Bellini, Rossini & Verdi
Villa Margherita (Teatro G.Di Stefano) - Trapani
Nicola Marasco, direttore
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Programma
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Vincenzo Bellini
Catania 1801 - Puteaux 1835Norma, sinfonia
Allegro maestoso e deciso
Composta in meno di tre mesi tra l’inizio di settembre e la fine di novembre del 1831, anno prodigioso per Bellini, reduce del grande successo ottenuto con la Sonnambula il 6 marzo al teatro Carcano di Milano, Norma è una delle sue opere più note, nonostante il fiasco della prima rappresentazione avvenuta il 26 dicembre dello stesso anno alla Scala di Milano. Così Bellini commentò a caldo la stessa sera della prima in una lettera indirizzata al suo amico e compagno di studi al Conservatorio Francesco Florimo:
“Ti scrivo sotto l’impressione del dolore: di un dolore che non posso esprimerti, ma che tu solo puoi comprendere. Vengo dalla Scala: prima rappresentazione della Norma. Lo crederesti… Fiasco!!! Fiasco!!! Solenne fiasco!!!".
L’opera, giudicata troppo affrettatamente fiacca e stentata dalla «Gazzetta privilegiata di Milano» nel numero del 30 dicembre, non ebbe, però, molta difficoltà ad affermarsi immediatamente e qualche giorno dopo, il 3 gennaio 1832, lo stesso quotidiano milanese dovette ricredersi, ammettendo che:
“Il giudizio del pubblico, sempre incerto la prima sera di uno spettacolo, si è dichiarato successivamente favorevole e lo spartito di Bellini potrà essere cantato con buon successo”.
L’insuccesso della prima serata, dovuto forse sia alla scarsa vena di Giuditta Pasta, che aveva trovato particolarmente difficile la “cavatina” Casta diva, sia all’ostilità di una parte del pubblico sobillata da Giulia Samoiloff, amante di Pacini, compositore catanese meno famoso e rivale di Bellini, che il 10 gennaio dello stesso anno avrebbe dovuto mettere in scena sempre nel teatro scaligero il suo Corsaro, non pregiudicò l’affermazione dell’opera che tenne il cartellone per ben 34 serate. Della grandezza di Norma si era accorto Gaetano Donizetti, il quale, certamente molto più competente del pubblico scaligero e dell’anonimo recensore della «Gazzetta privilegiata di Milano», aveva scritto ad un amico il 31 dicembre 1831:
“L’unico avvenimento musicale di straordinaria importanza è stato quello delle rappresentazioni della Norma del giovane maestro Vincenzo Bellini… A me tutto lo spartito della Norma piace moltissimo e da quattro sere vado a teatro per risentire l’opera di Bellini fino all’ultima scena”.
L’opera si apre con la splendida Sinfonia, che ne introduce il clima drammatico sin dal celeberrimo incipit costituito da perentori accordi in sol minore intercalati da pause. Dopo un primo tema agitato e nervoso, che anticipa, secondo l’uso romantico introdotto da Weber, alcuni momenti particolarmente drammatici dell’opera e soprattutto alcuni interventi dell’orchestra durante i recitativi, appare in sol maggiore il tema del duetto dell’atto secondo tra Norma e Pollione; dopo un nuovo ponte modulante nervoso e drammatico, questo tema riappare in si bemolle maggiore per cedere il testimone ad un nuovo momento agitato che precede la suggestiva coda in sol maggiore, un’oasi di poetica contemplazione prima del breve e movimentato finale.
Durata: 8'
Guillaume Tell (Guglielmo Tell), sinfonia
Andante, Allegro, Andante, Allegro
“Dopo la morte di Napoleone c’è stato un altro uomo del quale si parla ogni giorno a Mosca come a Napoli, a Londra come a Vienna, a Parigi come a Calcutta. La gloria di quest’uomo non conosce limiti, se non quelli del mondo civile, ed egli non ha ancora trentadue anni!”
