Progetto Brahms & Mozart
Enrico Fagone, direttore
Gabriele Calogero Palmeri, oboe
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Luogo
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Orto Botanico
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Giorno
ora
Durata
Prezzo
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Giorno
Sabato 21 Settembre 2019
Ore
18,30
Durata
70min.
Prezzi
10 - €
Il Concerto per oboe e orchestra KV 314 di Mozart e la Sinfonia n. 3 in fa maggiore op.90 di Brahms sono i due brani protagonisti del Progetto Brahms/Mozart in programma all'Orto Botanico
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Programma
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Wolfgang Amadeus Mozart
Salisburgo 1756 – Vienna 1791Concerto per oboe e orchestra in do maggiore KV 314
Allegro aperto
Andante ma non troppo
Allegro
Scarse sono le notizie sulla genesi del Concerto in do maggiore per oboe e orchestra KV 314, la cui fama è legata alla posteriore trascrizione per flauto fatta da Mozart nel 1788 per ottemperare agli obblighi contratti con l’olandese Willem De Jean, noto come «l’indiano», che gli aveva promesso 200 fiorini per tre concerti per flauto e orchestra brevi e semplici e quattro quartetti con il flauto. Mozart, che non amava molto questo strumento, compose soltanto un concerto e tre quartetti, trascrivendo per il flauto la parte solistica di un precedente Concerto per oboe, composto, l’anno precedente, per un oboista, molto probabilmente, il bergamasco Giuseppe Ferlendis, di cui il compositore, da quanto si legge in una lettera indirizzata al padre Leopold il 4 novembre 1777, non si ricordava il nome ma ne apprezzava le qualità esecutive soprattutto per il suono elegante. Questa trascrizione non soddisfece Mozart e tanto meno il committente che partì da Mannheim, dove il compositore si trovava nella vana speranza di ottenere un incarico presso il principe, per Parigi, pagandogli meno della metà della somma pattuita come si evince da una lettera indirizzata da Mozart il 14 febbraio 1778 al padre Leopold:
“Il Signor De Jean, che parte anche lui domani per Parigi, mi ha dato solo 96 fiorini, perché non gli ho finito che 2 concerti e 3 quartetti (si è sbagliato di 4 fiorini, così sarebbe stata la metà). Ma mi deve pagare interamente; sono già d’accordo con Wendling che gli manderà il resto a Parigi. Che qui non abbia potuto terminare il lavoro è più che naturale. […]Poi, come Lei sa, mi stufo presto a scrivere per uno stesso strumento (che non posso sopportare)”.
Le speranze di Mozart di recuperare la somma pattuita furono totalmente disattese anche perché il compositore si era stancato di scrivere ancora qualcosa per lo stesso strumento e, a maggior ragione, per il tanto odiato flauto. L’adeguamento della parte solistica ad un altro strumento, il flauto, comportò, tuttavia, anche un mutamento di tonalità, in quanto l’originario do maggiore, che si può ricavare da alcuni frammenti autografi del suddetto concerto per oboe conservati nella biblioteca del Mozarteum di Salisburgo, fu sostituito con il re maggiore. Dal punto di vista formale il concerto presenta una struttura classica con un primo movimento Allegro aperto, in cui il solista interviene intonando il primo tema leggero e ammiccante alla cantabilità tipica dell’opera buffa dopo la solita esposizione orchestrale alla quale è affidata la presentazione dei due temi nella tonalità di impianto. Il tono leggero pervade tutta l’esposizione e il successivo breve sviluppo, dove assurge al ruolo di protagonista il motivo della transizione, eliminato, quest’ultimo, nella ripresa sfociante nella classica cadenza che conduce alla coda. Il clima sereno e disteso del primo movimento permane anche nel secondo, Andante ma non troppo, che si evidenzia per una scrittura fortemente melodica e per una struttura formale tripartita nella quale ad un’esposizione in forma-sonata seguono, prima, una sezione contrastante in cui il solista dialoga con l’orchestra e, poi, la sua ripresa abbreviata. Il clima da opera buffa ritorna nel terzo e ultimo movimento, Allegro, un classico rondò, nel quale è confermato il tono complessivamente gaio dell’opera soprattutto nel brillante motivo del refrain. Nei tre episodi, che si alternano al refrain, Mozart rielaborò in modo virtuosistico alcuni motivi esposti nella parte conclusiva dell’esposizione.
