Giorno della Memoria

Carlo Boccadoro, direttore

Giulia Peri, soprano

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    26 Gennaio 2024

    Ore

    21,00

    Durata

    80min.

    Prezzi

    25 - 15 €

    Calendario

  • Giorno

    Sabato
    27 Gennaio 2024

    Ore

    17,30

    Durata

    80min.

    Prezzi

    25 - 15 €

    Calendario

Messaggio del Santo Padre Giovanni Paolo II in occasione del 50° anniversario della fine in Europa della Seconda guerra mondiale (Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1995)

Auschwitz, accanto a tanti altri lager, resta il simbolo drammaticamente eloquente delle conseguenze del totalitarismo. Il pellegrinaggio a quei luoghi con la memoria e con il cuore, in questo cinquantesimo anniversario, è doveroso. «Mi inginocchio - dissi nel 1979 durante la S. Messa celebrata a Brzezinka, poco lontano da Auschwitz - su questo Golgota del mondo contemporaneo».  Come allora, rinnovo idealmente il mio pellegrinaggio a quei campi di sterminio. Sosto anzitutto «davanti alla lapide con l'iscrizione in lingua ebraica», per ricordare il popolo «i cui figli e figlie erano destinati allo sterminio totale» e per ribadire che «non è lecito a nessuno passare oltre con indifferenza».

  • Programma

  • Arvo Pärt
    Paide 1935

    Fratres per archi e percussione

    Periodo di composizione: 1977 (Prima versione a tre voci e senza strumentazione fissa) -1991 (Versione per archi e percussioni)

    Prima esecuzione: Salisburgo, 1980 (Versione per violino e pianoforte) con Gidon Kremer al violino ed Elena Kremer al pianoforte. Il 6 gennaio, a Palermo, veniva ucciso il presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella. Il 4 maggio muore a Lubiana il maresciallo Josip Broz Tito. La sua morte segnò l’inizio della disgregazione della Jugoslavia.

     

    “La più alta virtù della musica, per me, risiede al di fuori del suo puro suono. Il particolare timbro di uno strumento è parte della musica, ma non è l'elemento più importante. Se lo fosse, mi sarei arreso all'essenza della musica. La musica esiste per sé stessa… due, tre note… l'essenza deve essere lì, indipendente dagli strumenti”.

    Quest'affermazione di Arvo Pärtcompositore estone, che, attraverso un'originale ricerca espressiva e compositiva sviluppata in varie fasi, caratterizzate dall'adesione a tecniche e linguaggi totalmente diversi come la dodecafonia o la musica barocca o il Canto Gregoriano, è arrivato alla creazione di uno stile nuovo da lui chiamato Tintinnabuli, esprime perfettamente l'essenza di Fratres per archi e percussione, inizialmente composto nel 1977 a tre voci senza una strumentazione fissa secondo una prassi che affonda le sue radici nella musica medievale e rinascimentale da lui studiata. A dimostrazione di questa concezionesecondo la quale l'essenza della musica è indipendente dagli strumenti, il compositore estone ha, infatti, realizzato di questo lavoro molte versioni per diversi organici a partire da quella per violino e pianoforte del 1980 fino a quella più recente del 1991 per archi e percussione, oggi in programma, senza dimenticare quelle per 4/8/12 violoncelli (1983), per quartetto d'archi (1989), per violoncello e pianoforte (1989) e per violino e orchestra d'archi (1991). In questo lavoro, inoltre, trova la sua perfetta applicazione lo stile tintinnabulare che, introdotto da Pärt per la prima volta nella sua Für Alina (1976) e da lui chiamato così dal latino tintinnabulum che significa campana, si basa su due voci delle quali, una, quella tintinnabulare appunto, è caratterizzata dall'arpeggio della triade, i cui suoni vengono trattati dal compositore come se evocassero delle campane, mentre la seconda si muove diatonicamente. Questo stile, influenzato dalle esperienze mistiche di Pärt e dai canti religiosi, non è soltanto un'espressione musicale, ma coinvolge anche la sua visione della vita e il suo atteggiamento nei confronti dell'esistenza, come si evince da quanto da lui stesso affermato: 

    "La tintinnabulazione è un'area attorno a cui mi aggiro a volte quando cerco risposte - nella mia vita, nella mia musica, nel mio lavoro. Nelle mie ore buie, ho la certezza che tutto ciò che si trova al di fuori di questa cosa non abbia significato. La complessità e le molte sfaccettature sole mi confondono e devo cercare l'unità: cos'è questa cosa e come faccio a trovare la via per raggiungerla? Le tracce di questa cosa perfetta appaiono in molte forme e tutto ciò che non è importante svanisce. La tintinnabulazione è così... Le tre note di una triade sono come campane ed è per questo che la chiamo tintinnabulazione."

