Bellini après Bellini
Michael Koehler, direttore
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Luogo
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Piazza Ruggiero Settimo
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Giorno
ora
Durata
Prezzo
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Giorno
Sabato 25 Settembre 2021
Ore
21,00
Durata
65min.
Prezzi
10 - 5 €
Gabriele Palmeri, oboe
Angelo Cino, clarinetto
Enrico Corli, violoncello
Damiano D'Amico, contrabbasso
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Programma
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Vincenzo Bellini
Catania 1801 - Puteaux 1835Il Pirata, sinfonia
Vincenzo Bellini
Catania 1801 - Puteaux 1835Concerto per oboe e orchestra
Giuseppe Saverio Raffaele Mercadante
(Altamura 1795 – Napoli 1870)Omaggio a Bellini – Fantasia per orchestra
Ernesto Cavallini
(Milano 1807 – Milano 1874)Fantasia sui temi della Sonnambula di Bellini per clarinetto e orchestra (versione orchestrale di Salvatore Passantino)
Giovanni Bottesini
Crema, 1821 - Parma, 1889Gran duo concertante sui temi dei Puritani di Bellini per violoncello, contrabbasso e orchestra
Gioachino Rossini
Pesaro, 1792 - Passy, 1868La gazza ladra, sinfonia
“Il pubblico italiano è più francese di quanto non si pensi, sotto certi aspetti, l'amore per il cambiamento è moto vivo in esso; all'apparizione di Bellini cominciava già a raffreddarsi per Rossini [...]. Ogni musica teatrale era stata ritenuta impossibile al di fuori della strada brillante aperta dall'autore del Barbiere; riconoscendo il proprio errore su questo punto, il popolo italiano si entusiasmò per l'artista che l'aveva incantato e da quel momento si ebbe una reazione violenta a favore di Bellini. Lo si adorava, è la parola corretta, a Milano; e l'accoglienza che i suoi compatrioti gli fecero quando ritornò a Palermo dopo il successo di Norma, fu un vero trionfo. Sembrava che avesse scoperto la musica espressiva, e che le lacrime versate nel Pirata e nella Straniera fossero le prime che il dramma lirico abbia mai fatto scendere. Da un altro lato i sostenitori dell'antica scuola, che cominciavano a perdonare a Rossini la sua orchestra lussureggiante, le sue arditezze armoniche, la sua folle verve, trovando in questa direzione di idee, un ritorno verso le prime ammirazioni, proclamarono Bellini il restauratore dell'arte italiana, e lo nominarono il secondo Paisiello. La reazione non fu meno pronta in Francia: la ragione è senza dubbio inerente alla natura stessa del talento di Bellini. Se l'espressione è il merito principale delle sue opere, si concepisce che in effetti questo merito non possa essere apprezzato anche facilmente dagli ascoltatori di cui la maggior parte è estranea alla lingua in cui sono scritte.
Questo articolo di H. Berlioz, apparso sul «Journal des Débats», il 16 luglio 1836, circa un anno dopo la morte di Vincenzo Bellini, costituisce una delle testimonianze della grande fama conquistata dal cigno di Catania che nell’Ottocento si è espressa anche attraverso la realizzazione di parafrasi e trascrizioni delle melodie delle sue opere. Proprio queste parafrasi e queste trascrizioni disegnano il percorso musicale di questo concerto dall’emblematico titolo Bellini après Bellini.
