Brahms, Bruch & Šostakovič
Nicole Paiement, direttrice
Uto Ughi, violino
(fuori abbonamento)
RINVIATO A DATA DA DESTINARSI
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Luogo
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Politeama Garibaldi
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Giorno
ora
Durata
Prezzo
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Giorno
Domenica 09 Gennaio 2022
Ore
18,00
Durata
80min.
Prezzi
20 - 10 €
Il concerto è stato rinviato a data da destinarsi per improvvisa indisposizione del M° Uto Ughi
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Programma
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Johannes Brahms
Amburgo, 1833 - Vienna, 1897Ouverture tragica (Tragische Ouvertüre) op. 81
Allegro ma non troppo
Molto più moderato
Tempo primo
La Tragica, composta nel 1880, nello stesso periodo dell’Accademica, con la quale condivide l’occasione della sua composizione, è a quest’ultima complementare per la sua natura, in quanto sembra soddisfare il bisogno dell’autore di esprimere la malinconia del suo animo dopo il gioco musicale dell’Op. 80. Si è ipotizzato, tuttavia, che questa ouverture abbia avuto una genesi più remota nel tempo e che risalga, in particolare, al periodo in cui Brahms pensava all’ambizioso progetto di scrivere un’opera, come scrisse Bussi:
“In realtà, auspice un certo richiamo al precedente beethoveniano dell’ouverture per la tragedia Coriolan di Collin, pare che l’Op. 81 sia stata composta per una tragedia, verosimilmente come introduzione strumentale al Faust di Goethe, per una sua rappresentazione al Burgtheather di Vienna, del quale Brahms fu del resto assiduo frequentatore, senza che mai, tuttavia, il progetto riuscisse ad attuarsi […]. In particolare, al progetto faustiano pare che Brahms sia stato sollecitato dal poeta Franz von Dingelstedt, allora direttore dal 1867 del viennese tempio della prosa, che però, complice la morte, non giunse a far rappresentare la sua versione scenica del poema goethiano, coinvolgendo involontariamente nella mancata attuazione dell’ambizioso disegno il musicista. Parallelamente, anche i due tempi mediani della Terza Sinfonia avrebbero origine faustiana. Per altro, la presenza di così remoti abbozzi può indurre e in effetti ha indotto, a dubitare di una destinazione esteriore della Tragica”.
In questo lavoro, considerato da Martinotti, un esempio magnifico di musica pura, molti critici hanno ritrovato, in effetti, lo spirito delle ballate giovanili op. 10 per la stessa atmosfera leggendaria e fantastica, per quel binomio fierezza-dolcezza tipico in un uomo del nord, per quel senso intimistico e personale del tragico. L’ouverture, dal punto di vista formale, presenta uno schema italiano con un episodio centrale più statico incorniciato da due sezioni più animate. A livello macroformale l’ouverture è scritta in forma-sonata con due temi principali e nove idee secondarie, un elaborato sviluppo, del quale protagonista è il primo tema, e un’esposizione accorciata a cui segue un’articolata Coda. Di grande effetto è l’attacco con due accordi eseguiti in fortissimo a cui segue il primo tema esposto dagli archi sostenuti dai timpani.
Già alla prima esecuzione avvenuta in un concerto della filarmonica di Vienna sotto la direzione di Hans Richter il 26 dicembre 1880, l’Ouverture suscitò consensi favorevoli condivisi, in seguito, con l’Accademica a Breslavia, a Münster e in molte città olandesi. Di essa Webster scrisse:
“Nessun’altra ouverture Tragica raggiunge l’intensità di quella di Brahms. È vero che Cherubini influenzò Beethoven nel suo periodo eroico, ma la sua ouverture a Medea non è adeguata a un soggetto così importante. La Die Beherrscher der Geister di Weber impressiona, ma come in molte altre composizioni il Finale non si mantiene all’altezza […]. L’originalità e la profondità di Brahms superano tutti gli esempi. Brahms è realmente più profondo non solo nella tecnica compositiva ma anche nella sensibilità psicologica verso le implicazioni del tema”.