    Nella versione oggi presentata si distinguono tre voci, rappresentate da tre violini, delle quali quella tintinnabulare esegue un arpeggio della triade di la maggiore, in seguito modificata, con l'abbassamento o l'innalzamento dei suoi suoni, per formare altri accordi, una seconda, con una melodia diatonica, la segue a distanza di decima e una terza riempie il vuoto tra le prime due. Le percussioni intervengono con due battute a loro affidate alla fine di ogni giro melodico con un pattern ritmico che serve a puntellare ogni sezione del brano in cui la melodia viene ripetuta trasposta due toni sotto da altri strumenti in una progressiva struttura discendente che va dai tre violini, protagonisti all’inizio, ai violoncelli e ai contrabbassi. Scritta, nella prima delle versioni strumentali, quella per violino e pianoforte, su commissione del Festival di Salisburgo, dove è stata eseguita per la prima volta nel 1980 con Gidon Kremer al violino ed Elena Kremer al pianoforte, questa composizione, che costituisce uno dei lavori più famosi del compositore estone, è stata utilizzata in numerose colonne sonore.

    Durata: 9'

    Andrzej Panufnik
    Varsavia 1914 - Twickenham 1991

    Ouverture tragica - Prima esecuzione italiana

    Periodo di composizione: 1942. L’ouverture, andata perduta durante la Seconda Guerra Mondiale insieme ad altre partiture di Panufnik, fu da lui ricostruita nel 1945 e rivista nel 1955.

    Prima esecuzione: La prima esecuzione avvenne a Varsavia, nel 1943, ad opera di membri dell’Orchestra Filarmonica di Varsavia sotto la direzione del compositore. Tra il 19 aprile e il 16 maggio del 1943 fu compiuta dalla popolazione ebraica rinchiusa nel ghetto di Varsavia l’insurrezione contro le autorità tedesche occupanti.

     

    “L'Ouverture Tragica fu composta a Varsavia nel 1941 sotto l'impressione della paura e dell'orrore della nostra vita quotidiana, e del mio angoscioso senso del peggio che poteva venire. Tragico fu infatti il destino di Varsavia - nel 1943, la distruzione nazista del Ghetto, e nel 1944 la Rivolta di Varsavia, quando l'esercito russo, proprio vicino alle porte della città, osservò passivamente i tedeschi sistematicamente radere al suolo quasi tutta Varsavia, uccidendo oltre 250.000 uomini, donne e bambini polacchi indifesi. Durante questa rivolta, ho perso la mia Overture Tragica insieme a tutte le note musicali che avevo composto nei miei primi trent'anni di vita. Tuttavia, essendo l’Overture Tragica il mio lavoro più recente, con la sua struttura profondamente impressa nella mia mente, ho deciso di ricostruirla subito dopo la guerra, e di dedicarla alla memoria del mio unico fratello, un valoroso membro dell'esercito segreto polacco, che ha combattuto e perso la vita in quella tragica rivolta”.

    Con queste parole, consegnate alle note di presentazione della partitura pubblicata dalla Boosey & Hawkes, lo stesso Andrzej Panufnik ha ricordato il drammatico periodo, coinciso con l’occupazione nazista della Polonia, durante il quale compose la sua Ouverture Tragica che, andata perduta e ricostruita nel 1945, sarebbe stata da lui rielaborata in una nuova versione nel 1955. Del resto, Panufnik, nel corso della sua vita, è stato sempre un geloso custode della sua libertà di artista e di uomo nei confronti del potere costituito e delle dittature. Figlio di una violinista e di un fabbricante di violini a livello amatoriale, Panufnik, che aveva iniziato a studiare pianoforte con la nonna, dovette vincere le resistenze del padre, il quale avrebbe voluto che seguisse un’altra carriera, prima di potersi iscrivere al Conservatorio di Varsavia dove fu ammesso a frequentare la classe di percussioni, essendo troppo “vecchio” per quella di pianoforte. Panufnik, però, lasciò presto la classe di percussioni per dedicarsi allo studio sia della direzione d’orchestra che della composizione, conseguendo in tempi brevissimi la laurea con menzione nel 1936. Perfezionatosi, poi, a Vienna con Felix Weingartner e a Parigi con Philippe Gauber, fece ritorno a Varsavia poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale per prendersi cura dei propri genitori. Nella capitale polacca, essendo stati banditi i concerti pubblici durante l’occupazione nazista, dopo aver arrangiato per duo pianistico molti lavori di musica classica, decise di esibirsi insieme con l’amico Witold Lutosławski nei caffè. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, con l’imposizione del socialismo reale sovietico in Polonia, non migliorarono le condizioni di vita di Panufnik, al quale non fu consentito dalle autorità polacche di partecipare a cerimonie o concerti promossi dall’International Music Council dell’Unesco del quale era stato eletto vicepresidente, nel 1949, in occasione del centenario della morte di Chopin. Una forma di ostracismo colpì anche la sua musica, giudicata in patria occidentale, borghese e decadente, costringendolo a fuggire, in circostanze drammatiche, nel 1954 in Gran Bretagna per protesta contro il controllo comunista esercitato nei confronti della libertà creativa degli artisti. Sebbene agli inizi la sua vita non sia stata semplice, fu proprio in Gran Bretagna che Panufnik, divenuto cittadino britannico nel 1961, ottenne i maggiori onori.

