Passeggiate per archi

63ma Settimana Internazionale di Musica Sacra di Monreale

Archi Sinfonici Siciliani

  • Luogo

  • Chiesa della SS. Trinità al Collegio di Maria - Monreale

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Sabato
    23 Ottobre 2021

    Ore

    18,00

    Durata

    60min.

    Prezzi

    - €

    Calendario

Fabio Mirabella, Sergio Di Franco violini primi - Antonino Alfano, Ivana Sparacio violini secondi - Giuseppe Brunetto, Giorgio Chinnici viole - Domenico Guddo, Sonia Giacalone violoncelli

  • Programma

  • Johann Sebastian Bach
    Eisenach, 1685 - Lipsia, 1750

    Aria sulla IV corda dalla Suite n.3 in Re Maggiore BWV 1068

    Durata: 5'

    Johann Sebastian Bach
    Eisenach, 1685 - Lipsia, 1750

    Corale (Werde munter, mein gemuthe) dalla cantata BWV 147

    Durata: 5'

    Antonio Vivaldi
    Venezia, 1678 - Vienna, 1741

    Sinfonia RV 169 in si minore Al Santo Sepolcro, per archi e basso continuo

    Adagio molto - Allegro ma poco

    Durata: 5'

    Wolfgang Amadeus Mozart
    Salisburgo 1756 – Vienna 1791

    Ave verum corpus KV 618 (arr. Tony Kime)

    Adagio

    Durata: 5'

    Antonio Vivaldi
    Venezia, 1678 - Vienna, 1741

    Concerto per archi in sol minore RV152

    Allegro-Adagio e sempre pianissimo-Allegro

    Durata: 16'

    Wolfgang Amadeus Mozart
    Salisburgo 1756 – Vienna 1791

    Divertimento n. 2 in si bemolle maggiore KV 137

    Andante-Allegro di molto-Allegro assai

    Durata: 15'

    Pëtr Il'ič Čajkovskij
    Votkinsk, 1840 - San Pietroburgo, 1893

    Elegia in memoria di Ivan Vasil’evič Samarin per orchestra d’archi

    Andante non troppo

    Durata: 8'

    Chiamate anche Ouvertures, le quattro Suites per orchestra furono composte a distanza di tempo, dal momento che le prime due appartengono al periodo di Köthen, mentre la terza e la quarta furono scritte tra il 1727 e il 1736. Sono opere d’occasione e di consumo che rispondono alla passione, divenuta una vera e propria moda presso l’aristocrazia tedesca, per i raffinati costumi francesi e per la danza. Nonostante il carattere occasionale di questa musica di intrattenimento, nelle Suites che Bach poteva scrivere senza eccessivo impegno, si nota la tipica curiosità bachiana per la sperimentazione di nuove forme all’interno di convenzioni consolidate dalla tradizione, alle quali egli rimase, in alcuni punti, fedele. Ogni Suite, pur iniziando, infatti, con un’ouverture che segue il classico schema lulliano con due movimenti lenti separati da una veloce fuga, presenta delle importanti differenze nel numero e nella distribuzione delle danze, nell’organico strumentale e nelle scelte compositive di Bach. Pur presentando il minor numero di danze, la celeberrima Terza suite ha un’estensione simile alle altre soprattutto per la lunghezza dei suoi movimenti. La Suite, che si segnala anche per un organico orchestrale molto ricco nel quale figurano anche i timpani e le trombe, aveva sicuramente una destinazione cerimoniale. Bach raggiunse vette poetiche nella famosa e patetica Aria sulla quarta corda, affidata ai soli archi e al continuo.

    La cantata Herz und Mund und Tat und Leben BWV 147, da cui è tratto il corale Werde munter, mein gemuthe fu composta da Bach nel 1723, durante il suo primo anno in qualità di Thomaskantor a Lipsia. È un brano famosissimo scritto su un testo di Johann Schop che Bach riutilizzò anche nella Passione secondo Matteo.

    È sconosciuta la data di composizione della Sinfonia RV 169 in si minore Al Santo Sepolcro, per archi e basso continuo che, testimoniata da un manoscritto non datato conservato a Torino, sarebbe stata scritta da Vivaldi per la Cappella del Santo Sepolcro facente parte del Sacro Monte di Varallo e chiamata così perché è una riproduzione in scala ridotta della Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme. In due movimenti, la sinfonia si apre con un sommesso Adagio Molto, armonicamente instabile e con intervalli piuttosto dissonanti per l’epoca come il tritono (mi-la diesis) della seconda battuta che conduce all’accordo di si minore. Il secondo movimento, Allegro ma poco, è formalmente una doppia fuga di carattere drammatico e piena di pathos ad essa conferito dal disegno cromatico discendente che contraddistingue il tema.

