Smetana
Daniel Smith, direttore
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Programma
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Bedřich Smetana
Litomyšl 1824 - Praga 1884Mà vlast (La mia patria). Prima esecuzione assoluta della nuova edizione critica curata da Hugh Macdonald
Vyšehrad (Il Castello Alto)
Lento, Largo maestoso. Allegro vivo ma non agitato. Lento ma non troppo
Durata: 16’
Vltava (La Moldava)
Allegro comodo non agitato (Le sorgenti della Moldava, Caccia nel bosco). Lo stesso tempo ma moderato (Nozze di contadini). Lo stesso temo (Chiaro di luna e Ridda delle ninfe). Tempo I (Le rapide di san Giovanni, La Moldava nel suo corso largo, Motivo del "Vyšehrad")
Durata. 13'
Šárka
Allegro con fuoco ma non agitato, Più moderato assai. Moderato ma con calore. Moderato. Molto vivo
Durata. 10’
Z ceskych luhuv a hájuv (Dai prati e dai boschi di Boemia)
Molto moderato. Allegro poco vivo ma non troppo. Meno vivo. Allegro, Moderato, Più mosso. Presto (sol minore)
Durata: 14’
Tábor
Lento. Molto vivace, Lento, Molto vivace. Lento maestoso
Durata: 13’
Blaník
Allegro moderato. Andante non troppo, Più allegro ma non molto. Tempo di marcia. Grandioso vivace
Durata: 14’
“Era a luglio… che ho notato che in una delle mie orecchie le note delle ottave superiori erano intonate diversamente che nell'altra e che a volte avevo una sensazione di formicolio nelle orecchie e sentivo un rumore come se fossi in piedi vicino a una possente cascata. La mia condizione è cambiata continuamente fino alla fine di luglio, quando è diventata una situazione permanente ed è stata accompagnata da vertigini così che barcollavo avanti e indietro e potevo camminare dritto solo con la massima concentrazione”.
In questa lettera del mese di settembre del 1874 Bedřich Smetana informava la direzione del Teatro Nazionale di Praga, dove aveva ricoperto il ruolo di direttore principale dal 1866 delle sue precarie condizioni di salute e dell’insorgenza di quella sordità che lo avrebbe definitivamente allontanato dal teatro, ma non dalla musica e dalla composizione. Nel volgere di pochi mesi, infatti, Smetana sarebbe diventato sordo, come si apprende da una lettera del compositore a un suo caro amico, Josef Srb-Debrnov, nella quale si legge: “Il 20 ottobre ho perso completamente il mio udito”. Come si diceva, la sordità non allontanò Smetana dalla composizione che, anzi, avrebbe curato fino alla morte avvenuta nel 1884 in un ospedale psichiatrico di Praga. A questo difficile periodo e in particolar modo al quinquennio compreso tra il 1874 e il 1879 risale la composizione del ciclo di sei poemi sinfonici che Smetana avrebbe intitolato Mà vlast (La mia patria) e che, oggi, insieme all’opera La sposa venduta, è considerato il suo capolavoro. Quando nel 1874 Smetana si accinse a comporre Mà vlast, il compositore boemo aveva già una certa esperienza nel genere del poema sinfonico. Tra il 1858 al 1861 Smetana aveva composto, infatti, tre poemi sinfonici basati su drammi di Shakespeare (Riccardo III), Schiller (Il campo di Wallenstein) e Oehlenschläger (Haakon Jarl), ma con questo ciclo scrisse una vera e propria epopea sinfonica della Boemia che all’epoca faceva parte ancora dell’Impero Asburgico. Il ciclo, che fu completato nel 1879 dopo una rielaborazione che coinvolse i titoli di quattro poemi e l’aggiunta di due, fu eseguito nella sua interezza il 5 novembre 1882 a Praga con grande successo.
