Sibelius
Gintaras Rinkevičius, direttore
Giuseppe Gibboni, violino
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Programma
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Jean Sibelius
Hämeenlinna, 1865 - Järvenpää, 1957Concerto per violino e orchestra in re minore op. 47
Allegro moderato
Adagio di molto
Allegro ma non tanto
Il Concerto per violino e orchestra in re minore op. 47, destinato a diventare il più registrato ed eseguito fra tutti i concerti del XX secolo, fu composto in un arco di tempo piuttosto lungo, come si evince da una notizia risalente al 18 settembre 1899, quando Sibelius rivelò alla moglie Aino di avere temi meravigliosi per il suo Concerto per violino. Tuttavia, all’atto del trasferimento suo e della famiglia nella città di Helsinki, il lavoro andò distrutto. Nell’autunno del 1903, nonostante un nuovo annuncio, nel quale egli diceva di volerlo dedicare a Willy Burmester, un tempo primo violino dell’orchestra di Kajanus, la composizione procedette con una certa lentezza, anche se nel dicembre del 1903 Sibelius poté dichiarare di aver completato i primi due movimenti, ma di non avere provveduto ancora all’orchestrazione del terzo. Si giunse così all’inizio del 1904, l’anno in cui Sibelius, sotto l’influenza di una fervida ispirazione creativa, si buttò a capofitto nel lavoro di composizione senza concedersi tregua, provando con il violino molti passaggi del Concerto anche nelle ore notturne. Significativa, a tale riguardo, la testimonianza della moglie che, descrivendo i momenti cruciali e il modo di procedere del lavoro di composizione, così scriveva ad Axel Carpelan:
“Jean è stato preso da ardente passione creativa (e anch’io) e questa volta c’è soltanto l’imbarazzo della scelta nella ricchezza e varietà dei temi che prendono forma nella sua mente. Egli sta sveglio tutta la notte, suona incredibilmente in modo meraviglioso, non può sottrarsi alle piacevoli melodie. Egli ha così tante idee che è difficile crederlo. E tutti i temi sono così suscettibili di sviluppo, pieni di vita”.
Il Concerto, finalmente portato a compimento, fu eseguito per la prima volta in pubblico l’8 febbraio 1904 con la parte del violino solista affidata a Viktor Nováček, tuttavia incapace di padroneggiarne i passi difficili, e non, come ci si sarebbe aspettato, a Willy Burmester, al quale gli impegni di quel periodo non avrebbero consentito comunque di accettare l’incarico. Sibelius, da parte sua, non volendo differire ad altra data l’esecuzione del Concerto, aveva preferito non attendere la disponibilità di Burmester, nonostante una sua precisa promessa e decise di affidarsi a Nováček. Il giudizio sull’esecuzione di Nováček, che suonò a memoria, fu contraddittorio. Mentre Carl Lindelöf, il direttore d’orchestra, infatti, mosse qualche critica soprattutto perché ritenne che il violinista era stato lento nelle riprese del tema, Merikanto, inizialmente, scrisse che l’interpretazione era stata magistrale, per ricredersi successivamente. Egli, infatti, scrisse:
“Nella mani di Burmester esso avrebbe avuto probabilmente un aspetto magnifico […]. Del resto Nováček poté dare solo in parte alla sua esecuzione quella brillantezza e quella splendida padronanza che è assolutamente necessaria in un pezzo virtuosistico di questo genere. I critici, da parte loro, non erano stati particolarmente entusiasti nemmeno del concerto nel suo complesso”.
Dopo le numerose critiche Sibelius decise di riscrivere l’intera opera, come si apprende da una lettera del giugno del 1904 indirizzata ad Axel Carpelan:
“Io ritirerò il mio Concerto per violino e non sarà pubblicato prima che siano passati due anni. Il primo movimento deve essere riscritto, la stesso vale per le proporzioni dell’andante”.
Invece Sibelius portò a compimento, nella primavera del 1905, una versione più sintetica e leggermente più facile, ma la diede da eseguire a Karel Haliř e non a Burmester. Questi si offese a tal punto da non eseguire mai più il Concerto, che nel frattempo divenne sempre più popolare nei decenni successivi. La svolta, tuttavia, si ebbe negli anni Trenta quando Jascha Heifetz fece un’incisione dell’opera rendendola famosa in tutto il mondo. Sibelius pensò al Concerto come ad un’opportunità per realizzare tutti i suoi sogni di virtuoso del violino, ma da sinfonista curò anche la parte orchestrale più di quanto fosse avvenuto prima nei concerti per strumento solista e orchestra.
