José Cura / Dialogo fra le due Americhe

José Cura, direttore/voce

Barbora Kubíková, chitarra

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    31 Maggio 2024

    Ore

    21,00

    Durata

    100min.

    Prezzi

    35 - 20 €

    Calendario

  • Giorno

    Sabato
    01 Giugno 2024

    Ore

    17,30

    Durata

    100min.

    Prezzi

    35 - 20 €

    Calendario

Evento speciale

  • Programma

  • Canzoni argentine per voce e orchestra - Arr. di José Cura - Prima esecuzione a Palermo

    Hilda Herrera (Capilla del Monte 1932)

    Desde el fondo de ti

    María Elena Walsh (Ramos Mejía 1930 – Buenos Aires 2011)

    Postal de guerra

    Carlos Guastavino (Santa Fe 1912 – Buenos Aires 2000)

    Se equivocó la paloma

    Prestáme tu pañuelito

    Cortadera, plumerito

    ¡Qué linda la madreselva!

    Yo, maestra

    Ya me voy a retirar

    Jardín antiguo

    Alberto Ginastera (Buenos Aires 1916 – Ginevra 1983)

    Canción del árbol del olvido

    José Cura (Rosario 1962)

    Cuando yo muera

     

    Lo Schubert argentino

    “C'è una credenza popolare in Argentina che attribuisce ad Arthur Rubinstein la dichiarazione che Carlos Guastavino fosse lo “Schubert argentino”. Per quanto abbia cercato in materia durante gli anni, non sono mai riuscito a confermare se il virtuoso russo abbia effettivamente pronunciato quelle parole. Tuttavia, quando eseguii il primo recital delle canzoni di Guastavino a Vienna, molti anni fa, volutamente evocai le presunte parole di Rubinstein nei confronti del compositore allo scopo di suscitare la curiosità del pubblico, affinché prestassero una speciale attenzione alla musica che stavamo per eseguire, e forse cercassero attivamente di trovare qualche verità nella sfida presentata dalla citazione. La prima parte del concerto di oggi riguarda queste canzoni così intellettualmente raffinate, dolci o aspre, tristi o umoristiche, talvolta malinconiche ma sempre toccanti. Eccomi qua, quindi, armato delle canzoni di Carlos Guastavino, ma anche di brani di Hilda Herrera, María Elena Walsh, Alberto Ginastera e Astor Piazzolla —amorevolmente sostenuto dalla duttilissima Orchestra Sinfonica Siciliana—, a portarvi questo programma, per la prima volta in Sicilia”.

    Con queste parole il maestro Cura ci illustra il presente concerto, il cui programma è costituito da canzoni di diversi autori argentini tra cui Carlos Guastavino (Santa Fe 1912 – Buenos Aires 2000) che, rimasto fedele nelle sue opere a una concezione romantica della musica, è diventato un modello per i compositori argentini della seconda metà del Novecento, autori di musica colta inspirata al folclore, “musica erudita ma con il profumo della terra”, come ci racconta il maestro Cura stesso; Hilda Herrera (Capilla del Monte, 1932), nella cui musica trova spazio non soltanto il folclore dell’entroterra, ma anche quello “capitalino”, rappresentato dal tango argentino; María Elena Walsh (Ramos Mejía 1930 – Buenos Aires 2011), autrice “iconica” di canzoni sia per bambini —con le quali sono cresciuti ben tre generazioni di argentini—, che per adulti, influenzate dal folklore, nonché il celeberrimo Alberto Ginastera (Buenos Aires 1916 – Ginevra 1983) e José Cura, la cui messa in musica di uno dei sonetti di Pablo Neruda, chiude la serie di canzoni in questo concerto.  A proposito di questo suo lavoro, il maestro ci ha raccontato:

    “A gennaio del 1995, mi trovavo su questo medesimo palco per il ruolo di Paolo il Bello, nell’opera Francesca da Rimini di Riccardo Zandonai: uno dei più romantici della storia della letteratura. Ero in quella, quando un altro “Pablo” ebbe la buon’idea di entrare nella mia vita… Trovai il libro nel mio camerino, dedicato sulla prima pagina… Lo aprii a caso. “Quando io muoia, voglio le tue mani sui miei occhi”, scrive Pablo Neruda a sua moglie, Matilde Urrutia. Così nacque l’ultima delle canzoni del mio ciclo di sette sonetti su testi del poeta cileno che oggi, a distanza di ben ventinove anni, canterò proprio qua, in questo vostro Teatro, dove Neruda ed io incrociammo i nostri passi per la prima volta”.

