Liszt & Berlioz

Roberto Abbado, direttore

Giuseppe Albanese, pianoforte

ANTEPRIMA (Fuori abbonamento)

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Sabato
    16 Ottobre 2021

    Ore

    17,30

    Durata

    90min.

    Prezzi

    20 - 5 €

    Calendario

  • Giorno

    Domenica
    17 Ottobre 2021

    Ore

    18,00

    Durata

    90min.

    Prezzi

    20 - 5 €

    Calendario

ANTEPRIMA DELLA STAGIONE CONCERTISTICA 2021/2022

  • Programma

  • Franz Liszt
    Raiding, 1811 - Bayreuth, 1886

    Orpheus, poema sinfonico n. 4 S 98

    Andante moderato

     

     “Oggi come una volta e sempre Orfeo, vale a dire l'Arte, deve espandere i suoi raggi melodiosi e i suoi possenti accordi come una luce dolce e irresistibile sugli elementi contrari che si combattono e sanguinano nell'anima di ogni uomo come nelle viscere di ogni società. Orfeo piange Euridice, questo simbolo dell'Ideale sopraffatto dal male e dal dolore, che gli è concesso di sottrarla ai mostri dell'Erebo, di strapparla alle tenebre dell'Averno, ma che non è riuscito, ahimè, a serbarla su questa terra. Possano almeno non ritornare mai più quei tempi della barbarie, quando le passioni selvagge, come Menadi ebbre e sfrenate, vendicavano lo sdegno che l’arte fa dei loro grossolani piaceri, lo fanno perire sotto i loro tiri e le loro furie stupide!”

    Questa breve descrizione, inserita nella Prefazione della partitura del Poema sinfonico, costituisce il programma di Orpheus, quarto della serie dei dodici poemi sinfonici composti da Liszt nel cosiddetto periodo di Weimar del cui Teatro di Corte il compositore ungherese era all’epoca Kapellmeister. In realtà questo lavoro non nacque come poema sinfonico a se stante, ma come preludio di un allestimento dell’Orfeo ed Euridice di Gluck che avrebbe dovuto tenersi a Weimar il 16 febbraio 1854. Per l’occasione Liszt compose un preludio, che sarebbe diventato con il titolo di Orpheus il poema sinfonico, e un postludio che, eseguito dopo la rappresentazione, non venne mai pubblicato. Il preludio, invece, fu eseguito ancora una volta il 10 novembre 1854 e poi pubblicato da Liszt nel 1856 con una dedica alla principessa Carolyne Sayn-Wittgestein che fu per circa quarant’anni la sua amante.    

    Composto nella forma-sonata, Orpheus trova una delle sue fonti d’ispirazione, oltreché nella lettura del poema filosofico Orphée dello scrittore e filosofo francese Pierre-Simon Ballanche, in un vaso etrusco conservato a Louvre al quale Liszt fa riferimento nella suddetta prefazione:

    “Abbiamo rivisto nel pensiero un vaso etrusco della collezione del Louvre che rappresenta il primo poeta musico, vestito con un abito stellato, con la fronte cinta della benda misticamente reale, con le sue labbra dalle quali si esalano parole e canti divini e che fa risuonare le corde della sua lira con le sue belle dita, lunghe e affilate. Noi abbiamo creduto di percepire attorno a lui, come se l’avessimo contemplato vivo, le bestie feroci dei boschi ascoltare rapite; gli istinti brutali dell’uomo tacersi sconfitti; le pietre ammorbidirsi; i cuori più duri forse bagnati di una lacrima avara e bruciante; gli uccelli cinguettanti e le cascate mormoranti sospendere le loro melodie; le risate e i piaceri raccogliersi con rispetto davanti a questi accenti che rivelavano all’umanità il potere benefico dell’arte, la sua gloriosa illuminazione, la sua armonia civilizzatrice”.

    Particolarmente amato da Wagner per il suo carattere contemplativo, questo poema sinfonico si apre con dei morbidi richiami dei corni ai quali si intrecciano gli arabeschi di due arpe, che evocano la lira di Orfeo e le cui parti si segnalano per particolari effetti probabilmente introdotti su suggerimento di Jeanne Pohl, arpista dell’orchestra di Weimar. Una dolce cantabilità informa questo poema sinfonico il cui primo tema è esposto dai violoncelli nel registro tenorile. Altrettanto cantabili sono il pastorale secondo tema esposto dal corno inglese e l’episodio solistico del primo violino che si configura come una vera e propria elegia alla bellezza femminile. Dopo la perorazione del primo tema il poema si conclude con un etereo finale in pianissimo che rappresenta la scomparsa di Orfeo tra le nuvole. 