Il primo movimento, Allegro moderato, si apre con un tema di carattere rapsodico, esposto dal solista su un accompagnamento discreto degli archi, che anticipa alcuni spunti tematici del secondo tema energico, affidato ai violoncelli e ai fagotti. Nello sviluppo emerge il carattere virtuosistico della parte del solista che, esibendosi in scale e trilli, sembra eseguire una lunga cadenza. Molto bella è la ripresa del tema, che il solista riespone sulla quarta corda, mentre l’orchestra dialoga con esso in una scrittura drammatica. Il secondo movimento, Adagio di molto, si apre con un tema di sapore čajkovskiano, affidato al solista ed introdotto dall’orchestra che sembra quasi emettere un sospiro. La bellezza statica, che promana da questo tema, è conservata nella seconda versione, nella quale Sibelius decise di eliminare un passaggio virtuosistico collocato proprio poco prima del finale. Il terzo movimento, Allegro ma non tanto, definito da David Tovey, una polacca di orsi polari, ha posto dei problemi di carattere interpretativo soprattutto per quanto riguarda il tempo. Nonostante Sibelius abbia prescritto di seguire con precisione l’indicazione di metronomo 108-116 alla semiminima, in quanto un’esecuzione più lenta avrebbe compromesso il carattere virtuosistico del concerto, lo stesso compositore ebbe parole di apprezzamento per l’interpretazione di Ginette Neveu che, nella sua incisione del Concerto, scelse un tempo più lento, legittimando così un’esecuzione meno virtuosistica. Il tema principale, intonato dal solista, si sviluppa in modo energico con passaggi di terze, mentre il secondo tema è affidato all’orchestra. Nella seconda versione Sibelius eliminò il ponte modulante di chiara impronta mendelssohniana, affidato al solista, e presente nella prima, lasciando all’orchestra l’esposizione del secondo tema. Di grande effetto è la coda nella quale il violino ricorre alle regioni più acute del suo registro, accompagnato dall’orchestra che esegue degli accordi.
Durata: 32'
Jean Sibelius
Hämeenlinna, 1865 - Järvenpää, 1957Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 43
Allegretto, Poco Allegro, Tranquillo ma a poco a poco ravvivando il tempo all’allegro
Tempo andante ma rubato, Molto largamente, Andante sostenuto
Vivacissimo, Lento e soave, Largamente
Lento, Finale: Allegro moderato, Molto largamente
"Una confessione dell'anima". Così lo stesso Sibelius definì la sua Seconda sinfonia che, concepita nel mese di febbraio del 1900 durante il suo soggiorno nella cittadina ligure di Rapallo, è stata, tuttavia, interpretata come un riflesso della situazione politica dell'epoca dal momento che la Finlandia era sottoposta a un processo di russificazione ad opera dello zar Nicola II. Questa interpretazione erronea, che è stata sempre rifiutata da Sibelius, ma che ancora figurava in un programma di sala in occasione di un'esecuzione della Sinfonia a Boston nel 1930 sotto la direzione di Georg Schnéevoigt, risaliva ad una famoso articolo del direttore d'orchestra Robert Kajanus apparso sul giornale «Hufvudstadsbladet» l'11 marzo 1902 nel quale si leggeva:
"Protesta contro l'ingiustizia che ai giorni nostri minaccia di rubare al sole la luce (Andante). Preparazione alla lotta (Scherzo). Battaglia per un futuro migliore (Finale). Trionfo, luce e fiducia nell'avvenire (Coda)".
Per la verità, inizialmente Sibelius, proprio durante il suddetto soggiorno a Rapallo, aveva pensato di scrivere un'opera su Don Giovanni, come si evince da un foglietto recante la data del 19 febbraio 1901 nel quale, oltre ad annotare quello che sarebbe diventato il tema del fagotto dell'Andante della Sinfonia, scrisse:
"Don Giovanni. Io sono seduto all'ora del crepuscolo nel mio castello, un ospite fa il suo ingresso. Gli chiedo più di una volta chi sia - nessuna risposta. Faccio di tutto per intrattenerlo. Sempre nessuna risposta. Alla fine lo straniero intona una canzone. Allora Don Giovanni comprende che è la morte".
Abbozzata durante questo soggiorno in Italia, la Sinfonia, della quale, però, Sibelius avrebbe improvvisato il tema del Finale nel 1899 in occasione del battesimo di un figlio del pittore Akseli Gallen-Kallela, dove tradusse in suoni il clima di festa, fu elaborata tra l'estate e l'inizio dell'autunno del 1901 presso la residenza della suocera a Lohja e in seguito ad alcuni rifacimenti, fu eseguita, l’8 marzo 1902, sotto la direzione dell’autore. La Seconda sinfonia è la più amata e conosciuta di Sibelius che si dedicò alla sua composizione in un periodo particolarmente felice per la sua ispirazione e soprattutto sull’onda del successo europeo della sua prima sinfonia. Dal punto di vista formale essa presenta degli elementi di indiscussa originalità a partire dal primo movimento di carattere pastorale nel quale i temi non sono trattati precisamente secondo i dettami della classica forma-sonata. Al primo tema, esposto da oboi e clarinetti, non se ne contrappone, infatti, un secondo facilmente riconoscibile, ma una serie di aforistici motivi che germinano l’uno dall’altro quasi in modo naturale. Di carattere doloroso è il secondo movimento aperto da un rullo di timpani sul quale i contrabbassi si producono in un disegno in pizzicato che, una volta passato ai violoncelli, costituirà l’accompagnamento del dolente tema affidato al fagotto. Raggiunto il punto culminante del movimento in un fortissimo, gli archi eseguono un tema di carattere espressivo a conclusione del quale ritorna quello iniziale. Il terzo movimento, Vivacissimo, è uno Scherzo aperto da un brillante tema dei violini a cui si contrappone una seconda idea tematica affidata al flauto e al fagotto. L’oboe, con una nota ribattuta ben otto volte, è, invece, il protagonista dello struggente Trio, Lento e soave, mentre il quarto movimento, collegato al precedente da una libera transizione, è un semplice Rondò il cui tema principale è esposto dagli archi. Il movimento si chiude con un fragoroso e trionfale finale.
Riccardo Viagrande
Durata: 43'