Progetto Brahms & Mozart
Damian Iorio, direttore
Enrico Corli, violoncello
L'8 settembre (ore 21) la Prima sinfonia di Brahms e il Concerto per violoncello e orchestra in re magg. (dal Concerto per corno KV 447) dirette da Damian Iorio con solista Enrico Corli verrano eseguite dall'Orchestra Sinfonica Siciliana a Cinisi (Piazza Vittorio Emanuele Orlando)
-
Programma
-
Wolfgang Amadeus Mozart
Salisburgo 1756 – Vienna 1791Concerto per violoncello e orchestra in re magg. (dal Concerto per corno KV 447)
Allegro
Romanza
Allegro
Terzo di quattro concerti scritti tra il 1781 e il 1783 per corno e orchestra, il Concerto KV 447,come gli altri tre, il primo dei quali, il KV 412, è in realtà l'unione di due brani isolati, fu probabilmente dedicato da Mozart a Ignaz Leitgeb, il cui nome, secondo alcuni biografi, sarebbe, Joseph Leutgeb. Cornista dell'orchestra di corte di Salisburgo, Leitgeb fu un grande amico di Mozart al quale rimase legato fino alla morte nonostante il compositore lo prendesse in giro per il fatto che fosse un po' ignorante e sempliciotto. Sembra che Leitgeb, il quale nel 1777 si era stabilito a Vienna dove aveva aperto un negozio di formaggi e prosciutti particolarmente apprezzati dallo stesso Mozart, accettasse di buon grado gli scherzi del Salisburghese purché questi componesse dei concerti per lui. La mancanza di simili facezie in questo concerto farebbe pensare, tuttavia, che questo lavoro sia stato scritto per un altro cornista del quale non si fa nome nell'epistolario mozartiano né in altre fonti.
Di questo concerto, certamente il più difficile dal punto di vista della tecnica strumentale, il violoncellista e compositore spagnolo Gaspar Cassadó i Moreu fece una trascrizione per violoncello trasportando il primo e terzo movimento dall'originario mi bemolle maggiore al re maggiore e il secondo dal la bemolle maggiore al la maggiore. Aperto dalla solita introduzione orchestrale, il primo movimento, Allegro, si segnala per il lirismo dei due temi principali di apollinea bellezza. Un lirismo di carattere intimistico e venato da una certa malinconia contraddistingue il secondo movimento, Romanze, mentre l'Allegro conclusivo, formalmente un Rondò, è una vivace scena di caccia.
Durata: 16'
Johannes Brahms
Amburgo, 1833 - Vienna, 1897Sinfonia n.1 in do minore op.68
Un poco sostenuto, Allegro, Un poco sostenuto
Andante sostenuto
Un poco allegretto e grazioso
Adagio, Più andante, Allegro non troppo ma con brio, Più allegro
“Ed è venuto questo giovane sangue, alla culla del quale hanno vegliato Grazie ed Eroi. Si chiama Johannes Brahms […]. S’egli abbasserà la sua bacchetta magica là dove le potenze delle masse corali e orchestrali gli prestano le loro forze, noi potremo attenderci di scoprire, nei segreti del mondo degli spiriti, paesaggi ancor più meravigliosi.”
Con queste parole profetiche Robert Schumann nel suo saggio, Vie nuove, pubblicato nel 1853 sulla rivista «Neue Zeitschrifit für Musik», di cui era stato il fondatore, aveva dato il benvenuto ad una nuova promessa della musica, Johannes Brahms; il mondo della musica, tuttavia, avrebbe dovuto attendere ben 23 anni prima che tale profezia si realizzasse. Prima del 1876, Brahms, infatti, non abbassò la sua bacchetta magica per completare la composizione della sua Prima Sinfonia e Schumann, morto nel 1856, non vide mai la realizzazione di questa sua profezia. Quali furono le ragioni per le quali Brahms aspettò tanto tempo prima di abbassare la sua bacchetta magica sulla forma sinfonica? Troviamo la risposta a questa domanda nell’epistolario del compositore di Amburgo e, in particolare modo, in una lettera scritta nel 1870 ad Hermann Levi, suo amico compositore e direttore d’orchestra, nella quale si legge: «Non scriverò mai una sinfonia: non si ha idea di cosa voglia dire sentire sempre dietro di sé i passi di un gigante come Beethoven». Il timore di un confronto con la produzione sinfonica del gigante Beethoven costituì, quindi, per Brahms una delle cause, se non la principale della sua difficoltà ad accostarsi al genere sinfonico. Ciò spiega molto probabilmente anche la difficile e lunga gestazione della Prima sinfonia, la cui stesura occupò, con diversi intervalli, circa vent’anni. Risulta, inoltre, alquanto difficile non solo ai biografi a lui contemporanei, ma anche ai moderni, stabilire con esattezza le date di composizione della Prima sinfonia, la cui prima idea risalirebbe al 1854, come ebbe modo di affermare Max Kalbeck, uno dei biografi più autorevoli. In