Elgar
Ayrton Desimpelaere, direttore
Natalie Clein, violoncello
NOBILMENTE - LA MUSICA DI SIR EDWARD WILLIAM ELGAR
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Programma
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Edward William Elgar
Broadheath 1857 - Worcester 1934Concerto per violoncello e orchestra op. 85
Adagio, Moderato
Lento, Allegro molto
Adagio
Allegro, Moderato, Allegro ma non troppo, Poco più lento, Adagio.
“Aveva un fortissimo dolore da parecchi giorni. Non c’era nulla di simile ai sedativi che abbiamo ora, ma nonostante ciò si è alzato una mattina ed ha chiesto la matita e la carta ed ha annotato il tema del Concerto per violoncello”.
Da questo ricordo, lasciatoci da Carice, figlia del compositore, sul primo abbozzo del Concerto per violoncello e orchestra, conosciamo lo stato di malessere in cui Elgar versava quando si accinse a comporre quest’opera che costituisce l’ultimo grande capolavoro per orchestra del compositore inglese. Elgar aveva trascorso, infatti, uno dei periodi più difficili della sua vita, in quanto allo stato di frustrazione causato dalla Prima Guerra Mondiale, che sembrava aver inaridito la sua vena compositiva, si era aggiunto, nel marzo del 1918, una tonsillectomia, pericolosa per un uomo di sessant’anni, ma resa necessaria per il suo precario stato di salute. A maggio Elgar, insieme alla moglie Alice ed alla figlia Carice, ritornò a risiedere in Sussex, in un cottage di nome Brinkwells, scelto già nell’estate precedente come luogo di rifugio durante i momenti bui e tristi della guerra che aveva fatto maturare in lui la convinzione che dopo quei terribili momenti la vita in Europa sarebbe stata diversa e che anche la musica non sarebbe stata più la stessa. Ciò lo aveva quasi indotto a ritirarsi dalla sua attività di compositore, ma, nell’agosto del 1918, Elgar, rinfrancato dall’ambiente particolarmente salubre del luogo non molto lontano dal villaggio di campagna di Fittlewoth, comunicò alla famiglia il desiderio di farsi portare un suo vecchio Steinway verticale per riprendere a comporre. Disponendo del pianoforte, Elgar incominciò a lavorare alle sue tre più importanti composizioni da camera, la Sonata per violino e pianoforte op. 82, il Quartetto d’archi in re minore op. 83 e il Quintetto con pianoforte in la minore op. 84.
Eccezion fatta per la citata testimonianza della figlia, non si conosce quando Elgar si accinse a comporre i primi abbozzi del concerto, ma è possibile ricostruirne la genesi grazie ad alcune lettere e ad alcune testimonianze. È certo, infatti, che il 2 giugno del 1919, giorno del suo sessantaduesimo compleanno, il Concerto era già a buon punto come lo stesso compositore disse all’amico direttore d’orchestra Landon Ronald che gli aveva telefonato per fargli gli auguri. La parte del violoncello, inoltre, doveva essere pronta tre giorni dopo quando il violoncellista Felix Salmond, primo interprete del concerto, la provò, come annotò la figlia: “Felix Salmond si dilettò molto ed era entusiasta”. Con rinnovate energie Elgar, nei giorni successivi, lavorò al Concerto instancabilmente non fermandosi nemmeno di fronte all’eventualità di alzarsi anche alle 5 del mattino e lo completò alla fine di luglio come scrisse in una lettera indirizzata a Sidney Colvin; nella stessa lettera, inoltre, manifestando il desiderio di dedicare l’opera proprio a Sidney Colvin e alla moglie Frances, espresse la volontà di dirigerla personalmente e di affidare la parte del solista a Felix Salmond. Il Concerto fu eseguito, infatti, per la prima volta, dalla London Symphony Orchestra al Queen's Hall il 27 ottobre del 1919 sotto la direzione dello stesso Elgar e con Felix Salmond al violoncello.