    Dalla struttura tripartita, l’Ouverture si basa su un motivo di quattro note, eseguito inizialmente dall’intera orchestra, dal quale derivano sia il primo che il secondo tema, affidati rispettivamente al fagotto, sostenuto dai contrabbassi, e al flauto che lo espone dopo una breve sezione tumultuosa di cui è protagonista l’intera orchestra. A un breve sviluppo, nel quale il motivo iniziale appare sia per inversione che per aggravamento, segue la terza sezione che non è altro se non la ripetizione variata della prima parte. Verso la fine, le percussioni, in canone, riprendono ritmicamente il primo tema prima di lasciare soli i tamburi che conducono a quello che lo stesso Panufnik ha definito, nelle note citate in precedenza, un «grido violento e disperato di tutti gli strumenti dell’orchestra» con cui si conclude la composizione.

    Durata: 7'

    Henryk Mikołaj Górecki
    Czernica 1933 - Katowice 2010

    Sinfonia n. 3 op. 36 “Dei canti di dolore”

    Lento – Sostenuto tranquillo ma cantabile

    Lento e largo – Tranquillissimo

    Lento – Cantabile - semplice

     

    Periodo di composizione: Ottobre-dicembre 1976.

    Prima esecuzione: Royan, Francia, 4 aprile 1977 sotto la direzione di Ernest Bour e con il soprano Stefania Woytowicz in qualità di solista. Il 6 gennaio del 1977, in Cecoslovacchia, 200 intellettuali firmano la Charta 77 per chiedere il rispetto dei diritti civili nel paese. 

     

    La Sinfonia n. 3 op. 36, detta “Dei canti di dolore”, costituisce il lavoro sinfonico più famoso di Henryk Mikołaj Górecki, compositore polacco, che può essere, a pieno diritto, considerato come una figura di riferimento della musica polacca durante il disgelo culturale seguito alla morte di Stalin. Eppure la sua infanzia e i suoi studi musicali non furono semplici. Nato nel 1933 a Czernica, Górecki poté accedere, infatti, a un’istruzione musicale regolare soltanto a 19 anni a causa delle resistenze del padre e della matrigna, che gli proibivano di avvicinarsi al pianoforte abitualmente suonato, invece, da sua madre, morta il giorno del secondo compleanno del compositore. Diplomatosi nel 1960 presso la scuola Superiore Statale di Musica di Katowice, dove aveva studiato composizione con Boleslaw Szabelski, proseguì i suoi studi a Parigi, dove subì l’influenza di Olivier Messiaen, Roman Palester e Karlheinz Stockhausen i cui principi compositivi informarono le sue prime opere, tra cui la Sinfonia n. 1, composta nel 1961, quando ormai il clima politico, dettato dal rigido controllo del comunismo sull’arte modernista, definita formalista, incominciava a cambiare. Dagli anni Settanta, Górecki, diventato ormai un punto di riferimento nel panorama musicale polacco proprio per questo suo stile, incominciò ad allontanarsi dal serialismo e dalla scrittura dissonante delle avanguardie a favore di una ricerca musicale che conferiva un ruolo preminente alla voce umana. Testimonianze di questa nuova poetica musicale di Górecki sono la Sinfonia n. 2, chiamata Copernicana, in quanto composta nel 1972 per celebrare il 500° anniversario della nascita di Niccolò Copernico, e soprattutto la Sinfonia n. 3 op. 36 “Dei canti di dolore”, nei cui tre movimenti è presente un testo affidato alla voce del soprano. Composta tra l’ottobre e il dicembre del 1976 ed eseguita, per la prima volta, a Royan, in Francia, il 4 aprile 1977 sotto la direzione di Ernest Bour e con il soprano Stefania Woytowicz in qualità di solista, questa Sinfonia, i cui temi dominanti sono la maternità e la separazione causata dalla guerra, fu ispirata, infatti, dalle parole di una preghiera scalfita sulla parete n. 3 nei sotterranei del quartier generale della Gestapo a Zakopabe ad opera di Helena Wanda Blazusiakowna, una ragazza di 18 anni, fatta prigioniera dai nazisti, il 25 settembre 1944. Tale breve testo, che recitava: «No, madre, non piangere, / Immacolata Regina del Cielo, / resta sempre al mio fianco. / "Ave Maria”», fu utilizzato per il secondo movimento da Górecki che, rimasto particolarmente colpito dal tono di queste parole, affermò:

    “Devo ammettere che mi hanno sempre irritato le grandi parole, gli appelli alla vendetta. Forse davanti alla morte griderei così. Ma la frase che ho trovato è diversa, quasi una scusa o una spiegazione per essersi cacciata in tali guai; cerca conforto e sostegno in parole semplici, brevi ma significative”,

    aggiungendo, in seguito:

    “Nella prigione, l'intero muro era coperto di iscrizioni che urlavano ad alta voce: 'Sono innocente', 'Assassini', 'Carnefici', 'Liberami', 'Devi salvarmi'— era tutto così rumoroso, così banale. Questo, lo scrivevano gli adulti, mentre qui è una ragazza di diciotto anni, quasi una bambina. Ed è così diversa. Non si dispera, non piange, non grida vendetta. Lei non pensa a se stessa; se merita o no il suo destino. Pensa invece solo a sua madre: perché è sua madre che sperimenterà la vera disperazione. Questa iscrizione era qualcosa di straordinario. E mi ha davvero affascinato”.

    Per il primo movimento Górecki scelse un breve canto di dolore tratto dalla raccolta Canti di Lysagora proveniente del Convento del Sacro Cuore e risalente alla seconda metà del XV secolo, nel quale è espresso il dolore di una madre per la morte del figlio in guerra:

    “Mio amato figlio prediletto, / condividi con la madre le tue piaghe; / giacché, figlio diletto, ti custodisco nel mio cuore / e ti ho sempre servito fedelmente. / Volgiti a tua madre per annunciare la gioia, /anche quando ti allontani da me, mia speranza dilettissima”.

    Più lungo è, infine il testo, utilizzato per il terzo movimento e tratto da un canto popolare della regione di Opole risalente al 1919-1921, che Górecki aveva conosciuto grazie al folclorista polacco Adolf Dygazc e che recitava:

    “Dov’è andato / il mio carissimo figlio? / Forse è stato ucciso durante la rivolta / da un crudele nemico. / Ah, voi uomini malvagi, / nel Santo nome di Dio: / perché lo avete ucciso / mio figlio? // Mai più / avrò il suo conforto / anche con i miei vecchi occhi / dovessi piangere le mie lacrime amare. / Non potrei risvegliarlo, / mio figlio. // Giace in una tomba, / e non so dove sia, / anche se ho chiesto a tutti / di darmi notizie. / Le mie parole non potranno risvegliarlo, / mio figlio. // Per lui non canta / nessuno degli uccelli di Dio. / Giacché sua madre non riesce a trovarlo. / E non fiorisce nessuno dei fiori di Dio, / affinché possa riposare in pace / mio figlio”.

    Una scrittura modale contraddistingue questa Sinfonia, il cui primo movimento, Lento – Sostenuto tranquillo ma cantabile, basato sul già citato canto del XV sec., si apre con un canone costituito su un tema di 24 battute e affidato a due parti alle quali si aggiungono le altre fino a raggiungere il numero di 8. In ogni entrata, che avviene ogni 25 battute, la melodia è presentata in un modo diverso dall’eolico al dorico, dal frigio al misolidio. Il principio del canone informa anche la seconda parte del movimento, all’interno della quale interviene il soprano, e la terza. Nel secondo movimento, Lento e largo – Tranquillissimo, che si basa sulla già citata preghiera alla Vergine, il compositore ha cercato di ricreare il clima montanaro degli altipiani da cui proveniva la ragazza, mentre il terzo, Lento – Cantabile – semplice, costituito da variazioni su un semplice motivo, è articolato in tre sezioni in la minore.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 54'