Beatrice Venezi/Čajkovskij 2

Beatrice Venezi, direttore

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    02 Febbraio 2024

    Ore

    21,00

    Durata

    90min.

    Prezzi

    25 - 15 €

    Calendario

  • Giorno

    Sabato
    03 Febbraio 2024

    Ore

    17,30

    Durata

    90min.

    Prezzi

    25 - 15 €

    Calendario

  • Programma

  • Pëtr Il'ič Čajkovskij
    Votkinsk, 1840 - San Pietroburgo, 1893

    Sinfonia n. 6 in si minore op. 74 "Patetica”

    Adagio, Allegro non troppo, Andante, Moderato assai, Adagio mosso, Allegro vivo, Andante come prima, Andante mosso

    Allegro con grazia

    Allegro molto vivace

    Finale (Adagio lamentoso, Andante)

     

    Periodo di composizione: 1892-1893

    Prima esecuzione: San Pietroburgo, 16 ottobre 1893. Nello stesso anno, in Sicilia, scoppiano le rivolte dei Fasci Siciliani che saranno represse dal governo di Francesco Crispi.

     

    In una lettera scritta da Čajkovskij al nipote leggiamo la presentazione di questo capolavoro assoluto:

    “Non puoi immaginare con quanto ardore lavori intorno alla mia nuova opera […]. Durante il viaggio a Parigi mi è venuta l’idea di una nuova sinfonia sopra un programma che rimarrà un enigma per tutti; lasciamo che ci si rompano il capo intorno!... Quale esso sia, traduce i miei più reconditi sentimenti: spesso in viaggio, mentre andavo mentalmente articolandone l’abbozzo, ho pianto come un bambino”, e in un’altra del 30 ottobre 1893 indirizzata a Jurgenson leggiamo: “Accade qualcosa di strano con la mia sinfonia! Non si può dire che non piaccia, ma piuttosto che provoca smarrimento”.

    In questa sintetica considerazione è racchiusa l’impressione non certo confortante e lusinghiera che Čajkovskij ricavò dalla fredda accoglienza del pubblico alla prima esecuzione, avvenuta 2 giorni prima a Pietroburgo sotto la sua direzione, della sua Sesta e ultima sinfonia. L’accoglienza del pubblico aveva, in parte, confermato le perplessità del compositore su questa sua creatura, maturate, soprattutto, durante le prove che avevano messo in evidenza alcuni difetti del Finale apparso allo stesso Čajkovskij fiacco. Le sue perplessità non riguardavano tanto il contenuto programmatico, che, come egli stesso ebbe modo di affermare nei suoi carteggi, lasciava intenzionalmente alla capacità dell’ascoltatore di indovinarlo, ma la struttura formale della sinfonia. Čajkovskij, infatti, stava attraversando un periodo di grave crisi d’ispirazione nelle composizioni che avevano una struttura conforme ai principi della sinfonia classica. A tale proposito non è superfluo sottolineare che il compositore russo aveva composto la Quinta sinfonia nel 1888, ben cinque anni prima, e che nel 1892 ne aveva abbozzato una, il cui materiale, in seguito, fu rielaborato da Taneev in un concerto per pianoforte e orchestra, apparso postumo come Concerto n. 3. La scelta di Taneev, stretto collaboratore di Čajkovskij, di rielaborare questa sinfonia, appena abbozzata nel 1892, in modo da darle la forma di un concerto per pianoforte e orchestra, molto probabilmente seguiva fedelmente l’intenzione del compositore che, però, non riuscì a dare corso ad essa e, alla fine, scrisse un pezzo in un solo movimento, Konzertstück. Una traccia di questa indecisione tra la forma del concerto e quella della sinfonia è rimasta nella Sesta sinfonia, i cui abbozzi furono compiuti tra il 16 febbraio e il 5 aprile 1893, mentre l’orchestrazione fu completata soltanto nel mese di agosto. Una settimana prima del suo debutto a Pietroburgo, la Sinfonia fu eseguita in forma privata il 21 ottobre dagli allievi del Conservatorio diretti da Safonov. Sebbene, dal punto di vista formale, la Sinfonia evidenzi alcune anomalie, come, per esempio, quella di concludersi con un Adagio lamentoso in luogo del solito movimento vivace, il relativo programma, che Čajkovskij non scrisse, può essere facilmente intuito, senza lasciare adito ad alcun dubbio, in quanto rappresenta l’ultimo e più malinconico momento della cosiddetta trilogia del destino, aperta dalla Quarta sinfonia. Il carattere malinconico di essa, inoltre, molto probabilmente suggerì al fratello di Čajkovskij, Modest, il titolo di Patetica che il compositore accettò di buon grado. Come molte altre opere artistiche, in generale, e musicali, in particolare, anche questa sinfonia ottenne, soltanto dopo la morte del compositore, ad appena tre settimane dalla prima esecuzione, sotto la direzione di Nápravník, il giusto riconoscimento del pubblico.