quell’anno Brahms compose quasi per esercitazione una Sonata per due pianoforti trasformata in seguito, solo dopo aver orchestrato il primo movimento, nel Primo Concerto per pianoforte e orchestra. Della musica composta nel 1854 Brahms non utilizzò nulla nella Prima sinfonia, dal momento che il primo e il terzo movimento furono inseriti nel Concertodopo un’attenta rielaborazione, mentre il secondo movimento divenne il secondo episodio di Ein deutsches Requiem (Un requiem tedesco). In quegli anni egli mantenne un silenzio quasi totale sulla composizione della Sinfonia, nonostante le reiterate richieste, preghiere e incoraggiamenti di amici come lo stesso Hermann Levi e Max Bruch. Probabilmente alcuni insuccessi, come quello clamoroso occorso al Primo Concerto per pianoforte e orchestra alla sua seconda esecuzione al Gewandhaus di Lipsia il 27 gennaio 1859, avevano contribuito a demoralizzare il compositore che, non sentendosi pronto a cimentarsi nella composizione di una grande opera sinfonica, aveva di fatto preso tempi lunghi per la realizzazione del primitivo progetto. Non si sa, tuttavia, quando Brahms abbia iniziato il lavoro di composizione della sinfonia, ma si apprende da una lettera indirizzata a Clara Schumann che nel 1862 era già stato completato il primo movimento. Dal 1862 al 1876 altro silenzio sulla sinfonia, interrotto soltanto da qualche sporadico incitamento a continuarne la stesura da parte di Joachim ed Hermann Levi, amici di Brahms che, nel frattempo, si era dedicato alla composizione di altre opere per piccola orchestra, come le due Serenate, il già citato Concerto n. 1 op. 15 per pianoforte e orchestra, il Requiem tedesco e le Variazioni su un tema di Haydn. È molto plausibile la tesi secondo cui la stesura della maggior parte della sinfonia risalga all’estate del 1876 durante un periodo di vacanza a Sassnitz, nell’isola di Rügen, la più grande del mare del Nord particolarmente adatta, per i suoi luoghi ameni, a dare al compositore la tranquillità necessaria al suo lavoro. Completata probabilmente nel mese di settembre del 1876 a Baden-Baden, la Sinfonia fu eseguita per la prima volta il 4 novembre dello stesso anno sotto la direzione di Felix Otto Dessoff proprio per esplicita volontà del compositore, a Karlsruhe, città che, particolarmente sensibile alle novità musicali, aveva già applaudito il Primo Concerto per pianoforte e orchestra. La Sinfonia, che dal direttore d’orchestra Hans von Bülow fu definita incautamente la Decima con riferimento alle nove sinfonie di Beethoven delle quali era considerata una continuazione ideale, fu spesso paragonata alla Nona; ciò suscitò, a volte, la reazione stizzita dello stesso Brahms che a un critico, il quale gli aveva fatto notare la citazione quasi letterale dell’Inno alla gioia nel tema principale dell’ultimo movimento, rispose: Certo, anche un imbecille se ne sarebbe accorto.
Il primo movimento, che si apre con una grandiosa introduzione, Un poco sostenuto, in cui è concentrato, in un’atmosfera cupa, il maggior numero dei motivi utilizzati in questo lavoro, si snoda, nell’Allegro successivo, nella tradizionale forma-sonata che qui presenta una straordinaria complessità sia nello sviluppo che nella Coda pur mantenendo un carattere fortemente unitario. La complessità del primo movimento è controbilanciata dall’apparente semplicità del secondo, Andante sostenuto, che si apre con una melodia cantabile, la cui ripresa, dopo una breve sezione di carattere pastorale, è arricchita dall’uso molto elaborato delle tecniche della variazione. Di struttura tripartita, A-B-A, è il successivo Scherzo, che si evidenzia per un clima affabile in cui il sorriso sembra velato da una forma di malinconia in una scrittura in cui solo il ritmo di 6/8 riconduce alle movenze della danza. Il Finale è una costruzione poderosa in tre sezioni con un Adagio introduttivo di carattere solenne e cupo, dove appare il tema che ricorda, sia pure lontanamente, quello della Nona, con un Andante grandioso e, infine, con l’Allegro vero e proprio il cui primo tema ricalca molto probabilmente una melodia per corno delle Alpi ascoltata da Brahms mentre si trovava in Svizzera e trascritta in una lettera indirizzata a Clara Schumann. L’Allegro è estremamente complesso e ampio nella struttura formale che, se è riconducibile, da una parte, alla forma del rondò, dall’altra è assimilabile a quella del tema e variazioni soprattutto per l’elaborazione a cui è sottoposta l’idea principale.
Riccardo Viagrande
Durata: 48'