Mozart, Schubert, Beethoven
Ton Koopman, direttore
Klaus Mertens, tenore
Omaggio a Max Reger nel 150° anniversario della nascita
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Programma
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Wolfgang Amadeus Mozart
Salisburgo 1756 – Vienna 1791Sinfonia n. 36 in do maggiore KV 425 “Linz”
Adagio, Allegro spiritoso
Andante
Minuetto, Trio
Presto
“Quando arrivammo alle porte di Linz […] noi trovammo lì un servo che ci aspettava per condurci dal Conte Thun, nella cui casa noi ancora abitiamo. Io realmente non posso dirti quante gentilezze la famiglia ci sta mostrando. Martedì quattro novembre io darò un concerto nel teatro di qui e poiché non ho una singola sinfonia con me, io ne scriverò una nuova a rotta di collo che deve essere finita in quel tempo. Bene io devo chiudere perché realmente devo mettermi al lavoro”.
Con queste parole, scritte al padre il 31 ottobre 1783 per esprimere tutto il suo compiacimento per quel soggiorno così ospitale, Mozart fa un chiaro riferimento alla composizione di una nuova sinfonia che, pur essendo scritta nel breve periodo di quattro giorni, costituisce uno dei suoi capolavori in quanto segna l’inizio della fase più matura della sua produzione sinfonica. Per la prima volta, inoltre, è evidente, nella sua produzione sinfonica, l’influenza di Haydn non solo nella scelta di iniziare il primo movimento con un’introduzione lenta, ma anche nel disegno dei bassi che accompagna il tema marziale del primo movimento.
Mozart nell’estate del 1783 si era recato, insieme alla moglie Konstanze Weber, a Salisburgo nel tentativo di appianare le relazioni tese fra la donna e suo padre Leopold dopo il loro matrimonio celebrato il 4 agosto 1782 a Vienna nella chiesa di Santo Stefano e mai accettato dalla famiglia del compositore. Avendo compreso che era inutile ogni tentativo di riconciliazione tra la moglie e la sua famiglia, egli decise di rientrare a Vienna facendo tappa a Linz dove fu ospitato dal Conte Thun che lo convinse a dare un concerto pubblico al teatro della città il 4 novembre. Nacque così la Sinfonia n. 36 in do maggiore KV 425 “Linz”, il cui nome si riferisce appunto alla città dove l’opera fu scritta da Mozart, il quale, non avendo molto probabilmente la partitura di una sinfonia adatta alla situazione e in grado di figurare in questa accademia così importante, ne scrisse una nuova in cui la scelta di utilizzare sia una tonalità di carattere festoso, come il solare do maggiore, sia i timpani e le trombe anche nel movimento lento di solito riservato agli archi, ne tradisce la funzione celebrativa.
Il primo movimento, in forma-sonata, si apre con un’introduzione lenta (Adagio), nella quale gli archi, i legni e i corni intonano all’unisono un tema di carattere solenne che sfocia in un passo di grande instabilità armonica grazie a disegni cromatici ascendenti e discendenti che configurano una situazione preromantica. A questa introduzione solenne risponde, per contrasto, il primo tema dell’Allegro spiritoso, agile nel disegno dei primi violini, ma asimmetrico nella struttura fraseologica. La sezione di transizione è uno scintillare di timbri e ritmi marziali e brillanti che sfociano in un’oasi galante costituita da una variazione in chiave sentimentale del primo tema. Il secondo tema, che, dal punto di vista armonico, oscilla tra un insolito mi minore e il sol maggiore, la regolare tonalità della dominante di do maggiore, è, nella parte iniziale, una fanfara declamata a piena orchestra, nella quale George de Saint-Foix ha visto un’impronta turca. Lo sviluppo si apre con la ripresa del primo tema in una forma variata che si alterna al disegno conclusivo dell’esposizione, per sfociare di nuovo in una fanfara. Nel secondo movimento, Andante, Mozart mantiene inalterato, insolitamente, lo stesso organico del primo, lasciando le trombe e i timpani molto probabilmente per fare un omaggio al Conte amante della musica militare. Il secondo movimento si apre con un tema di cullante siciliana che sfocia in altri due temi estremamente affini tra loro, con il secondo che trae spunto dal primo ed il terzo che, a sua volta, nasce dall’elemento caratteristico del secondo. Non meno scintillante del primo movimento è il Minuetto che, come ha notato giustamente Luigi Della Croce, è uno dei più scatenati e danzanti di Mozart. Anche in questo movimento si nota l’influenza di Haydn nel raddoppio all’ottava inferiore del tema principale; il Trio è una pagina estremamente elegante nel tema affidato ai violini primi raddoppiati all’ottava superiore dagli oboi. Il quarto movimento, Presto, la cui parte iniziale è caratterizzata da contrasti dinamici di ascendenza haydiniana, conclude, in sintonia con gli altri movimenti, questo lavoro realizzando un perfetto connubio tra la grazia tipicamente mozartiana e l’eroismo di Haydn. Il movimento è costruito su due temi di carattere giocoso, dei quali il secondo rivela l’influenza haydniana nel disegno formato da una quartina di crome preceduta da un’acciaccatura. Questo disegno, utilizzato spesso proprio da Haydn nei suoi quartetti e nel Finale della sua celeberrima Sinfonia Militare, sfocia, però, in un motivo di tre note il quale, nelle dolenti appoggiature che lo informano, svela la firma di Mozart.
