Novecento e modernismo italiano

Georgios Balatsinos, direttore

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    09 Febbraio 2024

    Ore

    21,00

    Durata

    80min.

    Prezzi

    25 - 15 €

    Calendario

  • Giorno

    Sabato
    10 Febbraio 2024

    Ore

    17,30

    Durata

    80min.

    Prezzi

    25 - 15 €

    Calendario

  • Programma

  • Yorgos Sicilianos
    Atene 1920 - 2005

    Adagio e Vivace per orchestra d’archi op. 8a – Prima esecuzione italiana

    Adagio molto e mesto. Allegretto non troppo, ma con grazia. I° tempo

    Vivace

     

    Periodo di composizione: 1952-1953

    Prima esecuzione: 2 luglio 1953, Orchestra Nazionale della Radio Greca sotto la direzione di Philoktetes Economides. Il 10 marzo l'Assemblea allargata della CECA approva il progetto di trattato costitutivo della Comunità Politica Europea (CPE) che prevedeva la formazione di istituzioni sovranazionali europee.

     

    Pur non essendo molto conosciuto a livello mondiale, Yorgos Sicilianos è certamente una delle più importanti figure del modernismo musicale in Grecia, dove, a partire dagli anni Cinquanta, introdusse, da vero e proprio pioniere, elementi del linguaggio musicale contemporaneo. Nato ad Atene nel 1920, Sicilianos visse per la maggior parte della sua vita nella capitale ellenica eccezion fatta per un breve periodo (1951-1953) trascorso a Roma dove ebbe modo di studiare presso l’Accademia di Santa Cecilia con Ildebrando Pizzetti che, tuttavia, ebbe scarsa influenza sul suo orientamento estetico e ideologico, come si evince da una lettera indirizzata nel 1952 al suo carissimo amico Yannis A. Papaioannou, nella quale manifesta il suo proposito di creare «un’integrale Scuola Nazionale Greca insieme con coloro che si prendono veramente cura della musica della nostra terra», aggiungendo: «D’ora in avanti voglio cercare di trovare in modo consapevole il punto in cui la canzone popolare greca incontra il canto bizantino». A Roma ebbe modo di conoscere anche Franco Donatoni e Reginald Smith Brindle con i quali, oltre a stabilire un rapporto di amicizia che sarebbe durato tutta la vita, fece parte di un circolo artistico che aveva come scopo la promozione della musica contemporanea. È proprio grazie a questo circolo che Sicilianos ebbe modo di conoscere la musica di Béla Bartók, di Luigi Dallapiccola e dei compositori della Seconda Scuola di Vienna che avrebbero avuto una notevole influenza anche sulla sua produzione. Al periodo trascorso in Italia risale la composizione di Adagio e Vivace op. 8a che corrisponde alla rielaborazione, realizzata nel 1953, del secondo e del terzo movimento del Quartetto n. 1 op. 8, composto nel 1952 ed eseguito per la prima volta il 30 giugno dello stesso anno. Al 2 luglio del 1953 risale, invece, la prima esecuzione di questa versione per orchestra d’archi da parte dell’Orchestra Nazionale della Radio Greca sotto la direzione di Philoktetes Economides.

    Un intenso lirismo informa il primo dei due movimenti, Adagio molto e mesto, dalla struttura tripartita (A-B-A1), la cui prima parte si basa su un tema esposto dalla calda voce delle viole, alle quali rispondono a stretto giro, prima, i secondi violini e, poi, i primi. Anche della sezione centrale, Allegretto non troppo, ma con grazia sono protagonisti le viole con un tema di carattere rapsodico, ripreso dai primi e dai secondi violini che dialogano fra di loro in una scrittura contrappuntistica. Accorciata è, infine, la ripresa (I° Tempo) che presenta una nuova veste orchestrale con il tema affidato, adesso, ai violini.

    Particolarmente brillante è il secondo movimento, Vivace, che si richiama formalmente in linea di massima alla struttura del Rondò-sonata (A-B-A-C-D-A-B-A) la cui esposizione (A-B-A) è costituita da una sezione (A) dal ritmo fortemente incisivo creato con degli accordi ribattuti di undicesima costruiti con sovrapposizioni di quinte vuote, dai quali scaturisce nella parte dei violoncelli e dei contrabbassi il tema, da un’altra più lirica (B), di cui sono inizialmente protagonisti i violoncelli che espongono un tema poi ripreso e sviluppato dai violini, e dalla ripresa variata della prima parte (A). La parte centrale del brano è divisa in due sezioni delle quali la prima (C) si segnala per un carattere lirico e imitativo, con un tema affidato inizialmente ai violoncelli e ai contrabbassi, mentre nella seconda, piuttosto breve (D), i secondi violini dialogano con i primi con due idee tematiche contrastanti, essendo l’una melodica e l’altra ritmica e staccata, su un pedale delle viole. La ripresa dell’esposizione (A-B-A) conclude il movimento.