Completato il 18 novembre 1874 ed eseguito per la prima volta nella Sala Žofín di Praga, il 14 marzo 1875, Vyšehrad (Il Castello Alto) è il primo poema sinfonico del ciclo. Il titolo fa riferimento al nome della mitica rupe che si erge sulla Moldova e sulla quale si trova il castello che fu la prima residenza dei sovrani boemi. La corte dalla leggendaria principessa, Libuše, mitica fondatrice della dinastia Přemyslidi e della città di Praga, sembra rivivere nel racconto del bardo Lumir che introduce il suo canto con due arpe che danno vita ad un episodio cadenzale. La corte si materializza nel tema solenne sposto dai corni e dal fagotto che occupa la sezione iniziale (Largo e maestoso), mentre in quella centrale (Allegro vivo ma non agitato) è evocata la storia del popolo boemo con le battaglie, gli incendi e le devastazioni. Di struttura tripartita, il poema sinfonico si conclude con la ripresa (Lento ma non troppo) della sezione iniziale, dove però il tema perde quel carattere maestoso che lo aveva contraddistinto per essere riproposto in un’atmosfera più cupa. Al bardo Lumir non resta altro che allontanarsi da quel luogo di macerie con la sua arpa i cui suoni si perdono in pianissimo.
Del secondo poema sinfonico, Vltava (La Moldava), che egli compose in appena tre settimane tra il mese di novembre e il dicembre del 1874, i primi abbozzi risalgono ad una gita del 1867 nel punto in cui i due fiumi Vydra e Otava si uniscono per dare vita alla Moldova, il fiume che attraversa tutta la Boemia per gettarsi nell'Elba, e ad un'altra escursione alle rapide di San Giovanni in occasione della quale Smetana annotò: «Ho navigato in una barca sulle onde immense e sull'acqua profonda; la vista sul paesaggio delle due rive era magnifica e grandiosa». Eseguito, per la prima volta, a Praga, nella Sala Žofín, il 4 aprile 1875, il poema sinfonico presenta un sintetico programma:
"Due fonti sgorgano all'ombra della foresta boema, una calda e zampillante, l'altra fredda e tranquilla. Le loro acque scorrendo allegramente sul letto roccioso scintillano ai raggi del sole mattutino e, unendosi, formano il fiume Vltava [nome ceco della Moldava], che attraversando le valli della Boemia diventa un ampio fiume. Scorre in mezzo a folti boschi, in cui si sentono sempre più vicini gli allegri rumori della caccia e i suoni dei corni dei cacciatori, e attraversa pascoli erbosi e pianure, dove si celebra una festa di nozze con canti e danze. Di notte le ninfe del bosco e dell'acqua appaiono nelle sue onde luccicanti, in cui molte fortezze si riflettono come testimoni della gloria passata dei cavalieri e della fama guerriera svanita di epoche trascorse. Alle rapide di San Giovanni il fiume si getta ondeggiando tra le cataratte e con i suoi flutti spumeggianti si apre una strada attraverso i passaggi tra le rocce, fino all'ampio letto in cui scorre verso Praga, accolto dall'antica e onorata rocca di Vyserhad, dopo di che si allontana svanendo allo sguardo del poeta".
Nella realizzazione musicale di Smetana le due sorgenti vengono rappresentate da due motivi di carattere ondeggiante affidati rispettivamente ai flauti e ai clarinetti, che, sviluppandosi, danno vita al tema del fiume intonato da violini, oboi e fagotti. Questo tema, che ricorrerà spesso all'interno del poema sinfonico, dando ad esso la forma del Rondò, pur essendo diventato un caposaldo della musica tradizionale ceca, è, in realtà, derivato da una canzone popolare rinascimentale italiana Ballo di Mantova (conosciuta anche come Fuggi fuggi fuggi da questo cielo), che fu diffusa in tutta Europa dalle truppe mercenarie delle guerre d'Italia durante il '500 e il '600. Nel poema sinfonico i luoghi attraversati dal fiume vengono descritti attraverso una musica particolarmente suggestiva che evoca nell'ordine la Caccia nei boschi, le Nozze dei contadini, Chiaro di luna e ridda delle ninfe, Le rapide di San Giovanni. Il poema si conclude con la rappresentazione dell'ingresso trionfale del fiume nella città di Praga.