Il concerto si apre con la Sinfonia del Pirata, opera che impose il nome di Bellini all’attenzione del mondo musicale italiano ed europeo dopo i lavori giovanili Adelson e Salvini e Bianca e Fernando, andata in scena con grande successo il 30 maggio 1826 al Teatro San Carlo di Napoli, di cui all’epoca era impresario Domenico Barbaja. Fu proprio il potente impresario del teatro napoletano, che nello stesso periodo gestiva indirettamente anche la Scala di Milano a contattare Bellini per una nuova opera. Non si conoscono perfettamente né le date né le condizioni del contratto, ma è certo che Bellini partì da Napoli il 5 aprile 1827 per giungere a Milano una settimana dopo. Dei primi sette mesi del soggiorno milanese di Bellini si conosce poco, dal momento che manca quasi totalmente una documentazione precisa. Si sa soltanto che la prima del Pirata, composto su libretto di Felice Romani, poeta con il quale Bellini iniziò un lungo e proficuo sodalizio, fu rinviata dal 24 al 27 ottobre a causa di alcune difficoltà di esecuzione della partitura che aveva lasciati disorientati, per il suo carattere innovativo, gli stessi cantanti non particolarmente convinti, almeno inizialmente, del buon esito dell’opera. La prima rappresentazione fu un successo e la sinfonia fu subito apprezzata anche dalla critica, come si evince da quanto scrisse il cronista del periodico «I Teatri»:
“Incominciò a persuaderci di questi pregi dello spartito una brillante e scientifica sinfonia, principiata con uno staccato d’un genere inaspettato e robusto, seguito da un largo di squisita armonia e accompagnato da una semplice melodia, che a poco a poco se gli andò intrecciando alla fine dell’adagio annunziato in minore e condotto con un motivo agitato al crescendo con tale maestria, che gli meritò, all’alzarsi del sipario, i primi applausi della platea”.
Alla puntuale analisi dell’anonimo cronista del suddetto periodico va aggiunto che Bellini rinnovò la tradizionale forma dell’ouverture rossiniana, dividendo la sezione introduttiva in due parti delle quali la prima, Allegro con fuoco, si distingue per l’energico motivo staccato già notato nella citata analisi, mentre la seconda, Andante maestoso, trae il suo materiale melodico dall’introduzione della sinfonia del giovanile Adelson e Salvini. A questa sezione introduttiva segue un Allegro agitato in forma-sonata, privo, come i modelli rossiniani, dello sviluppo. Al primo tema che, aperto da un perentorio attacco degli archi, si snoda in una scrittura sincopata di forte pathos, si contrappone il secondo, anche questo tratto da una cabaletta dell’Adelson e Salvini.
Opera giovanile è, invece, il Concerto per oboe, che fu composto da Bellini probabilmente nel 1823 quando era ancora studente al Conservatorio di San Sebastiano. Formalmente è un concerto all’”Italiana” aperto da un’introduzione di 9 battute (Maestoso e deciso) esclusivamente orchestrale e costituita da una progressione accordale. Segue, senza soluzione di continuità, un Larghetto cantabile, del quale è protagonista il solista che esegue una melodia in cui si nota la padronanza dello stile belcantistico da parte del giovane compositore. Dopo questa sezione, molto simile a un’aria, il Concerto si conclude con una brillante Polacca (Allegro polonese), formalmente un Rondò, nel quale il solista può mettere in mostra le sue doti virtuosistiche.
Al 1860 risale la composizione dell’Omaggio a Bellini, di Giuseppe Saverio Raffaele Mercadante (Altamura 1795 – Napoli 1870) che, come recita il sottotitolo, è una Fantasia per orchestra nella quale si possono ascoltare alcuni famosi brani delle opere di Bellini sotto una nuova veste orchestrale. La Fantasia si apre con il tema della cavatina di Gualtiero, Nel furor delle tempeste, per proseguire con una sintesi della scena iniziale di Norma e con una rielaborazione dell’aria di Amina Ah non credea mirarti dalla Sonnambula che sfocia nel concertato finale di Norma. La Fantasia si conclude con la combinazione del tema dell’Inno alla guerra e della cabaletta del duetto tra Norma e Pollione, Già mi pasco ne’ tuoi sguardi.
La Fantasia sui temi della Sonnambula di Bellini per clarinetto e orchestra di Ernesto Cavallini (Milano 1807 – Milano 1874) costituisce una testimonianza di quella pratica, piuttosto diffusa durante tutto l’Ottocento e agli inizi del Novecento, consistente nella trascrizione delle opere per pianoforte solo o a quattro mani e per pianoforte e altri strumenti, o per strumento solista e orchestra Questa produzione, che veniva incontro all’esigenza di fornire a musicisti dilettanti ma anche professionisti la possibilità di eseguire delle composizioni scritte per organici molto ampi anche in serate private fu curata da compositori meno noti come Ernesto Cavallini, che, chiamato il “Paganini del clarinetto”, pubblicò nel 1901 nella versione per clarinetto e pianoforte questo suo lavoro in una versione per clarinetto e pianoforte e oggi presentato nella trascrizione per orchestra della parte pianistica a cura di Salvatore Passantino.. Dal punto di vista formale si tratta di un concerto in tre movimenti (Allegro-Adagio-Allegro) nel quale si possono ascoltare i principali temi del capolavoro di Bellini intercalati da virtuosismi del clarinetto che, grazie alla sua notevole estensione, può affrontare facilmente tutte le tessiture delle voci femminili, dal contralto al soprano.
