Brahms, Debussy & Caplet
Claire Levacher, direttore
Alexei Volodin, pianoforte
2° Concerto in abbonamento
Direttore:
Claire Levacher
Pianoforte:
Alexei Volodin
Coro:
Coro femminile del Conservatorio di Palermo
Maestro del coro:
Fabio Ciulla
Il centenario della morte di Claude Debussy del 2018 già celebrato nella scorsa stagione, si avvia a conclusione con tre lavori di rara esecuzione, tra più vicini alla frequentazione dei suoi amici impressionisti, con l’evocazione sonora di immagini fluttuanti, la luna, le nuvole, le sirene, la primavera… Accanto, il solidissimo e teutonico Primo Concerto per pianoforte di Brahms, dall’impianto generosamente sinfonico e tardoromantico.
Durata: 104'
Note di Sala a cura di
Riccardo Viagrande
-
Programma
-
Johannes Brahms
Amburgo, 1833 - Vienna, 1897Concerto n. 1 in re minore per pianoforte e orchestra op. 15
Maestoso
Adagio
Rondò (Allegro non troppo)Molto travagliata fu la gestazione di questo primo concerto per pianoforte e orchestra, in quanto Brahms fu tormentato da dubbi e ripensamenti tanto forti da essere indotto a rimaneggiamenti continui. L’autore, infatti, non sentendosi probabilmente maturo per il genere sinfonico, aveva deciso di comporre una sonata per due pianoforti come esperimento che gli avrebbe permesso di giungere alla sinfonia. Questa soluzione, tuttavia, non eliminò i suoi dubbi e il problema sembrò risolto solo quando, orchestrando il primo movimento, decise di trasformare la sonata in un concerto per pianoforte. Tale scelta non riuscì a risolvere tutti i dubbi dell’autore che trascorse interi mesi a lavorare intensamente e solo nell’autunno del 1856 si decise a sottoporre le bozze per una revisione all'amico Joachim che suggerì delle modifiche nel primo movimento e nel Lento funebre, sostituito dall’attuale secondo movimento Adagio, e poi utilizzato nel secondo episodio di Ein deutsches Requiem (Un requiem tedesco) mentre il rondò finale fu riscritto integralmente sempre su consiglio dell’amico. Alla sua prima esecuzione, avvenuta il 22 gennaio 1859 al Teatro Reale di Hannover con la direzione di Joachim e con lo stesso autore al pianoforte, il Concerto ebbe un’accoglienza tiepida da parte del pubblico e solo nel 1865 conseguì il successo meritato a Karlsruhe sotto la direzione di Hermann Levi e con Brahms al pianoforte.
Il primo movimento Maestoso è estremamente complesso sin dall’introduzione orchestrale caratterizzata da un primo tema forte e drammatico a cui segue un breve momento d’intenso lirismo corredato da un gran numero di idee secondarie. Suggestivo è l’ingresso del solista con una sequenza di seste che rivela il carattere denso della scrittura adottata da Brahms per questa composizione. Il secondo movimento, Adagio, dalla struttura tripartita riassumibile nello schema A-B-A, presenta un tema iniziale che, esposto dagli archi con sordina, rivela una certa intonazione religiosa nel suo carattere di celestiale bellezza, mentre la seconda parte, in cui sono protagonisti i legni, ha un andamento leggermente più vivo e marcato. Resta ancora enigmatica la spiegazione dell’intestazione apposta a questo secondo movimento che recita Benedictus qui venit in nomine Domini, interpretata da alcuni come una traccia di una Messa non completata, da altri come un omaggio a Schumann, chiamato da Brahms Mein Herr Domine, e da altri ancora come una forma di riferimento a se stesso che, essendo stato allievo di Schumann, si autodefinisce colui che viene nel nome del Signore; infine non manca chi lo considera un omaggio a Clara Schumann. Il Rondò finale, Allegro non troppo, dal punto di vista formale, si presenta come un rondò-sonata con un primo tema brillante e danzante e un secondo, esposto dal pianoforte, di intenso lirismo.
Durata: 43'
Claude Debussy
Saint-Germain-en-Laye, 1862 - Parigi, 1918Printemps, suite sinfonica
Très modéré
ModéréDopo aver vinto nel 1884, con la scena lirica L’enfant prodigue, il prestigioso Prix de Rome, Debussy si trasferì a Roma a Villa Medici, sede dall’Accademia di Francia, dove si fermò, con qualche interruzione, dal 1885 al 1887, periodo in cui egli avrebbe dovuto dimostrare i suoi progressi in ambito musicale mandando periodicamente a Parigi degli envois (invii), composizioni scritte durante il soggiorno. Uno di questi envois è Printemps, di cui il compositore parlò in una lettera indirizzata a Émil Baron
“L’opera che debbo mandare a Parigi mi dà un mucchio di noie e mi obbliga a condurre una vita a confronto della quale i galeotti si danno bel tempo. L’idea che avevo era quella di comporre un’opera in uno specialissimo colore che coprisse un grande sviluppo di sentimenti. Dovrà essere intitolata Printemps, ma non una primavera descrittiva, bensì una primavera umana. Mi piacerebbe esprimere la lenta e misera nascita di esseri e di cose della natura, la loro graduale fioritura e, finalmente, la gioia di essere nati in qualche nuova vita. Tutto ciò è senza programma perché disprezzo tutta la musica che deve seguire qualche testo letterario nel quale ci si può imbattere. Capirete così quanto suggestiva dovrà essere la musica: dubito di essere capace di scriverla come desidero”.
