Paganini - Brahms

64ma Settimana Internazionale di Musica Sacra di Monreale

Evgeny Bushkov, direttore

Marco Rogliano, violino

Orchestra Sinfonica Siciliana

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Mercoledì
    19 Ottobre 2022

    Ore

    21,00

    Durata

    80min.

    Prezzi

    - €

    Calendario

  • Programma

  • Niccolò Paganini
    Genova, 1782 - Nizza, 1840

    Concerto per violino e orchestra n. 3 (cadenza di Marco Rogliano)

    Introduzione. Andantino - Allegro marziale

    Adagio. Cantabile spianato

    Polacca. Andantino vivace

     

    “Questo Paganini è un uomo strano. È l’enigma più inspiegabile che si sia offerto agli uomini che si sono riuniti per divertirsi. Non c’è nulla di umano nella sua persona. La sua lunga testa ossuta e ricoperta di capelli in disordine può appena contenere il fuoco prolungato di quel suo sguardo cupo che nessuno sguardo umano sarebbe in grado di contenere. Non si sa, a vederlo così, se sia un risorto che cammina, tanto assomiglia al Lazzaro di Rembrandt libero dal suo lenzuolo. Le sue due braccia pendono a terra e solo a vedere queste sue mani ossute fasciate da questi tendini d’acciaio si può indovinare attraverso quali orribili lotte quest’uomo è giunto a dominare il suo violino, quell’anima in pena racchiusa tra quattro pezzi di legno. Da parte mia io ho sempre paura di quest’uomo, sia che egli venga a salutare la platea con quel sorriso di marmo freddo e pesante, sia che egli rompa le tre corde del suo violino suonando un capriccio fantastico del quale non ha mai dato conto, sia infine che si abbandoni liberamente e fieramente proprio a quella ispirazione galvanica che ci trovava muti e trasportati”.

     

    In questo articolo, intitolato Paganini e Berlioz e pubblicato su «Le Journal des Débats» a firma di Jules Jamin il 24 dicembre 1838, è contenuta una delle descrizioni più comuni di Niccolò Paganini, grandissimo virtuoso del violino, ma al tempo stesso figura leggendaria che sembrava non avere nulla di umano e tale da incutere paura. A creare questa immagine misteriosa, quasi demoniaca dell’uomo aveva contribuito non solo la sua vita avventurosa, ma anche il suo abito da concerto nero dalla testa ai piedi. Come musicista Paganini fu una delle figure più importanti del panorama musicale europeo della prima metà dell’Ottocento. La sua arte fu apprezzata, infatti, da eminenti colleghi come Berlioz che lo definì un genio, un Titano fra i giganti, Schubert che paragonò il suo modo di suonare al canto degli angeli e, infine, Liszt, che, chiamato lui stesso dai contemporanei il Paganini del pianoforte, si espresse a proposito del virtuosismo del musicista italiano come di un miracolo che il regno dell’arte ha visto una sola volta.

    Meno famoso del celeberrimo Secondo concerto "La Campanella", insieme al quale fu composto da Paganini, nel 1826, come si evince da una lettera del 12 dicembre indirizzata all'amico L. G. Germi, nella quale si legge: "finito d'orchestrare un terzo con una Polacca", il Terzo concerto per violino e orchestra fu eseguito, per la prima volta, a Vienna il 24 luglio 1828, nonostante il compositore, sempre nella suddetta lettera, avesse manifestato l'auspicio di provare i suddetti concerti sui suoi connazionali prima di eseguirli a Vienna, a Londra e a Parigi. La prima esecuzione, come le successive, fu un successo al quale contribuì certamente anche la capacità di Paganini di mantenere segreta la sua musica. Si racconta, infatti, che Paganini avesse l'abitudine di distribuire agli orchestrali le parti del Concerto solo all'ultimo minuto e che eseguisse a memoria quella solistica per evitare che editori senza scrupoli, in un periodo in cui non c'era nessuna tutela del diritto d'autore, si appropriassero delle partiture e le pubblicassero in copie pirata per le quali il compositore non percepiva alcun ritorno economico.

    Come negli altri due concerti, il primo movimento del Terzo si apre con un'introduzione orchestrale a cui segue l'Allegro Marziale in forma-sonata e in stile Biedermeier, nome, che, tratto da un personaggio immaginario uscito dalla penna di Adolf Kussmaul e Ludwig Eichordt, fu utilizzato, in un’accezione dispregiativa, dal momento che Meier, un cognome tedesco piuttosto comune, è accostato all’aggettivo Bieder che significa semplice, per identificare un’epoca i cui limiti temporali sono rappresentati indicativamente dal 1815, anno in cui si celebrò la fine degli ideali rivoluzionari, e dal 1830, anno che vide l’affermazione della società borghese. In questo  movimento, che si conclude dopo una  cadenza scritta per l'occasione da Marco Rogliano, il solista assume il ruolo di protagonista sin dall’inizio grazie anche una scrittura di carattere virtuosistico. Il secondo movimento, Adagio. Cantabile spianato si segnala per una scrittura di un lirismo di ascendenza operistica con il solista che è accompagnato dal pizzicato degli archi mentre i legni arricchiscono la tavolozza orchestrale. L'ultimo movimento è una virtuosistica Polacca in forma di Rondò nella quale il solista, facendo ricorso al vasto repertorio della tecnica violinistica fatto di doppie corde, armonici e altri effetti pirotecnici, dialoga con l'orchestra.

