Mendelssohn & Mozart

Gerardo Estrada Martinez, direttore

Ettore Pellegrino, violino

Dino De Palma, viola

RECUPERO PRODUZIONE N° 13

 

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    18 Febbraio 2022

    Ore

    21,00

    Durata

    90min.

    Prezzi

    20 - 10 €

    Calendario

  • Giorno

    Sabato
    19 Febbraio 2022

    Ore

    17,30

    Durata

    90min.

    Prezzi

    20 - 10 €

    Calendario

Recupero produzione n°13 in sostituzione del concerto annullato Neuhold/Bologni del 4/5 febbraio 2022

  • Programma

  • Felix Mendelssohn-Bartholdy
    Amburgo, 1809 - Lipsia, 1847

    Le Ebridi, La grotta di Fingal (Die Hebriden, Fingalshöhle), ouverture op. 26

    Allegro moderato, Animato

    Il viaggio effettuato da Mendelssohn in Scozia nel 1829 e, in particolar modo, la visita alla grotta di Fingal nell’isola di Staffa, appartenente all’arcipelago delle Ebridi, costituiscono la fonte primaria d’ispirazione dell’Ouverture op. 26, Le Ebridi, il cui sottotitolo è appunto La grotta di Fingal. Mendelssohn giunse ad Edimburgo il 30 luglio 1829 reduce dal recente successo ottenuto nei concerti londinesi, organizzati dall’amico Klingemann, diplomatico che lo aveva invitato nella capitale inglese, da Cramer, che lo aveva introdotto nell’ambiente musicale di Londra, e dal pianista Ignaz Moscheles, insieme al quale si era esibito nell’esecuzione del suo Concerto in mi maggiore per due pianoforti. Durante il viaggio verso gli Highlands in Scozia, fatta una sosta ad Abbotsford, fece visita a Sir Walter Scott e il 7 agosto salpò in piroscafo per l’isola di Staffa, dove si trova la Grotta di Fingal. La traversata non fu semplice, in quanto sul Mare delle Ebridi si abbatté una violenta tempesta, della quale il compositore si ricordò certamente durante la composizione di quest’ouverture il cui primo abbozzo risale proprio a quel giorno; l’opera, che suscitò la meraviglia di Berlioz, impressionato, a seguito di un’esecuzione di Mendelssohn dell’ouverture al pianoforte, della capacità del compositore di rendere molto bene un’intera orchestra su questo strumento, fu, tuttavia, sottoposta a continue revisioni. Sempre alla ricerca di una perfezione formale difficilmente raggiungibile, Mendelssohn preferì non far eseguire questa ouverture a Parigi nel mese di gennaio del 1832, come da lui affermato in una lettera:

     

    “Io non posso dare qui Le Ebridi, perché, come ti ho detto in precedenza, non le trovo abbastanza complete; il passaggio del mezzo in re maggiore forte è troppo stupido; […] Io amo troppo questo pezzo per eseguirlo nello stato d’imperfezione in cui versa”.

     

    La prima esecuzione, avvenuta il 14 maggio 1832 alla Filarmonica di Londra sotto la direzione di M. Attwood, non  tardò molto e l’ouverture fu pubblicata nel 1833 a Lipsia dalla casa editrice Breitkopf & Härtel dopo un’ultima e definitiva revisione.

    Quest’ouverture, la migliore di Mendelssohn, definito da Wagner, con una punta di ironia, un paesaggista di primordine, si presenta come una mirabile sintesi tra una solida costruzione formale, che si fonda sulla forma-sonata, e il contenuto programmatico, rappresentato dall’affascinante paesaggio della Grotta di Fingal bagnata dal mare. Il mare costituisce, infatti, il primo elemento rappresentato da Mendelssohn attraverso un tema formato da un unico inciso esposto dalle viole, dai violoncelli e dal primo fagotto, mentre gli altri strumenti, che si aggiungono a poco a poco, danno la misura della struttura della grotta costituita da colonne basaltiche ordinate in prospettiva. Ogni strumento, che si aggiunge, sembra rappresentare lo stupore del visitatore che s’inoltra al suo interno e vede in sequenza le colonne, ascoltando nel contempo il brusio del mare le cui onde si infrangono contro la roccia. Inoltrandosi nella grotta e, quindi, nell’ouverture, nella sezione modulante dell’esposizione il mare si trasforma quasi in un oggetto di poesia con il primo flauto, il primo oboe ed il primo fagotto che rileggono il tema iniziale per moto contrario e in una forma lirica. Sembra che nella grotta si respiri ancora un’aria impregnata delle gesta del leggendario eroe irlandese Fingal, padre di Ossian, e il secondo tema, dotato di forte lirismo, sorge dalle sue profondità, rese dai toni gravi dei violoncelli e dei fagotti per dispiegarsi senza esitazioni nella parte dei violini. Questo momento di incanto e di poesia è, tuttavia, turbato dal mare che si agita improvvisamente, facendo materializzare, nella parte iniziale dello sviluppo, una tempesta, ispirata probabilmente dalla difficile traversata in piroscafo fatta dal compositore, con il tema del mare che, esposto in questo passo dai violini e dai flauti, si carica di una violenza tale da simboleggiare il rumore delle onde. Non manca il tuono rappresentato perfettamente dai timpani e dagli ottoni che, poco dopo, quando la tempesta si sta ormai allontanando, fanno sentire in lontananza la loro eco, mentre il moto ondoso si placa e il tema iniziale ricomincia a prendere forma. La poesia può di nuovo trionfare ed il secondo tema si può nuovamente dispiegare con tutto il suo lirismo; è il mare, tuttavia, il protagonista con il suo tema variato in canone dai legni e dagli archi che intrecciano un fitto dialogo in un crescendo di eccitazione che conduce alla fine dello sviluppo. La semplice ripresa ripropone l’esposizione in una forma abbreviata, in cui viene eliminato il tema della sezione modulante, e conduce alla coda leggermente più animata.  

