Bartók & Čajkovskij

Gábor Takács-Nagy, direttore

Patricia Kopachinskaja, violino

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    22 Marzo 2019

    Ore

    21,00

    Durata

    90min.

    Prezzi

    12 - 25 €

    Calendario

  • Giorno

    Sabato
    23 Marzo 2019

    Ore

    17,30

    Durata

    90min.

    Prezzi

    12 - 25 €

    Calendario

19° Concerto in abbonamento

Direttore:
Gábor Takács-Nagy

Direttore:
Patricia Kopachinskaja

Ritorna Bartók, tra i giganti del XX secolo, con il suo lavoro più celebre, scritto nel 1937 per Paul Sacher, il mecenate svizzero che sostenne con ricche commissioni Stravinskij, Honegger, e più tardi Berio e Boulez, lasciando loro piena libertà. L’inventiva e l’immaginazione della Musica di Bartók sono accoppiate a una solidità costruttivista affine alle poetica contemporanea di Paul Klee. La Kopachinskaja per la prima volta in Sicilia debutta con uno dei concerti per violino più amati dal pubblico.

  • Programma

  • Béla Bartók
    Nagyszentmiklós, 1881 - New York, 1945

    Musica per archi, percussioni e celesta Sz 106

    Andante tranquillo

    Allegro

    Adagio

    Allegro molto

     

    Composta nel 1936 su commissione di Paul Sacher, al quale è anche dedicata, in occasione del decimo anniversario della fondazione dell’Orchestra da Camera di Basilea che la eseguì per la prima volta il 21 gennaio del 1937 con grande successo, la Musica per archi, percussione e celesta è certamente uno dei capolavori non solo della produzione di Bartók, ma di tutta la musica del Novecento sia per la magistrale sintesi, a livello formale e stilistico, di elementi tradizionali e di scelte innovative, sia per la grande popolarità di cui ha goduto e continua a godere. Un successo superiore arrise a questo lavoro quando fu eseguito a Baden-Baden sotto la direzione di Herbert Aubert, come testimoniato da un rappresentante dell’Universal il quale scrisse alla casa editrice:

    “Quest’opera di Bartók ha superato di gran lunga le precedenti… gli esecutori hanno mostrato tutti un entusiasmo che non si vedeva da tempo. Anche il pubblico ha apprezzato molto l’esecuzione e l’orchestra è stata più volte applaudita… l’atmosfera durante l’esecuzione era molto tesa. È stata una di quelle rare occasioni in cui anche chi non apprezza Bartók si è sentito trascinato dal potere della sua espressività”.

    L’opera godette di uno straordinario successo anche fuori dalle sale da concerto; la musica del secondo movimento è stata, infatti, utilizzata per la colonna sonora del film  Essere John Malkovich del regista Spike Jonze, mentre il terzo movimento, Adagio, corrisponde ad un passo della colonna sonora del film The Shining di Stanley Kubrick. A quest’opera s’ispirò anche Goffredo Petrassi per la composizione del suo Quarto concerto per orchestra, come lo stesso compositore ebbe modo di confessare in una lunga intervista rilasciata ad Enzo Restagno:

    “Il Quarto Concerto è forse l’opera più impegnativa che ho scritto in quel periodo. È un concerto molto sviluppato che dura, mi pare, sui 24-25 minuti e risente della lezione di Bartók, non del Concerto per orchestra di Bartók, ma soprattutto della Musica per archi, percussione e celesta. Oltre l’influenza di Bartók l’opera contiene in certi punti anche un’elaborazione seriale abbastanza approfondita”.

    La popolarità, di cui l’opera di Bartók ha goduto, è certamente la testimonianza tangibile del suo valore e anche delle sue caratteristiche timbriche ottenute grazie ad un organico molto particolare la cui disposizione è stata prescritta dal compositore nei minimi dettagli. In questo lavoro, in cui il pianoforte è utilizzato come strumento percussivo, il compositore attuò una mirabile sintesi tra la tradizione classica rappresentata dalla stupenda fuga del primo movimento, Andante tranquillo, e principi formali innovativi, come l’adozione della sezione aurea che scandisce il brano in due sezioni diverse e determina l’ingresso degli altri strumenti. Il tema di questa fuga rigorosa lega inscindibilmente tutti e quattro i movimenti dell’opera ed è costituito da cromatismi ascendenti e discendenti in una struttura che potremmo definire a ponte, ma che, secondo alcuni critici, ricorda procedimenti seriali. Protagonista del secondo movimento, Allegro, in forma-sonata con un ampio sviluppo, è il pianoforte che qui appare nella sua funzione di percussione in una scrittura aggressiva nella quale risultano esaltati i diversi colori orchestrali grazie anche ad un contrappunto astratto ma raffinato. Molto bella è la ripresa caratterizzata dal ritmo danzante di 3/8. Il terzo movimento, Adagio, è strutturato secondo il principio della forma a ponte già utilizzato da Bartók nel Secondo concerto per pianoforte e orchestra, che qui dà vita a una pagina ricca di sonorità di grande fascino. Estremamente complesso dal punto di vista formale è l’ultimo movimento, Allegro molto, divisibile a livello macroformale in quattro sezioni.  Protagonista di questo movimento è ancora il folklore magiaro che si esprime in metri danzanti e contrasta con il carattere pensoso del movimento precedente.