    Durata: 10'

    Ottavio Ziino
    Palermo, 1909 - Roma, 1995

    Concerto per archi

    Sostenuto. Allegro deciso

    Fuga

    Adagio (Profondamente espressivo)

     

    Periodo di composizione: 1992

    Prima esecuzione: Palermo, 7 giugno 1993. Il 1° novembre del 1993 nasce l’Unione Europea con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht.

     

    Allievo di Savasta, prima, e di Pizzetti, poi, Ottavio Ziino attribuì sempre una grande importanza alla sua attività di compositore accordando ad essa quasi una forma di priorità rispetto a quella, che pure coltivò brillantemente e con grande passione, di direttore d’orchestra. A tale proposito è opportuno ricordare che egli fu il primo direttore stabile, nonché direttore artistico della neonata Orchestra Sinfonica Siciliana, di cui fu uno dei padri fondatori, come da lui stesso narrato nella sua autobiografia, Ricordi di un musicista:

    “Proprio mentre mi apprestavo a dirigere una delle ultime recite estive al Carro di Tespi, mi fu comunicato che ero stato nominato Direttore Artistico. Ebbi momenti di perplessità, poiché temevo che questo incarico, anche se prestigioso, potesse distogliermi dalla mia libera attività. Mi recai comunque a Palermo, e fui ricevuto subito dal Presidente della Regione, On. Prof. Giuseppe La Loggia, legato da vincoli di stima e di rapporti con la mia famiglia. Mi disse, con viva soddisfazione, che non sarebbe stata possibile scelta migliore. Accettai, conscio della grande responsabilità, ma pieno di entusiasmo e di fervore. Allora il direttore artistico svolgeva anche le funzioni di direttore stabile. Si trattava di creare un grande organismo, di dare un crisma di alto livello ai programmi, oltre al compito gravoso di impiantare un repertorio sinfonico per un’orchestra che non lo possedeva. Bisognava inoltre organizzare tutta l’attività, che doveva comprendere principalmente le stagioni sinfoniche: erano compiti assai gravosi” (O. Ziino, Ricordi di un musicista, Flaccovio, Palermo, 1994, pp. 113-114).

    Compiti assai gravosi che Ottavio Ziino assolse con quell’entusiasmo e quel fervore, di cui parla nelle citate pagine e che egli profuse dotando l’Orchestra Sinfonica Siciliana di un repertorio stabile e solido che andava dai grandi classici (Haydn, Mozart e Beethoven) a Strauss, Stravinskij e Bartók, passando per Mendelssohn e Brahms.

