Beethoven/ Mahler

Markus Stenz, direttore

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

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    Durata

    Prezzo

     

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    Venerdì
    06 Dicembre 2024

    Ore

    21,00

    Durata

    70min.

    Prezzi

    - €

    Calendario

  • Giorno

    Sabato
    07 Dicembre 2024

    Ore

    17,30

    Durata

    70min.

    Prezzi

    - €

    Calendario

  • Programma

  • Ludwig van Beethoven
    Bonn, 1770 - Vienna, 1827

    Leonora n. 3, ouverture op. 72a

    Adagio, Allegro, Presto

     

    Terza delle quattro ouvertures composte da Beethoven per la sua opera Fidelio, il cui titolo originario era Leonora, ne costituisce una magistrale sintesi tanto che dalla critica è stata definita all’unanimità come uno dei suoi più grandi capolavori sinfonici. L’ouverture, composta per la ripresa in due sole serate, il 29 marzo e il 10 aprile 1806, del Fidelio, diretto, in quell’occasione, da J. von Seyfried, è una rielaborazione della Leonora n. 2 già eseguita al Teatro An der Wien per la prima rappresentazione assoluta dell’opera sotto la direzione dello stesso compositore. Beethoven, inizialmente, aveva composto un’altra ouverture, la Leonora n. 1, ma, ritenendola non conforme al principio gluckiano secondo cui l’ouverture doveva contenere i temi dell’opera e costituirne una sintesi, decise quasi subito di non servirsene.

    Rispetto alla Leonora n. 1, che contiene soltanto qualche riferimento all’aria, In des Lebens Frülhingstagen (Nella primavera della vita), di Florestano languente nel carcere dove è rinchiuso, già la Leonora n. 2 presenta molti spunti tematici dell’opera, che nella terza ouverture vengono organizzati in modo conforme alla forma-sonata. Nemmeno quest’ouverture, tuttavia, soddisfece Beethoven che per la terza rappresentazione del Fidelio, andato in scena al Teatro di Porta Carinzia di Vienna il 23 maggio 1814, ne compose una nuova nella quale è assente ogni riferimento all’opera stessa. Beethoven, considerando la Leonora n. 3 anticipatrice del secondo atto corrispondente alla parte più drammatica dell’opera, là dove si delinea la figura di Florestano languente nel carcere fino alla definitiva liberazione, ritenne più opportuno che fosse lo stesso spettatore a seguire lo sviluppo della vicenda sulla scena. Il carattere drammatico dell’ouverture, inoltre, sembrò a Beethoven troppo stridente con l’inizio dell’opera che si inscrive a buon diritto nel genere del dramma borghese con gli equivoci sentimentali di Marcellina, Jaquino e Fidelio. Ciò che appare strano è che la Leonora n. 3 sia stata sostituita con una nuova ouverture proprio nell’ultima versione del Fidelio al quale l’intervento del librettista Georg Friedrich Treitschke aveva attribuito un carattere più spiccatamente drammatico. Per la sua bellezza, tuttavia, l’ouverture ha trovato una collocazione stabile nel repertorio sinfonico ed è stata reintegrata nell’atto secondo nell’opera prima dell’ultimo quadro.

    L’opera, scritta, nella sua versione originale, su libretto di Joseph Sonnleithner, è tratta da un dramma di Jean-Nicolas Bouilly che si ispirò a un fatto realmente accaduto nelle Turenna francese durante il periodo del terrore e di cui fu protagonista una dama impegnata nel tentativo di salvare il marito da un’ingiusta condanna. Sonnleithner traspose l’ambientazione dalla Francia alla Spagna mantenendo, però, le linee fondamentali della vicenda e, soprattutto, il riferimento a valori come la lotta contro l’ingiustizia e il trionfo del bene sul male. Vittima dell’ingiustizia è, in quest’opera, Florestano che si vede rinchiuso, suo malgrado, nel carcere dal suo avversario, il governatore Pizarro, solo per aver detto la verità. Mentre il governatore medita di uccidere l’uomo, s’introduce nel carcere, per salvare il marito, Leonora sotto le mentite spoglie di Fidelio. L’annuncio dell’imminente visita del Ministro di Stato induce Pizarro ad accelerare la realizzazione dei suoi propositi omicidi, manifestati a Rocco in un colloquio a cui assiste Leonora ignara che si tratti del marito. Con la motivazione, niente affatto credibile, di aiutare Rocco a scavare la fossa per il prigioniero, Leonora entra nella segreta dove è rinchiuso Florestano e riconosce il marito. Nel frattempo giunge Pizarro per uccidere Florestano e, quando Leonora lo trattiene svelando la sua identità, vorrebbe uccidere entrambi, salvati dal provvidenziale arrivo del Ministro che, alla fine, dando ordine di liberare i prigionieri, scongiura il tragico epilogo.