Il Concerto presenta un carattere nobile, che è segnato all’inizio della partitura nell’indicazione dinamica nobilmente apposta nella parte del solista. Il primo movimento si apre con un Adagio introduttivo di cui il protagonista indiscusso è il violoncello che si presenta al pubblico con tre accordi, dei quali gli ultimi due sono costruiti su tutte e quattro le corde dello strumento. Il carattere enfatico di questa parte introduttiva è smentito dal primo tema del successivo Moderato per la cui composizione Elgar non si avvalse della classica forma-sonata, ma di quella semplicissima della canzone tripartita. Questo tema principale, affidato alle viole, costituisce probabilmente il primo abbozzo del concerto a cui aveva fatto riferimento Carice e, con il suo carattere fluttuante, sembra manifestare la malinconia del compositore per un mondo perduto e ormai irrimediabilmente distrutto dalla guerra. Tutta la prima sezione è occupata dall’esposizione del primo tema, che dalle viole passa al solista ed ai violini primi e secondi per essere perorato, infine, da tutta l’orchestra. Il secondo tema, esposto in una scrittura dialogica tra legni, archi e solista, è il protagonista della appassionata seconda sezione. La ripresa del primo tema conclude, infine, il primo movimento.
Non molto diverso è l’incipit del secondo movimento, Lento-Allegro molto, dove gli accordi iniziali del primo movimento sono ripresi nelle prime due battute introduttive, interrotte dal tema ribattuto dell’Allegro molto che non si afferma subito, ma cede il posto a una cadenza pensosa del violoncello il quale, alla fine, si lascia andare a quella che sembra una rievocazione della meravigliosa campagna del Sussex dove, con alcune interruzioni, Elgar visse negli anni compresi tra il 1917 e il 1919. Sembra che il carattere spensierato di questo tema, che in modo onomatopeico richiama il canto degli uccelli, possa affermarsi soltanto in un momento, in questo movimento appunto, e con una certa difficoltà.
Il brevissimo terzo movimento, Adagio, è costituito da una delicatissima romanza senza parole che, partendo da un impalpabile pianissimo, raggiunge il suo punto culminante nella parte centrale per poi scemare nel Finale che si conclude insolitamente sull’accordo della dominante (fa maggiore) di si bemolle maggiore, tonalità d’impianto dell’intero movimento.
Il quarto movimento (Allegro, Moderato, Allegro ma non troppo) si collega al primo per la struttura del tema che deriva da quello del recitativo originario, esposto inizialmente dall’orchestra in una forma brillante per essere ripreso dal violoncello in una versione che presenta un carattere eroico. Il primo tema dell’Allegro ma non troppo, che, dal punto di vista formale si presenta come una sintesi tra il rondò-sonata e la forma del tema e variazioni, ha un carattere brillante che contrasta con l’enfasi melodica della seconda idea. La parte centrale dell’Allegro costituisce la vera e propria sezione virtuosistica la cui regolare struttura melodica è una variazione brillante del tema iniziale. Un’ulteriore variazione del tema costituisce una falsa ripresa di quello iniziale che, alla fine, ritorna nella sua forma originaria, come anche il secondo tema. La coda (Poco più lento e lento) introduce la ripresa del recitativo del primo movimento descrivendo, in questo modo, un cerchio perfetto e conferendo all’opera una grande unità formale e d’ispirazione. A tale proposito la ripresa, nel finale, del brillante tema di quest’ultimo movimento costituisce un’ulteriore conferma del carattere unitario dell’opera.
La morte dell’amata moglie, avvenuta alcuni mesi dopo, allontanò definitivamente Elgar dalla sua attività compositiva e, così Il Concerto per violoncello e orchestra rimane l’ultima grande opera per orchestra del compositore inglese. A confermare il carattere di testamento artistico, che sembra avere il Concerto, si narra un aneddoto secondo il quale Elgar, ormai sul letto di morte, dopo aver canticchiato ad un amico il tema di apertura, disse:
“Se mai dopo che io sono morto, tu ascolterai qualcuno fischiettare questo motivo sul Malvern Hills, non allarmarti. Sono proprio io”.
