Teatro Antico di Taormina - Progetto Beethoven

Diego Matheuz, direttore

  • Luogo

  • Teatro Antico - Taormina

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Martedì
    21 Luglio 2020

    Ore

    21,30

    Durata

    80min.

    Prezzi

    45 - 15 €

    Calendario

Taormina Arte 2020

  • Programma

  • Ludwig van Beethoven
    Bonn, 1770 - Vienna, 1827

    Sinfonia n. 8 in fa maggiore op. 93

    Allegro vivace e con brio

    Allegretto scherzando

    Tempo di Minuetto

    Allegro vivace

     

    Unica tra le nove sinfonie di Beethoven a non avere una dedica, l’Ottava nacque in un periodo particolarmente intenso della vita del compositore, dal momento che, pur essendo stata iniziata insieme alla Settima nel 1811, fu completata tra il giugno e l’ottobre del 1812. In questo periodo Beethoven si trovava in Boemia dove era andato su consiglio del medico per guarire da disturbi all’apparato digerente. A Praga, dove giunse il 2 luglio, aveva molto probabilmente appuntamento con Josephine Brunswick alla quale, secondo una tesi piuttosto plausibile anche se più volte messa in discussione, avrebbe scritto tra il 6 e il 7 luglio, mentre si trovava a Teplitz, la famosa lettera piena di passione, All’amata immortale, mai spedita e ritrovata soltanto dopo la sua morte insieme al Testamento spirituale di Heilingestadt. Durante quell’intensa estate Beethoven, dopo aver soggiornato per breve tempo a Karlsbad, si stabilì a Franzesbad, presso le cui terme cercò di curare la sua malferma salute; durante questo soggiorno probabilmente allietato dall’amore di Josephine Brunswick che certo aveva avuto l’opportunità di incontrare più volte, egli lavorò alla sua Ottava sinfonia. Secondo un’ipotesi suggestiva avanzata da Tellenbach ma non suffragata da prove, la sinfonia sarebbe stata segretamente dedicata proprio alla donna il cui nome non poteva essere rivelato essendo sposata. Tellenbach aveva creduto di individuare questa fantomatica dedica nel carattere boemo di alcune melodie della sinfonia che ricorderebbero la regione d’origine della Brunswick. Ad ottobre Beethoven, richiamato da problemi familiari, si recò a Linz e qui completò la sinfonia che fu eseguita con successo per la prima volta sotto la direzione dell’autore il 27 febbraio 1814 in un concerto il cui programma prevedeva la ripresa della Settima. L’Ottava fu concepita, quindi, in un periodo intenso ma felice per il compositore che espresse nella musica uno straordinario desiderio di evasione, lontano dalle tensioni dei precedenti lavori sinfonici. Manca, infatti, un tempo lento nel quale Beethoven generalmente dava sfogo al suo mondo spirituale, mentre la scelta di reintegrare il Minuetto al posto dello Scherzo e alcune suggestioni haydniane e mozartiane, più volte interpretate dalla critica come un’involuzione del suo stile, in realtà denunciano la voglia del compositore di giocare con le forme in un’ulteriore affermazione di vitalità e di forza. Vitale e luminoso è il primo movimento, Allegretto vivace e con brio, in forma-sonata, che si apre con un tema cordiale e accattivante al quale si contrappone un secondo tema estremamente marcato dal punto di vista ritmico. Il secondo movimento, Allegretto scherzando,  oltre a richiamare alcune movenze dei Finali haydniani, è un’elegante burla che ha per oggetto l’ambiente musicale vicino al compositore e in particolar modo Johann Nepomuk Mälzel, inventore del metronomo, per il quale Beethoven avrebbe scritto, secondo quanto affermato da Schindler, nella primavera del 1812 un canone a 4 voci Ta, ta, ta, caro Mälzel, addio, vessillo del tempo, grande metronomo. Beethoven avrebbe poi trasferito questo tema nella sinfonia, ma la notizia, riportata da Schindler, è poco attendibile in quanto il nome del metronomo fu utilizzato per la prima volta soltanto nel 1816 e, quindi, il canone non sarebbe stato scritto nel 1812.  Il terzo movimento è un elegante Minuetto, che, secondo Tellenbach, corrisponderebbe a un preciso omaggio a Josephine Brunswick, in quanto riporta lo stesso titolo del terzo movimento della Sonata op. 31 n. 3, composta nel 1802 e, come l’Ottava sinfonia, senza dedica, ma inviata in dono alla donna. Questo Minuetto è una pagina seria e compassata che nel Trio si stempera in un’atmosfera nostalgica di rimpianto e ironia. Richiami ad Haydn sono presenti nel Finale, Allegro vivace, dove, come è stato notato da Vincent D’Indy, appare un tema ungherese che, sempre a giudizio di Tellenbach, costituirebbe un ennesimo omaggio alla Brunswick. Tutto il movimento è pervaso da un sentimento di allegria che, oltre a riallacciarsi ai Finali delle sinfonie di Haydn e di Mozart, anticipa il carattere solare e burlesco di certe pagine rossiniane.

