Mozart, Chačhaturjan & Schubert

Alessandro Bonato, direttore

Aiman Mussakhajayeva, violino

Matteo Diego Scarcella, flauto

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Sabato
    22 Febbraio 2020

    Ore

    17,30

    Durata

    100min.

    Prezzi

    25 - 12 €

    Calendario

  • Programma

  • Wolfgang Amadeus Mozart
    Salisburgo 1756 – Vienna 1791

    Concerto in sol maggiore KV 313 per flauto e orchestra

    Allegro maestoso

    Adagio ma non troppo

    Rondò (Tempo di minuetto)

     

    Nel mese di dicembre 1877, Mozart, grazie ai buoni auspici Johann Baptist Wendling, primo flautista della famosa orchestra di Mannheim, che aveva cercato inutilmente di fare ottenere al giovane compositore un incarico a corte, ottenne una commissione interessante dal punto di vista economico. Wendling aveva messo in contatto Mozart con un ricco olandese di nome Willem De Jean o, secondo alcune fonti, Dechamps, noto come «l’indiano», che gli promise una somma di 200 fiorini per tre concerti per flauto e orchestra brevi e semplici e per quattro quartetti con il flauto perché li potesse suonare. Mozart, che non amava particolarmente questo strumento, accettò la commissione anche perché allettato dalla proposta economica che gli consentiva di sistemare, in qualche modo, le già dissestate finanze. Alla fine Mozart non riuscì ad ottemperare agli obblighi della committenza portando a compimento tre dei quattro quartetti e due concerti, dei quali il primo, composto per l’occasione, è il Concerto in sol maggiore KV 313, mentre il secondo, quello in re maggiore KV 414, è la trascrizione di un concerto per oboe e orchestra scritto l’anno precedente a Salisburgo. De Jean, per nulla soddisfatto del lavoro di Mozart, decise di non pagare l’intera somma pattuita, liquidando appena 96 fiorini al giovane compositore che si lamentò dell’accaduto in una lettera indirizzata al padre Leopold il 14 febbraio 1778:

    “Il Signor De Jean, che parte anche lui domani per Parigi, mi ha dato solo 96 fiorini, perché non gli ho finito che 2 concerti e 3 quartetti (si è sbagliato di 4 fiorini, così sarebbe stata la metà). Ma mi deve pagare interamente; sono già d’accordo con Wendling che gli manderà il resto a Parigi. Che qui non abbia potuto terminare il lavoro è  più che naturale. Non ho un’ora di pace; posso scrivere solo di notte e di conseguenza non posso alzarmi presto la mattina. Inoltre non sempre si è disposti a lavorare. Buttar giù qualcosa posso farlo tutto il giorno, ma questa roba va in giro per il mondo e non voglio vergognarmi che ci sia sopra il nome mio. Poi, come Lei sa, mi stufo presto a scrivere per uno stesso strumento (che non posso sopportare); cosi tanto per cambiare, ho scritto qualcosa di diverso, duetti per pianoforte e violino e parte di una messa. Ora però mi metto a lavorare seriamente ai duetti col pianoforte per poterli far stampare”.

    Nonostante il suo scarso amore per questo strumento, Mozart scrisse con  particolare cura la parte solistica, forse grazie anche ai consigli di Wendling, mostrando di conoscere perfettamente le caratteristiche tecniche ed espressive del flauto. Ciò è evidente già nell’impegnativo primo movimento, Allegro maestoso, tutto intriso di una maestosità di ascendenza rococò, nel quale il flauto si produce in passi di particolare virtuosismo. Un’atmosfera notturna, ottenuta grazie al particolare timbro degli archi con sordina, domina il secondo movimento, Adagio ma non troppo, nel quale il solista, dopo una breve introduzione orchestrale, si produce in un tema intriso di romantica malinconia. Giudicato particolarmente difficile da De Jean, fu probabilmente sostituito da Mozart con il più semplice Andante in do maggiore KV 315. Nell’ultimo movimento, il ritmo cadenzato del minuetto scandisce un elegante Rondò, nel quale il solista può dare prova della sua abilità virtuosistica.

    Durata: 25'

    Aram Il'ič Chačaturjan
    Tblisi 1903 - Mosca 1978

    Concerto in re minore per violino e orchestra

    Allegro con fermezza

    Andante sostenuto

    Allegro vivace

     

    Noto anche nella trascrizione per flauto realizzata nel 1968 dal flautista francese Jean-Pierre Rampal, il quale compose anche una nuova cadenza per il primo movimento, il  Concerto in re minore per violino e orchestra di Chačaturjan fu  composto nel 1940 per il grande violinista russo David Oistrach, che lo eseguì a Mosca nello stesso anno. In questo lavoro appare evidente la poetica musicale di Chačaturjan, volta all’esaltazione del folklore musicale armeno che costituisce uno degli aspetti più importanti, se non la base, dell’intera produzione del compositore sovietico. Sin dalla sua prima Sinfonia, scritta per l’esame di diploma, che rivelò il giovane compositore sovietico al mondo musicale contemporaneo, la musica popolare armena, che Chačaturjan  studiò scientificamente dando vita anche ad un Istituto per il canto popolare armeno, diventa la protagonista di un personalissimo linguaggio musicale che si avvale di una ricca tavolozza orchestrale e di originalissimi impasti timbrici. Scritto dopo la Prima sinfonia e dopo il Concerto per pianoforte e orchestra del 1936, questo Concerto costituisce un’importante tappa dell’evoluzione stilistica di Chačaturjan il quale, con questo capolavoro, ha dato vita a una pagina particolarmente bella dal punto di vista melodico. Nel Concerto, inoltre, il linguaggio musicale adottato da Chačaturjan e ampiamente ispirato alla musica popolare armena è nettamente semplificato rispetto a quello usato per il precedente lavoro per pianoforte e orchestra di quattro anni prima.