Durata: 30'
Edward William Elgar
Broadheath 1857 - Worcester 1934Variations on an Original Theme for orchestra (Variazioni su un tema originale), "Enigma", op. 36
Theme - Andante
Variation I - L'istesso tempo "C.A.E."
Variation II - Allegro "H.D.S-P."
Variation III - Allegretto "R.B.T."
Variation IV - Allegro di molto "W.M.B."
Variation V - Moderato "R.P.A."
Variation VI - Andantino "Ysobel"
Variation VII - Presto "Troyte"
Variation VIII - Allegretto "W.N."
Variation IX - Adagio "Nimrod"
Variation X - Intermezzo: Allegretto "Dorabella"
Variation XI - Allegro di molto "G.R.S."
Variation XII - Andante "B.G.N."
Variation XIII - Romanza: Moderato "* * *"
Variation XIV - Finale: Allegro Presto "E.D.U."
“Dopo una lunga giornata di insegnamento di violino a Malvern, tornai a casa molto stanco. Finita la cena […], dopo aver acceso un sigaro, sedetti al pianoforte. Subito dopo, calmo e rilassato, incominciai a suonare, e all’improvviso mia moglie mi interruppe dicendo:
‘Edward, ecco una bella melodia’
Mi svegliai come da un sogno: ‘Eh! Melodia, quale melodia!’
E lei disse: ‘Suonala di nuovo. Mi piace quella melodia’
Continuai a suonare strimpellando e allora lei esclamò:
‘Ecco la melodia’”.
Con queste parole lo stesso Elgar raccontò la genesi delle Enigma variations, nate per caso una sera del mese di ottobre del 1898 e dedicate a tutti gli amici che sono qui ritratti. L’idea di questa insolita dedica nacque, del resto, proprio quella sera nella quale Elgar, dopo aver accomodato la melodia, disse alla moglie: “Ti fa pensare a qualcuno?”, “Certo, a Billy Baker che esce dalla stanza”. Ognuna delle 14 variazioni che compongono questo lavoro, completato nel mese di febbraio del 1899 ed eseguito per la prima volta alla St. James Hall di Londra il 19 giugno dello stesso anno, costituisce l’abbozzo di un ritratto di un amico di Elgar la cui identità almeno originariamente avrebbe dovuto essere un mistero. Da questo mistero deriverebbe il titolo della composizione che, in realtà, secondo quanto affermato da Elgar stesso nella nota di sala della prima esecuzione, ne nasconderebbe anche un altro riguardante la presenza di un altro tema. Nella nota si legge, infatti:
“L'enigma resterà un enigma più ampio e che percorre tutto il lavoro, senza essere mai suonato per intero: come in alcune pièce teatrali, il personaggio principale non è mai in scena”.
Se è stato possibile risalire ai nomi degli amici a cui sono dedicate le singole variazioni grazie alle iniziali inserite da Elgar all’inizio di ognuna di esse, è rimasto l’enigma intorno a questo tema che, secondo alcuni, sarebbe l’inno nazionale britannico God save the Queen o Rule, Britannia! o ancora la Sinfonia di Praga di Mozart. Secondo altri si sentirebbe, in alcuni punti, l’eco del tema dell’Intermezzo della Cavalleria Rusticana di Mascagni, mentre meno plausibile appare l’ipotesi, avanzata da altri ancora, secondo i quali questo misterioso tema sarebbe la trasposizione musicale del Pi greco. Alla fine a restare irrisolto è proprio questo enigma sul quale in ognuna delle variazioni si tenta di dare una soluzione, come lo stesso compositore riferì nella nota di sala della prima esecuzione:
“Quest’opera, iniziata in uno spirito di carattere umoristico e continuata in modo profondamente serio, contiene schizzi di amici del compositore. Si potrebbe intendere come se questi personaggi commentassero o riflettessero sul tema originale o ognuno tentasse di dare una soluzione dell’Enigma, poiché è così chiamato il tema. Gli schizzi non sono ritratti, ma ogni variazione contiene un’idea fondata su una particolare personalità o forse su un incidente noto solo a due persone. Questa è la base della composizione, ma l’opera potrebbe essere ascoltata come un “brano musicale” a prescindere da considerazioni esterne”.
