Saint-Saëns & Mozart

Luigi Piovano, direttore/violoncello

Eleonora Contucci, soprano

Silvia Regazzo, mezzosoprano

Aldo Caputo, tenore

Umberto Chiummo, basso

Coro del Teatro Massimo di Palermo

Ciro Visco, maestro del Coro

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Sabato
    23 Novembre 2019

    Ore

    17,30

    Durata

    75min.

    Prezzi

    25 - 12 €

    Calendario

  • Programma

  • Camille Saint-Saëns
    Parigi, 1835 - Algeri, 1921

    Le Cygne (Il Cigno), dal Carnevale degli animali (Carneval des animaux)

    Composta nel mese di febbraio del 1886 ed eseguita il martedì grasso dello stesso anno in forma privata tra amici, tra i quali figurava anche Franz Liszt, questa suite di 14 brani, una delle opere più famose di Saint-Saëns, fu conosciuta dal pubblico solo il 26 febbraio del 1922, un anno dopo la morte del compositore, di cui si volle rispettare la decisione che non fosse eseguita né pubblicata durante la sua vita fatta eccezione del penultimo famosissimo brano, Le Cygne (Il Cigno). Concepita originariamente per un piccolo organico da camera costituito da un flauto, un clarinetto in si bemolle, una glassarmonica, chiamata anche armonica a bicchieri, uno xilofono, due pianoforti, due violini, una viola, un violoncello e un contrabbasso, la suite può essere oggi eseguita con un’orchestra d’archi insieme al glosckenspiel o alla celesta in sostituzione della glassarmonica, strumento raro, poco utilizzato nella musica colta e diffuso nella tradizione musicale tirolese. Dei quattordici brani che compongono la suite Le Cygne, spesso eseguito da solo, è certamente il più famoso, in quanto diffuso presso un largo pubblico già nel 1905 dal coreografo Fokine il quale ne utilizzò la musica per le coreografie della Morte del cigno che furono interpretate dalla grande ballerina Anna Pavlova. Le movenze dell’elegante animale sono rese dalla dolce melodia del famosissimo assolo del violoncello.

    Durata: 5'

    Camille Saint-Saëns
    Parigi, 1835 - Algeri, 1921

    Concerto n.1 in la minore op.33 per violoncello e orchestra

    Allegro non troppo - Allegretto con moto - Un peu moins vite

     

    Ritenuto un capolavoro dalla critica sin dalla prima esecuzione, avvenuta il 19 gennaio 1873 dall’Orchestra del Conservatorio di Parigi, massima istituzione concertistica della capitale francese, sotto la direzione di Édouard Deldeves e con Auguste Tolbecque, celebre violoncellista, in qualità di solista, il Primo Concerto per violoncello e orchestra op. 33, composto nel 1872, proiettò, finalmente, il trentasettenne Saint-Saëns nel gotha dei compositori francesi dell’epoca. Nel decennio precedente, Saint-Saëns, pur svolgendo un'indefessa attività divulgativa e compositiva, non aveva, infatti, intrattenuto un buon rapporto con la stampa francese che lo aveva fatto oggetto di critiche di cui un esempio è un articolo, apparso sulla «Revue des Deux Mondes» nel 1862, nel quale al compositore venivano riconosciute la sua cultura e le sue qualità di studioso, ma gli venivano anche imputate carenza di originalità e una certa pedanteria. Fortunatamente i suoi detrattori, che Saint-Saëns ritrasse in modo ironico nel Carnevale degli animali, non minarono le certezze del compositore, la cui fama incominciò a varcare i confini della Francia con il Secondo concerto per pianoforte e orchestra che fu commentato in modo entusiastico da Franz Liszt. In realtà questo Concerto per violoncello sembra quasi come un vero e proprio omaggio al compositore ungherese alla cui produzione concertistica si ispira per l'adozione della forma ciclica consistente nella mutazione costante del materiale tematico che riappare quindi in tutti e tre i tempi. In questo Primo Concerto per violoncello orchestra convivono, inoltre, elementi della tradizione con altri estremamente innovativi, come la scelta di unire i tre movimenti in modo tale da crearne uno solo senza soluzione di continuità e il particolare sviluppo del tema che, una volta modificato e variato, viene riproposto alla fine nella sua forma originale. Questo lavoro, che si muove, dunque, in una sottile linea di demarcazione tra forme classiche, come la dialettica tematica della forma-sonata della prima sezione, il Minuetto della seconda e un accenno di cadenza, e una libertà creativa che di fatto quasi le nega, crea nell'ascoltatore una forma di straniamento. Questo procedimento compositivo, per certi aspetti, straniante è evidente già nella prima sezione del Concerto dove al sinuoso primo tema, esposto dopo un secco accordo dell’orchestra, dal violoncello, si contrappone un accenno di secondo tema, un'oasi lirica, che, però, sembra non prendere quasi mai una vera e propria fisionomia lasciando solo abbozzata quella dialettica tematica che della forma-sonata costituisce la base. Un breve ritenuto conduce alla seconda sezione (Allegretto con moto) costituita da un grazioso Minuetto che cede il posto a un romantico valzer in una sezione che si può identificare con il classico Trio. Aperta da un bellissimo lirico tema, che mostra una lontana parentela con quello principale della prima sezione, l'ultima (Un peu moins vite) esibisce, nel suo corso, una scrittura di carattere virtuosistico che sfocia nella travolgente coda. 

