Smetana & Beethoven

Nicola Marasco, direttore

  • Luogo

  • Piazza Ruggiero Settimo

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Sabato
    19 Settembre 2020

    Ore

    21,00

    Durata

    40min.

    Prezzi

    5 - €

    Calendario

  • Programma

  • Bedřich Smetana
    Litomyšl 1824 - Praga 1884

    La Moldava

    Allegro comodo non agitato (Le sorgenti della Moldava, Caccia nel bosco). Lo stesso tempo ma moderato (Nozze di contadini). Lo stesso temo (Chiaro di luna e Ridda delle ninfe). Tempo I (Le rapide di san Giovanni, La Moldava nel suo corso largo, Motivo del "Vyšehrad")

     

    "Due fonti sgorgano all'ombra della foresta boema, una calda e zampillante, l'altra fredda e tranquilla. Le loro acque scorrendo allegramente sul letto roccioso scintillano ai raggi del sole mattutino e, unendosi, formano il fiume Vltava [nome ceco della Moldava], che attraversando le valli della Boemia diventa un ampio fiume. Scorre in mezzo a folti boschi, in cui si sentono sempre più vicini gli allegri rumori della caccia e i suoni dei corni dei cacciatori, e attraversa pascoli erbosi e pianure, dove si celebra una festa di nozze con canti e danze. Di notte le ninfe del bosco e dell'acqua appaiono nelle sue onde luccicanti, in cui molte fortezze si riflettono come testimoni della gloria passata dei cavalieri e della fama guerriera svanita di epoche trascorse. Alle rapide di San Giovanni il fiume si getta ondeggiando tra le cataratte e con i suoi flutti spumeggianti si apre una strada attraverso i passaggi tra le rocce, fino all'ampio letto in cui scorre verso Praga, accolto dall'antica e onorata rocca di Vyserhad, dopo di che si allontana svanendo allo sguardo del poeta".

    È questo il sintetico programma della Moldova, il primo dei sei poemi sinfonici composti da Bedřich Smetana tra il 1874 al 1879 e che egli riunì in un'unica raccolta dal significativo titolo Ma Vlast (La mia patria) e che costituiscono la massima espressione del suo nazionalismo musicale. In realtà, di questo poema sinfonico che egli compose in appena tre settimane tra il mese di novembre e il dicembre del 1874, i primi abbozzi risalgono ad una gita del 1867 nel punto in cui i due fiumi Vydra e Otava si uniscono per dare vita alla Moldova, il fiume che attraversa tutta la Boemia per gettarsi nell'Elba e ad un'altra escursione alle rapide di San Giovanni in occasione della quale annotò: «Ho navigato in una barca sulle onde immense e sull'acqua profonda; la vista sul paesaggio delle due rive era magnifica e grandiosa».

    Nella realizzazione musicale di Smetana le due sorgenti vengono rappresentate da due motivi di carattere ondeggiante affidati rispettivamente ai flauti e ai clarinetti, che, sviluppandosi, danno vita al tema del fiume intonato da violini, oboi e fagotti. Questo tema, che ricorrerà spesso all'interno del poema sinfonico, dando ad esso la forma del Rondò, pur essendo diventato un caposaldo della musica tradizionale ceca, è, in realtà, derivato da una canzone popolare rinascimentale italiana Ballo di Mantova (conosciuto anche come Fuggi fuggi fuggi da questo cielo), che fu diffuso in tutta Europa dalle truppe mercenarie delle guerre d'Italia durante il '500 e il '600. Nel poema sinfonico i luoghi attraversati dal fiume vengono descritti attraverso una musica particolarmente suggestiva che evoca nell'ordine la Caccia nei boschi, le Nozze dei contadini, Chiaro di luna e ridda delle ninfe, Le rapide di San Giovanni. Il poema si conclude con la rappresentazione dell'ingresso trionfale del fiume nella città di Praga.

