Elgar, Prokof'ev & Milhaud

Luis Miguel Méndez, direttore
Gabriele Lavia, narratore

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    06 Maggio 2022

    Ore

    21,00

    Durata

    70min.

    Prezzi

    20 - 10 €

    Calendario

  • Giorno

    Sabato
    07 Maggio 2022

    Ore

    17,30

    Durata

    70min.

    Prezzi

    20 - 10 €

    Calendario

Alessandro Bazan, scenografie

Fabiola Nicoletti, animazioni

Dario Denso Andriolo, montaggio

  • Programma

  • Edward William Elgar
    Broadheath 1857 - Worcester 1934

    Serenata per archi in mi minore, op. 20

    Allegro piacevole

    Larghetto

    Allegretto

     

    Composta nel 1892, la Serenata per archi in mi minore op. 20 è la rielaborazione della giovanile suite Three pieces for String Orchestra del 1888, alla quale Elgar, come dimostrato da Christian Kent (Elgar the composer, in A.A. VV. Elgar, an anniversary portrait, Continuum, Londra, 2007, p. 81), che ne ha studiato il manoscritto, «apportò un certo numero di correzioni a penna, alcune sottili, altre più sostanziali». Dedicata al reverendo Edward W. Whinfield., direttore di una società di costruzione di organi e vicepresidente della Worcester Musical Society ed eseguita per la prima volta in privato nel 1892 proprio presso la  Worcester Ladies' Orchestral Class e in pubblico ad Anversa il 21 luglio 1896, questa Serenata è un brevissimo lavoro che si segnala per la freschezza melodica e per una raffinata orchestrazione nella quale si notano le competenze di Elgar, che era violinista, nella tecnica degli strumenti ad arco.

    Nel primo movimento, Allegro piacevole, ad un primo tema che ricorda una melodia del West Country, ascoltata da Elgar probabilmente in gioventù, segue un secondo tema anch’esso sereno. Di carattere meditativo è il secondo movimento, Larghetto, nel quale è possibile intravedere già alcuni elementi che preludono alle opere mature di Elgar, mentre il terzo, Allegretto, si basa su un tema chiaro che è una rielaborazione di quello iniziale del primo movimento.

    Durata: 13'

    Sergej Sergeevič Prokof'ev
    Soncovka 1891 - Mosca 1953

    Pierino e il lupo, fiaba musicale per bambini op. 67

    Pierino e il lupo - disegni di Alessandro Bazan

    Pierino e il lupo, uno dei lavori più famosi di Prokof’ev, nacque nel 1936, un anno particolarmente difficile per i compositori sovietici; il 22 gennaio, infatti, dalle colonne della «Pravda», il giornale ufficiale del partito comunista sovietico, era stato mosso un attacco senza precedenti alla loro libertà artistica e, in particolar modo, a Šostakovič, la cui Lady Macbeth del distretto di Mcnesk era stata clamorosamente stroncata. Probabilmente a causa di questo pesante clima culturale  o forse perché attratto dal mondo infantile, Prokof’ev  decise di scrivere un lavoro interamente destinato ai bambini. Effettivamente il compositore sovietico già nel 1935 aveva visitato il Teatro Centrale per Bambini assistendo a qualche spettacolo insieme ai propri figli e nel contempo aveva fatto la conoscenza della direttrice Natalja Satz che un anno dopo gli propose di scrivere un lavoro destinato a un pubblico di giovanissimi. Prokof’ev e la Satz lavorarono subito al progetto, come ci ha narrato la stessa direttrice:

    “Mi chiamò e mi disse che voleva vedermi, dato che aveva alcune idee di cui mi voleva parlare intorno a una sinfonia per bambini. Venne da me e ci sedemmo a parlare fino a tardi, fino all’ultimo tram, facendo ogni sorta di piani – lui con l’aiuto della musica, io con le parole. Arrivammo alla conclusione che dovevamo trovare immagini che sarebbe stato semplice associare ai suoni dei diversi strumenti. Il primo che mi venne in mente fu il flauto: un uccellino. Glielo dissi e immediatamente mi pentii temendo la reazione di Sergej Sergeevič alla banalità del mio suggerimento. Ma lui disse: «Avremo senz’altro un flauto-uccellino. Va altrettanto bene per noi utilizzare i concetti primitivi dei bambini. La cosa più importante è trovare un linguaggio a loro comune. Decidemmo che in una fiaba sinfonica per i piccoli le immagini avrebbero dovuto essere singolari e assolutamente diverse l’una dall’altra per carattere. «Penso sia una buona idea avere animali diversi e uccelli che cantano nella sinfonia, ma dobbiamo assolutamente includere un essere umano» dissi. Sergej Sergeevič annuì e disse: «Se prendiamo uno strumento per il ruolo di ogni animale dovremo avere qualcosa come un quartetto d’archi per rappresentare l’essere umano perché questo personaggio ha maggiori sfaccettature». Con trasporto continuò: «Sì, Sì, dobbiamo cominciare con immagini concrete, impressionanti e in contrasto. Lupo-uccellino, buono-cattivo, grande-piccolo. Personaggi singolari, realizzati con timbri musicali diversi, e ognuno con il proprio Leitmotiv» […] Quattro giorni dopo Prokof’ev portò lo spartito di Pierino e il lupo” (Cfr. M. R. Boccuni, Prokof’ev, L’Epos, Palermo, 2003, p. 372)

    Pierino e il lupo, su testo in prosa dello stesso Prokof’ev, fu eseguito per la prima volta sotto la sua direzione alla Filarmonica di Mosca il 2 maggio 1936 ottenendo un’accoglienza piuttosto fredda dovuta probabilmente all’assenza della Satz che, per ironia della sorte, si era ammalata. Il successo arrise a questo lavoro, infatti, qualche settimana dopo quando la donna, completamente ristabilitasi, interpretò la parte recitata.