Anche Kraener scrisse:
“L’Ouverture Tragica potrebbe essere stata davvero pensata come un prologo per un’opera teatrale che abbia come tema la raffigurazione di un destino universale, più che un dramma personale. Il tragico sta nella solitudine opprimente di questa musica, in certe sospensioni spaventose e demoniache e nei tanti punti morti. Il lavoro emana uno sconforto che non lascia spazio a spiragli di dolcezza e si può identificare come uno dei punti più scabri del compositore”.
Durata: 12'
Max Bruch
Colonia 1838 - Friedenau 1920Concerto n.1 in sol minore per violino e orchestra, op. 26
Vorspiel (Allegro moderato), un poco più vivo, Tempo I
Adagio
Finale. Allegro energetico-Presto
Dei sei concerti per violino scritti da Bruch sono conosciuti ancora oggi solo tre oltre alla Fantasia scozzese. Il Concerto n. 1 è uno dei più famosi del XIX sec. oltre ad essere il primo grande lavoro orchestrale pubblicato da Bruch. La sua composizione fu piuttosto travagliata, in quanto, dopo i primi abbozzi del 1857, esso fu completato nel 1866, ma fu ritirato dopo la prima esecuzione a Coblenza il 24 aprile 1866 e sottoposto a una lunga revisione per la quale Bruch si servì dei suggerimenti ricevuti da altri compositori e violinisti tra cui Joseph Joachim che, dedicatario della versione finale del 1868, ne fu anche il primo interprete in qualità di solista a Calonia il 7 gennaio dello stesso anno.
Sebbene steso nella tradizionale struttura Veloce-Lento-Veloce, il Concerto presenta i tre movimenti, tutti in forma-sonata e legati senza soluzione di continuità. Nel primo movimento, Allegro moderato, compare il sottotiolo Vorspiel (preludio) a testimonianza della vecchia intenzione di Bruch di chiamare questo lavoro Fantasia. L’ingresso del solista con una melodia che si costruisce a poco a poco, è preparato da un tranquillo rullo dei timpani e da alcune frasi dei legni. Dopo che l’orchestra acquista il pieno controllo sul motivo dei legni, il violino espone un tema appassionato su un tremolo degli archi e su minacciosi interventi dei timpani. Molto più cantabile è il secondo tema che, esposto nel registro grave del violino, sale verso zone più acute in corrispondenza di un serie di trilli. Lo sviluppo, aperto dal primo tema, si snoda in una sezione tempestosa affidata all’orchestra, mentre il solista si mantiene calmo fino a quando non si produce in una breve cadenza. Una breve ripresa conduce alla coda che prepara il secondo movimento, Adagio, formalmente, un’aria per violino solista la cui scrittura si fa sempre più intricata fino a quando non raggiunge una forma meno chiaramente definita, ma più focosa nel secondo tema che culmina in tre pesanti sospiri prima per l’orchestra e poi per il solista. Nel terzo movimento, Allegro energetico, la musica prende le forme di una danza gioiosa in stile ungherese che può essere considerata un omaggio sia a Joachim, di nazionalità ungherese, sia al Finale del Concerto per violino di Brahms scritto seguendo i consigli di Joachim. Al tema della danza subentrano una sezione virtuosistica affidata al solista e, poi, una melodia romantica che raggiunge il climax quasi alla fine dell’esposizione. Il tema della danza ungherese ritorna nel concitato e brillante Finale.
Durata: 25'
Dmitrij Dmtrevič Šostakovič
San Pietroburgo, 1906 - Mosca, 1975Sinfonia n.1 in fa minore, op.10
Allegretto, Allegro non troppo
Scherzo, Allegro, Meno mosso, Allegro
Lento, Largo
Lento, Allegro molto, Adagio, Largo, Presto
“Credo di aver aperto una nuova pagina nella storia della musica sinfonica, pagina scritta da un nuovo grande compositore”.