    Opera della maturità è questo Concerto per archi, che, composto nel 1992, fu eseguito per la prima volta a Palermo, città con la quale il compositore ha mantenuto, per sua stessa ammissione, un legame indistruttibile, il 7 giugno 1993 da “Gli Armonici”, diretti da Umberto Bruno in collaborazione con l’Associazione “Amici della Musica”. Il primo dei tre movimenti, in cui è articolato il Concerto, si apre con una breve introduzione di 22 battute (Sostenuto), nella quale emergono due temi di carattere contrastante. Declamato dai violini, il primo si segnala per il carattere dissonante che si mantiene, comunque, all’interno di una scrittura tonale sebbene allargata, mentre il secondo, affidato alle viole, alle quali si aggiungono in sequenza i secondi e i primi violini, si distingue per il suo carattere lirico e al tempo stesso espressivo. Aperto da un tema, anche questo costituito da intervalli dissonanti e declamato all’unisono e all’ottava da tutti gli archi, l’Allegro deciso si segnala per il suo carattere concertante, a cui si allude nel titolo del lavoro, ma che, in questo movimento, è realizzato facendo concertare le singole sezioni dell’orchestra d’archi in una scrittura imitativa. In effetti il movimento, sebbene sia esposta, dopo appena 8 battute, una seconda idea tematica di intenso lirismo e di carattere contrastante, non si sviluppa secondo i canoni della forma-sonata, ma in una struttura rapsodica, in cui i vari temi, compresi quelli sentiti nell’introduzione, sono sottoposti a una scrittura imitativa che rivela la perizia contrappuntistica del compositore palermitano il quale, nel finale, dopo una breve ripresa dell’introduzione, dà vita a una coda che si configura come una brevissima esposizione di fuga il cui soggetto è costituito dal primo tema. Ciò sembra preludere al secondo movimento, una Fuga, il cui soggetto è esposto dalle viole, alle quali rispondono i secondi violini una quinta sopra. Dopo una “canonica” esposizione a quattro parti, il compositore sviluppa il materiale melodico, offerto dal soggetto, peraltro, ricco di idee, utilizzando frammenti di esso che egli rielabora secondo i principi del contrappunto. Nella coda, Ziino si avvale di uno di questi frammenti, corrispondente al disegno in semicrome della terza battuta, per dar vita a un crescendo di grande effetto che giunge su un fa diesis secco eseguito da tutti gli strumenti. Di intenso lirismo è l’ultimo movimento, Adagio, che si apre con un tema di carattere espressivo affidato alle viole che, dopo 8 battute, cedono il testimone ai primi violini, in una scrittura orchestrale che si infittisce sempre di più. Tutto il movimento, del resto, si segnala per una scrittura estremamente varia, nella quale spicca il suggestivo episodio di cui sono protagonisti i violoncelli divisi con un tema che sarà sempre più importante nello sviluppo della trama musicale nella quale a momenti più densi si contrappongono altri, in cui a “concertare” è la prima parte, come accade per la viola. Proprio le prime parti, del resto, sono protagoniste del suggestivo e diafano finale in pianissimo.           

    Durata: 25'

    Ildebrando Pizzetti
    Parma 1880 - Roma 1968

    Preludio a un altro giorno - Prima esecuzione a Palermo

    Andante largo, non calmo

     

    Periodo di composizione: Estate 1951. Il 4 gennaio 1951 le truppe cinesi e nordcoreane avevano occupato Seul, capitale della Corea del Sud. È l’inizio della Guerra di Corea.

     

    Uno sguardo superficiale alla produzione di Ildebrando Pizzetti indurrebbe a pensare che il compositore di Parma ha rivolto la sua attenzione quasi esclusivamente al teatro, a differenza di quanto fatto dai suoi contemporanei Casella e Respighi, il cui obiettivo principale era stato quello di rinnovare la musica strumentale italiana che, dopo aver dominato il panorama musicale europeo per tutto il periodo barocco fino alla prima metà del Settecento, si era arenata nelle vecchie formule della tradizione incapaci di adeguarsi ai mutamenti del tempo. In realtà, se è pur vero che la realizzazione del dramma musicale rappresentò il sogno e l’aspirazione dell’attività artistica di Pizzetti, non si può negare che la musica strumentale abbia svolto un ruolo non meno importante nel suo mondo artistico-musicale. Ad essa Pizzetti ha dedicato una parte non indifferente della sua produzione e un’attenzione costante che copre e accompagna, con qualche intervallo più o meno lungo, tutta la sua parabola umana e compositiva sin dagli anni del Conservatorio, periodo in cui scrisse molta musica religiosa e cameristica e il poema sinfonico Estasi fino al Concerto in mi bemolle per arpa e orchestra. Se si eccettuano alcune prove giovanili come un Improvviso sinfonico per orchestra e un Minuetto per quartetto d’archi, entrambi del 1897, il primo vero incontro del compositore di Parma con la musica orchestrale avvenne nel 1903 con la composizione dei Tre preludi per l’Edipo re, composti su richiesta del famoso attore dell’epoca Gustavo Salvini, al quale Pizzetti due anni prima aveva dedicato un’Ouverture per l’Edipo a Colono. Meno conosciuto rispetto ad altri lavori sinfonici di Pizzetti, come la suite da La Pisanella (1913), la Sinfonia del fuoco (1914), il Concerto dell’estate (1928), il Rondò veneziano (1929), la Sinfonia in la (1940) e il Concerto in la per violoncello e orchestra (1944), questo Preludio a un altro giorno, composto nell’estate del 1951, trae spunto dalla vocazione teatrale di Pizzetti, evidente nel tono drammatico della composizione alla quale è estranea qualunque forma di semplice descrittivismo, ma il cui titolo, a detta del compositore, dovrebbe essere sufficiente a illustrarne il programma extramusicale. Nella partitura, nella quale è possibile notare un sentimento e una convenzionalità genericamente romantici, infatti, più che descritti, vengono evocati due elementi apparentemente contrastanti: quello naturale e quello umano, che, però, trovano un punto di contatto nel fatto che il nuovo giorno diventa metafora per l’uomo di una nuova stagione della vita.