    Durata: 10'

    Wolfgang Amadeus Mozart
    Salisburgo 1756 – Vienna 1791

    Sinfonia concertante in mi bemolle maggiore per violino, viola e orchestra KV 364 (KV 320d)

    Allegro maestoso

    Andante

    Presto

     

    Ritornato nel 1779, dopo due anni di viaggi per l’Europa, nell’odiata Salisburgo dove avrebbe ricoperto l’incarico di Konzertmeister e di organista di corte, Mozart, pur accolto calorosamente dal padre che aveva fatto trovare nella sua camera un armadio nuovo e il suo vecchio clavicordo, sapeva bene di confrontarsi con una realtà difficile se non ostile. L’arcivescovo, che aveva dovuto riprendere al suo servizio, senza troppo entusiasmo e perché costretto dagli eventi, un musicista già una volta licenziatosi, aveva, infatti, manifestato sempre, sul piano musicale, opinioni diametralmente opposte a quelle del giovane compositore. La scarsa documentazione e l’assenza di un epistolario non ci consentono di ricostruire in modo dettagliato questo periodo della vita di Mozart che, tuttavia, non fu certamente felice, dal momento che egli stesso confessò al padre a proposito di quegli anni:

     

    “Sprecare la propria gioventù nell’inattività e in un posto così miserabile, è cosa assai triste e anche un danno”.

     

    Nonostante il clima non certo favorevole, piuttosto consistente è la mole di composizioni prodotte da Mozart in questo periodo non solo nel genere sacro, al quale era legato dagli obblighi della sua carica, ma anche in quello sinfonico, i cui lavori non erano stati sempre apprezzati dall’arcivescovo. Proprio a questo periodo e, in particolar modo all’estate del 1779, risale la composizione della Sinfonia concertante per violino e viola, ritenuta unanimemente dalla critica la composizione più importante e più matura, tra tutte quelle di Mozart, per strumenti solisti e orchestra. In questo lavoro, formalmente un doppio concerto per la scrittura altamente virtuosistica che contraddistingue le parti dei due solisti, ai quali vengono affidati passi impegnativi e dialoghi intensi e articolati, Mozart ottenne una perfetta sintesi tra le istanze concertistiche e quelle sinfoniche. Molto raffinato è, a tale proposito, il trattamento dell’orchestra che non si limita semplicemente ad accompagnare i due strumenti ma partecipa allo sviluppo delle trame musicali sin dall’introduzione del primo movimento, Allegro maestoso, aperto da solenni accordi declamati a piena orchestra; in esso il secondo tema è presentato in un dialogo serrato tra corni e oboi. Al termine dell’esposizione orchestrale intervengono i due strumenti solisti con il violino e la viola per dare vita ad un vero e proprio primo movimento di concerto con tre nuovi elementi tematici che confermano il clima serio e severo del brano Di forte impatto emotivo è il secondo movimento, Andante, una pagina intima e dolorosa, interamente costruita nella tonalità di do minore, nella quale forse il compositore allude alla perdita della madre morta a Parigi un anno prima. Tutto il movimento è caratterizzato da un’unica intensa melodia le cui inflessioni ricordano quelle di un vero e proprio pianto. Un clima del tutto diverso contraddistingue l’ultimo movimento, Presto, un brillante rondò-sonata nel quale i due strumenti solisti mostrano le loro capacità virtuosistiche mentre gli oboi e i corni si cimentano nell’esposizione di una terza idea tematica, simile a quella del primo movimento, prima della conclusione. 

    Durata: 32'

    Felix Mendelssohn-Bartholdy
    Amburgo, 1809 - Lipsia, 1847

    Sinfonia n. 3 "Scozzese" in la minore op. 56

    Andante con moto. Allegro un poco agitato. Assai animato

    Vivace non troppo

    Adagio 

    Allegro vivacissimo. Allegro maestoso assai

     

    “Nell’oscuro crepuscolo oggi ci siamo recati nel palazzo in cui la regina Maria visse e amò. La cappella ha ora perso il tetto. Tutto è’ ricoperto da erba ed edera [...], tutto è in rovina, decadente  e a cielo aperto. Credo di aver trovato oggi l’inizio della mia Sinfonia Scozzese”.