In queste parole, pronunciate dal direttore Nikolai Mal’ko all’indomani della prima esecuzione della Prima Sinfonia di Šostakovič il 12 maggio 1926 a San Pietroburgo, è evidente tutto il suo orgoglio per aver tenuto a battesimo con la sua bacchetta una delle opere sinfoniche più importanti del Novecento musicale. L’opera riscosse, infatti, un notevole successo testimoniato da una lettera indirizzata, lo stesso giorno della prima esecuzione, dalla madre del compositore Sofia Vasilievna ad una sua amica, Klaudia Łukasiewicz, nella quale si legge:
“Tenterò di descrivervi quanto è avvenuto a proposito dell’esecuzione della sinfonia di Mitia. Abbiamo trascorso tutto l’inverno in attesa di questo giorno di felicità. Più il termine si avvicinava più i nostri pensieri, i nostri discorsi e i nostri desideri si concentravano su questa sinfonia. Due settimane prima del concerto, alcuni annunci apparvero sulle insegne. Mitia contava i giorni e le ore. Versava in uno stato di nervosismo e si preoccupava molto di sapere se le parti sarebbe state scritte in modo corretto, se tutta l’opera era ben orchestrata, e, più in generale, quale aspetto avrebbe avuto l’insieme. Infine, il 10 maggio è arrivato, il giorno della prima prova d’orchestra. (il concerto era stato rinviato al 12 maggio poiché l’8 si dava Salomè al teatro Mariinskij e tutti gli ottoni necessari erano stati scritturati per l’occasione). Durante tutta la giornata, in ufficio, non ho sentito né compreso nulla. – Aspettavo tutto il tempo una chiamata. Infine, verso le 3 ho sentito la voce radiosa di Mitia “Funziona! È tutto a posto! Alla prova, l’orchestra e il pubblico hanno tributato a Mitia la loro prima ovazione. Io ho potuto assistere alla seconda prova l’11 maggio (sono riuscita ad arrangiarmi a lavoro) e ho sentito numerosi elogi nei suoi confronti da parte di tutte le autorità musicali. Glazunov ha dichiarato di essere particolarmente meravigliato dalla padronanza orchestrale di Mitia – una pratica che è generalmente il frutto di una lunga esperienza e che si rileva già qui, in questa prima opera per grande orchestra […]
Infine fu il giorno del concerto – il 12 maggio. Dall’alba eravamo tutti morti di paura. Mitia non ha dormito tutta la notte, non ha mangiato né bevuto nulla. Io non osavo nemmeno guardarlo. Alle otto e mezza di sera siamo arrivati alla Filarmonica. Alle nove la sala era piena. Io ho difficoltà a descrivere i miei sentimenti allorché Malko è salito sul podio e ha alzato la sua bacchetta… Tutto quello che posso dire è che non è sempre così facile vivere una grande gioia…
Tutto andò a meraviglia – un’orchestra notevole e un’esecuzione grandiosa. Ma è Mitia ad aver riportato il successo più grande. Il pubblico ha ascoltato con calore e fu necessario bissare lo Scherzo. Mitia è stato poi chiamato sul proscenio […]. Quando il nostro caro giovane compositore, che aveva allora una tale aria da ragazzino, è apparso sul proscenio, l’entusiasmo impetuoso del pubblico si è trasformato in applausi frenetici”,
Dell’importanza di questo primo, ma già maturo, esperimento sinfonico di Šostakovič, è una testimonianza il grande successo da esso riscosso, tale da varcare immediatamente i confini dell’Unione Sovietica per ripetersi a Berlino il 5 maggio 1927 sotto la direzione di Bruno Walter, a Philadelphia il 2 novembre 1928 sotto la direzione di Leopold Stokowski e, sempre nello stesso anno, a Vienna dove tra gli ascoltatori entusiasti si levò anche la voce autorevole di Alban Berg che si espresse così:
“La trovo stupenda, soprattutto il primo movimento!”.