Durata: 21'
Johannes Brahms
Amburgo, 1833 - Vienna, 1897Sinfonia n. 3 in fa maggiore op.90
Allegro con brio
Andante
Poco allegretto
Allegro
“Non so dire quale movimento prediligo. Nel primo mi abbaglia il brillio dell’alba che sorge, raggi di sole che tremano fra gli alberi mentre tutto si apre alla vita. Il secondo è puro idillio […]. Il terzo assomiglia ad una perla, una perla grigia simile ad una lacrima melanconica. Poi la passione dell’ultimo tempo: una tale bellezza da togliermi la parole”.
Così Clara Schumann, in questa lettera indirizzata a Brahms, precisò, con rara efficacia descrittiva, le immagini e le emozioni suscitate in lei dalla Terza sinfonia, tanto intense ed ineffabili da toglierle la capacità di profferire parola. Clara Schumann aveva avvertito la presenza, in questa sinfonia, di toni idillici e leggendari oltre a echi del paesaggio renano. Con un tono più moderato si era espresso, invece, il compositore Ferruccio Busoni il quale, dopo la prima esecuzione avvenuta a Vienna presso la Società Filarmonica il 2 dicembre 1883 sotto la direzione di Hans Richter, pur non negando il valore e gli aspetti positivi dell’opera, scrivendo sull’«Indipendente» di Trieste, di cui era corrispondente nella capitale asburgica, aveva avanzato delle riserve:
“Il primo tempo, energico ed eroico, ha del Beethoven; i tempi di mezzo non reggono invece il confronto con gli altri due mentre il Finale, dapprima pieno di fuoco e di vita, chiude piuttosto fiacco. Tutto ciò non toglie che questa sinfonia debba essere annoverata tra le grandi creazioni moderne, benché non ci si possa astenere dall’asserire che essere il più grande in un’epoca in cui tutti sono piccoli non è difficile; e che scienza e profondità non bastano a mascherare povertà d’invenzione”.
Il giudizio di Busoni, alquanto critico e, per alcuni aspetti, severo, fu immediatamente smentito dal successo arriso alla sinfonia che in tutta Europa passò di trionfo in trionfo suscitando la meraviglia dello stesso autore che la definì la sinfonia disgraziatamente troppo celebre. Alla composizione della musica di questa sinfonia, sempre oggetto di giudizi contraddittori e paragonata da Richter e da Hanslick all’Eroica di Beethoven, contribuì certamente il periodo particolarmente felice trascorso da Brahms nell’estate del 1883 a Wiesbaden dove si era ritirato in compagnia di Hermine Spies, una giovane cantante che, qualche mese prima, aveva interpretato il suo Lied Serenata inutile. La Terza sinfonia nacque, quindi, in un momento di grande serenità e in un luogo alquanto singolare così descritto da Brahms in una lettera indirizzata a Billroth: «Mi sono insediato in un posto incredibile. Si potrebbe pensare che abbia ereditato i gusti di Wagner, se si venisse a sapere che lo studio che occupo era l’atelier di un pittore. Un ambiente decisamente singolare: altissimo, fresco, luminoso». A conferma di questa condizione di felicità lo stesso Brahms fece notare che le tre note iniziali (fa-la bemolle-fa) corrispondevano alle tre lettere musicali F.A.F. abbreviazione del motto Frei aber froh (libero ma felice).
Il primo movimento, Allegro con brio, in forma-sonata, si impone per il celebre attacco di grande effetto drammatico e per il motto di tre note esposto dai legni nella sezione acuta; da questo motto iniziale nascono gli altri due temi, dei quali il primo è di carattere popolare, mentre il terzo, affidato all’oboe, è estremamente dolce. Il secondo movimento, Andante, si staglia come un’oasi di serenità e di riposo, dopo il momento di forte tensione drammatica, con una scrittura liederistica che si associa al gusto della variazione. Famosissimo è il tema che apre il terzo movimento, Allegretto, di carattere fondamentalmente melodico e lirico sia nella struttura del primo tema, simile a quello delle Danze ungheresi, sia in quella del secondo in cui è prevalente un carattere lirico. Sintesi dell’intera sinfonia, soprattutto perché in esso convergono gli spunti drammatici del primo movimento e le zone elegiache degli altri, il Finale, Allegro, è caratterizzato dall’esposizione di tre temi crudi, drammatici che, insieme ad altre idee secondarie, contribuiscono a formare il grandioso sviluppo. Non meno importante e grandiosa è la coda che si conclude con un dolcissimo accordo di fa maggiore in pianissimo di consolante serenità.
Riccardo Viagrande
Durata: 36'