     

    Durata: 13'

    Ludwig van Beethoven
    Bonn, 1770 - Vienna, 1827

    Sinfonia n. 6 “Pastorale” in fa maggiore op. 68

    Allegro ma non troppo

    Andante molto mosso

    Allegro

    Allegro

    Allegretto

     

    La Sesta sinfonia di Beethoven, meglio conosciuta come Sinfonia “Pastorale”, fu concepita probabilmente nel 1802, anno in cui era stato eseguito, per la prima volta, l’oratorio di Haydn, Le Stagioni, nel quale erano descritti paesaggi naturali e la vita campestre; Beethoven, amante della natura, non si lasciò sfuggire l’occasione di comporre un lavoro a sfondo pastorale, ma alla forma dell’Oratorio preferì quella sinfonica per non subire imposizioni da un testo letterario. In questa sinfonia, tuttavia, Beethoven non si limitò a una semplice descrizione della natura, ma si propose lo scopo, come egli stesso scrisse, di far sì che essa, grazie alla magia degli strumenti musicali, manifestasse solo sentimenti; egli stesso annotò, inoltre, che l’ascoltatore doveva essere capace di scoprire da sé le varie situazioni e formarsi un ideale di vita campestre senza bisogno di ricorrere a titoli per risalire con l’immaginazione alle intenzioni del compositore. La sinfonia, dedicata al principe Lobkowitz e al conte Rasumovsky, fu iniziata nell’estate del 1807 e, terminata nel maggio del 1808, fu eseguita per la prima volta, sotto la sua direzione, insieme alla Quinta e ad altri lavori in un lunghissimo concerto tenuto a Vienna, al Theater an der Wien, il 22 dicembre 1808. L’accoglienza del pubblico fu piuttosto fredda anche per la lunga durata dell’Accademia che comprendeva oltre alle due sinfonie, una Scena e aria, cantata da Mademoiselle Killishky, un Gloria, il Concerto n. 4 op. 58 per pianoforte e orchestra, un Sanctus con solista e coro e la Fantasia op. 80 per coro, pianoforte e orchestra. A tale proposito è significativo quanto scrisse il compositore Johann Friedrich Reichardt che, ospite del principe Lobkowitz, assistette al concerto:

    “Vi siamo stati a sedere dalle sei e mezza fino alle dieci e mezza in un freddo polare, e abbiamo imparato che ci si può stufare anche delle cose belle. Il povero Beethoven, che da questo concerto poteva ricavare il primo e unico guadagno di tutta l’annata, aveva avuto difficoltà e contrasti nell’organizzarlo. […] Cantanti e orchestra erano formati da parti molto eterogenee. Non era stato nemmeno possibile ottenere una prova generale di tutti i pezzi, pieni di passi difficilissimi. Ti stupirai di tutto quel che questo fecondissimo genio e instancabile lavoratore ha fatto durante queste quattro ore. Prima una Sinfonia Pastorale o ricordi della vita campestre pieni di vivacissime pitture e di immagini. Questa Sinfonia Pastorale dura assai di più di quanto non duri da noi a Berlino un intero concerto di corte. […] Poi, come sesto pezzo, una lunga scena italiana […] Settimo pezzo: un Gloria, la cui esecuzione è stata purtroppo completamente mancata. Ottavo brano: un nuovo concerto per pianoforte e orchestra di straordinaria difficoltà […]. Nono pezzo: una Sinfonia [la Sinfonia n. 5 op. 67]. Decimo pezzo: un Sanctus […]. Ma al concerto mancava ancora il “gran finale”: la Fantasia per pianoforte, coro e orchestra. Stanchi e assiderati, gli esecutori si smarrirono del tutto”.

    Lo stesso Beethoven evidenziò le difficoltà incontrate per l’esecuzione del suo concerto, ma scrisse anche che il pubblico lo aveva gradito; leggiamo, infatti, in una lettera del 7 gennaio 1809:

    “Ci sarà forse qualche articolo offensivo nella Musikalische Zeitung (Gazzetta musicale) a proposito del mio ultimo concerto. Io non pretendo che si sopprima tutto quello che si dice e fa contro di me, ma occorre sapere che qui nessuno ha più nemici di me; e lo si capisce tanto meglio quando si vede quanto vada peggiorando lo stato della musica. Abbiamo direttori che ne capiscono di direzione tanto quanto ne capiscono di educazione – e al Theater an der Wien c’è veramente di peggio – è lì che ho dovuto dare il mio concerto e mi hanno piazzato ostacoli da tutte le parti. Mi hanno giocato un orribile scherzo, per puro odio nei  miei confronti, perché il signor Salieri ha minacciato di espulsione tutti i musicisti della sua compagnia che avessero suonato per me; eppure, malgrado alcuni gravi errori che non potevo prevenire, il pubblico ha accolto tutto con il più grande entusiasmo. Ciò nonostante, gli scribacchini non mancheranno di scrivere robaccia contro di me nella Musikalische Zeitung. Gli orchestrali erano particolarmente furiosi perché soltanto per incuria sono stati commessi errori proprio nel pezzo più semplice e facile. D’un tratto io ho ordinato loro di fermarsi e ho gridato: ”ricominciamo”. Una cosa del genere lì non era mai accaduta prima. Il pubblico ha testimoniato tutto il suo compiacimento”.