Composta tra il 1923 e il primo luglio del 1926, la Prima sinfonia, che fu presentata da Šostakovič come saggio di diploma di composizione, impose, quindi, il nome del giovanissimo compositore, allora non ancora ventenne, nel panorama della musica mondiale indirizzando la sua attività di compositore verso il genere sinfonico dal quale ebbe quelle soddisfazioni che non riuscì ad ottenere dalle opere teatrali. Secondo quanto è stato affermato dalla maggior parte degli studiosi, una delle ragioni che avrebbero orientato Šostakovič verso la composizione di sinfonie è da ricercarsi nelle censure politiche nei confronti delle sue opere liriche. In realtà l’amore di Šostakovič per il genere sinfonico ha radici più profonde, in quanto questa sua opera prima precede di ben dieci anni la stroncatura musicale, e, al tempo stesso, politica, che della sua Lady Macbeth del distretto di Mžensk fece il critico Ždanov nell’articolo, Caos anziché musica, pubblicato il 28 gennaio 1936 dall’organo ufficiale di stampa del partito comunista sovietico, «Pravda» («La verità»), in cui bollò l’opera come un tentativo formalistico piccolo-borghese. Sembra, invece, più plausibile l’ipotesi secondo cui ad orientare Šostakovič verso la sinfonia sia stato il clima culturale favorevole a questo genere musicale diffusosi in Unione Sovietica subito dopo la rivoluzione d’ottobre. Anatol Lunačarskij, ministro della cultura sovietico, aveva promosso la diffusione di concerti sinfonici, durante i quali riteneva che tutte le persone del pubblico presente in sala, come se si stesse celebrando un rito laico, fossero poste nella condizione di provare le stesse emozioni, creando così uno spirito di solidarietà. Nel 1927 fu celebrato in modo solenne il primo centenario della morte di Beethoven, le cui sinfonie, insieme a quelle di Brahms, Bruckner e Mahler, erano eseguite con frequenza nelle città sovietiche. Šostakovič, che fu un assiduo frequentatore delle sale da concerto, fu sicuramente influenzato dall’esecuzione di questi lavori al punto tale da sentire, molto probabilmente, il genere sinfonico come il più congeniale ad esprimere il suo mondo interiore; è forse per tale motivo che questa sinfonia, pur essendo l’opera di un ventenne, è un lavoro già maturo e degno del successo che gli è stato tributato.
La maturità di questa partitura fu notata immediatamente dalla critica subito dopo la prima esecuzione come si evince da quanto scrisse Nikolai Malkov:
"Questa nuova opera ha superato le mie attese. Questo giovane compositore cresce e si sviluppa, e rivela una conoscenza della composizione che non cessa di migliorarsi. Il tenore della sua creazione potente e brillante si approfondisce costantemente. La freschezza e l'eccellenza delle sue idee musicali così come il cammino giovanile, ininterrotto e focoso vi immergono nella meraviglia".
Il primo movimento si apre con un Allegretto introduttivo, di cui è protagonista la tromba. Il successivo Allegro non troppo, in cui si evidenziano un primo tema gaio esposto dal clarinetto, un secondo tema lirico affidato al flauto e un cromatismo ornamentale, apporta allo schema della forma-sonata una piccola variazione rappresentata dall’inversione dell’ordine dei due temi nella riesposizione.
Come nelle sinfonie di Borodin il secondo movimento è costituito da uno Scherzo, nel quale una scrittura moderna trasfigura gli elementi popolari russi affidando al pianoforte, qui trattato come un vero e proprio strumento a percussione, un ruolo da protagonista. Il tema del Trio (Meno mosso) è, invece, inizialmente affidato ai flauti per essere ripreso dopo dal fagotto.
Un canto nostalgico, che scava nell’interiorità del compositore, è il tema del movimento successivo, Lento, affidato alla calda sonorità dell’oboe, mentre l’ultimo movimento, sebbene sia una pagina poco amata dalla musicologia italiana e, in particolar modo, da critici come Gentilucci e Pestalozza, costituisce quasi l’impronta originale del compositore che conclude la sua opera con una musica rabbiosa di straordinaria varietà agogica. Il movimento si segnala per un uso estremamente moderno delle percussioni caratterizzato da un rullo di tamburo di apertura e da una stupenda e famosa pagina per timpani soli nell’Adagio.
Riccardo Viagrande
Durata: 33'