Del terzo poema sinfonico, Šárka, composto tra il mese di gennaio e il 25 febbraio del 1875 ed eseguito per la prima volta, a Praga, nella Sala Žofín, 17 marzo 1877, protagonista è l’eponima regina delle Amazzoni che, assetata di vendetta nei confronti degli uomini e fattasi legare dalle compagne ad un albero per sedurre il principe Ctirad, una volta liberata da quest’ultimo, giunto con il suo seguito, chiama con il corno le compagne nascoste nei dintorni scatenando la vendetta, come lo stesso Smetana indicò nel programma:
"Questo lavoro non rappresenta il paesaggio ma l'azione, ovvero la leggenda della fanciulla Šárka. La composizione si apre con un ritratto della fanciulla furente, che giura di vendicarsi dell'intero sesso maschile per l'infedeltà del suo amato. Si sente da lontano l'arrivo di Ctirad e dei suoi soldati, che vengono a umiliare e punire le ragazze. Da lontano odono il lamento di una fanciulla legata ad un albero. Vedendola, Ctirad è colpito dalla sua bellezza, se ne innamora appassionatamente e la libera. Con una pozione ella rende prima euforici Ctirad e i compagni d'arme, poi li fa cadere addormentati. Un segnale di corno richiama le donne dal luogo dove si erano nascoste: esse accorrono per commettere la loro vendetta sanguinaria. L'orrore di una strage di massa e la volontà di vendetta infine soddisfatta di Sarka, questa è la conclusione dell'opera".
Diviso in cinque sezioni, il poema sinfonico si apre con un episodio basato su un tema “selvaggio” esposto dai violini (Allegro con fuoco ma agitato) raddoppiati dai legni che rappresenta le furie di Šárka e che cede il posto ad una sezione (Più moderato assai) il cui incedere marziale evoca l’arrivo di Ctirad e dei suoi soldati. Il clarinetto dà voce al lamento della protagonista che fa breccia nel cuore di Ctirad il quale, da parte sua, dichiara il suo amore con il caldo suono del violoncello. Il loro amore si esprime nel cantabile episodio centrale, Moderato ma con calore, mentre ritmi fortemente accentati rappresentano con efficacia il successivo banchetto (Moderato). Nell’ultima parte (Molto) il suono del corno, a cui segue un doloroso episodio solistico del clarinetto che mette a nudo i sentimenti di Šárka, richiama le donne che si abbandonano alla sanguinaria vendetta.
Da un poema sinfonico “d’azione” si passa ad un altro descrittivo, come si evince dal programma di Z českých luhů a hájů (Dai prati e dai boschi di Boemia), composto tra il 3 giugno e il 18 ottobre 1875 ed eseguito, per la prima volta,a Praga, Sala Žofín, il 10 dicembre 1876:
"In una bella giornata d'estate siamo nei campi fioriti della Boemia, che con l'amabile profumo dei fiori e le fresche brezze ci colmano d'ispirazione. Nella profusione della natura risuona la nota naturalmente gioiosa della campagna appagata. Lontano dal tumultuoso trambusto dell'umanità, siamo condotti in un ombroso, quieto boschetto. Sospinto dalla leggera brezza, il sussurro delle foglie e dei rami giunge sempre più lontano e più forte, finché l'intero bosco risuona di echi, che si uniscono al cinguettante canto degli uccelli in un'infinita armonia. In questo inno alla natura, l'estatico suono dei corni risuona da lontano. Una forte raffica di vento interrompe questa pace solenne e porta alle nostre orecchie le melodie festose di una festa di campagna. Ci avviciniamo e ci troviamo nel mezzo di una vivace festa di contadini, che si divertono con musica e danze e sono felici d'essere vivi. Questa gioia di vivere risuona nei canti popolari ovunque in Boemia..."
Di questo poema sinfonico, in quattro sezioni, autentica protagonista è la natura che prende forma grazie alla raffinata tavolozza orchestrale usata da Smetana. Dopo la prima sezione Molto moderato, sembra materializzarsi il sussurro delle foglie del bosco che sono onomatopeicamente evocate dal soggetto, esposto dai primi violini, del fugato della seconda sezione (Allegro poco vivo ma non troppo. Meno vivo). In questa evocazione della natura trovano spazio momenti di gioia, come la festa contadina che assume le movenze di una polka nella terza sezione (Allegro. Moderato. Più mosso) e il travolgente finale (Presto).
