Granados/Turina/ Albéniz/Falla

Jordi Bernacer, direttore

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    07 Marzo 2025

    Ore

    21,00

    Durata

    80min.

    Prezzi

    30 - 15 €

    Calendario

  • Giorno

    Sabato
    08 Marzo 2025

    Ore

    17,30

    Durata

    80min.

    Prezzi

    30 - 15 €

    Calendario

  • Programma

  • Enrique Granados
    Lleida, 1867 - La Manica, 1916

    Valses poéticos (Orchestrazione Arkady Leytush)

    Vivace molto e Melodico

    Tempo de Vals noble

    Tempo de Vals lento 

    Allegro humoristico

    Allegretto (elegante)

    Quasi ad libitum (sentimental)

     

    Il pianoforte è stato sempre lo strumento privilegiato da Enrique Granados il quale, dopo aver studiato al Conservatorio di Barcellona con Francisco Jurnet e Joan Baptista Pujol, si era perfezionato a Parigi, dove si era stabilito tra il 1887 e il 1889, con Charles-Wilfrid de Beriot. Pianista di valore, dunque, Granados ha dedicato al suo strumento, oltre a un Método teórico práctico para el uso de los pedales del Piano, una parte considerevole della sua produzione all’interno della quale spicca la suite Valses poéticos, composta tra il 1886 e il 1894 e costituita da otto brani, preceduti da un’introduzione, dei quali i primi quattro furono pubblicati sulla rivista «Lustración Musical Hispano-Americana» nel 1894, mentre i rimanenti dalla Casa editrice Dostesio nel 1900. Di questa danza, che, diffusasi nel Settecento, era diventata, grazie a Chopin e Berlioz, una forma pianistica e sinfonica e che in quest’occasione sarà presentata nella versione orchestrale realizzata da Arkady Leytush, Granados, in questa suite, ha inteso mettere in evidenza l’aspetto sentimentale e romantico, molto di più di quanto avrebbe fatto Ravel, in seguito, nella sua raccolta Valses nobles et sentimentales, nonostante il titolo e il dichiarato modello schubertiano. Nell’opera di Granados, che sia apre con una brillante introduzione in 2/4, invece, il modello di Schubert e di Chopin è evidente, già nel primo valzer (Melodioso), di carattere lirico. Come recita il titolo, Valse noble, il secondo si segnala per il carattere nobile della sua melodia ascendente e inizialmente a valori larghi, mentre il terzo in re minore (Vals lento) sfoggia, nella sezione iniziale, un bellissimo tema lento che contrasta con quello brillante di quella centrale. Una delicata ironia contraddistingue il quarto valzer (Allegro umoristico), mentre una scrittura elegante di ascendenza chopiniana, nella versione pianistica, informa il quinto valzer (Allegretto). Malinconico è, invece, il sesto valzer (Quasi ad libitum) in fa diesis minore, mentre elementi di ascendenza chopiniana sono evidenti nel settimo brillante valzer. Brillante è, infine, la coda (Presto), nella quale Granados gioca con l’emiolia del 6/8, che in alcune battute diventa 3/4. 

    Vivo

    Presto

    Durata: 14'

    Joaquín Turina
    Siviglia, 1882 - Madrid, 1949

    Danzas fantásticas op.22

    Exaltación

    Ensueños

    Orgía

     