    Il primo movimento si apre con un cupo ed enigmatico Adagio, in cui il primo tema è esposto dal fagotto sulle quinte vuote dei contrabbassi che conferiscono al passo un forte senso di indeterminatezza. Dopo questa breve, quanto intensa introduzione, nell’Allegro ma non troppo prende avvio la vera e propria esposizione tematica ad opera delle viole che sviluppano il tema con una figurazione in cui il ribattuto, con la sua insistenza, rappresenta efficacemente l’incombere del destino. Carattere malinconico ha, invece, il secondo tema esposto dagli archi nell’Andante, mentre un perentorio, quanto inquietante, accordo di settima dà l’avvio alla vorticosa e tormentata sezione centrale (Allegro vivo), alla quale si ricollega la parte iniziale della riesposizione che trova il suo punto culminante nella ripresa del secondo tema in si maggiore. Il secondo movimento (Allegro con grazia) è un elegante, ma, al tempo stesso, malinconico valzer in un’insolita struttura metrica di 5/4 nella quale il ritmo ternario viene recuperato attraverso gli accenti che si sviluppano in modo asimmetrico. Nella prima misura, infatti, essi risiedono sul primo, sul secondo e sul quinto tempo, mentre nella seconda mettono in evidenza il primo, il secondo e il terzo. Questa struttura asimmetrica, così incerta e cangiante, si chiarisce nella sezione centrale, marcata dall’indicazione dinamica con dolcezza e flebile, nella quale, su un pedale di tonica di re maggiore, il primo flauto e i primi violini intonano una melodia accentuata sul terzo, sul quarto e sul quinto tempo, secondo uno schema ritmico costante in questo passo. Il terzo movimento (Allegro con vivo), che assume i contorni di quello conclusivo di un concerto solistico per il carattere gioioso e complessivamente vivace, si apre con un tema rapido e scorrevole, affidato agli archi, al quale si contrappone un motivo marziale in cui è riproposto lo scardinamento dello schema ritmico attraverso un’accentuazione che travalica i limiti della misura in 4/4 per dare vita con il battere e il levare della misura successiva a un 5/4. La successiva sovrapposizione dei due temi con varianti anticipa alcuni importanti esiti mahleriani. La sinfonia avrebbe potuto concludersi col vivace terzo movimento, ma Čajkovskij decise di aggiungerne un quarto lento che, apertosi con un Adagio lamentoso, ripropone e rievoca l’atmosfera mesta del primo movimento. Dopo la parentesi gioiosa, in realtà, tutti i fantasmi del primo movimento ritornano in questa vera e propria elegia funebre e, mentre il primo tema riappare nell’Adagio ma non troppo, il secondo viene ripreso nell’Andante in una forma ritmica diversa per l’utilizzazione di una struttura ternaria. Dopo uno sviluppo estremamente vario dal punto di vista agogico, la sinfonia si conclude con le drammatiche sonorità del fagotto, dei violoncelli e dei contrabbassi che avevano aperto il primo movimento.

    Durata: 49'

    Dmitrij Dmtrevič Šostakovič
    San Pietroburgo, 1906 - Mosca, 1975

    Sinfonia n. 6 in si minore op. 54

    Sinfonia n. 6 in si minore op. 54

    Largo

    Allegro

    Presto

     

    Periodo di composizione: Leningrado, 1939

    Prima esecuzione: Leningrado, Sala Grande della Filarmonica, 5 novembre 1939. Il 1° settembre era scoppiata la Seconda Guerra Mondiale

     

    “La mia Sesta sinfonia differisce nel carattere della sua musica dagli stati d’animo e dagli umori della Quinta, con la sua tensione tragica. La musica della mia ultima sinfonia è soprattutto contemplativa e lirica. Volevo personificare in essa stati d’animo legati alla primavera, alla gioia e alla giovinezza”.