La storia del popolo boemo ispira il quinto poema sinfonico, Tábor, che, composto insieme al sesto, Blaník, tra la fine del 1878 e l’inizio del 1879, fu eseguito insieme a quest’ultimo a Praga, nella Sala Žofín, il 4 gennaio 1880. Il titolo si riferisce al nome del villaggio fortificato fondato nel 1420 nei pressi del castello di Hradiště per ordine del capo hussita Jan Žižka. La rivolta hussita, di matrice religiosa, che, diventa, per Smetana, il simbolo della volontà di indipendenza del popolo ceco, si traduce musicalmente nel corale hussita "Ktož jsú boží bojovníci" ("Quelli che sono i guerrieri di Dio") che risuona nell’intero poema sinfonico, formalmente una sorta di contaminazione tra il rondò e il tema e variazioni.
L’ultimo poema sinfonico, Blaník, deriva il suo titolo dal nome dell’eponima montagna all’interno della quale, secondo una leggenda, dormirebbe un grande esercito di cavalieri che, agli ordini di San Venceslao, sono pronti a risvegliarsi in caso di pericolo per la patria annunciato da alcuni segni premonitori: se, da una parte, la vecchia quercia morta sotto il monte diventerà verde e una sorgente si trasformerà in un fiume, dall’altra, gli alberi del bosco improvvisamente diventeranno secchi. Musicalmente questo poema sinfonico, che si avvale dello stesso corale hussita utilizzato da Smetana in Tábor, è, in un certo qual modo, complementare a quest’ultimo, in quanto celebra il trionfo del popolo boemo nel poderoso finale, nel quale è introdotto dal compositore il tema di Vyšehrad a conferire unità all’intero ciclo.
I sei poemi sinfonici saranno eseguiti, in prima assoluta, in questo concerto nella nuova edizione critica curata da Hugh Macdonald e non in quella pubblicata dall'editore Urbánek che, basata sull'edizione di 140 anni fa, contiene diversi errori e letture errate dei manoscritti. Lo stesso maestro Smith ricorda di aver notato, circa 17 anni fa, quando studiava nella patria di Smetana, diverse correzioni indicate nelle parti dei professori d’orchestra.
Per il primo poema del ciclo, Macdonald ha posto a confronto la prima edizione (1880) pubblicata da Urbánek e l’arrangiamento per pianoforte a quattro mani (1879) con l’autografo rilevando, in questo modo, e, quindi, correggendo un gran numero di errori riguardanti le dinamiche e in particolar modo gli sf e gli sfz che nell’edizione a stampa erano indicati come dei semplici f. L’analisi delle fonti rivela, inoltre, che originariamente la parte delle due arpe era scritta per una sola e che solo dopo è stata divisa. Smetana, però, ha aggiunto in calce la presente nota “Nel caso non ci fosse una seconda arpa, una sola la può suonare”.
Per il secondo poema Macdonald, che ha posto a confronto l’autografo con la prima edizione a stampa (1880) della partitura e con l’arrangiamento per pianoforte a quattro mani realizzato da Smetana nel 1875 e pubblicato nel 1879, ha corretto diversi errori riguardanti le dinamiche e il fraseggio che nel manoscritto era indicati con grande precisione.
Per Šárka la cui prima edizione a stampa del 1890 è posteriore alla morte di Smetana, Macdonald ha corretto non solo molti errori riguardanti l’espressione e l’articolazione, ma anche altri attinenti all’orchestrazione e in particolar modo alla seconda parte dei violoncelli utilizzati spesso per rinforzare quella dei contrabbassi forse troppo deboli nelle orchestre dell’epoca.
Per quanto riguarda Z ceskych luhuv a hájuv (Dai prati e dai boschi di Boemia) la fonte principale è costituita dall’autografo che Macdonald ha posto a confronto con la prima edizione della partitura (1881) e la versione per pianoforte a 4 mani (1880) rivelando poche differenze, tra cui la tarda aggiunta della battuta 167 e la particolare notazione dei corni I e II (battute 25-33), la cui parte è scritta in chiave di basso contrariamente alla convenzione, già in uso nell’Ottocento, che la vuole in chiave di violino. Per gli ultimi due poemi sinfonici, la cui edizione critica sarà pubblicata nel 1922, non è possibile conoscere con precisione le novità apportate dalla presente edizione critica, la cui esecuzione precede la pubblicazione ufficiale dove si potranno leggere anche le note critiche riguardanti il processo variantistico.
Riccardo Viagrande
Durata: 80'