    Il primo movimento, Allegro con fermezza, in forma-sonata, vive del contrasto fra i due temi entrambi di origine popolare ma ben delineati dal punto di vista ritmico e melodico; al primo tema, estremamente ritmato ed ispirato a danze popolari caucasiche, si contrappone il secondo, anch’esso di origine folkloristica, di carattere cantabile. Autentico protagonista del secondo movimento, Andante sostenuto, è il solista, il cui canto tenero e appassionato, accompagnato dall’orchestra, assume le forme di una splendida serenata, alla quale non sono estranei andamenti di valzer. Un brillante Rondò è, infine, l’ultimo movimento, Allegro vivace, nel quale ritmi di danza popolare, nello sviluppo e nella coda, si intrecciano alla suggestiva ripresa di elementi tematici del primo movimento che ritornano come in una forma ciclica per dare una forte coesione formale all’intero Concerto.

    Durata: 29'

    Franz Schubert
    Vienna, 1797 - Vienna, 1828

    Sinfonia n. 4 in do minore D 417 "La Tragica"

    Adagio molto, Allegro vivace

    Andante

    Minuetto

    Allegro

     

    Completata il 27 aprile del 1816,  la Sinfonia n. 4 in do minore, soprannominata a posteriori dallo stesso compositore La Tragica, alla stregua di molte altre sue opere, non ebbe un successo immediato; essa fu eseguita, per la prima volta, soltanto il 19 novembre 1849 a Lipsia sotto la direzione di August Ferdinand Riccius quando già erano trascorsi 21 anni dalla morte del compositore.

    Nonostante la giovanissima età – Schubert aveva, infatti, appena diciannove anni – il 1816 fu un anno particolarmente fecondo tanto che il compositore austriaco, non molto tempo dopo, il 3 ottobre riuscì ad ultimare la sua Quinta sinfonia nel poco tempo libero lasciatogli dagli impegni di lavoro come insegnante nella scuola del padre, carriera abbandonata due anni dopo quando fu assunto come maestro di musica presso la famiglia del conte Esterházy. Egli, tuttavia, non poté dedicarsi, come avrebbe desiderato, interamente all’attività di compositore, sua grande passione, a causa delle scarse finanze familiari; nonostante ciò la coltivò con grande impegno come è dimostrato dalla mole notevole di opere prodotte fino al 1816, che comprendono cinque sinfonie, quattro messe, quattro opere teatrali e oltre cinquecento Lieder. Nel frattempo Schubert si era perfezionato alla scuola del celebre compositore di corte Antonio Salieri, anche se non aveva mai nascosto il suo amore per la musica di Beethoven. Si narra che un giorno, quando era ancora ragazzo, mentre stava correndo a scuola, dopo aver visto affisso il manifesto del Fidelio che sarebbe stato eseguito al Teatro di Porta Carinzia, decise senza esitazione di vendere i suoi libri per procurarsi il denaro necessario ad acquistare il biglietto. Schubert, in realtà, pur essendo molto giovane, aveva compreso l’importanza del messaggio beethoveniano, come si evince da quanto scrisse all’amico e scrittore Brauns von Braunthal:

    “Egli [Beethoven] sa tutto, ma noi non possiamo capirlo compiutamente, e molta acqua scorrerà ancora nel Danubio finché sia acquisita alla massa la comprensione di quanto quell’uomo ha creato. Non solo egli è il più sublime e il più produttivo dei musici, ma anche il più consolante”.

    Un’ulteriore testimonianza dell’influenza di Beethoven su Schubert è rappresentata dalla scelta della tonalità di questa sinfonia, il do minore, la stessa della Quinta del compositore di Bonn, idonea a creare in modo efficace l’atmosfera tragica indicata dal titolo.

    Il primo movimento, aperto da un introduttivo Adagio molto, dall’incipit lapidario, vede l’orchestra impegnata ad eseguire un do tenuto, che richiama, in qualche modo, l’attacco dell’ouverture dell’Egmont e di altre opere di Beethoven; da questo incipit lapidario scaturisce il tema dell’Adagio di carattere triste e sommesso, mentre ben definiti e di grande suggestione sono i due temi dell’Allegro in forma-sonata, dei quali il primo richiama il Coriolano e il Quartetto op. 18 n. 4 di Beethoven. Molto interessante è la coda nella quale la musica approda alla serena tonalità di do maggiore. Il secondo movimento, Andante, è una pagina di intenso lirismo dalla struttura molto semplice riassumibile nello schema A-B-A1-B1-A1, in cui arditezze armoniche si accompagnano ad una sapiente scrittura orchestrale che nella parte conclusiva presenta un progressivo sfumare ottenuto grazie ad un sapiente uso di sonorità cameristiche. La serenità del secondo  movimento contrasta con il cromatismo inquieto del terzo, un Minuetto di carattere oscuro, all’interno del quale si ritaglia uno spazio importante il raffinatissimo Trio dalla scrittura cameristica. Nell’ultimo movimento, Allegro, il più accademico dell’intera sinfonia, sono più evidenti le influenze beethoveniane sia nell’aspirazione sinfonica che nelle dimensioni piuttosto ampie.

     

    Riccardo Viagrande  

    Durata: 28'