    Questa dichiarazione fatta nel corso di un’intervista, rilasciata da Šostakovič alla «Leningradskaja Pravda» il 28 agosto 1939, indica, in modo chiaro, i motivi ispiratori della Sesta sinfonia, il cui progetto originario era, tuttavia, molto diverso. In un articolo, apparso sulla «Literaturnaja gazeta» il 20 settembre 1938, Šostakovič aveva annunciato, infatti, che stava lavorando ad una “Sinfonia in ricordo di Lenin”, affermando che si sarebbe avvalso di un organico in cui figuravano anche i solisti e il coro. Il progetto originario aveva, quindi, come motivo ispiratore la celebrazione della nazione socialista di cui Lenin era stato il padre fondatore. Nel progetto originario della sinfonia era compreso, infatti, un inno a Lenin su testo di Majkovskij. Questo annuncio, che, insieme ad un atteggiamento più conciliante verso il regime comunista sovietico dopo l’ammonimento ricevuto dal critico Ždanov sulla «Pravda» per l’opera Lady Macbeth del distretto di Mžensk, gli aveva procurato una cattedra di professore ordinario al Conservatorio nel mese di maggio del 1939, fu totalmente disatteso. Già nel mese di aprile Šostakovič aveva deciso di scrivere una nuova sinfonia puramente strumentale, nella quale fece, poi, confluire tutto il materiale già composto per il precedente progetto tanto da portare a termine l’opera in poco tempo entro il mese di ottobre dello stesso anno. Alla prima esecuzione, avvenuta il 5 novembre a Leningrado con l’Orchestra Filarmonica locale diretta da Evgenij Mravinskij, il pubblico e la critica rimasero disorientati in quanto le loro aspettative furono totalmente disattese. Del tono celebrativo, che avrebbe dovuto informare la sinfonia, non c’era più traccia, sostituito dalla citazione di una canzone messicana, di alcuni brani di Mozart, Beethoven e Verdi, e perfino da un passo della sua Lady Macbeth. Con questa sinfonia sembra che Šostakovič, compositore ormai affermato e ritenuto al riparo da eventuali ritorsioni del regime sovietico, si sia preso una rivincita contro coloro che in precedenza lo avevano criticato, riportando in luce, sia pure nella forma di un’autocitazione, la sua Lady Macbeth. Non meno sorprendenti furono le scelte formali di Šostakovič che decise di scrivere una sinfonia in tre soli movimenti rispetto ai quattro tradizionali eliminando quello iniziale in forma-sonata. Ciò spiega il motivo per cui i critici bollarono la sinfonia come un’opera “senza testa” o addirittura formalistica rifacendosi, così, al giudizio negativo di Ždanov nei confronti della Lady Macbeth. Molto probabilmente le critiche non preoccuparono affatto Šostakovič che era riuscito a prendersi gioco sia del regime comunista sia della critica ad esso asservita.

    Il primo movimento, Largo, il più lungo di tutta la sinfonia, non ha quel carattere gaio a cui farebbero pensare l’ispirazione complessiva dell’opera e quanto affermato dallo stesso Šostakovič a proposito di essa nella dichiarazione di cui sopra. L’armonia instabile, l’impressione di paralisi con cui il movimento si apre e si chiude, e l’uso del trillo nella seconda metà del brano, danno, infatti, piuttosto l’impressione di un tono complessivamente tragico. Il secondo movimento, Allegro, che, dal punto di vista formale, è uno Scherzo privo del Trio, si fonda su una melodia orientaleggiante che si staglia su un’armonia politonale, mentre il terzo, Presto, è un rondò dove l’ironia del compositore si manifesta nella citazione del tema della Cucaracha intrecciata a echi mozartiani. Ciò avrebbe letteralmente fatto infuriare i governanti sovietici se i delicati impegni politici del momento (il patto di non aggressione Ribbentrop-Molotov tra l'Unione Sovietica e la Germania di Hitler fu firmato proprio il 23 agosto dello stesso anno) non li avessero distolti dall’occuparsi di questa unica e straordinaria burla di Šostakovič.

     

    Riccardo Viagrande

     

     

     

    Durata: 30'