     

    Durata: 11'

    Franz Liszt
    Raiding, 1811 - Bayreuth, 1886

    Concerto n. 1 in mi bemolle maggiore per pianoforte e orchestra S 124

    Allegro maestoso, Tempo giusto

    Quasi Adagio

    Allegretto vivace, Allegro animato,

    Allegro marziale animato, Più mosso, presto

     

    Il Concerto n. 1 in mi bemolle maggiore  per pianoforte e orchestra di Franz Liszt ebbe una lunga gestazione. I primi abbozzi risalgono, infatti, al 1830 e la prima stesura completa al 1849. Dedicato ad Henry Litolff, il Concerto, per la cui orchestrazione Liszt si avvalse della collaborazione di Joachim Raff, subì delle revisioni rispettivamente nel 1853 e nel 1856 e fu pubblicato a Vienna dall’editore Carl Hanslinger soltanto nel 1857. Alla prima esecuzione, che ebbe luogo il 17 febbraio 1855 nel Castello Granducale di Weimar, si esibì al pianoforte lo stesso Liszt, mentre sul podio salì il suo amico Hector Berlioz. Il Concerto, che già nelle prime esecuzioni aveva riscosso notevoli consensi, si allontana dai canoni tradizionali per la sua struttura interna che dà l’idea del poema sinfonico, infatti gli elementi tematici procedono ininterrottamente legando in modo molto coeso i quattro movimenti. Nonostante le prime entusiastiche accoglienze il Concerto non fu più eseguito a Vienna per circa 12 anni, probabilmente a causa di una stroncatura fatta da Eduard Hanslick che lo definì Concerto per triangolo per l’uso insistente di questo strumento nel terzo tempo. In questo Concerto, in cui è possibile notare un perfetto bilanciamento tra la scrittura della parte solistica e quella della parte orchestrale, la tradizionale struttura viene superata a favore di una forma ciclica in cui i quattro movimenti vengono eseguiti senza soluzione di continuità.

    Il primo movimento, Allegro maestoso, si apre con l’esposizione, da parte dell’orchestra, del primo tema che informa tutto il Concerto, mentre il secondo, Quasi adagio, si staglia come un’oasi di lirismo con l’orchestra che esegue un tema caldo ed espressivo ripreso dal pianoforte. Il terzo movimento, Allegretto vivace, Allegro animato, è aperto da un cenno del triangolo da cui prende avvio un mormorare dell’orchestra sul quale si anima, come per incanto, anche il pianoforte. L’atmosfera fiabesca e magica, popolata da figure misteriose, che caratterizza questa parte iniziale, viene, tuttavia, interrotta dalla ripresa del primo tema del primo movimento che assume qui caratteri inquietanti e minacciosi. Nel quarto movimento, Allegro marziale animato, si afferma con più evidenza la struttura ciclica, in quanto vengono ripresi tutti i temi dei tre precedenti movimenti in una scrittura che si sviluppa in forme sempre virtuosistiche in un crescendo che conduce all’esplosione pirotecnica del finale.

    Durata: 20'

    Hector Berlioz
    La Côte-Saint-André, 1803 - Parigi, 1869

    Sinfonia Fantastica, op.14

    Sogni, passioni (Largo, Allegro agitato, e appassionato assai)

    Un ballo (Valse: Allegro non troppo)

    Scena nei campi (Adagio)

    Marcia al supplizio (Allegretto non troppo)

    Sogno di una notte del Sabba (Larghetto, Allegro)

     

    Composta tra il 1829 e il 1830, la Sinfonia fantastica op. 14 di Hector Berlioz costituisce una pietra miliare nella storia della sinfonia, in quanto inaugura il nuovo genere della sinfonia a programma che, nell’Ottocento, sarebbe stato foriero di grandi e importanti sviluppi soprattutto nei poemi sinfonici di Richard Strauss dotati di un programma letterario. Fonte d’ispirazione primaria della Fantastica, è un evento personale, l’incontro, avvenuto l’11 settembre 1827, con l’attrice irlandese Harriet Smithson, della quale il compositore s’innamorò follemente e che avrebbe sposato, nonostante l’opposizione della famiglia della donna e momenti non sempre felici, nel 1833. Questo incontro con la Smithson, che interpretava in quei giorni all’Odéon di Parigi la parte di Ofelia nell’Amleto, è descritto in modo abbastanza eloquente dal compositore nei suoi Mémoires:

    “Vidi nel ruolo di Ofelia, Harriet Smithson, che, cinque anni dopo, è divenuta mia moglie. L’effetto del suo prodigioso talento, o piuttosto del suo genio drammatico, sulla mia immaginazione e sul mio cuore è paragonabile solo allo sconvolgimento che mi fece subire il poeta del quale ella era la degna interprete. Non posso aggiungere altro”.

    Berlioz iniziò la composizione della Sinfonia nel 1829, quando la storia d’amore con la bella attrice sembrava sul punto di finire, cercando, in questo modo, di dare sfogo nella musica a quella tempesta di sentimenti causata dalla delusione. Nello stesso tempo una vera e propria folgorazione fu, per Berlioz, la scoperta di Beethoven, del quale ebbe modo di ascoltare nel marzo 1829 la prima esecuzione parigina diretta da Habeneck della Terza e della Quinta sinfonia. Così lo stesso Berlioz descrisse le emozioni suscitate da quella musica:

     

    “Avevo da poco intravisto, come due apparizioni, Shakespeare e Weber; subito dopo, da un altro punto dell’orizzonte, vidi innalzarsi l’immenso Beethoven. La scossa che ne ricevetti fu paragonabile quasi a quella che mi aveva dato Shakespeare. Mi aprì un nuovo mondo nella musica, come il poeta mi aveva svelato un nuovo universo nella poesia”.

    Beethoven aveva aperto a Berlioz il mondo della sinfonia e della musica strumentale, diventando, in un certo qual modo, la fonte d’ispirazione per questa sinfonia la cui stesura non fu priva di difficoltà, come lo stesso compositore ebbe modo di ricordare:

    “Scrissi la Sinfonia fantastica, incontrando parecchie difficoltà in alcune parti, ma con un’incredibile facilità in altre. Così l’adagio (Scena campestre), che impressiona sempre così profondamente il pubblico e me stesso, mi affaticò più di tre settimane; lo abbandonai e lo ripresi due o tre volte. La Marcia al supplizio, al contrario, fu scritta in una notte”.

    Nella composizione di questo lavoro il cui sottotitolo è Episode de la vie d’un artiste, Berlioz seguì un programma extramusicale fatto circolare nella sala durante la première, avvenuta a Parigi il 5 dicembre 1830 sotto la direzione di Habeneck dopo soltanto due prove, troppo poche per una perfetta esecuzione,  come egli stesso ebbe modo di ricordare nei suoi Mémoires:

    “L’esecuzione non fu priva di difetti: con una sola prova non si poteva certo ottenere una perfetta resa di opere così complesse. Nell’insieme tuttavia fu sufficientemente buona perché di esse si intendessero almeno le linee essenziali. Tre brani della sinfonia, Il Ballo, La marcia al supplizio e Il Sabba, fecero una sensazione enorme. In particolare, La marcia al supplizio sconvolse la sala. La scena campestre non produsse alcun effetto. È ben vero ch’essa assomigliava ben poco a quel che è oggi. Presi immediatamente la risoluzione di riscriverla, e Ferdinand Hiller, che allora si trovava a Parigi, mi diede a riguardo preziosi consigli dei quali ho cercato di trarre profitto”. 

    Del programma scritto per questa sinfonia, più volte modificato da Berlioz, esistono due versioni, delle quali la prima risale al 1845, anno in cui la Sinfonia fantastica  fu pubblicata a Parigi dall’editore Schlesinger, mentre la seconda è del 1855. In entrambi i programmi Berlioz affermava la necessità di distribuirli al pubblico perché indispensabili per la comprensione della sinfonia stessa come si legge nell’Avertissement del 1845:

    “La distribuzione di questo programma all’uditorio, nei concerti dove figura questa sinfonia, è indispensabile per la totale comprensione del piano drammatico dell’opera”.

    Questa necessità è ribadita nel programma del 1855, dove, però, il compositore collegò la Fantastica al suo monodrame-lyrique, Lélio, da lui composto nel 1831 durante un suo soggiorno in Italia:

    “Il programma seguente deve essere distribuito all’uditorio ogni volta che la Sinfonia fantastica è eseguita drammaticamente e seguita, in conseguenza, dal monodramma Lélio che termina e completa l’episodio della vita di un artista”.