    Durata: 37'

    Johannes Brahms
    Amburgo, 1833 - Vienna, 1897

    Sinfonia n. 3 in fa maggiore op. 90

    Allegro con brio

    Andante

    Poco allegretto

    Allegro

     

    “Non so dire quale movimento prediligo. Nel primo mi abbaglia il brillio dell’alba che sorge, raggi di sole che tremano fra gli alberi mentre tutto si apre alla vita. Il secondo è puro idillio […]. Il terzo assomiglia ad una perla, una perla grigia simile ad una lacrima melanconica. Poi la passione dell’ultimo tempo: una tale bellezza da togliermi la parole”.

     

    Così Clara Schumann, in questa lettera indirizzata a Brahms, precisò, con rara efficacia descrittiva, le immagini e le emozioni suscitate in lei dalla Terza sinfonia, tanto intense e ineffabili da toglierle la capacità di profferire parola. Clara Schumann aveva avvertito la presenza, in questa sinfonia, di toni idillici e leggendari oltre a echi del paesaggio renano e dello stesso parere fu Claude Rostand il quale scrisse:

     

    “Delle quattro la Terza Sinfonia è forse quella dove Brahms ha più riversato di se stesso, del se stesso più intimo e profondo e dove il suo carattere di tedesco del Nord si è più messo in luce in tutti i suoi aspetti: ardore epico e fantastico da leggenda, tenerezza e malinconica poesia tipica dei romanzi di Theodor Storm. Se così si può dire, è la più stormiana delle 4 sinfonie, quella dove si ritrovano i ricordi delle saghe alle quali Brahms si era molto accostato durante la giovinezza. Vi si trova anche il ricordo dei paesaggi nei pressi della foce dell’Elba, della costa frisone, dello Schleswig-Holstein”.

     

    Con un tono più moderato si era espresso, invece, il compositore Ferruccio Busoni il quale, dopo la prima esecuzione avvenuta a Vienna presso la Società Filarmonica il 2 dicembre 1883 sotto la direzione di Hans Richter, pur non negando il valore e gli aspetti positivi dell’opera, scrivendo sull’«Indipendente» di Trieste, di cui era corrispondente nella capitale asburgica, aveva avanzato delle riserve:

     

    “Il primo tempo, energico ed eroico, ha del Beethoven; i tempi di mezzo non reggono invece il confronto con gli altri due mentre il Finale, dapprima pieno di fuoco e di vita, chiude piuttosto fiacco. Tutto ciò non toglie che questa sinfonia debba essere annoverata tra le grandi creazioni moderne, benché non ci si possa astenere dall’asserire che essere il più grande in un’epoca in cui tutti sono piccoli non è difficile; e che scienza e profondità non bastano a mascherare povertà d’invenzione”.

     

    Il giudizio di Busoni, alquanto critico e, per alcuni aspetti, severo, fu immediatamente smentito dal successo arriso alla sinfonia che in tutta Europa passò di trionfo in trionfo suscitando la meraviglia dello stesso autore che la definì la sinfonia disgraziatamente troppo celebre. Alla composizione della musica di questa sinfonia, sempre oggetto di giudizi contraddittori e paragonata da Richter e da Hanslick all’Eroica di Beethoven, contribuì certamente il periodo particolarmente felice trascorso da Brahms nell’estate del 1883 a Wiesbaden dove si era ritirato in compagnia di Hermine Spies, una giovane cantante che, qualche mese prima, aveva interpretato il suo Lied Serenata inutile. La Terza sinfonia nacque, quindi, in un momento di grande serenità e in un luogo alquanto singolare così descritto da Brahms in una lettera indirizzata a Billroth:

     

    “Mi sono insediato in un posto incredibile. Si potrebbe pensare che abbia ereditato i gusti di Wagner, se si venisse a sapere che lo studio che occupo era l’atelier di un pittore. Un ambiente decisamente singolare: altissimo, fresco, luminoso”.

     

    A conferma di questa condizione di felicità lo stesso Brahms fece notare che le tre note iniziali (fa-la bemolle-fa) corrispondevano alle tre lettere musicali F.A.F. abbreviazione del motto Frei aber froh (libero ma felice).

    Il primo movimento, Allegro con brio, in forma-sonata, si impone per il celebre attacco di grande effetto drammatico e per il motto di tre note esposto dai legni nella sezione acuta. Da questo motto iniziale nascono gli altri due temi, dei quali il primo è di carattere popolare, mentre l’altro, affidato all’oboe, è estremamente dolce. Il secondo movimento, Andante, si staglia come un’oasi di serenità e di riposo, dopo il momento di forte tensione drammatica, con una scrittura liederistica che si associa al gusto della variazione. Famosissimo è il tema che apre il terzo movimento, Allegretto, di carattere fondamentalmente melodico e lirico sia nella struttura del primo tema, simile a quello delle Danze ungheresi, sia in quella del secondo in cui è prevalente un carattere lirico. Sintesi dell’intera sinfonia, soprattutto perché in esso convergono gli spunti drammatici del primo movimento e le zone elegiache degli altri, il Finale, Allegro, è caratterizzato dall’esposizione di tre temi crudi, drammatici che, insieme ad altre idee secondarie, contribuiscono a formare il grandioso sviluppo. Non meno importante e grandiosa è la coda che si conclude con un dolcissimo accordo di fa maggiore in pianissimo di consolante serenità.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 36'