Quando nel 1823 Stendhal pubblicò la sua Vita di Rossini, dalla cui prefazione sono tratte queste entusiastiche parole, il compositore pesarese era già al culmine del successo nonostante la giovanissima età e nulla faceva presagire che soltanto sei anni dopo ancora nel fiore degli anni avrebbe volontariamente abbandonato le scene con l’ultima sua opera, il Guglielmo Tell, lasciando, come aggiunse sempre lo scrittore francese, il ricordo delle sensazioni piacevoli di cui colma il cuore di tutti. Genio precocissimo, Rossini, dopo aver esordito a 18 anni al Teatro San Moisè con La cambiale di matrimonio, ottenne subito i favori del pubblico imponendosi soprattutto con opere buffe, che gli garantirono una fama duratura presso i posteri contribuendo a tramandare l’immagine leggendaria e, quindi, poco rispondente al vero, di un uomo dedito ai piaceri della vita e amante della burla. Nel 1823 Rossini, reduce dai successi di Napoli, Roma e Venezia, aveva già composto la maggior parte della sua produzione teatrale, costituita da circa 39 opere, di cui 23 nel genere serio e 16 tra farse, opere buffe e giocose, e si accingeva a calcare le scene dei teatri di Parigi, capitale dell’opera nella prima metà dell’Ottocento. Le ouvertures rossiniane hanno quasi tutte una struttura formale piuttosto fissa con un’introduzione lenta a cui segue un Allegro in forma-sonata privato della sezione dello sviluppo e con il celebre crescendo che anima la coda sia dell’esposizione che della ripresa. Nelle ouvertures Rossini attuò nel modo più compiuto e perfetto la sua concezione della musica fondata sul ritmo, come egli ebbe modo di dire al suo biografo Zanolini: l’espressione musicale sta nel ritmo, nel ritmo tutta la potenza della musica.
Andato in scena il 3 agosto 1829 al teatro dell’Opéra di Parigi, Guillaume Tell è l'ultima opera di Gioacchino Rossini L'opera si presenta perfetta nella cura dei particolari a dimostrazione che Rossini aveva ormai raggiunto una maturità di stile che gli permetteva di cimentarsi con ampie strutture in cui l’ambiente naturale e i personaggi sembravano muoversi in sintonia nella celebrazione della libertà, quella libertà il cui anelito aveva fatto capolino già nel Moïsè. Nell’opera, aderente al momento storico attuale, sono presenti temi divenuti cari a Rossini: amor di patria, libertà, lotta per il riscatto, natura come elemento vitale dell’ambiente. Questi temi sono già definiti nei quattro quadri di cui si compone la celeberrima Sinfonia: la malinconia dell’attesa, realizzata dal quintetto dei violoncelli, la violenta esplosione dell’uragano che segna l’inizio della rivolta, la visione idillica del paesaggio alpino che fa da sfondo all’azione con il corno inglese a cui risponde il flauto in gioco di richiami paesaggistici, e, infine, l’inno della vittoria, aperto da una trionfale fanfara di trombe e corni a cui si uniscono alla fine anche i timpani.
Durata: 12'
Il barbiere di Siviglia, ouverture
Andante maestoso, Allegro vivace
L’ouverture del Barbiere di Siviglia, opera rappresentata, per la prima volta, al teatro Argentina di Roma il 20 febbraio 1816 con un fiasco tanto clamoroso quanto incredibile, è un esempio di sinfonia trasferita da un’opera ad un’altra. Composta originariamente per l’opera seria Aureliano in Palmira, la sinfonia fu riutilizzata per l’Elisabetta regina d’Inghilterra, prima di trovare la sua collocazione definitiva nel Barbiere. Formalmente organizzata secondo il classico schema rossiniano con un’introduzione lenta a cui segue l’Allegro in forma-sonata, si distingue per l’incisività del ritmo.
Durata: 7'
Giuseppe Verdi
Roncole di Busseto, 1813 - Milano, 1901Nabucco, sinfonia
Andante, Allegro, Andantino, Allegro
Convinto assertore della priorità del canto e dell’espressione vocale, Giuseppe Verdi, durante la sua vita, mostrò sempre una certa diffidenza nei confronti della musica strumentale di matrice tedesca, tanto da farne oggetto di polemica, come si apprende dal suo epistolario in cui, tra i bersagli preferiti, si legge il nome di Bach, considerato dal compositore di Busseto l’emblema della tradizione strumentale tedesca. Egli, in una lettera del 3 settembre 1883 inviata all’editore Giulio Ricordi, non mancò di definire la musica di Bach: Arida, dura, fredda, nojosa. Una testimonianza tangibile del suo scarso interesse per la musica strumentale è costituita anche dall’esiguo numero di ouvertures d’opera in tutto 11, chiamate da Verdi, all’italiana, sinfonie, rispetto alla produzione operistica comprendente 26 opere, delle quali alcune sono introdotte da brevissimi preludi capaci di sintetizzare, in poche battute, i punti nodali del dramma. Con questo atteggiamento lo stesso Verdi ha dato adito a feroci critiche sulle sue qualità di strumentatore e sulla sua musica strumentale che, tuttavia, è stata rivalutata dalla moderna musicologia, secondo la quale è incisiva e, comunque, sempre perfettamente inquadrata all’interno di una solida espressione drammaturgica.