    Ispirate al romanzo Orgia di José Mas, le tre Danzas Fantásticas op. 22 costituiscono il lavoro sinfonico più famoso di Turina, il compositore più rappresentativo della cultura musicale spagnola insieme ad Albéniz, a Granados e a Manuel De Falla. Pur essendo il più giovane di questo ristretto gruppo e pur condividendo con gli altri tre importanti compositori spagnoli la carriera e la formazione musicale completata a Parigi, Turina fu meno propenso ad accogliere nella sua produzione elementi tratti dalla cultura musicale europea, decidendo di mantenersi fedele alla tradizione spagnola e in particolar modo andalusa. Proprio i colori e i suoni della Spagna informano queste Danzas Fantásticas, che, composte originariamente per pianoforte nell’agosto del 1919, ma orchestrate appena un mese dopo tra 15 e il 30 settembre, furono eseguite, per la prima volta, in quest’ultima versione il 13 febbraio 1920, affermandosi come lavoro sinfonico prima ancora che nella forma pianistica. Ogni danza, che presenta un programma extramusicale reso esplicito dal compositore in una breve citazione del romanzo di Mas apposta a ciascuna di esse, si riferisce a una regione spagnola diversa. La prima, Exaltación, il cui programma è sintetizzato nella frase “sembrava come se le figure in quell’incomparabile dipinto si stessero muovendo dentro il calice di un fiore”, è una jota aragonese in tempo ternario, mentre la seconda, Ensueños, a sua volta preceduta dalla frase “le corde della chitarra suonavano i lamenti di un’anima indifesa sotto il peso dell’amarezza”, è un zorcico basco in 5/8. La nativa Andalusia ispira l’ultima danza, Orgía, una farruca andalusa ricca di timbri e colori orchestrali, il cui testo programmatico recita: “il profumo dei fiori si confondeva con gli effluvi della «monzanilla» e dal fondo di coppe anguste, piene di vino incomparabile, l’allegria si elevava come l’incenso”.

     

    Durata: 17'

    Isaac Albeniz
    Campodon 1860 - Cambo-les-Bains 1909

    Suite Española n. 1 op. 47 – Orchestrazione di Rafael Frühbeck de Burgos (Burgos, 1933 – Pamplona 2014)

    Asturias

    Aragòn

     

    Il pianoforte fu, certamente, il grande amore di Isaac Albéniz che, autentico enfant prodige, debuttò proprio in qualità di pianista a soli quattro anni al teatro Romea di Barcellona e a sette superò l’esame di ammissione al Conservatorio di Parigi, dove, tuttavia, non poté iscriversi a causa della giovanissima età. Dopo aver studiato a Madrid, in Inghilterra e a Bruxelles, dove si recò in seguito a una borsa di studio, Albéniz nel 1880 iniziò, in qualità di pianista, una brillante carriera che lo portò a esibirsi in tutta Europa, ma che abbandonò nel 1893 per dedicarsi interamente alla composizione. In quell’anno si stabilì a Parigi, dove, influenzato da compositori come Fauré, Debussy e Dukas, maturò uno stile personale che lo portò a inserire il folklore spagnolo nel solco della tradizione musicale francese e dell’impressionismo. Dieci anni prima Albéniz, infatti, aveva conosciuto Pedrell che, oltre a dargli alcune lezioni di composizione, gli aveva consigliato di dedicarsi alla valorizzazione del folklore spagnolo al quale si era appassionato tanto da farne il protagonista della sua produzione sinfonica e teatrale. Nonostante Albéniz avesse composto alcuni lavori teatrali e sinfonici, il pianoforte fu certamente lo strumento al quale fu maggiormente legato dedicando a esso, come compositore, alcuni capolavori come la Suite española n. 1 op. 47, i cui brani furono da lui composti nel 1886 per essere riuniti l’anno seguente in un unico lavoro che dedicò alla regina di Spagna Maria Cristina d’Asburgo-Teschen. Originariamente la suite era costituita da quattro brani Granada, Cataluña, Sevilla e Cuba, ai quali, dopo la morte di Albéniz, l’editore Hofmeister, aggiunse altri quattro scegliendo i titoli non senza qualche difficoltà e incertezza, di cui un esempio è proprio uno dei due brani in programma, Asturias, in realtà un tipico flamenco andaluso, che poco ha a che fare con le Asturie. Non appartenente alla struttura originaria della suite è anche l’altro brano in programma Aragòn, una brillante jota aragonese in tempo ternario. In quest’occasione i due brani sono presentanti nella versione orchestrale realizzata da Rafael Frühbeck de Burgos.