    La trama di questa favola è molto semplice: Pierino, pur disobbedendo, con grande coraggio cattura il lupo nella foresta e lo consegna ai cacciatori, per cui nonostante la disobbedienza iniziale egli diventa un eroe positivo per aver liberato la foresta e gli altri animali dalla paura del lupo cattivo. Secondo un’interpretazione piuttosto accreditata la favola avrebbe un significato politico con la contrapposizione tra Pierino, chiamato nel testo pioniere, nome con il quale si indicavano i membri di un’organizzazione politica che erano ritenuti dei piccoli eroi positivi, e il lupo, metafora del carattere oppressivo del potere. Molto efficace è la rappresentazione sia dei due protagonisti, Pierino, caratterizzato dai timbri degli archi, e il lupo da quello sinistro e minaccioso dei corni, sia degli altri personaggi con il flauto che imita il canto dell’Uccellino, l’oboe quello dell’Anatra, il clarinetto quello del Gatto, il fagotto la voce del Nonno.  I timbri di questi strumenti emergono all’interno di un organico da camera che fa risaltare una scrittura semplice, alla quale non è estraneo nemmeno uno scopo didattico. Gli strumenti vengono, infatti, mostrati ai bambini per metterli a contatto con il mondo affascinante e, al tempo stesso, fiabesco della musica.

    Durata: 35'

    Darius Milhaud
    Marsiglia 1892 - Ginevra 1974

    Le boeuf sur le toit (Il bue sul tetto), suite dal balletto su libretto di Jean Cocteau op. 58

    Le boeuf sur le toit - disegni Alessandro Bazan

    “Se andrete a vedere Le boeuf sur le toit, vi divertirete. Dovrete soltanto guardare e ascoltare senza fare il minimo sforzo. Non andate a cercare in questa farsa un’idea, un soggetto, un’intenzione, un intrigo, un simbolo. Non c’è niente di tutto ciò. Allora, che cosa accade? Niente. Non accade niente. Mettetevelo in testa e non vi stancate inutilmente. Il sipario si alza sull’interno di un bar. Musica vivace da caffè-concerto resa più abbondante dall’impiego di fonti musicali moderne. Personaggi divertenti, la cui semplice testa umana è sostituita da una grossa testa in cartone dipinto, entrano ad uno a uno. Tutti questi personaggi, ce ne sono otto, credo, si dondolano e danzano lentamente su una musica viva che non manca di verve e di franchezza”.

    Con queste entusiastiche parole, il critico di «Le Ménestrel» (ann. 82, n. 11, 12 marzo 1920, p. 107) recensì la prima esecuzione di Le boeuf sur le toit di Darius Milhaud, avvenuta il 21 febbraio 1920 a Parigi al Théâtre des Champs-Élysées con la scenografia di Dufy e la collaborazione dei clown del circo Medrano, i celebri Fratellini.  Composto nel 1919, Le boeuf sur le toit (Il bue sul tetto) esprime la nostalgia del compositore per il Brasile, nazione dove egli aveva soggiornato negli anni della Grande Guerra come segretario del poeta Paul Claudel, all’epoca ambasciatore francese a Rio de Janeiro. Ritornato a Parigi, Milhaud decise di assemblare, come lo stesso compositore ebbe modo di affermare:

    “poche melodie popolari, tanghi, samba e anche un fado portoghese e trascriverle come tema di un rondò che ricorre tra ogni successiva coppia”.

    Per la verità la struttura, descritta da Milhaud in modo estremamente semplicistico, si presenta più complessa con il tema che appare per ben 12 volte in tonalità diverse in una scrittura rapsodica, nella quale domina il ritmo del tango, e tale da creare un effetto comico, quasi farsesco, ottenuto anche con l’uso di un’armonia politonale. Destinata, nelle intenzioni dell’autore, ad accompagnare un film di Charlie Chaplin come si evince dal sottotitolo Sinfonia cinematografica su motivi sudamericani, questa composizione, il cui titolo richiama quello di un popolarissimo tango brasiliano, trovò la sua definitiva destinazione teatrale grazie a Jean Cocteau che scrisse una farsa surreale ambientata in un bar; nella farsa di Cocteau un barista serve clienti alquanto bizzarri tra i quali spiccano un pugile, un nano nero e una donna dai capelli rossi vestita da uomo, tutti in procinto di dare vita ad una rissa fermata in un modo piuttosto strano dall’arrivo di un poliziotto. Il successo della partitura, eseguita ormai quasi esclusivamente nella versione concertistica, fu tale che in seguito il bar, La Gaya, luogo di ritrovo del parigino Gruppo dei sei, del quale lo stesso Milhaud fece parte, prese il nome di Le boeuf sur le toit.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 20'