Pipistrelli, capricci e ballabili

Alessandro Bonato, direttore

Palermo - Piazza Ruggiero Settimo

  • Luogo

  • Piazza Ruggiero Settimo

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Domenica
    26 Giugno 2022

    Ore

    21,00

    Durata

    70min.

    Prezzi

    10 - 5 €

    Calendario

  • Programma

  • Johann Strauss (figlio)
    Neubau, 1825 - Vienna, 1899

    Die Fledermaus (Il pipistrello), ouverture

    Allegro vivace, Allegretto, Tempo I, Lento, Allegretto, Tempo di valse (Nicht zu schnell), Allegro, Danzante, Allegro moderato, Tempo ritenuto, Tempo di valse, Allegro moderato, più vivo

     

    Rappresentata il 5 aprile 1874 con grande successo al Theater an-der Wien, Die Fledermaus (Il pipistrello) è l’operetta più famosa e importante di Johann Strauss figlio, il famoso re del valzer, che, prima di questo lavoro, si era dedicato con scarso successo al teatro. Il clamoroso insuccesso, al quale era andata incontro la prima rappresentazione dell’operetta Der Karneval in Rom  (Il Carnevale a Roma) nel 1873, aveva scoraggiato Strauss al punto tale da indurlo a non scrivere più per il teatro, nonostante Offenbach dieci anni prima gli avesse preannunciato un grande successo anche in questo campo. Molto probabilmente fu l’alto livello qualitativo del libretto di Richard Genée a convincere Strauss che, attratto immediatamente dal testo, compose l’operetta in appena quarantatre giorni. La prima fu un successo e da quel momento l’operetta godette di una straordinaria fortuna in molti teatri europei; dopo alcune rappresentazioni nella capitale austriaca essa trionfò a Berlino tanto da essere rappresentata per 300 serate consecutive e fu diretta anche da Gustav Mahler. Dopo la rappresentazione del 1894 diretta da Mahler, Il pipistrello entrò a far parte del repertorio di molti teatri ed è rappresentato ogni 31 dicembre, per il veglione di fine d’anno, alla Staatsoper di Vienna. Anche in Italia, dopo il debutto nel 1957, nella versione italiana realizzata da Giovanni Trampus, essa è entrata a far parte del repertorio. L'ouverture, che, già alla prima rappresentazione, fu sommersa dagli applausi non solo alla fine, ma anche durante l’esecuzione, presenta, in una struttura musicale che solo in apparenza si richiama alla forma-sonata, tutti i motivi principali dell’operetta e soprattutto quello del terzetto dell’atto terzo che l’attraversa dall’inizio alla fine. Domina nella composizione il ritmo della danza e, in particolar modo, del valzer che raggiunge il suo punto culminante nella ripresa del travolgente tema della scena del ballo che conclude l’atto secondo.

    Durata: 8'

    Pëtr Il'ič Čajkovskij
    Votkinsk, 1840 - San Pietroburgo, 1893

    Capriccio italiano per orchestra op. 45

    Andante un poco rubato, Pochissimo più mosso, Allegro moderato 

     

    "Voglio scrivere una suite italiana su melodie popolari".

    Contenuto in una lettera indirizzata a Taneev il 16 gennaio 1880, è questo il primo accenno alla composizione del Capriccio italiano, che Čajkovskij incominciò a scrivere proprio in quei giorni come confermato da un’altra lettera del 28 gennaio nella quale il compositore si rivolge alla sua protettrice, la contessa Nadežda Von Meck:

    “Ho cominciato a fare degli schizzi per una Fantasia Italiana su temi popolari. Voglio scrivere qualcosa secondo il modello della Fantasia spagnola di Glinka”.

    La Fantasia, ribattezzata Capriccio in una lettera indirizzata al suo editore Pëtr Jurgenson il 28 maggio e completata il giorno prima, fu eseguita per la prima volta il 18 dicembre 1880 a Mosca sotto la direzione di Nikolaj Rubinštein.

    Aperto da una fanfara (Andante un poco rubato) che ricorda un motivo suonato dai soldati della cavalleria, che Čajkovskij aveva ascoltato durante il suo soggiorno a Napoli, il Capriccio italiano prosegue con la presentazione di temi popolari e, in particolar modo, di una melodia dall’andamento di siciliana esposta dagli archi, di un tema di stornello (Pochissimo più mosso), intonato dagli oboi, e di un altro tema di canzone napoletana (Allegro moderato), affidato ai tre flauti, per concludersi, dopo una ripresa del tema iniziale, con una travolgente tarantella

    Durata: 15'

    Giuseppe Verdi
    Roncole di Busseto, 1813 - Milano, 1901

    Quatre saisons (Quattro stagioni), I Vespri siciliani (Atto III)

    L'Hiver (Allegro moderato-Allegro giusto-Plus vite)

    Le Printemps (Allegro moderato-Andante-Allegro moderato-Allegro vivo-Plus vite)

    L'Eté (Allegro giusto)