    Durata: 30'

    José Cura
    Rosario 1962

    Concierto para un Resurgir, per chitarra e orchestra - Prima esecuzione italiana

    Chôro - Batucada - Saudade

    Alborada

    Ronda

     

     

    “Scritto durante la prima ondata pandemica, il Concierto para un Resurgir (Concerto per un Risorgere) esprime i diversi "umori" che ci hanno colpito durante il confinamento. Nel primo movimento, Chôro-Batucada-Saudade, si nota la caratteristica di questo stile brasiliano “urbano” che consiste nel suo costante ritorno alla stessa struttura ritmica su cui vengono suonate le diverse variazioni. L’accompagnamento caldo e senza apparenti pretese dell'orchestra permette al chitarrista di cimentarsi in un continuo crescendo di sfide tecniche. Segue la danza afro-brasiliana apparentemente indisciplinata chiamata Batucada, basata su una ripetizione ossessiva della stessa figura in crescendo di velocità. Sulla base di un “serpeggiare di cluster” e ritmi incisivi di percussioni, il chitarrista sviluppa una serie di variazioni destinate a trasmettere quel senso di libertà che è così tipico del carnevale brasiliano. Dopo l'esaurimento fisico della Batucada, segue la Saudade, ovvero nostalgia, tristezza. Questa vera e propria “sarabanda” carioca permette un breve momento di calma per “riprendere il respiro” prima del rilancio tematico e la stretta finale.

    Nel secondo movimento, Alborada (Alba), l’ostinato armonico ossessivo che rappresenta l’opprimente angoscia del lungo confinamento, viene lentamente dissipato dal motivo musicale che illustra l'arrivo di un nuovo giorno. Seguito da una cadenza solistica nella quale il chitarrista sembra “riflettere” sull’accaduto per poi ricadere brevemente nel pessimismo, il movimento finisce in modo irresoluto, raffigurando le domande senza risposta lasciate dalla pandemia.

     Nel terzo movimento, Ronda, la forma strutturata di un Rondò sembra dirci che solo se mettiamo ordine nel nostro quotidiano, pur rispettando le nostre differenze - rappresentate dalla politonalità -, saremo in grado di riorganizzarci per ripartire. Un omaggio di due battute a Joaquín Rodrigo precede la Coda che ci avvia senza indugi verso il finale”.

    José Cura

     

    Durata: 24'

    Antonín Dvořák
    Nelahozeves 1841 - Praga 1904

    Sinfonia n. 9 (“dal Nuovo Mondo”) in mi minore op. 95 (B.178) (Sinfonia n. 5)

    Adagio, Allegro molto

    Largo

    Scherzo: Molto vivace Trio

    Allegro con fuoco

     

    Periodo di composizione: New York, 20 dicembre 1892 – 24 maggio 1893

    Prima esecuzione: New York, Carnegie Hall, 16 dicembre 1893. Il 10 agosto dello stesso anno, in Italia, veniva costituita la Banca d’Italia grazie alla fusione della Banca Nazionale del Regno d’Italia, della Banca Nazionale Toscana e della Banca Toscana di Credito e alla liquidazione della Banca Romana.

     

    La Sinfonia dal Nuovo mondo, quinta tra quelle date alle stampe, ma nona e ultima in ordine di composizione, fu composta tra il 19 dicembre del 1892 e il 24 maggio del 1893 a New York durante il soggiorno americano di Dvořák su commissione della New York Philharmonic Orchestra che la eseguì, per la prima volta, con un notevole successo, il 16 dicembre 1893 alla Carnegie Hall sotto la direzione di Anton Seidl. Alla fine di ogni movimento, infatti, scrosci fragorosi di applausi costrinsero il compositore ad alzarsi e a fare un inchino per salutare il pubblico.