    Composto nell’estate del 1791, pochi mesi prima della morte che lo avrebbe colto il 5 dicembre, l’Ave verum corpus è una delle rarissime opere sacre scritte da Mozart negli ultimi anni di vita. È un breve mottetto, di appena 46 battute, per coro e archi che Mozart scrisse per sdebitarsi di alcuni favori ricevuti da Anton Stoll, direttore del coro della chiesa parrocchiale di Baden dove fu eseguito per la prima volta il 19 giugno 1791 in occasione della festa del Corpus Domini. Caratterizzato da una scrittura omofonica, l’Ave verum si segnala per la sua affascinante semplicità e per l’attenzione all’illustrazione musicale del significato delle parole.

    Come la maggior parte della produzione di Vivaldi, non si conosce con precisione la data di composizione del Concerto per archi in sol minore RV 152, scritto nel genere del cosiddetto «concerto ripieno», così chiamato perché concepito per 4 parti (due violini, viola e basso) che costituivano il «ripieno». Era questo un genere particolarmente congeniale a Vivaldi, in quanto gli consentiva di poter effettuare sperimentazioni compositive ben più interessanti rispetto a quelle offerte dal concerto solistico dove comunque bisognava lasciare spazio a un virtuosismo che comportava il rischio di rendere il lavoro dispersivo. È probabile, quindi, che Vivaldi non abbia composto questi concerti solo per l’orchestra dell’Ospedale della Pietà ma per soddisfare le richieste di un pubblico internazionale. Il primo movimento, Allegro, è una pagina brillante interamente costruita su un tema spigliato, mentre il secondo movimento, Adagio e sempre pianissimo, in 6/8 e in si bemolle maggiore, si segnala per la sua scorrevolezza e per il suo tenero lirismo. L’ultimo movimento, Allegro molto, è una fuga di alto magistero contrappuntistico.

    Il Divertimento in si bemolle maggiore KV 137 è il secondo dei tre divertimenti  (KV 136, KV 137 e KV 138) formalmente simili, tutti composti nel 1772, nei quali mancano i movimenti di danza caratteristici della struttura originaria di questo genere che poteva comprendere un numero variabile di brani che andava da un minimo di tre a un massimo di dieci. Sebbene i divertimenti di Mozart si discostino dalla forma originaria, essi non possono essere ascritti nemmeno al genere del quartetto, del quale non presentano la tipica complessità di scrittura; la forma, a cui è possibile accostare questi divertimenti, pur con la differenza rappresentata dal mancato impiego, nell’organico, dei corni e degli oboi, è quella propria della sinfonia italiana sul modello di Giovanni Battista Sammartini che Mozart aveva conosciuto a Milano in occasione del suo primo viaggio in Italia. In tre movimenti, il Divertimento si apre con un Andante di scorrevole cantabilità, a cui seguono uno spigliato Allegro di molto e un brillante Allegro assai nel quale trovano spazio figurazioni ritmiche da opera buffa.

    Nel 1884 la Società degli Artisti aveva contattato Čajkovskij per scrivere una nuova composizione in occasione di una festa da essa organizzata per celebrare i cinquant’anni di carriera del grande attore e regista russo Ivan Samarin, collega del compositore al Conservatorio di Mosca e protagonista nella messa in scena dell’Evgenij Onegin. Čajkovskij fu informato della commissione da una lettera di indirizzatagli dal compositore Nikolaj Kaškin il 24 ottobre 1884:

    “Tu hai probabilmente ricevuto o riceverai tra breve una lettera da Ostrovskij con una richiesta di partecipare al quarto giubileo di Samarin. Il giubileo: qualcosa scritta da Vild’ per l’occasione, dal suo ex-collega Ostrovskij e una serie di quadri realizzati da Makovskij, da Pryanishnikov, e da altri – un divertimento in forma di balletto e l’ultimo atto della Foresta di Ostrovskij. Gli organizzatori vogliono che tu scrivi una forma di entr’acte musicale”.

    Come annunciato nella lettera, qualche giorno dopo giunse effettivamente la commissione che Čajkovskij accettò con entusiasmo come si evince dalla sua risposta alla missiva di Ostrovskij con la quale gli era stato conferito ufficialmente l’incarico. Čajkovskij scrisse, infatti:

    “Non potrei sentirmi più carico di prendere parte ad esso e con la presente accetto la sua commissione”.

    Pur essendo impegnato con le prove dell’Evgenij Onegin a Pietroburgo, Čajkovskij completò in appena quattro giorni questa composizione il 18 novembre 1884. Questa composizione, intitolata inizialmente Saluti di gratitudine, fu eseguita per la prima volta il 28 dicembre 1884 e in seguito fu riproposta con il titolo definitivo di Elégie da Čajkovskij all’interno delle musiche di scena di Amleto. Per la pubblicazione del 1890, Čajkovskij aveva scritto al suo editore che il pezzo poteva essere considerato come un’Elegia in memoria di Ivan Vasil’evič Samarin, in quanto il grande regista russo era già morto, ma l’editore decise di stamparlo con il titolo originario.

    Aperta da una breve introduzione in cui appare un accenno del tema, Elegia è una pagina poetica basata su un tema di intenso lirismo esposto dai primi violini; nella parte centrale si insinua un elemento nuovo caratterizzato da una figurazione di note ribattute in terzine.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 60'