    Durata: 11'

    Alfredo Casella
    Torino 1883 - Torino 1947

    La giara. Suite per orchestra dal balletto op. 41 bis

    Preludio, Danza siciliana (Chiòvu)

    La storia della fanciulla rapita dai pirati

    Danza di Nela

    Brindisi

    Danza generale

    Finale

     

    Periodo di composizione: 1924

    Prima esecuzione della suite sinfonica: 29 ottobre 1925, presso la Philharmonic Society di New York sotto la direzione di Willem Mengelberg. Il 3 gennaio dello stesso anno Mussolini, in un discorso pronunciato alla Camera dei Deputati, si era assunto la responsabilità dell’omicidio del deputato socialista Giacomo Matteotti.

     

    Nella vasta produzione di Casella il teatro occupa uno spazio limitato, costituito, se si eccettua la giovanile commedia coreografica Il convento veneziano composta nel 1912 ma rappresentata per la prima volta alla Scala ben 13 anni dopo il 7 febbraio del 1925, soltanto da tre importanti lavori: l’opera, La donna serpente; la piccola opera, La favola di Orfeo e la commedia coreografica, La giara, che, rappresentata per la prima volta a Parigi al Théâtre des Champs-Elysées il 19 novembre 1924 prima, quindi, del citato Convento veneziano, è il primo lavoro teatrale di Casella ad aver visto le scene. Composta nel 1924, su invito di Erik Satie, per i Ballets Suédois di R. de Maré che desiderava mettere in scena con la sua compagnia un balletto tipicamente italiano, La giara si presenta come una perfetta fusione di elementi diversi derivati dalla cultura italiana tra cui l’argomento, ispirato all’omonima novella di Luigi Pirandello pubblicata nel 1917 nella raccolta Novelle per un anno, i temi musicali, la cui fonte è costituita dal repertorio folcloristico siciliano, e un sinfonismo di tipo rossiniano ed echi dell’opera buffa italiana.

    Protagonista di questo lavoro è Don Lollò, un ricco possidente legato alla propria roba di verghiana memoria, il quale chiede a Zi’ Dima Licasi, un artigiano locale, inventore di un mastice miracoloso, di riparargli una giara appena acquistata per la raccolta dell’olio e ritrovata misteriosamente spaccata in due. Non fidandosi di questo mastice, Don Lollò impone a Zi’ Dima di utilizzare anche dei punti di fil di ferro per rendere più sicura la riparazione. L’artigiano obbedisce malvolentieri all’imposizione di Don Lollò ed esegue la riparazione chiudendosi all’interno della giara dalla quale non riesce più a uscire. Nasce un contenzioso tra Zi’ Dima, che vorrebbe il compenso per la riparazione effettuata, e Don Lollò che vorrebbe essere risarcito per il fatto che la giara dovrà essere rotta per liberare Zi’ Dima. L’artigiano, però, non cede e preferisce restare dentro la giara dove afferma di stare benissimo. Quella sera stessa, i contadini, ai quali Zi’ Dima ha offerto, con il compenso che Don Lollò era stato costretto a pagargli, cibo e vino, danzano e fanno festa attorno alla giara. Don Lollò, irritato per il chiasso e per la festa beffarda, dà un violento calcione alla giara che si infrange liberando finalmente Zi’ Dima il quale ha vinto così la sua battaglia. Dal balletto Casella trasse, sempre nel 1924, una Suite sinfonica che fu eseguita per la prima volta alla Philharmonic Society di New York il 29 ottobre 1925 sotto la direzione di Willem Mengelberg.

    La musica folkloristica siciliana costituisce la base di questa composizione che si presenta come un susseguirsi di danze brillanti e festose, finemente orchestrate, tra le quali spicca una vivace Tarantella, mentre desunto dalla raccolta di canti popolari di Alberto Favara è il secondo movimento, La storia della fanciulla rapita dai pirati, cantata da un tenore il cui impiego, all’interno della suite sinfonica, è facoltativo.

     

    Riccardo Viagrande

     

    Durata: 18'

Programma di sala