    In questo programma extramusicale, in cui si narra di un giovane musicista il quale, in preda alla disperazione per una delusione amorosa, cerca l’oblio nella droga che, essendo presa in una dose tale da non ucciderlo, genera nella sua mente  una serie di allucinazioni da lui trasformate in musica, è trasfigurata una vicenda autobiografia, la passione per la Smithson, alla quale si sovrappone il ricordo di un essere ideale sognato dalla sua immaginazione e conosciuto da Berlioz, quando aveva solo dodici anni. Questo essere ideale è identificato in una fanciulla ventenne di nome Estelle, alla quale egli aveva dedicato una romanza su versi tratti dalla pastorale Estelle et Nemorin di Florian. Questa romanza, caratterizzata da una dolce e tenera melodia, è posta all’inizio della Sympnhonie fantasique.

    Nella descrizione del protagonista i due programmi differiscono notevolmente, in quanto, nel primo, manca qualunque riferimento all’uso della droga e il giovane musicista è presentato, nella parte iniziale del programma del 1845, come affetto da quella malattia romantica, chiamata, con un’espressione tratta da Le génie du Christianisme di François-René de Chateaubriand, vague des passions (ondata di passioni):

    “L’autore suppone che un giovane musicista, affetto da questa malattia morale che uno scrittore celebre chiama vague des passions, vede per la prima volta una donna che riunisce tutte le grazie dell’essere ideale che sognava la sua immaginazione, e ne diviene disperatamente preso. Per una singolare bizzarria, l’immagine cara si presenta sempre allo spirito dell’artista come legata ad un’idea musicale, nella quale trova un certo carattere appassionato, ma nobile e timido come quello che egli attribuisce al suo oggetto. Questo riflesso melodico con il suo modello lo perseguita senza sosta come una doppia idea fissa. Questa è la ragione dell’apparizione costante, in tutti i pezzi della sinfonia, della melodia che incomincia il primo allegro. Il passaggio da questo stato di sogno malinconico, interrotto da alcuni eccessi di gioia senza motivo, a quello di una passione delirante, con i suoi scatti di furore, di gelosia, i suoi contraccambi di tenerezza, le sue lacrime, le sue consolazioni religiose, è l’argomento del primo pezzo”.   

    Molto più sintetico è invece il programma del 1855, nel quale, oltre ad apparire attenuata la responsabilità del giovane a causa dell’assunzione della droga, manca l’elogio sperticato della donna amata:

    “Un giovane musicista d’una sensibilità malata e d’una immaginazione ardente si avvelena con dell’oppio in un attacco di disperazione amorosa. La dose di droga, troppo debole per dargli la morte, lo sprofonda in un sonno pesante, accompagnato dalle più strane visioni, durante il quale le sue sensazioni, i suoi sentimenti, i suoi ricordi si traducono nel suo cervello malato in pensieri e in immagini musicali. La stessa donna amata è diventata per lui una melodia e come un’idea fissa che ritrova e sente dappertutto”. 

    L’idée fixe corrisponde al pensiero della donna follemente amata dal musicista; il tema centrale della Sinfonia è, quindi, l’amore che ossessiona il giovane nelle varie circostanze e costituisce, trasformandosi in melodia, il primo tema del primo movimento della sinfonia. La caratterizzazione ossessiva, quasi folle, di questo tema, che lega tutti i 5 tempi, contraddistinti da un titolo che illustra la situazione rappresentata, è resa da Berlioz attraverso la ripetizione dello stesso disegno musicale che diventa il protagonista indiscusso.