Terza opera di Verdi, Nabucco su libretto di Temistocle Solera fu rappresentata per la prima volta alla Scala il 9 marzo 1842 ottenendo un successo tale da rivelare al mondo musicale dell'epoca il giovane compositore che, dopo l'insuccesso di Un giorno di regno, aveva deciso di non comporre più. L'opera si apre con una sinfonia che, composta alla fine, probabilmente su suggerimento del cognato Giovanni Barezzi, si avvale, in un grande Pot-pourri, di temi che appariranno durante lo svolgimento dell’opera e che fanno da cornice all’idea centrale: la forza d’animo degli Ebrei di fronte alla persecuzione. Dopo un’iniziale melodia di corale affidata a trombe, tromboni e cimbasso, interrotta da due improvvise esplosioni di tutta l’orchestra, appare per la prima volta il tema del coro in cui gli Ebrei maledicono Ismaele a cui seguono per brevissimo tempo la melodia del corale e un Andantino sul motivo del Va pensiero, anticipo del celeberrimo coro dell’atto terzo. Ritorna poi il tema del coro della maledizione, questa volta in modo trionfale, in un episodio in tonalità maggiore con tre nuove melodie riprese, rispettivamente, dal coro degli Assiri (Atto II), dalla stretta del finale dell’atto I e dal duetto Nabucco-Abigaille (Atto III).
Durata: 9'
Giuseppe Verdi
Roncole di Busseto, 1813 - Milano, 1901La forza del destino, sinfonia
Allegro, Allegro agitato e presto, I° tempo, Andantino, Andante mosso, Presto come prima, Andante come prima, Allegro brillante
Composta per il Teatro Imperiale di Pietroburgo sulle cui scene debuttò il 10 novembre 1862, La forza del destino fu rielaborata in seguito per La Scala dove fu rappresentata il 27 febbraio 1869. In quest'occasione Verdi sostituì il breve preludio, che, aperto dalle tre ottave esposte dai fiati, prosegue con il trascinante tema del destino, con quello del perdono e con quello della preghiera di Leonora con l'attuale sinfonia, nella quale il compositore aggiunse altri temi salienti sviluppati in una struttura più coerente grazie alla quale questa pagina ha una sua vita anche nel repertorio sinfonico.
Durata: 9'
Giuseppe Verdi
Roncole di Busseto, 1813 - Milano, 1901I Vespri siciliani, sinfonia
Largo, Allegro agitato, Prestissimo
Tra le sinfonie verdiane quella dei Vespri Siciliani è una delle più famose, amate dal pubblico ed eseguite con maggiore frequenza. L'opera ebbe, però, una lunghissima e difficoltosa gestazione, dovuta al fatto che Verdi, poco versato al genere del Grand-Opéra, lavorò ad essa lentamente e senza particolare passione, forse anche perché infastidito dall’ambiente musicale che ruotava attorno all’Opéra di Parigi, allora chiamata Académie Impériale de Musique. Dopo vari problemi, che si verificarono durante le prove, l’opera, il cui libretto è un adattamento realizzato da Eugène Scribe e da Duveyrier di un vecchio Duc d’Albe, preparato prima per Halévy e, poi, per Donizetti, andò in scena il 13 giugno del 1855, diventando l’attrazione più importante dell’Esposizione Univerale, con un grande successo del quale Verdi rimase soddisfatto. Scrisse, infatti, dopo la prima alla contessa Clarina Maffei: «I Vespri Siciliani mi pare non vadano troppo male. […] Il giornalismo di qui è stato o conveniente o favorevole, se si eccettuino tre soli che sono italiani: Fiorentini, Montazio e Scudo». La sinfonia dei Vespri Siciliani è l’ultima composta da Verdi seguendo la struttura formale tipica delle ouvertures rossiniane con un’introduzione lenta e un Allegro riconducibile alla forma-sonata, anche se i temi sono tratti dall’opera, alla quale risulta collegata. L’introduzione, Largo, si apre con un tono mesto, conferito ad esso da un motivo ritmico, comunemente associato alla rappresentazione della morte, che Verdi aveva già usato nel Finale della Traviata e nel Misere del Trovatore, e da un secondo elemento tematico, esposto dai clarinetti e dai fagotti, che è tratto dal canto dei monaci che intonano un salmo per i morituri. Un momento di serenità sembra aprirsi in questa introduzione nel Cantabile, tutto strutturato sul tema dell’aria di apertura di Hélene, ma le percussioni e gli archi con la figurazione ritmica della morte sembrano minacciare una sventura che giunge puntuale nell’Allegro agitato, il cui primo tema, introdotto da un rullo dei timpani in crescendo, è quello del massacro. Dopo il secondo tema, costruito su quello del duetto dell’atto terzo tra Henri e Monfort, parte il crescendo a cui segue una terza idea tematica, tratta dall’aria dell’addio di Hélène alla sua amata Sicilia. La ripresa è mutila del primo tema, che, però, appare in brevi cenni a disturbare la ripresa del melodico secondo tema. L’ouverture si conclude con una travolgente coda, Prestissimo, nella quale Verdi ha rivelato tutta la sua maestria di strumentatore.
Riccardo Viagrande
Durata: 9'