    La Sinfonia “Pastorale”, innovativa rispetto al periodo in cui fu composta, è costituita, a livello macroformale, da cinque movimenti piuttosto che dai quattro tipici dell’era classica e a ciascuno di essi è stato attribuito da Beethoven un titolo programmatico. Nell’ordine i titoli sono: Risveglio di piacevoli sentimenti all’arrivo in campagna; Scena al ruscello; Allegra riunione di gente di campagna; Tempesta; Canzoni di pastori e sentimenti piacevoli e di ringraziamento dopo la tempesta. La natura sembra, quindi, protagonista dell’opera, ma solo nel modo in cui può essere vista e sentita dall’uomo e, come tale, per la sua capacità di suscitare sentimenti benevoli e sereni. Il primo movimento, Allegro ma non troppo, si presenta calmo e piacevole nella descrizione dei sentimenti provati all’arrivo in campagna. Esso, in forma-sonata, è costituito da sette distinti motivi sviluppati in modo estensivo che conferiscono, con la loro ripetizione, una microscopica tessitura come non ha mancato di notare Yvonne Frindle, forse eccessivamente suggestionata dal titolo programmatico, scrivendo:

    “La ripetizione infinita del modello in natura è resa attraverso cellule ritmiche, la sua immensità attraverso pure armonie sostenute”.

    Il secondo movimento, Andante molto mosso, anch’esso in forma-sonata e in chiave di si bemolle, si distingue per la serenità arcadica che sembra liberare l’uomo da tutti i problemi quotidiani. Esso inizia con un motivo che, affidato agli archi, rende chiaramente lo scorrere dell’acqua, imitato da due violoncelli alle cui note, suonate in sordina, rispondono il resto dei violoncelli e i contrabbassi con note in pizzicato. Verso la fine tre legni imitano i richiami degli uccelli; lo stesso Beethoven nella partitura affidò la rappresentazione del canto degli uccelli a tre strumenti e precisamente l’usignolo al flauto, la quaglia all’oboe e il cucù al clarinetto. Il terzo movimento in fa maggiore, in cui sono descritti i divertimenti di un allegro gruppo di contadini, si presenta nella forma di uno scherzo alterato; vi sono, infatti, due trii in tempo binario interrotti alla loro apparizione da un passaggio esuberante in tempo 2/4. Nel finale ritorna lo scherzo che riporta la calma con un tempo più lento dopo la sfrenata danza dei contadini i quali si accorgono che cominciano a cadere gocce di pioggia.

    Il quarto movimento, Allegro, in fa maggiore, dipinge con accurato realismo un temporale i cui elementi sono descritti con scale cromatiche che evidenziano il passaggio dalle poche gocce di pioggia alla violenta tempesta con tuoni, fulmini e forti venti per arrivare, nel finale, ad una transizione di grande fascino che sembra esprimere la cessazione della tempesta e l’apparizione dell’arcobaleno. Non avendo una cadenza finale, molti critici hanno considerato questo movimento come un’introduzione al quinto, Allegretto, in fa maggiore e in forma di rondò-sonata. Qui il descrittivismo lascia il posto a sentimenti di serenità e quasi ad una preghiera di ringraziamento a Dio, rappresentata da un tema di otto misure che, come nella maggior parte dei finali delle sinfonie, viene enfatizzato. L’opera si conclude con una coda che, secondo Antony Hopkins, presenta la musica più bella della sinfonia. Particolarmente suggestiva è, infatti, in questa parte conclusiva, la ripresa del tema in pianissimo e sottovoce, enfatizzata allentando leggermente il tempo.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 40'