    Certamente Dvořák non aveva immaginato di conseguire un così strepitoso successo quando, nel 1892, dopo vari tentennamenti, aveva deciso di accettare il prestigioso incarico di direttore offertogli dal New York National Conservatory of Music, in sostituzione di Sibelius, con il quale non era stato possibile prendere contatto. Dvořák, di carattere schivo e poco propenso a lasciare la sua terra natia, si era deciso, perché pressato dalle insistenze di Mrs. Thurber, moglie di un ricchissimo commerciante newyorkese di generi coloniali, ad imbarcarsi il 15 settembre 1892 per l’America dove sul numero del 21 maggio 1893 del «New York Herald» rilasciò queste dichiarazioni:

    “Io sono ora convinto che la futura musica di questo paese debba basarsi su quelle che sono chiamate melodie Negre. Queste possono essere la base di una scuola di composizione seria e originale, da svilupparsi negli Stati Uniti. Questi graziosi e variati temi sono il prodotto del terreno. Sono Americani. […] Sono le canzoni popolari d'America e i vostri compositori devono rivolgersi ad esse. Tutti i grandi musicisti hanno preso in prestito temi della tradizione popolare. Il più affascinante scherzo di Beethoven è basato su ciò che ora potrebbe essere considerato come una melodia negra abilmente manipolata. Io stesso mi sono rivolto alle semplici, quasi dimenticate melodie dei contadini boemi per suggerimenti nei miei lavori più seri".                

    La tradizione americana, costituita dalla musica dei pellerossa e dei negri d’America, costituisce la base di questa composizione, non perché Dvořák abbia utilizzato dei temi tratti dal loro repertorio, ma perché, come ebbe modo di scrivere egli stesso in un articolo uscito sul «New York Herald» il 15 dicembre 1893, nel contesto dei temi originali, aveva inserito i caratteri propri della musica indiana. Nel suddetto articolo egli, infatti, aveva scritto:

    “Io non ho usato attualmente nessuna delle natie melodie americane. Io ho semplicemente scritto temi originali, incorporando le peculiarità della musica indiana, e, usando questi temi come soggetti, li ho sviluppati con tutte le risorse dei ritmi moderni, del contrappunto e del colore orchestrale.  […] L'influenza dell'America deve essere sentita nella mia sinfonia da chiunque abbia fiuto”.

    Aperto da un Adagio introduttivo, il primo movimento Allegro molto, in forma-sonata, presenta immediatamente il primo tema, che, ispirato allo spiritual Swing Low, Swett Chariot, ritorna anche nel corso della sinfonia fungendo da Leitmotiv e contribuendo a dare alla sinfonia stessa un’impostazione ciclica. Anche il secondo tema, presentato da oboi e flauti, è connotato in senso etnico. Nel secondo movimento, Largo, la connotazione etnica è resa dalla struttura pentatonica del tema principale, ispirato al poema epico indiano Hiawatha del poeta americano Henry Wadsworth Longfellow, dedicato al mitico fondatore della confederazione irochese. Questa pagina, nella quale emerge il bellissimo tema del corno inglese, evoca i funerali indiani celebrati nella foresta. Secondo quanto affermato dal compositore, anche il terzo movimento, Scherzo, sarebbe ispirato a questo poema e, in particolar modo, a una danza religiosa indiana, anche se alcuni musicologi hanno ritenuto di riscontrare nel tema principale alcuni tratti tipici della tradizione musicale mitteleuropea e, in particolar modo, del furiant, un'impetuosa danza ceca. Nell’ultimo movimento, Allegro con fuoco, in forma-sonata, dove, dopo una brevissima introduzione, esplode il tema più celebre dell’intera sinfonia, a cui si contrappone il secondo di carattere lirico, ritornano sia il Leitmotiv sia le idee tematiche principali del Largo e dello Scherzo nella sezione di sviluppo, aperta da un ritmo di Polka.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 40'