    L'Automne (Allegro-Andante mosso-Allegro vivacissimo-Allegro moderato-Allegro vivacissimo)

     

    Vespri Siciliani ebbero una lunghissima e difficoltosa gestazione, dovuta al fatto che Verdi, poco versato nel genere del Grand-Opéra, la cui caratteristica principale era costituita dalla presenza del balletto, ereditato dalla Tragédie-Lyrique, lavorò a quest'opera lentamente e senza particolare passione, forse anche perché infastidito dall’ambiente musicale che ruotava attorno all’Opéra di Parigi, allora chiamata Académie Impériale de Musique. Quando nel 1852 la direzione del teatro parigino lo aveva contatto per la composizione di un’opera che avrebbe dovuto essere rappresentata nel 1855 in occasione dell’Esposizione Universale, certamente Verdi, che firmò il contratto in tempi sorprendentemente rapidi il 26 febbraio dello stesso anno, era rimasto lusingato e molto probabilmente stimolato dalla possibilità di fare un dispetto a Meyerbeer, il compositore più rappresentativo del Grand-Opéra. Dopo vari problemi, che si verificarono durante le prove, l’opera, il cui libretto è un adattamento realizzato da Eugène Scribe e da Duveyrier di un vecchio Duc d’Albe, preparato prima per Halévy e, poi, per Donizetti, andò in scena il 13 giugno del 1855, diventando l’attrazione più importante dell’Esposizione Universale, con un grande successo del quale Verdi rimase soddisfatto. Scrisse, infatti, dopo la prima, alla contessa Clarina Maffei: «I Vespri Siciliani mi pare non vadano troppo male. […] Il giornalismo di qui è stato o conveniente o favorevole, se si eccettuino tre soli che sono italiani: Fiorentini, Montazio e Scudo».

    Collocato nel terzo atto, il balletto Les quatre saisons è il più lungo tra tutti quelli scritti da Verdi che qui mostrò una particolare cura nell'orchestrazione fatta per blocchi di colore omogeneo sul modello di Čajkovskij. Protagonista iniziale dell'azione coreografica è il Dio Giano che, infilata una chiave d'oro nella terra, fa apparire, da un canestro, una fanciulla avvolta di ghiaccio che rappresenta l'Inverno. Questa, insieme ad altre due ragazze, si mette a danzare prima di cedere il testimone alla Primavera che prende vita in seguito allo scioglimento del ghiaccio e si produce in quattro "soli". Subito dopo dal canestro sorge l'Estate la quale, inizialmente, vorrebbe danzare insieme con le sue compagne, ma a causa del caldo eccessivo decide di fare un bagno. Le fanciulle vengono allora insidiate da un fauno al quale sfuggono, mentre dal canestro sorge l'Autunno che insieme con le sue compagne danza una ronda bacchica. Un galop finale conclude questo balletto, particolarmente apprezzato da Berlioz che così si espresse nella sua recensione sul «Journal des Débats» (23 luglio 1863) in occasione di una ripresa dell'opera:

    "Il balletto delle stagioni nei Vêpres contiene affascinanti motivi di danza soprattutto per il passo della Primavera e quello dell'Estate che offrono ai virtuosi dell'orchestra l'occasione di dimostrare la loro bravura".

     

    Durata: 29'

    Giuseppe Verdi
    Roncole di Busseto, 1813 - Milano, 1901

    Macbeth, ballabili

    Salutato alla prima rappresentazione, avvenuta il 14 marzo 1847 al Teatro La Pergola di Firenze, con un successo tale da sfiorare il "fanatismo" secondo quanto raccontato da Emanuele Muzio che di Verdi fu l'unico allievo, il Macbeth fu certamente una delle opere più amate dal cigno di Busseto come testimoniato dalla commovente dedica al suocero Antonio Barezzi:

    "Da molto tempo era ne' miei pensieri di dedicare un'opera a lei che m'è stato padre e benefattore ed amico […]. Ora, eccole questo Macbeth che io amo a preferenza delle altre mie opere e che quindi stimo più degno d'essere presentato a Lei. Il cuore l'offre; l'accetti il cuore, e le sia testimonianza della memoria eterna, della gratitudine e dell'affetto che Le porta il suo aff.mo G. Verdi".

    Ulteriore dimostrazione della particolare predilezione di Verdi per quest'opera fu la scelta di realizzarne nel 1865 per il Théâtre Lyrique di Parigi una seconda versione che presenta differenze notevoli rispetto alla prima con tagli o modifiche di passi o riscritture di altri e, soprattutto, con l'aggiunta del balletto in ossequio alla tradizione francese. Inserito nell'atto terzo dopo il celebre coro delle streghe  Tre volte miagola la gatta in fregola, il balletto è una pagina alla quale Verdi dedicò particolare cura. Si tratta di tre danze, di cui l'ultima è un valzer, durante le quali le streghe evocano la dea della Notte, Ecate, che alla fine appare.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 10'