I giovedì al Giardino dei Giusti
Trio Trinacria and Flute
Violino Giorgia Beninati
Viola Giorgia Martinez Pascucci
Violoncello Claudia Gamberini
Flauto Debora Rosti
POSTI ESAURITI
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Programma
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Franz Schubert Trio D 471 in si bemolle maggiore per violino, viola e violoncello
(Allegro-Andante sostenuto)
Ludwig van Beethoven Trio per archi n. 4 in do minore op.9 n.3
Allegro con spirito
Adagio con espressione
Scherzo. Allegro molto e vivace. Trio
Presto
Franz Joseph Haydn Trio n.1 in do maggiore per violino, flauto e violoncello Hob IV: 1 “London”
Allegro moderato
Andante
Vivace
Ancora oggi non è possibile risalire alle ragioni che indussero Schubert ad abbozzare piuttosto che a comporre questo Trio D 471 in si bemolle maggiore per violino, viola e violoncello del quale scrisse il primo movimento, Allegro, e le prime 39 battute del successivo Andante sostenuto. Nel 1816, anno in cui Schubert si accinse a comporlo, questa forma, derivata dalla Sonata a 3, era ormai desueta e sentita quasi come un qualcosa di superato. Risalgono, infatti, al 1798 gli ultimi Trii (op. 9) composti da Beethoven. Non si conoscono nemmeno le ragioni che indussero Schubert a non completare questo lavoro, anche se è plausibile la tesi secondo la quale il compositore si sia dedicato totalmente alla composizione della Quinta sinfonia che condivide con il Trio la tonalità d’impianto Si bemolle maggiore. Definito da Einstein, “molto grazioso, mozartiano, fluente e melodico, ma nulla di più”, il primo movimento, che, scritto in una regolarissima forma-sonata, si segnala per le innegabili influenze mozartiane evidenti già nel primo tema, presenta, però, uno sviluppo ampio ed elaborato nel quale si intravedono elementi della futura arte schubertiana, come i frequenti cambi di armonia.
Giunto nel 1792 a Vienna, Beethoven trovò nel conte Johann Georg von Browne-Camus, che si dice abbia sperperato la sua fortuna e si sia ridotto in miseria, il suo primo mecenate. A lui, chiamato proprio da Beethoven il “Primo Mecenate della sua musa”, sono, infatti, dedicati i Trii op. 9 per archi, composti tra il 1797 e il 1798 e che lo stesso compositore definì la migliore delle sue opere. In effetti questi Trii dell’Op. 9 sono particolarmente raffinati sia per la scrittura che vede i tre strumenti perfettamente autonomi e che comunque non dà l’impressione di trovarsi né di fronte a un quartetto senza un violino né a una sonata a tre con una parte ad accompagnare le altre due che dialogano. Il primo movimento, Allegro con spirito, in forma-sonata, è una pagina scorrevole che si segnala per l’invenzione tematica che lo sostiene e per una scrittura estremamente raffinata dal punto di vista contrappuntistico, armonico e melodico. Nel complesso secondo movimento, Adagio con espressione, nella tonalità di do maggiore e dalla struttura tripartita (A-B-A), gli strumenti raggiungono una totale autonomia evidente nell’utilizzo da parte di Beethoven di linee melodiche diverse quando non addirittura contrastanti. Più convenzionale è, invece, lo Scherzo, nel quale ad essere protagonista è il violino. Il Finale è, invece, una pagina brillante, in forma-sonata, che, aperto da un tema caratteristico dell’arte di Beethoven essendo costituito da una rapida scala discendente seguita da tre note intervallate con delle pause, si conclude con una coda sorprendentemente in do maggiore.
Risale al 1794 la composizione dei cosiddetti London Trio, scritti in onore di Willoughby Bertie, quarto conte di Abingdon, che fu uno dei mecenati di Haydn durante i due soggiorni londinesi del compositore austriaco. Lord Abingdon faceva parte, infatti, di quel gruppo di estimatori di Haydn, guidati da quel Johann Peter Salomon che condusse direttamente le trattative che portarono il compositore austriaco a Londra. Tra Haydn e Lord Abingdon, che gli aprì la strada del successo nella capitale britannica promuovendo la sua musica e che lo invitò nell’estate del 1794 a visitare i suoi possedimenti, nacque presto una sincera amicizia. Nel mese di novembre di quell’anno Haydn accompagnò Lord Abingdon nell’Hertfordshire e fu in quest’occasione che scrisse questi Trii per un insolito organico costituito da due flauti e da un violoncello. La scelta dei due flauti fu dettata dall’esigenza di venire incontro a Lord Abingdon e al loro ospite, il Barone Aston, entrambi flautisti. Pur nella loro semplicità, questi Trii, nei quali uno o tutte e due i flauti possono essere sostituiti con i violini, sono delle composizioni deliziose. Pagina scorrevole in forma-sonata basata, in realtà, su un unico tema, essendo il secondo derivato dal primo come spesso accade nella musica di Haydn, il primo movimento, Allegro moderato presenta, infatti, uno sviluppo molto semplice che inizia in do minore. Una dolce cantabilità contraddistingue il secondo movimento, Andante, che si segnala per il cullante ritmo di siciliana mentre il Finale è un brillante Rondò (Vivace).
Riccardo Viagrande