Durata: 25'
Franz Schubert
Vienna, 1797 - Vienna, 1828Lieder orchestrati da Max Reger e Ton Koopman
- Erlkönig D 328 (poema di J. W. Goethe / orchestrazione di Max Reger)
- Zwei Gesänge des Harfners D 478 (poema di J. W. Goethe/ orchestrazione di Max Reger)
*Wer nie sein Brot mit Tränen aß
*An die Türen will ich schleichen
- Im Abendrot D 799 (poema di Karl Lappe / orchestrazione di Max Reger)
- Auf dem Wasser zu singen D 774 (poema di Leopold Graf zu Stollberg / orchestrazione di Ton Koopman)
- An die Musik D 547 (poema di Franz von Schober / orchestrazione di Max Reger)
Nella vasta produzione di Franz Schubert, quella liederistica costituisce la parte preponderante non solo per il fatto che essa consta di circa 600 lavori che il compositore austriaco scrisse dall'età di 14 anni fino alla morte, ma anche perché in questo genere egli sembrò esprimere nel modo più compiuto il suo mondo musicale tanto da sembrarne quasi il creatore, come giustamente affermato da Lorenzo Bianconi:
"La distanza qualitativa dei Lieder schubertiani rispetto alle composizioni dei predecessori è tanto enorme da far apparire Schubert quasi come il creatore di un genere compositivo nuovo: immagine veridica quantomeno nel senso che grazie a Schubert il Lied esce del tutto dai confini della musica d'intrattenimento domestico e si arroga un posto proprio nella vita concertistica, al fianco della musica da camera".
Molti grandi compositori tra cui Anton Webern e Max Reger si sono cimentati nell'orchestrazione di queste perle del genio schubertiano, tra le quali spicca Erlkönig (Il re degli Elfi) D 328 su un testo di Goethe che ebbe un'accoglienza trionfale alla prima esecuzione pubblica avvenuta nel 1819 presso la casa di Leopold von Sonnleithner, un melomane entusiasta che dava settimanalmente dei concerti nella sua abitazione. Il Lied era stato, del resto, composto nel 1815, anno particolarmente prodigioso, durante il quale Schubert aveva scritto ben 147 Lieder con una straordinaria facilità testimoniata dal Barone Spaun il quale ricordò come il diciottenne compositore, un pomeriggio, dopo aver letto ad alta voce il testo di Goethe, ne abbia scritto con grande rapidità la musica. Ciò non significa che Schubert, comunque, fosse superficiale nel suo modo di comporre, in quanto proprio questo Lied, del quale furono realizzate versioni orchestrali anche da Berlioz e da Liszt, fu rielaborato ben quattro volte. Nell'orchestrazione di Reger il pulsare delle terzine dell'accompagnamento, al quale si contrappone il canto disteso della voce, è affidato agli archi che creano un tappeto sonoro di grande effetto.
Ha subito delle revisioni nel tempo anche il ciclo liederistico, Drei Gesänge des Harfners (Tre canzoni dell'arpista) D 478 su testi tratti dal Wilhelm Meister di Goethe, la cui composizione risale al mese di settembre del 1816, anche se furono pubblicati, come op. 12, nel 1822 in una seconda versione che è anche quella utilizzata da Reger per la sua orchestrazione. I due dei tre Lieder in programma, Wer nie sein Brot mit Tränen aß (Chi non ha mai mangiato il pane con le lacrime) e An die Türen will ich schleichen (Voglio sgattaiolare alle porte) sono delle pagine di tenero e malinconico lirismo che nell'orchestrazione di Reger, il quale crea, a volte, anche dei delicati controcanti, appaiono arricchite dal punto di vista timbrico.
Un tenero e malinconico lirismo contraddistingue Im Abendrot (Nel crepuscolo), D 799 che, composto da Schubert nel mese di febbraio del 1825, fu rivisto nel 1827.