     

    Questo breve accenno, contenuto in una lettera del 28 luglio 1829 indirizzata da Mendelssohn alla famiglia mentre si trovava ad Edimburgo durante il suo viaggio in Scozia, ci permette di stabilire con certezza la data del primo abbozzo della Sinfonia n. 3 “Scozzese” in la minore op. 56 che, come molte altre sue opere, ha avuto una lunga gestazione, durata circa 13 anni, dal 28 luglio 1829 appunto al 20 gennaio 1842, data in cui fu ultimata. La composizione della Sinfonia n. 3, contemporanea  a quella della Sinfonia n. 4 “Italiana”, iniziata nel 1830, eseguita il 13 maggio 1833 e mai pubblicata dall’autore mentre era in vita, ha fatto sorgere il problema della sua corretta numerazione. Le date di inizio dei due lavori giustificherebbero la numerazione ufficiale del catalogo, mentre le date del loro completamento darebbero ragione a chi, al contrario, ritiene che sia più corretta una diversa numerazione. Prescindendo dalla numerazione ufficiale la “Scozzese” rimane l’ultima sinfonia  di Mendelssohn in ordine cronologico.

    La Sinfonia fu eseguita, per la prima volta, il 3 marzo del 1842, sotto la direzione dell’autore, al Gewandhaus di Lipsia riscuotendo un successo tale da essere ripresa nel concerto successivo del 17 marzo sotto la direzione del Kappelmeister del Teatro K. Bach. Anche la prima inglese della Sinfonia, eseguita a Londra presso la Società Filarmonica il 13 giugno, si trasformò in un notevole successo per il compositore che decise di pubblicarla l’anno seguente presso la casa editrice Breitkopf & Härtel con una dedica alla regina Vittoria.

    La Sinfonia, pur essendo stata composta in un arco di tempo molto lungo, presenta una straordinaria unità formale, ottenuta non solo con l’espediente, adottato anche nel Concerto in mi minore per violino e orchestra, in base al quale i quattro movimenti si susseguono senza soluzione di continuità, ma soprattutto grazie ad una struttura ciclica, dominata dal motivo dell’introduzione (Andante con moto), proprio quello a cui sembra riferirsi il compositore nella suddetta lettera; il motivo iniziale di questa introduzione, che Mendelssohn avrebbe riutilizzato nella prima delle Tre fantasie op. 16 e nella Erster Walpurgisnacht, rappresenta perfettamente lo stato d’animo del compositore di fronte a strutture architettoniche quali l’Holyrood Palace e la cappella dell’incoronazione di Maria Stuarda che avevano suscitato in lui un senso di mistero in stridente contrasto con il carattere sereno e limpido del cielo, come egli stesso annotò nella lettera di cui sopra. La composizione della sinfonia, ripresa nell’inverno del 1830-31 durante il soggiorno romano, come si apprende da una lettera del 23 novembre dove si legge che stava scrivendo una Sinfonia in la minore, fu subito interrotta per il nuovo progetto relativo alla composizione della Sinfonia “Italiana”, secondo quanto egli stesso scrisse in una lettera successiva del 29 marzo 1831:

    “sono stato costretto a mettere da parte la Sinfonia scozzese, essendo impossibilitato a riportarla nell’incerta atmosfera scozzese”  

    Dell’incerta atmosfera scozzese restò, in realtà, poco in questa sinfonia almeno per quanto riguarda le citazioni di melodie popolari, se si eccettua quello della pipe band del secondo movimento.

    Come già accennato in precedenza, il primo movimento si apre con un’introduzione lenta che viene ripresa nella parte conclusiva incastonando l’Allegro un poco agitato in forma-sonata, il cui primo tema deriva dal motivo iniziale, mentre il secondo è affidato al timbro caldo del clarinetto. Nel secondo movimento, Vivace non troppo, il protagonista è il folklore scozzese che, permeando di sé sia il primo tema pentatonico affidato al clarinetto sia il secondo molto vicino allo spirito della pipe-band scozzese, genera un improvviso cambio di atmosfera che diventa gaia, mentre nel terzo movimento, Adagio, la musica si dipana in una scrittura di straordinario lirismo espresso soprattutto nel primo tema intonato dai violini. La tradizione popolare scozzese ritorna, infine, nel quarto movimento, Allegro vivacissimo, dove su un ostinato affidato ai corni, ai fagotti e alle viole si erge il primo tema dal caratteristico ritmo di danza scozzese; anche il secondo tema, intonato dagli oboi e dai clarinetti, è di derivazione popolare. Tutto il movimento presenta un carattere brillante compromesso soltanto nella parte conclusiva da un breve episodio di collegamento che conduce all’Allegro maestoso che si configura come una “maestosa” marcia trionfale.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 39'

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