Passato alla storia con l’appellativo di “Paganini del contrabbasso”, Giovanni Bottesini (Crema 1821 – Parma 1889), oltre ad essere un virtuoso di questo strumento, fu un compositore e direttore d’orchestra molto apprezzato. Dopo aver iniziato gli studi musicali all’età di 5 anni ed essersi diplomato al Conservatorio di Milano nel 1839, intraprese una brillante carriera di contrabbassista che lo portò a calcare i più importanti palcoscenici del mondo. Autore di opere liriche, tra cui Ero e Leandro su libretto di Arrigo Boito, Bottesini diresse, il 24 dicembre 1871, al Cairo, la prima dell’Aida di Giuseppe Verdi, grazie al cui interessamento, poco prima di morire, divenne direttore del Conservatorio di Parma. Eseguito dallo stesso Bottesini il 29 marzo 1852 all’Exeter Hall di Londra insieme a Piatti e sotto la direzione di Michael Costa, il Gran duo concertante sui temi dei Puritani di Bellini per violoncello, contrabbasso e orchestra fa tesoro delle capacità virtuosistiche del compositore sin dall’iniziale parafrasi del tema di A te, o cara.
“La Gazza Ladra è uno dei capolavori di Rossini. La compose a Milano nel 1817, per la stagione di primavera”.
Con queste parole sintetiche quanto icastiche, Stendhal, nella sua biografia rossiniana, definì un capolavoro La gazza ladra di Gioachino Rossini, opera accolta dal pubblico in modo trionfale alla sua prima rappresentazione avvenuta al Teatro alla Scala di Milano il 31 maggio 1817.
Quando, intorno al mese di marzo del 1817, giunse a Rossini la commissione da parte della Scala di Milano per una nuova opera da rappresentarsi nella stagione di primavera dello stesso anno, il compositore pesarese era assente dalle scene milanesi da ben tre anni. Le ultime opere, l’Aureliano in Palmira e il Turco in Italia, che avevano calcato le scene del prestigioso teatro lombardo, erano state rappresentate rispettivamente nel 1813 e nel 1814 con esito poco brillante. Per Rossini, reduce dal contrastato successo della Cenerentola, si trattava di un importante ritorno sulle scene del teatro milanese. Per l’occasione gli fu dato un libretto scritto da Giovanni Gherardini (Milano 1778 – 1861), poeta non più giovanissimo, che si cimentò per la prima volta con un libretto d’opera dopo aver vinto un concorso indetto dall’Impresa dei Reali Teatri di Milano. Per questo libretto trasse il soggetto da La pie voleuse di T. Babouin d’Aubigny e Louis-Charles Caigniez, un melodramma da boulevard rappresentato a Parigi nel 1815 e basato su un fatto di cronaca. Consapevole dell’importanza della commissione, Rossini si riservò ben tre mesi di tempo per comporre questa nuova opera, per la quale egli non utilizzò la solita tecnica degli autoimprestiti, consistente nella ripresa di musica già scritta per altre sue opere, ma scrisse una musica del tutto nuova. Composta in brevissimo tempo, secondo quanto affermato dallo stesso Rossini in una lettera di dubbia attendibilità nella quale non figura né la data né il nome del destinatario, la sinfonia si apre con tre rulli di tamburo da cui scaturisce un Maestoso marziale che, con una certa ironia, intende probabilmente alludere all’atmosfera militaresca che pervade l’opera. Dopo 9 battute tutte giocate sull’accordo di dominante di mi maggiore, inizia, nella corrispondente tonalità minore, l’Allegro con brio dalla classica e tipicamente rossiniana struttura in forma-sonata senza lo sviluppo centrale conclusa da una coda più vivace; l’Allegro si basa su due temi che, pur non essendo particolarmente estrosi, come notato da Rognoni, conferiscono alla pagina sinfonica una straordinaria unità insistendo sulla terzina. A questi si aggiunge il tema del crescendo che appare come una sintesi di entrambi.
Riccardo Viagrande
Durata: 65'