Su un testo di Leopold Graf zu Stolberg-Stolberg è il Lied Auf dem Wasser zu singen D 774 (Cantare sull'acqua) composto da Schubert nel 1823 e qui presentato nella versione orchestrale realizzata da Ton Koopman. Si tratta di una pagina dolcissima nella quale l'accompagnamento orchestrale descrive perfettamente le scintillanti onde evocate nel terzo verso del testo.
Nella versione orchestrale di Reger è, infine, An die Musik (Alla musica) D 547, composto da Schubert nel 1817 su un testo di Franz Schober. La pagina si configura come un meraviglioso inno alla musica che risplende grazie a una di quelle appassionate melodie tipiche della vena lirica di Schubert.
Durata: 23'
Ludwig van Beethoven
Bonn, 1770 - Vienna, 1827Sinfonia n. 2 in re maggiore op.36
Adagio molto, Allegro con brio
Largo
Scherzo (Allegro)
Allegro molto
Composta tra il 1800 e il 1802, la Seconda sinfonia riflette due stati d’animo contrastanti con la gioia che si tramuta in dolore in concomitanza con i drammatici fatti che negli stessi anni travagliarono la vita di Beethoven. I primi abbozzi risalgono, infatti, al 1800, anno in cui Beethoven conobbe la contessa Giulietta Guicciardi, una bellissima sedicenne della quale s’innamorò perdutamente. Il compositore visse l’amore per questa fanciulla, sua allieva di pianoforte, come un breve sogno, di cui è rimasta una splendida ed immortale traccia nella Sonata al chiaro di luna, ma che s’infranse nel 1803 quando la donna sposò il Conte Gallemberg. Nello stesso tempo cominciò a profilarsi il dramma della sordità, i cui primi sintomi si erano già manifestati nel 1795, ma che nel 1801 aveva costretto Beethoven a ridurre drasticamente i suoi concerti pubblici come pianista. Dello stato d’animo di profonda frustrazione, nella quale versava Beethoven, è eloquente testimonianza una lettera all’amico Wegeler del 29 giugno 1801, nella quale si legge:
“Un démone invidioso, la mia cattiva salute, mi ha messo un bastone fra le ruote; e questo significa, in sostanza, che il mio udito da tre anni a questa parte è diventato sempre più debole. Sembra che la causa prima di questo malanno sia nelle condizioni del mio addome, che, tu lo sai, era già malridotto prima che partissi da Bonn […]. Frank [direttore dell’ospedale di Vienna] ha cercato di ridar tono al mio organismo con medicine ricostituenti e al mio udito con olio di mandorle, ma quanto bene mi ha fatto! La cura non è servita a nulla […]. Devo confessare che la mia vita trascorre miseramente. Da quasi due anni ho smesso di prender parte ad ogni vita sociale, proprio perché mi è impossibile dire alla gente: sono sordo”.
Quando sul finire del 1801, dopo l’illusione di un piccolo miglioramento, la sordità si aggravò, i medici consigliarono il musicista di trascorrere un periodo di villeggiatura ad Heilingestadt, un sobborgo campestre vicino Vienna ritenuto particolarmente salubre. Anche questo tentativo si rivelò inutile e il compositore, in preda ad una profonda disperazione, meditò il suicidio, scrivendo nel frattempo il toccante Testamento spirituale. Ad Heilingestadt Beethoven completò la Seconda sinfonia che fu eseguita a Vienna al Teatro An Der Wien il 5 aprile 1803 sotto la direzione dell’autore.
Il primo movimento si apre, secondo lo schema haydniano, con un Adagio molto introduttivo che conduce all’Allegro con brio, dove si afferma un linguaggio più maturo, che, pur guardando ancora ai modelli mozartiani e soprattutto alle ultime sinfonie del Salisburghese, si caratterizza per una certa ampiezza del materiale tematico e per una struttura dialettica che sarebbe stata approfondita nei capolavori successivi. Dopo la tensione dialettica di certi passi del primo movimento, il secondo, Larghetto, anch’esso di ampie proporzioni, si staglia come un’oasi di amabile soavità. Il terzo movimento, formalmente uno Scherzo, innovativo perché utilizzato in sostituzione del tradizionale Minuetto, è dotato di una straordinaria energia ritmica che si placa soltanto nei toni pastorali del Trio. Il Finale è un brillante rondò-sonata in cui un tono umoristico si mescola a prefigurazioni del tema dell’inno alla gioia che sembrano nascere dalla profondità dell’animo di Beethoven e sono ben espresse grazie al registro grave dei violoncelli che contagia tutti gli altri archi.
Riccardo Viagrande
Durata: 30'