cadenza, l’orchestra assume il ruolo di accompagnatrice. L’esposizione del concerto inizia nella sezione marcata con l’andamento Allegro con spirito con un tema brillante, tratto da una canzone popolare ucraina, Il canto dei ciechi. Ad esso si contrappone un secondo tema, languido, esposto inizialmente dai legni e dal solista che nel corso del movimento si esibisce in ben tre passi cadenzali. Il secondo movimento ha una struttura tripartita con una sezione iniziale, Andantino semplice nella quale il flauto espone inizialmente un tema dolce, ripreso immediatamente dal pianoforte, una sezione centrale, Prestissimo, introdotta dal pianoforte in modo virtuosistico, ma leggero, una ripresa del tema iniziale (Tempo I), della quale il protagonista indiscusso è il pianoforte. La tradizione popolare russa torna ad ispirare anche il terzo movimento, Allegro con fuoco, e, in particolar modo, il nervoso primo tema il cui inciso è magistralmente variato con tre impasti orchestrali diversi. A questo primo tema, così nervoso, si contrappone il secondo, lirico, affidato al dolce suono dei violini. Con la perorazione orchestrale di questo secondo tema si conclude il Concerto.
Durata: 34'
Sergej Vasil'evič Rachmaninov
Oneg, Novgorod, 1873 - Beverly Hills, 1943Sinfonia n. 2 in mi minore op. 27
Largo, Allegro moderato
Allegro molto
Adagio
Allegro vivace
Periodo di composizione: ottobre 1906 – Aprile 1907
Prima esecuzione: Pietroburgo, 8 febbraio 1908. Il 5 ottobre 1908 la Bulgaria dichiara la sua indipendenza dall’Impero Ottomano. Il 28 dicembre alle 5:21 del mattino un terremoto, che raggiunse il 10° grado della scala Mercalli, colpì le città di Messina e Reggio Calabria.
Eccessivamente lunga, la Sinfonia, la cui durata nella sua forma originaria era di circa un’ora, fu sottoposta nel tempo a diverse revisioni che ne hanno ridotto considerevolmente i tempi portandola a 35’ circa. Oggi la Sinfonia è eseguita comunemente nella sua versione originaria con la sola omissione di un ritornello nel primo movimento, aperto da un Largo introduttivo tetro e misterioso nel tema affidato ai violoncelli e ai contrabbassi. Il primo movimento prosegue con il classico Allegro moderato in forma-sonata nel quale momenti di serenità si alternano e si oppongono ad altri di intensa drammaticità. Come accade di solito nella tradizione russa, il secondo movimento, Allegro molto, è un vigoroso Scherzo nel quale appare il tema gregoriano del Dies irae particolarmente caro a Rachmaninov che lo utilizzò anche in altre opere. Il terzo movimento, Adagio, crea un’atmosfera di grande pathos nel tema affidato inizialmente al violino, mentre il quarto, Allegro vivace, seguendo i principi della tradizione russa, è una mirabile sintesi dei temi e dei motivi precedentemente esposti e qui strutturati secondo i principi della forma-sonata.
Riccardo Viagrande
Durata: 60'