    Beethoven, consapevole del valore drammatico dell’atto secondo, che si apre con Florestano che, languente nel carcere, canta la già citata In des Lebens Frülhingstagen, introdusse nell’Adagio iniziale dell’ouverture il suo drammatico tema esposto dai clarinetti e dai fagotti e preceduto da un altrettanto drammatico disegno ascendente. Il primo tema dell’Allegro, in forma-sonata, è costituito da una rielaborazione dell’accompagnamento orchestrale della seconda parte della stessa aria segnata nella partitura con l’andamento Poco allegro e di una sezione del duetto di Leonora e Florestano del penultimo quadro. A questo si contrappone il sognante secondo tema che con il suo movimento ascendente, ancora minato da ansiose appoggiature discendenti nella parte conclusiva, sembra presagire il felice scioglimento della drammatica vicenda nella parte centrale dell’ouverture, dove, annunciato dai solenni squilli delle trombe, appare un tema che ricorda la struttura dell’inno e rappresenta perfettamente la liberazione dei prigionieri da parte del Ministro di Stato.

    Rispetto alla Leonora n. 2 Beethoven, dopo lo sviluppo, introdusse la ripresa seguendo, in questo modo, i principi della forma-sonata, anche se separò il momento lieto della liberazione dal tripudio conclusivo, marcato nella partitura dal Presto nel quale appare, a ulteriore conferma della vittoria del bene sul male, il tema dell’Allegro esposto in una forma trionfale. Il bene, la giustizia, ma anche l’amore coniugale, figli della Ragione illuminista, trionfano e Beethoven finalmente può dirsi soddisfatto di aver coniugato l’intensità del dramma con la risoluzione liberatoria della vicenda e, altresì, con l’efficace esaltazione dei valori morali.

    Durata: 14'

    Gustav Mahler
    Kaliště, 1860 - Vienna, 1911

    Sinfonia n. 1 in re maggiore "Titano"

    “L’intera mia vita è in esse contenuta: ho in loro infuso la mia esperienza e la mia sofferenza […]: chi saprà ascoltarla vedrà chiaramente nell’intero intimo mio, perché le mie creazioni e la mia esistenza sono così strettamente intrecciate che se la mia vita dovesse fluire pacifica come un ruscello attraverso un prato, io credo che non sarei capace di comporre più nulla”.

    In queste sincere e, per certi aspetti, drammatiche parole di Mahler è racchiuso il significato profondo delle sue prime due sinfonie nelle quali si avverte l’unità inscindibile tra vita e arte, esperienza e impulso creativo, modulazioni del sentimento e bisogno di tradurle in note musicali. Con la Sinfonia n. 1 in re maggiore “Titano” egli scrisse il primo importante capitolo della sua autobiografia musicale dando pratica attuazione a un’esigenza narrativa che sapeva di poter esprimere solo attraverso il linguaggio della musica. Questa esigenza fu avvertita come un carattere dominante di tutta la sinfonia già sin dalla prima esecuzione avvenuta a Budapest il 20 novembre 1889, quando fu presentata dall’autore al pubblico con il titolo, di ascendenza lisztiana, Symphonische Dichtung in zwei Teilen (Poema sinfonico in due parti) e con un programma del quale la prima parte, intitolata Giorni della giovinezza – fiori, frutti e spine, comprendeva i primi tre movimenti, e la seconda, Commedia umana, gli ultimi due.

    La Sinfonia subì nel corso degli anni vari rifacimenti con modifiche dei titoli e sostituzioni di movimenti. I titoli dei movimenti della prima versione erano infatti: Eterna primavera per il primo che descriveva il risveglio della natura all’aurora; Blumine-Una ghirlanda di fiori per il secondo in seguito eliminato; A gonfie vele per il terzo; Piantato in asso – Marcia funebre alla maniera di Callot per il quarto in cui era descritto il funerale del cacciatore e, infine, Dall’Inferno al Paradiso per il quinto aperto da una musica che esprimeva l’erompere improvviso di un cuore ferito.