    Durata: 18'

    Wolfgang Amadeus Mozart
    Salisburgo 1756 – Vienna 1791

    Messa dell'Incoronazione (Krönung-Messe) in do maggiore per soli, coro e orchestra KV 317

    Kyrie. Andante maestoso

    Gloria. Allegro con spirito

    Credo. Allegro molto

    Et incarnatus est. Adagio

    Et resurrexit. Allegro molto

    Sanctus. Andante maestoso

    Osanna. Allegro assai

    Benedictus.  Allegretto

    Osanna. Allegro assai

    Benedictus. Allegretto

    Osanna. Allegro assai

    Agnus Dei. Andante sostenuto

    Dona nobis. Andante con moto, Allegro con spirito

     

    Ancora oggi non è possibile stabilire con certezza quale sia l'origine del titolo della Krönung-Messe (Messa dell'Incoronazione), composta da Mozart a Salisburgo il 23 marzo 1779, come si può leggere nel manoscritto di questo suo lavoro, chiamato erroneamente, in virtù della sua durata piuttosto breve, Missa brevis, nome con il quale sono in realtà designate le Messe prive del Gloria e del Credo, parti che in questa sono presenti. Secondo la tradizione, per la verità, poco attendibile, questa Messa sarebbe stata scritta da Mozart in occasione della ricorrenza della cerimonia dell'incoronazione di un quadro miracoloso della Madonna che, conservato nel Santuario di Maria am Plain, nei pressi di Salisburgo, aveva salvato la città austriaca dagli orrori della guerra del 1744 e sul quale era stata posta una corona benedetta nel 1751 dal Papa. Dal 1774, anno dell'incoronazione, questo evento, che cadeva nel mese di giugno, era celebrato con l'esecuzione di una Messa e nel 1779 sarebbe stata eseguita quella composta da Mozart. In realtà sia l'eccessiva vicinanza della data di composizione a quella dell'esecuzione sia il fatto che il Santuario di Maria am Plain è troppo piccolo per ospitare l'imponente organico orchestrale voluto dal compositore sembrano destituire di ogni fondamento questa tradizione. Secondo un'altra ipotesi, la Messa, composta per la Cattedrale della città, sarebbe stata eseguita in occasione dell'incoronazione del re di Boemia nel 1791, lo stesso anno della morte di Mozart, sotto la direzione di Antonio Salieri.

    Composta in un periodo non particolarmente felice per Mozart, appena ritornato da una lunga tournée per l'Europa che, oltre ad essere stata funestata dalla morte della madre, avvenuta il 3 luglio 1778 a Parigi in seguito a una violenta febbre, si era rivelata avara di successi, questa Messa costituisce un'importante tappa nella maturazione dello stile del Salisburghese, che in questo lavoro mostrò di aver fatto sue sia la lezione di Gluck, evidente in una scrittura connotata in senso espressivo e persuasivo lontana dalla cordiale semplicità della sua produzione precedente, sia quella della scuola di Mannheim, la cui influenza appare evidente nel carattere strumentale di alcuni temi. Inoltre in questa Messa è stata notata anche una certa forma di teatralità che circola in tutto il lavoro e non riguarda soltanto le somiglianze tra l'Agnus Dei e l'aria Dove sono i bei momenti delle Nozze di Figaro.

    Il solenne Kyrie (Andante maestoso), aperto da una perentoria triplice invocazione del coro, a cui rispondono, nella sezione centrale (Più andante), i solisti (soprano e tenore) che dialogano tra di loro, presenta una struttura tripartita (A-B-A1) con la ripresa, leggermente variata nella parte vocale dell'Andante maestoso iniziale a cui segue una breve, ma suggestiva coda. Di struttura tripartita simile alla forma-sonata con due soggetti dei quali il primo si conclude sulle parole «bonae voluntatis» e il secondo su quelle «gloriam tuam», il successivo Gloria presenta uno sviluppo estremamente elaborato nel quale i due temi vengono ripresi sia dai solisti che dal coro. Alla ripresa, che inizia con le parole «Quóniam tu solus Sanctus», segue una coda in cui tornano protagonisti i solisti, i quali intonano l'«Amen» in stile imitativo prima del conclusivo intervento del coro. L'influenza della scuola di Mannheim appare evidente nella scrittura strumentale del Credo che, aperto da un grandioso Allegro molto, presenta una contrastante sezione centrale, costituita dall'Adagio («Et incarnatus») e affidata inizialmente ai solisti a cui si aggiunge il coro in corrispondenza del drammatico Crucifixus. Alla ripresa («Et resurrexit») segue una coda sulla parola «Amen» nella quale ritorna il tema che aveva contraddistinto il verso «descendit de coelis». Un carattere grandioso e solenne contraddistingue anche il Sanctus, che si conclude con l'«Osanna», mentre di struttura tripartita è il successivo Benedictus, la cui sezione iniziale, aperta da un'introduzione strumentale, vede protagonisti i solisti. Alla sezione centrale, costituita dall'«Osanna» seguono una breve ripresa («Benedictus, qui venit in nomine Domini») e la coda dove ritorna l'«Osanna». Protagonista del suggestivo Agnus Dei, caratterizzato da un tema simile a quello dell'aria della Contessa delle Nozze "Dove sono i bei momenti", è il soprano a cui si uniscono gli altri solisti in corrispondenza delle parole «Dona nobis pacem». Quest'ultimo verso viene ripreso dal coro nella splendida conclusione (Allegro con spirito) dove la ripresa del tema del Kyrie conferisce alla Messa una straordinaria unità formale.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 45'

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