    Durata: 26'

    Pëtr Il'ič Čajkovskij
    Votkinsk, 1840 - San Pietroburgo, 1893

    Concerto in re maggiore op. 35 per violino e orchestra

    Allegro moderato

    Canzonetta, Andante

    Finale, Allegro vivacissimo

     

    Il Concerto in re maggiore per violino e orchestra fu scritto da Čajkovskij tra i mesi di marzo e aprile 1878 a Clarens, presso il lago di Ginevra, dove si era rifugiato per riprendersi da una grave crisi depressiva che lo aveva portato alle soglie della follia. L’affrettato matrimonio con Antonina Miljukova, che si era rivelato fallimentare tanto da non superare il breve periodo di tre mesi, aveva minato il suo fragile equilibrio psichico come egli stesso ebbe modo di precisare in una lettera all’amica Nadežda von Meck:

    “Ho passato due settimane a Mosca con mia moglie. Sono state due settimane di insopportabili e continue torture morali. Ero disperato. Ho cercato di morire perché mi sembrava l’unica via di scampo. Ho attraversato momenti di follia durante i quali la mia mente era piena di un tale odio verso la mia sfortunata moglie che ho desiderato di 

    strangolarla. Ero incapace persino di fare il mio lavoro al conservatorio. Non sapevo più cosa fare”.

    Una sera, quando la sua sofferenza ulteriormente acutizzatasi divenne insopportabile, egli si gettò nelle acque gelide della Moscova nella speranza di contrarre una malattia che lo conducesse a morte certa non volendo recare un disonore al nome della famiglia con un suicidio. I suoi propositi suicidi, per fortuna, fallirono e il bagno estemporaneo nella Moscova non procurò danni alla sua salute. Decise, allora, di abbandonare la moglie e di recarsi a Pietroburgo presso il fratello Anatolij che, vedendolo in quelle condizioni pietose, pensò bene di allontanarlo dalla Russia con la motivazione che Čajkovskij era stato scelto come rappresentante della Russia all’Esposizione Universale di Parigi. In realtà la meta del loro viaggio fu il paesino sul lago di Ginevra scelto per il clima particolarmente salubre idoneo a facilitare la cura anche delle malattie nervose e, grazie ad una vita tranquilla e regolare, lentamente il compositore recuperò una certa stabilità tanto da sentire il bisogno di riprendere a comporre. Nacque così l’idea del Concerto per violino e orchestra ispirato dal violinista Kotek che lo aveva raggiunto nella sua dimora svizzera e dei cui suggerimenti tecnici egli si avvalse per la parte solistica, anche se, nonostante la preziosa collaborazione del violinista, decise, poi, di dedicare il Concerto a Leopold Auer, caposcuola di un gruppo di violinisti per la maggior parte ebrei provenienti da Odessa, motivando tale scelta, come scrisse al suo editore  Jurgenson, con il desiderio di non suscitare nuovi pettegolezzi. Auer, tuttavia, pur dichiarandosi lusingato e onorato per la dedica, si rifiutò di eseguire il Concerto che poté avere la sua prima esecuzione europea a Vienna il 4 luglio 1881 grazie al giovane violinista Adolf Brodski, al quale il compositore alla fine dedicò la partitura. Nonostante i consensi favorevoli del pubblico i critici, soprattutto Hanslick, non furono molto clementi, come lo stesso Čajkovskij ebbe modo di testimoniare:

    “Per caso, nella sala di lettura dell'hotel, mi è capitata in mano una copia del quotidiano «Neue Freie Presse», dove Hanslick tiene la sua rubrica musicale. A proposito del mio Concerto per violino, scrive che, in generale, per quanto conosca le mie opere, esse si distinguono per la loro incoerenza, completa mancanza di gusto, rozzezza e barbarie. Per ciò che riguarda il Concerto per violino il suo inizio non è male, ma più si va avanti, peggio è. Alla fine del primo movimento, egli sostiene, il violino non suona, bensì raglia, stride, ruggisce […] Auer, a cui il concerto era dedicato, mi gioca sporchi tiri di ogni genere. Come non essere commosso e riconoscente al caro Brodksij che sopporta adesso, a causa mia, gli insulti dei giornali viennesi?” 

    Le stroncature della critica non scoraggiarono il giovane violinista che eseguì nuovamente il Concerto a Mosca il 20 agosto 1882 con un discreto successo.

    Il primo movimento, Allegro moderato, in forma-sonata, si apre con un motto introduttivo affidato agli archi e ripreso quasi in eco dai legni mentre il solista, dopo una breve cadenza dove presenta le caratteristiche melodiche, timbriche e tecniche dello strumento, espone il primo tema (Moderato assai), semplice ma appassionato e subito variato in senso virtuosistico; anche il secondo tema, di carattere lirico e contrastante con il primo, è sottoposto a un’importante elaborazione virtuosistica.

    Il secondo movimento, Canzonetta (Andante), si apre in modo molto suggestivo dal punto di vista timbrico con una combinazione di corni e archi tipica della scrittura di Čajkovskij. Il violino espone una melodia di raccolto lirismo strutturata in modo asimmetrico. Questo secondo movimento, che ha una struttura tripartita con un’introduzione e una coda, si segnala per una scrittura molto raffinata dal punto di vista timbrico che pone a confronto il solista con gli altri strumenti e con piccole sezioni orchestrali. Di carattere spiccatamente virtuosistico è il Finale, Allegro vivacissimo, nel quale vengono esposte tre diverse idee tematiche; la prima, introdotta da una breve cadenza, è molto sviluppata, mentre la seconda è un tema di danza e la terza, infine, che funge quasi da intermezzo, è esposta dai legni e, poi, ripresa dal solista.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 31'