Printemps, concepita originariamente per coro e orchestra e ispirata ad un lavoro pittorico di Baschet, a sua volta ispirato alla Primavera di Botticelli, fu pronta solo nella versione per due pianoforti che Debussy mandò a Parigi, insieme ad alcune pagine ristrumentate in fretta come abbozzo della partitura, adducendo la scusa che la partitura orchestrale era andata distrutta in un incendio verificatosi nella bottega del rilegatore. L’Académie rispose prontamente con una lettera nella quale il compositore fu tacciato di impressionista, etichetta che gli sarebbe rimasta fin quasi ai giorni nostri. Printemps dovette attendere ben 25 anni prima che le fosse data una veste orchestrale che non si deve direttamente a Debussy, ma ad Henri Büsser il quale nel 1912 strumentò la partitura sotto la supervisione dello stesso compositore introducendo un pianoforte in funzione concertante, ma eliminando il coro previsto nel progetto originario. Lavoro giovanile, Printemps, che nella versione orchestrale appare arricchita di colori estremamente evocativi, è divisa in due parti che seguono perfettamente il programma espresso da Debussy nella citata lettera a Émil Baron. Nel primo brano, Très modéré, che si apre con un lirico tema affidato al flauto, è espressa perfettamente la lenta e misera nascita di esseri e di cose della natura attraverso una scrittura ricca di sfumature, mentre nel secondo Modéré, aperto da un’atmosfera delicata, viene realizzata la seconda parte del programma: la gioia di essere nati in qualche nuova vita che sembra esplodere nell’Allegro moderato poco agitato.
Durata: 16'
Claude Debussy
Saint-Germain-en-Laye, 1862 - Parigi, 1918 André Caplet
Le Havre, 1878 - Neuilly-sur-Seine, 1925Clair de lune (versione per orchestra di André Caplet)
Andante très expressif, Tempo rubato, Un poco mosso, Tempo I
Terzo brano della pianistica Suite Bergamasque, composta da Debussy tra il 1888 e il 1890, ma tenuta nel cassetto per ben 15 anni prima che fosse pubblicata nel 1905 dopo una revisione, Clair de Lune è una delle composizioni più famose non solo della suite, ma dell'intera produzione pianistica del compositore francese. Il brano trae ispirazione dalla poesia di Paul Verlaine, Clair de Lune, la cui prima strofa recita «Votre âme est un paysage choisi / Que vont charmant Masques et Bergamasques / jouant du Luth et dansant et quasi / Tristes sous leurs déguisements fantasques» con chiaro riferimento alle «bergamasques» che evocano la città di Bergamo e il gusto locale delle maschere della commedia dell'arte. Di struttura tripartita (A-B-A'), Clair de lune presenta una parte iniziale Andante très expressif dalle sonorità incantate attraverso una timbrica che si esprime negli affascinati accordi. Ad essa segue una sezione centrale più animata di grande suggestione, a cui segue la ripresa variata e accorciata della parte iniziale. Nella versione orchestrale, realizzata da André Caplet (Le Havre 1878 – Neuilly-sur-Seine 1925), intimo amico di Debussy che orchestrò altre sue composizioni, il brano si arricchisce di nuovi timbri e colori che creano atmosfere ancor più soffuse e sospese rispetto all'originale pianistico.
Durata: 6'
Claude Debussy
Saint-Germain-en-Laye, 1862 - Parigi, 1918Trois Nocturnes: Nuages - Fêtes - Sirènes
I Trois Nocturnes ebbero una gestazione piuttosto lunga dal momento che il progetto iniziale risale al 1894, quando Debussy aveva pensato di comporre per l'amico violinista Eugène Yssaye un lavoro sulle suggestioni e le diverse sfumature cromatiche del colore grigio. Abbandonata questa idea iniziale, Debussy tra il 1897 e il 1899 compose un trittico per sola orchestra con l'aggiunta di un coro femminile nella parte conclusiva, intitolato Nocturnes, ed ispirato a suggestioni sia culturali, come i dipinti "notturni" di James Whistler o le poesie simboliche di Henry de Reigner, sia esistenziali quali la sirena di un battello a vapore sulla Senna sotto un cielo tempestoso, la banda della Guardia Repubblicana al Bois de Boulogne e il palpitare del mare. Considerati il vertice del pensiero musicale impressionistico di Debussy, i Nocturnes, come lo stesso compositore ebbe modo di affermare in occasione della prima esecuzione avvenuta ai Concerts Lamoureux di Parigi il 27 ottobre 1901, vanno intesi non «secondo la forma abituale della pagina di musica così definita, ma come tutto ciò che questa parola contiene di impressioni e luci speciali». Nel primo brano, Nuages, che, secondo Debussy, rappresenta «l'aspetto immutabile del cielo con la lenta e malinconica processione delle nuvole, che termina in una grigia agonia dolcemente tinta di bianco». emerge la voce del corno inglese, che forse allude alla sirena del battello, mentre il secondo, Fêtes, caratterizzato da una vitalità di ritmi e timbri, «è il movimento, il ritmo danzante dell'atmosfera con bagliori di luce improvvisa, è anche l'episodio di un corteo (visione abbagliante e chimerica) che passa attraverso la festa e vi si confonde; ma il fondo rimane, ostinato, ed è sempre la festa con la sua mescolanza di musica, di polvere luminosa, che partecipa a un ritmo totale». Infine Sirènes «è il mare e il suo ritmo innumerevole; poi, tra le onde argentate di luna, si ode, ride e passa il canto misterioso delle sirene».
Riccardo Viagrande
Durata: 24'
Guida al Concerto