    Per la seconda versione, eseguita ad Amburgo nel 1893 e a Weimar l’anno successivo, Mahler, pur mantenendo intatta la struttura in cinque movimenti, decise di dare al poema sinfonico il titolo di Aus dem Leben eines Einsamen (Dalla vita di un solitario), come si legge nel manoscritto del 1891 conservato nella Osborn Collection presso la Yale University. Questo titolo fu sostituito in seguito con quello definitivo di Titano tratto dall’omonimo romanzo di Jean Paul che, secondo quanto affermato dal compositore stesso, non ispirò direttamente la sua opera. Essa, infatti, non è una puntuale realizzazione musicale del lavoro narrativo, il cui protagonista Roquairol, il Titano appunto, costituisce un eroe negativo che si configura come l’alter ego dell’altro protagonista del romanzo, il principe Albano, eroe positivo. Probabilmente ad attirare l’interesse di Mahler non fu tanto la figura di Roquairol, protagonista di una vera e propria Verbildung (deformazione), la cui vita fu caratterizzata da un’eccessiva importanza data alle apparenze e a un vacuo estetismo, quanto la sua accesa sensibilità romantica evidenziata in questo ritratto fatto da Jean Paul:

    “Un prototipo delle forme in cui l’era aveva modellato la passione e la bruciante disperazione […], come conscio desiderio che si sviluppa in bizzarra eccentricità; siccome il mondo circostante non sa cosa farsene e poiché esso non possiede il potere di aggrapparsi alla realtà, di riplasmarla e di sottometterla; diviene così una malattia che rode interiormente e che conduce a una morbosa auto-contemplazione e al suicidio”.

    Presentata al pubblico come Sinfonia n. 1 il 16 marzo 1896 a Berlino, Mahler decise di eliminare, insieme al secondo movimento Blumine, anche il titolo Titano e il programma. Il titolo Titano è, tuttavia, ancora oggi usato per identificare questo lavoro.

    Di grande suggestione è l’incipit del primo movimento che si svolge su un pedale di la, tenuto dagli archi per ben 61 battute ed esteso su sette ottave, che evoca la misteriosa grandezza della natura a cui, non a caso, il compositore fa cenno nell’indicazione Wie ein Naturlaut (Come un suono della natura). In questa parte iniziale i lamenti per l’innocenza perduta, rappresentati dal suono del corno, si mescolano a fanfare militari, mentre prende forma il caratteristico intervallo di quarta discendente che costituisce la base di tutti i movimenti della sinfonia, eccezion fatta per Blumine eliminata probabilmente per questo motivo. Dopo questa introduzione prende l’avvio il vero e proprio movimento scritto nella classica forma-sonata con il primo tema, tratto dal secondo Lied, Ging heut’ morgen übers Feld (Me ne andavo stamane per i prati), della raccolta Lieder eines fahrenden Gesellen (Canti di un giramondo), a cui seguono diversi temi cantabili che evocano ora immagini agresti ora il canto degli uccelli. In questa pagina sembra che Mahler si sia ricordato di un episodio della sua infanzia, quando, lasciato solo dal padre in un luogo sicuro di un bosco, rimase ad attenderlo per ore in uno stato quasi di sogno a occhi aperti dal quale si destò soltanto al ritorno del genitore. Nella parte finale dello sviluppo gli squilli della fanfara sembrano inneggiare con gioia al trionfo della natura e preparano la ripresa con il primo tema che ritorna.

    Nel secondo movimento, un Ländler in la maggiore con un Trio, la vita di campagna con le sue gioie sembra esplodere sia nei ritmi della danza popolare sia nei toni assordanti dei corni e delle trombe, mentre nel Trio, in fa maggiore, sembra insinuarsi una certa malinconia che nasconde il desiderio di rivivere quelle gioie.

    Queste immagini di gioia vengono, però, annientate dalla morte che nel terzo movimento, Feierlich und gemessen, ohne zu schleppen (Solenne e misurato senza trascinare), una marcia funebre in re minore, è ritratta con toni grotteschi e spettrali. Ne è protagonista la melodia di Frère Jacques (Fra Martino campanaro, dormi tu?) che è esposta efficacemente da un contrabbasso con sordina per diventare il dux di un canone. Una certa ironia scaturisce dal caratteristico suono della fanfara che sembra irridere alla bassezza del mondo mentre nel Trio, in sol maggiore, la morte paradossalmente assume il ruolo di consolatrice che, affidatole dal Romanticismo, è svelato come illusorio dalla ripresa della marcia.

    Un improvviso scoppio di disperazione, come affermò lo stesso Mahler, fa da lacerante incipit all’ultimo movimento caratterizzato, in questa parte iniziale, come ha notato Deryck Cooke nel suo saggio La musica di Mahler, da un urlo dissonante di legni e ottoni che sembra spegnersi nella ripresa della marcia in fa minore del primo movimento. L’ultimo movimento è tutto sviluppato sulla ripresa delle idee tematiche del primo che vengono esasperate fino a quando ritorna la fase in crescendo in re maggiore. La sinfonia si conclude con un trionfale finale in cui la vita con la sua potenza creativa celebra la sua vittoria definitiva sulla morte.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 50'