Dopo l’esposizione del tema, che, secondo quanto affermato da Elgar nel programma di sala per la prima esecuzione di The Music Makers op.69 sull’ode di Arthur O’Shaughnessy, un’altra sua composizione nella quale lo utilizzò, esprime il suo “senso di solitudine dell’artista come è descritto nei primi sei versi dell’Ode”, il lavoro prosegue con la prima variazione, dedicata alla moglie Caroline Alice. È una pagina di carattere intimo soprattutto per la presenza delle quattro note che il compositore fischiettava al suo rientro a casa. A Hew David Steuart-Powell è dedicata la seconda variazione, rapida e di carattere toccatistico, mentre la terza è formalmente una mazurka nella quale sono evocate, attraverso un sapiente gioco timbrico, le variazioni di voce di cui era capace Richard Baxter Townshend, un anziano attore amico di Elgar. I modi bruschi ed energici di William Meath Baker, vicino di casa di Elgar, trovano la loro espressione musicale nei violenti accordi della quarta variazione, la più breve dell’intera opera. Di carattere serioso e con spunti umoristici è, invece, la quinta variazione dedicata a Richard Penrose Arnold, pianista dilettante e figlio del poeta Matthew Arnold, mentre la viola, alla quale è affidata una melodia elegiaca, è la protagonista della sesta variazione dedicata alla violista, Isabel Fitton, sua allieva. Ironica è la settima variazione dedicata all’architetto Arthur Troyte Griffiths, rappresentato nei vani tentativi di imparare a suonare il pianoforte. In maggiore è l’ottava variazione che descrive il carattere tranquillo e accomodante di Winifred Norbury, un’amica di famiglia. Piccolo gioiello, la nona variazione, che viene eseguita anche da sola in occasione di cerimonie solenni come quella della Domenica del Ricordo" (Remembrance Sunday) a Londra, è dedicata August Johannes Jaeger, suo migliore amico. In essa è descritta una passeggiata notturna nella quale Elgar e il suo amico discutono di Beethoven del quale viene evocato l’inizio del secondo movimento della Patetica nelle prime otto battute. Nella decima, dedicata a Dora Mary Penny Powell, è rappresentata la balbuzie della donna attraverso le quartine di semicrome dei legni. Una certa ironia informa anche l’undicesima variazione della quale sono protagonisti George Robertson Sinclair, organista della Cattedrale di Hereford, e il suo cane Dan, mentre di uno struggente lirismo è la dodicesima variazione nella quale emerge l’assolo del violoncello in omaggio a Basil George Nevinson, un violoncellista amico di Elgar. Quasi impossibile è stabilire chi sia il dedicatario della tredicesima variazione, formalmente una romanza nella quale non sono indicate le iniziali. Per la verità la citazione del tema dell’ouverture Calma di mare e felice viaggio farebbe pensare a Lady Mary Lyon e a Julia H. Worthingson conosciute da Elgar durante una crociera verso l’Australia, mentre i timpani che ricordano i motori di una nave ricorderebbero l’ex fidanzata del compositore, Helen Weaver, che emigrò in Nuova Zelanda nel 1884. Protagonista dell’ultima variazione, nella quale vengono ripresi i temi della prima e della nona variazione, è lo stesso compositore, come si evince dall’epigrafe E.D.U., nomignolo con il quale veniva chiamato affettuosamente dalla moglie.
Riccardo Viagrande
Durata: 37'