    Durata: 26'

    Ludwig van Beethoven
    Bonn, 1770 - Vienna, 1827

    Sinfonia n. 6 in fa maggiore op. 68 (Pastorale)

    Allegro ma non troppo

    Andante molto mosso

    Allegro

    Allegro

    Allegretto

     

    La Sesta sinfonia di Beethoven, meglio conosciuta come Sinfonia “Pastorale”, fu concepita probabilmente nel 1802, anno in cui era stato eseguito, per la prima volta, l’oratorio di Haydn, Le Stagioni, nel quale erano descritti paesaggi naturali e la vita campestre; Beethoven, amante della natura, non si lasciò sfuggire l’occasione di comporre un lavoro a sfondo pastorale, ma alla forma dell’Oratorio preferì quella sinfonica per non subire imposizioni da un testo letterario. In questa sinfonia, tuttavia, Beethoven non si limitò a una semplice descrizione della natura, ma si propose lo scopo, come egli stesso scrisse, di far sì che essa, grazie alla magia degli strumenti musicali, manifestasse solo sentimenti; egli stesso annotò, inoltre, che l’ascoltatore doveva essere capace di scoprire da sé le varie situazioni e formarsi un ideale di vita campestre senza bisogno di ricorrere a titoli per risalire con l’immaginazione alle intenzioni del compositore. La sinfonia, dedicata al principe Lobkowitz e al conte Rasumovsky, fu iniziata nell’estate del 1807 e, terminata nel maggio del 1808, fu eseguita per la prima volta, sotto la sua direzione, insieme alla Quinta e ad altri lavori in un lunghissimo concerto tenuto a Vienna, al Theater an der Wien, il 22 dicembre 1808. L’accoglienza del pubblico fu piuttosto fredda anche per la lunga durata dell’Accademia che comprendeva oltre alle due sinfonie, una Scena e aria, cantata da Mademoiselle Killishky, un Gloria, il Concerto n. 4 op. 58 per pianoforte e orchestra, un Sanctus con solista e coro e la Fantasia op. 80 per coro, pianoforte e orchestra. A tale proposito è significativo quanto scrisse il compositore Johann Friedrich Reichardt che, ospite del principe Lobkowitz, assistette al concerto:

    “Vi siamo stati a sedere dalle sei e mezza fino alle dieci e mezza in un freddo polare, e abbiamo imparato che ci si può stufare anche delle cose belle. Il povero Beethoven, che da questo concerto poteva ricavare il primo e unico guadagno di tutta l’annata, aveva avuto difficoltà e contrasti nell’organizzarlo. […] Cantanti e orchestra erano formati da parti molto eterogenee. Non era stato nemmeno possibile ottenere una prova generale di tutti i pezzi, pieni di passi difficilissimi. Ti stupirai di tutto quel che questo fecondissimo genio e instancabile lavoratore ha fatto durante queste quattro ore. Prima una Sinfonia Pastorale o ricordi della vita campestre pieni di vivacissime pitture e di immagini. Questa Sinfonia Pastorale dura assai di più di quanto non duri da noi a Berlino un intero concerto di corte. […] Poi, come sesto pezzo, una lunga scena italiana […] Settimo pezzo: un Gloria, la cui esecuzione è stata purtroppo completamente mancata. Ottavo brano: un nuovo concerto per pianoforte e orchestra di straordinaria difficoltà […]. Nono pezzo: una Sinfonia [la Sinfonia n. 5 op. 67]. Decimo pezzo: un Sanctus […]. Ma al concerto mancava ancora il “gran finale”: la Fantasia per pianoforte, coro e orchestra. Stanchi e assiderati, gli esecutori si smarrirono del tutto”.