    Il primo movimento, Rêveries, passions (Sogni-passioni), che narra l’incontro del giovane con la donna amata e la nascita dell’amore, si apre con un’introduzione lenta, Largo, estremamente espressiva nella delicata e sognante melodia dei violini. Prima della conclusione di questo Largo introduttivo, che prepara l’esplosione della passione, ritorna il tema della romanza di Estelle, mentre il corno contribuisce a rendere l’atmosfera ancor più rarefatta e irreale. La passione è  rappresentata da un classico colpo di fulmine, reso da un’improvvisa serie di accordi orchestrali che aprono l’Allegro agitato e appassionato assai introducendo il primo tema, l’idée fixe appunto, esposto dai violini primi e dal flauto e tratto dalla sua cantata Herminie, presentata nel 1828 al concorso per il Prix de Rome. Il secondo tema del  movimento, in forma-sonata, che appare dopo alcuni decisi interventi dell’orchestra che spezzano l’esposizione tematica, è molto simile al primo in una concezione classica, in base alla quale la varietà non è data dalla struttura intervallare del tema stesso, ma dalla componente armonica, ritmica e timbrica. Dal punto di vista armonico Berlioz costruisce un contrasto tra il do maggiore e il do minore arricchito da cromatismi ascendenti e discendenti, mentre il sincopato dei fiati rompe la fluidità del 4/4. 

    Nel secondo movimento, Un bal. Valse (Un ballo. Valse), il giovane, in una sala da ballo, cerca disperatamente la donna amata, diventata per lui idea fissa, che appare tra le eleganti movenze di un valzer. Anche in questo caso Berlioz nel programma del 1855, qui citato perché costituisce la versione definitiva, è molto più sintetico, limitandosi a dire: egli ritrova l’amata in mezzo ad una festa brillante. In questo movimento, che si segnala per una raffinata ricerca timbrica ottenuta grazie all’introduzione di due arpe e alla contemporanea eliminazione delle trombe e dei fagotti, l’idée fixe è affidata al clarinetto che la espone nella tonalità di dominante prima che la musica si lasci trascinare nel vortice della danza.

    Nel terzo movimento, Scène aux champs (Scena nei campi), il protagonista, che sente in lontananza il suono di due zampogne di pastori, reso con un dialogo desolato tra oboe e corno inglese, sembra trovare la pace nella campagna, come recita il programma del 1855:

    “questo duetto pastorale, il luogo della scena, lo stormire leggero degli alberi dolcemente agitati dal vento, alcuni motivi di speranza che ha concepito da poco, tutto concorre a restituire al suo cuore una calma insolita, a dare alle sue idee un colore più ridente; ma essa appare di nuovo, il suo cuore si stringe, dolorosi presentimenti lo agitano: se lei lo inganna… Uno dei pastori riprende la sua ingenua melodia, l’altro non risponde più. Il sole tramomta… un tuono lontano… solitudine… silenzio”.

    Anche in questo movimento l’idée fixe tormenta il giovane al punto tale da farlo ricadere nell’angoscia che aumenta fino a raggiungere il suo punto culminante in un tremulo urlato dall’intera orchestra. Da qui si dipana un motivo mesto del clarinetto che porta con sé tutti i dubbi e le ansie del giovane ossessionato ancora dall’idée fixe, ripresa dal flauto, dall’oboe e dal clarinetto, fino a quando un nuovo tremulo dell’orchestra (il tuono del programma) non introduce la coda conclusiva.

    Nel quarto movimento, Marche au supplice (Marcia al supplizio) il giovane, dopo essersi drogato, cade in preda ad allucinazioni che gli fanno vedere il momento in cui uccide la donna e, condannato a morte, viene accompagnato al patibolo per essere giustiziato. Questa macabra marcia, aperta da un minaccioso rullo dei timpani, si divide in due parti, delle quali la prima, cupa e selvaggia, secondo quando affermato da Berlioz stesso nel programma, è caratterizzata da un tema discendente esposto dai violoncelli e dai contrabbassi, mentre la seconda, brillante e solenne, è affidata ai timbri chiari degli ottoni e dei legni. Prima della conclusione ritorna l’idée fixe nella calda e appassionata voce del clarinetto.

    Nel quinto movimento, Songe d’une nuit du Sabbat (Sogno di una notte del Sabba), il nostro giovane musicista è in mezzo a un Sabba e vede una schiera di ombre che organizzano appunto un Sabba infernale durante il suo funerale. Dopo un’introduzione misteriosa, Larghetto, un clarinetto da lontano espone il tema dell’idée fixe, a cui risponde l’intera orchestra con un’esplosione. Esposta da oboi, clarinetti e ottavino, l’idée fixe si alterna all’annuncio del tema de Sabba fino a quando i rintocchi di due campane introducono il tema del Dies irae che scatena la cosiddetta Ronda del sabba, un ampio episodio in stile fugato. Un improvviso tremolo in pianissimo degli archi lascia il posto prima al tema del Dies irae e, poi, al travolgente finale.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 50'