    Durata: 11'

    Manuel de Falla
    Cadice 1876 - Alta Gracia 1946

    El sombrero de tres picos (Il cappello a tre punte)

    • Suite n. 1

    Introducción (Introduzione) (Allegro, ma non troppo)

    La tarde (La sera) (Allegretto, Calmo e pesante)

    Danza de la molinera (Danza della mugnaia) (Allegro ma non troppo)

    El corregidor (Il magistrato)

    Las uvas  (L’Uva) (Vivo)

    • Suite n. 2

    Danza de los vecinos (Danza dei vicini) (Seguidilla) (Allegro ma non troppo)

    Danza del molinero (La danza del mugnaio) (Farruca) (Moderato assai, molto ritmico e pesante)

    Danza Final (Danza finale) (Jota) (Allegro ritmico, molto moderato e pesante)

     

    Nel mese di aprile del 1917 a Madrid, proprio durante le rappresentazioni al Teatro Eslava di El corregidor y la molinara, pantomina composta tra il 1916 e il 1917 da Manuel de Falla su libretto di Martinez Sierra e ispirata ad un racconto omonimo di Pedro Antonio de Alarcón y Ariza, si trovava Diaghilev, impresario dei Ballets Russes, che già da tempo faceva pressioni sul compositore spagnolo affinché scrivesse qualcosa per la sua compagnia. Dopo aver assistito a una di queste rappresentazioni, il geniale impresario chiese a de Falla di trasformare proprio questa pantomina in un balletto riorchestrando interamente la partitura per un organico più ampio. Nacque così Il cappello a tre punte, che, sottoposto da de Falla a una profonda rielaborazione tra il 1918 e il 1919, fu rappresentato all’Alhambra Theatre di Londra il 22 luglio 1919 con le coreografie di Léonide Massine e le scene e i costumi di Pablo Picasso. La prima fu un trionfo, nonostante alcune situazioni sfortunate come l’improvvisa malattia di Felix Fernando Garcia, primo ballerino e specialista di flamenco, scoperto da Diaghilev in un caffè situato in un vicolo della capitale spagnola, prontamente sostituito dallo stesso Massine. Anche de Falla non poté dirigere il balletto, in quanto raggiunto, il pomeriggio della prima, dalla notizia che la madre stava morendo. Il suo posto fu preso da Ernest Ansermet che contribuì al notevole successo del balletto. La trama di questo lavoro ruota attorno alle figure del Corregidor, magistrato di un paese, il cui potere è rappresentato dal cappello a tre punte, e della bella moglie di un mugnaio che egli tenta, senza successo, di sedurre. Beffato dalla donna fedele e astuta, alla fine, l’uomo diventa lo zimbello del paese. Da questo balletto de Falla trasse due suites nelle quali egli mantenne il carattere folkloristico grazie all’introduzione di danze come la Seguidilla e la Farruca che danno un’immagine tradizionalmente solare della Spagna. Composta di cinque brani, la Prima suite si apre con una breve Introduzione, il cui scopo era quello di dare il tempo al pubblico di poter ammirare il sipario realizzato da Picasso. Ad essa segue La sera, nella quale sono presentati i due protagonisti: il mugnaio, con un tema che de Falla trasse dalle sue Sette canzoni popolari spagnole, e la sua bella moglie con un altro tema che sarebbe stato sviluppato nella Jota che conclude la seconda suite. La successiva Danza della mugnaia è caratterizzata da un fandango danzato dalla mugnaia per sfuggire alle avances grottesche del Corregidor, il quale, prima, viene rappresentato in una forma grottesca con il fagotto che intona un tema di carattere pomposo e, poi, nell’ultimo, L’uva, offre dei grappoli d’uva alla donna

    La seconda suite si compone di tre brani, dei quali il primo, Danza dei vicini è una Seguidilla, danza popolare andalusa, caratterizzata da un tema melodioso e da una seconda idea tematica dolce e struggente che rappresenta uno splendido paesaggio notturno. Il brano successivo, Danza del mugnaio, è una Farruca, una varietà di flamenco, nel quale il mugnaio e la moglie si producono su invito di quest’ultima, mentre la Danza finale è una festosa Jota nella quale ritorna il tema già ascoltato nella Sera.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 26'