    Lo stesso Beethoven evidenziò le difficoltà incontrate per l’esecuzione del suo concerto, ma scrisse anche che il pubblico lo aveva gradito; leggiamo, infatti, in una lettera del 7 gennaio 1809:

    “Ci sarà forse qualche articolo offensivo nella Musikalische Zeitung (Gazzetta musicale) a proposito del mio ultimo concerto. Io non pretendo che si sopprima tutto quello che si dice e fa contro di me, ma occorre sapere che qui nessuno ha più nemici di me; e lo si capisce tanto meglio quando si vede quanto vada peggiorando lo stato della musica. Abbiamo direttori che ne capiscono di direzione tanto quanto ne capiscono di educazione – e al Theater an der Wien c’è veramente di peggio – è lì che ho dovuto dare il mio concerto e mi hanno piazzato ostacoli da tutte le parti. Mi hanno giocato un orribile scherzo, per puro odio nei  miei confronti, perché il signor Salieri ha minacciato di espulsione tutti i musicisti della sua compagnia che avessero suonato per me; eppure, malgrado alcuni gravi errori che non potevo prevenire, il pubblico ha accolto tutto con il più grande entusiasmo. Ciò nonostante, gli scribacchini non mancheranno di scrivere robaccia contro di me nella Musikalische Zeitung. Gli orchestrali erano particolarmente furiosi perché soltanto per incuria sono stati commessi errori proprio nel pezzo più semplice e facile. D’un tratto io ho ordinato loro di fermarsi e ho gridato: ”ricominciamo”. Una cosa del genere lì non era mai accaduta prima. Il pubblico ha testimoniato tutto il suo compiacimento”.

    La Sinfonia “Pastorale”, innovativa rispetto al periodo in cui fu composta, è costituita, a livello macroformale, da cinque movimenti piuttosto che dai quattro tipici dell’era classica e a ciascuno di essi è stato attribuito da Beethoven un titolo programmatico. Nell’ordine i titoli sono: Risveglio di piacevoli sentimenti all’arrivo in campagna; Scena al ruscello; Allegra riunione di gente di campagna; Tempesta; Canzoni di pastori e sentimenti piacevoli e di ringraziamento dopo la tempesta. La natura sembra, quindi, protagonista dell’opera, ma solo nel modo in cui può essere vista e sentita dall’uomo e, come tale, per la sua capacità di suscitare sentimenti benevoli e sereni. Il primo movimento, Allegro ma non troppo, si presenta calmo e piacevole nella descrizione dei sentimenti provati all’arrivo in campagna. Esso, in forma-sonata, è costituito da sette distinti motivi sviluppati in modo estensivo che conferiscono, con la loro ripetizione, una microscopica tessitura come non ha mancato di notare Yvonne Frindle, forse eccessivamente suggestionata dal titolo programmatico, scrivendo:

    “La ripetizione infinita del modello in natura è resa attraverso cellule ritmiche, la sua immensità attraverso pure armonie sostenute”.

    Il secondo movimento, Andante molto mosso, anch’esso in forma-sonata e in chiave di si bemolle, si distingue per la serenità arcadica che sembra liberare l’uomo da tutti i problemi quotidiani. Esso inizia con un motivo che, affidato agli archi, rende chiaramente lo scorrere dell’acqua, imitato da due violoncelli alle cui note, suonate in sordina, rispondono il resto dei violoncelli e i contrabbassi con note in pizzicato. Verso la fine tre legni imitano i richiami degli uccelli; lo stesso Beethoven nella partitura affidò la rappresentazione del canto degli uccelli a tre strumenti e precisamente l’usignolo al flauto, la quaglia all’oboe e il cucù al clarinetto. Il terzo movimento in fa maggiore, in cui sono descritti i divertimenti di un allegro gruppo di contadini, si presenta nella forma di uno scherzo alterato; vi sono, infatti, due trii in tempo binario interrotti alla loro apparizione da un passaggio esuberante in tempo 2/4. Nel finale ritorna lo scherzo che riporta la calma con un tempo più lento dopo la sfrenata danza dei contadini i quali si accorgono che cominciano a cadere gocce di pioggia.

    Il quarto movimento, Allegro, in fa maggiore, dipinge con accurato realismo un temporale i cui elementi sono descritti con scale cromatiche che evidenziano il passaggio dalle poche gocce di pioggia alla violenta tempesta con tuoni, fulmini e forti venti per arrivare, nel finale, ad una transizione di grande fascino che sembra esprimere la cessazione della tempesta e l’apparizione dell’arcobaleno. Non avendo una cadenza finale, molti critici hanno considerato questo movimento come un’introduzione al quinto, Allegretto, in fa maggiore e in forma di rondò-sonata. Qui il descrittivismo lascia il posto a sentimenti di serenità e quasi ad una preghiera di ringraziamento a Dio, rappresentata da un tema di otto misure che, come nella maggior parte dei finali delle sinfonie, viene enfatizzato. L’opera si conclude con una coda che, secondo Antony Hopkins, presenta la musica più bella della sinfonia. Particolarmente suggestiva è, infatti, in questa parte conclusiva, la ripresa del tema in pianissimo e sottovoce, enfatizzata allentando leggermente il tempo.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 40'