Bach, padre e figlio
63ma Settimana Internazionale di Musica Sacra di Monreale
Zyz Quartet
Francesco Ciancimino flauto - Gabriele Calogero Palmeri oboe - Claudia Gamberini violoncello - Riccardo Scilipoti clavicembalo
(per l'I.C. "Veneziano Novelli")
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Programma
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Carl Philipp Emanuel Bach
Weimar 1714 – Amburgo 1788Sonata a 3 in re maggiore Wq 151, H. 575 (l’oboe esegue la parte originariamente scritta per violino)
Allegro un poco-Largo-Allegro
Durata: 15'
Johann Sebastian Bach
Eisenach, 1685 - Lipsia, 1750Sonata in sol minore BWV 1030b (per oboe, violoncello e clavicembalo)
Senza indicazione di andamento-Siciliano-Presto
Durata: 16'
Johann Sebastian Bach
Eisenach, 1685 - Lipsia, 1750Sonata in sol minore BWV 1020 (per flauto, violoncello e clavicembalo)
Allegro moderato-Adagio-Allegro
Durata: 12'
Carl Philipp Emanuel Bach
Weimar 1714 – Amburgo 1788Sonata a 3 in re minore wq 145, H. 569 (l’oboe esegue la parte originariamente scritta per violino)
Allegretto-Largo-Allegro
Durata: 14'
La riscoperta della produzione di Carl Philipp Emanuel Bach è di grande importanza perché conferisce al secondogenito dei figli di Bach il giusto posto nella storia della musica e, inoltre, rivela il suo contributo allo sviluppo delle forme musicali tra cui la sonata. Ne sono un esempio le Sonate a tre, composte nel periodo trascorso a Berlino tra il 1738 e il 1768 molto probabilmente per i quotidiani concerti che si tenevano presso la corte di Federico II il Grande di Prussia, della cui cappella Bach era il clavicembalista. Sembra, però, che sei di esse (Wq. 143-148) risalgano molto probabilmente agli inizi del 1730 e che siano state rielaborate nel 1747 senza lasciare traccia delle versioni originarie che il compositore distrusse. A quest’ultimo gruppo non appartiene la Sonata a tre wq 151, composta quasi sicuramente quando Bach prestava servizio presso la corte di Federico II il Grande e che qui è presentata in una versione in cui l’oboe sostituisce il violino, strumento per il quale era stata originariamente concepita mentre il violoncello si aggiunge al clavicembalo per sostenere il basso continuo. Nel primo movimento, Allegro un poco, si nota già quella supremazia affidata alla melodia nello stile galante di cui C. P. E Bach fu un esponente, anche se permangono, nella scrittura imitativa che coinvolge il flauto e l’oboe, elementi del tardo-barocco. Lo stesso discorso va fatto per il secondo movimento, Largo, intriso di intenso lirismo, mentre l’ultimo movimento, Allegro, è una pagina brillante scritta ancora nella forma della sonata bipartita e monotematica di matrice scarlattiana.
Non si conosce con precisione la data di composizione della serie di 6 Sonate per flauto traverso e clavicembalo (BWV 1030-1035), di alcune delle quali è stata messa in dubbio anche la paternità bachiana. Questo non è il caso della Sonata in sol minore per oboe e clavicembalo obbligato BWV 1030b, della quale esiste il manoscritto autografo di Johann Sebastian Bach conservato presso la Biblioteca di Stato di Berlino e risalente al 1737, nel quale, però, la parte principale è sostenuta dal flauto e non dall’oboe. In realtà si ritiene che questa sonata sia un rifacimento di un precedente lavoro, composto da Bach per oboe e basso continuo quando si trovava presso la Corte di Anhalt-Köthen, del quale è stata ritrovata solo la parte del clavicembalo segnata in sol minore piuttosto che in si minore. Il primo e il terzo (Presto) dei tre movimenti di cui si compone questa sonata, nella quale la parte del clavicembalo è scritta interamente e non svolge soltanto la semplice funzione di basso continuo, mostrano dal punto di vista stilistico, per il loro piglio, e formale, per le modulazioni e il susseguirsi degli episodi, i debiti di Bach nei confronti del concerto italiano, mentre il secondo movimento (Siciliano) è una dolcissima siciliana nella quale la pacata melodia assume le movenze di una cullante pastorale.
Per flauto traverso e clavicembalo obbligato, cioè con questa parte scritta per intero, è anche la Sonata in sol minore BWV 1020 la cui composizione risale al 1734, quando Johann Sebastian Bach si trovava presso la Corte del principe Leopoldo di Anhalt-Köthen che, essendo un luterano ortodosso, riservava pochissimo spazio alla musica nella liturgia, pur essendo un grande intenditore oltreché appassionato di quella profana. Alla sua corte vivevano e operavano, infatti, ben 18 solisti di autentico valore che riempivano il tempo libero con la cura dell’arte musicale. È in questo ambiente che nasce anche questa sonata nella quale si nota l’influenza dello stile italiano e, in particolar modo, vivaldiano, che ha indotto gli studiosi ad avere qualche dubbio sulla sua autenticità. Ciò è evidente nel primo movimento, Allegro moderato, nel quale i due strumenti intrecciano un serrato dialogo, mentre il secondo, Adagio, si segnala per la sua dolce cantabilità e per una melodia di carattere nostalgico. L’influenza vivaldiana ritorna nel virtuosistico terzo movimento, Allegro, soprattutto nel giro armonico.
La Sonata a 3 in re minore wq 145 di Carl Philipp Emanuel Bach appartiene, infine, al gruppo di sei sonate che il secondogenito dei figli di Bach aveva composto agli inizi degli anni ’30 del 1700 e che aveva poi rielaborato nel 1747. Come nell’altra sonata in programma, anche nel primo movimento di questa, Allegretto, si assiste a un dialogo serrato tra i due strumenti acuti, mentre il secondo, Largo, si configura come un’oasi di lirismo. L’ultimo movimento, Allegro, è una pagina brillante nella forma della sonata bipartita e monotematica di ascendenza scarlattiana.
Durata: 60'