Mozart/Beethoven

STEFANO RANZANI direttore

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi - Palermo

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    31 Ottobre 2025

    Ore

    20,30

    Durata

    70min.

    Prezzi

    - €

    Calendario

  • Programma

  • Wolfgang Amadeus Mozart
    Salisburgo 1756 – Vienna 1791

    Le nozze di Figaro, ouverture KV 492

    Presto

     

    La prima rappresentazione di Le mariage de Figaro ou la folle journée di Beaumarchais, avvenuta il 27 aprile 1784 a Parigi alla Comédie Française, era stata salutata da un successo senza precedenti, come testimoniato dalle ben 68 repliche. Ad attirare la curiosità del pubblico era stata molto probabilmente l’iniziale censura da parte di Luigi XVI che, dopo aver letto il manoscritto nel 1781, aveva decretato: cela est détestable, cela ne sera jamais joué. La proibizione del sovrano era stata determinata dal carattere rivoluzionario del testo nel quale non mancavano scene di aperta satira politica. L’astuto Beaumarchais, però, dopo una complessa battaglia condotta da abile stratega, ottenne dal re il permesso per una rappresentazione privata nel castello di Gennevilliers in presenza dei nobili, il 27 settembre 1783, e, poi, per una pubblica che suscitò tanto scalpore. Se in Francia Le mariage de Figaro ebbe così la sua prima rappresentazione, diverso fu il suo destino negli altri paesi europei. Nell’Austria degli Asburgo, per esempio, ne era stata proibita la rappresentazione dall’imperatore Giuseppe II che aveva intravisto nel testo elementi tali da attizzare l’odio sociale. La prima opera firmata da Mozart e Da Ponte nasceva, quindi, tra tante difficoltà, come ricordato dallo stesso librettista nelle sue memorie:

    “Io mi misi serenamente a pensar a’ drammi, che doveva fare pe’ miei due cari amici Mozzart [sic] e Martini. Quanto al primo, io concepii facilmente che la immensità del suo genio domandava un soggetto esteso, multiforme, sublime. Conversando un giorno con lui su questa materia, mi chiese se potrei facilmente ridurre a dramma la commedia di Beaumarchais, intitolata Le nozze di Figaro. Mi piacque assai la proposizione e gliela promisi. Ma v’era una difficoltà grandissima da superare. Vietato aveva pochi dì prima l’imperadore alla compagnia del teatro tedesco di rappresentare quella commedia, che scritta era, diceva egli, troppo liberamente per un costumato uditorio: or come proporgliela per un dramma? Il baron Vetzlar offriva con bella generosità di darmi un prezzo assai ragionevole per le parole, e far poi rappresentare quell’opera a Londra od in Francia, se non si poteva a Vienna; ma io rifiutai le sue offerte e proposi di scriver le parole e la musica secretamente, e d’aspettar un’opportunità favorevole da esibirla a’ direttori teatrali o all’imperadore, del che coraggiosamente osai incaricarmi. Martini fu il solo che seppe da me il bell’arcano, ed egli assai liberamente, per la stima ch’avea di Mozzart, consentì che io ritardassi a scriver per lui, finché avessi terminato il dramma di Figaro. Mi misi dunque all'impresa, e, di mano in mano ch'io scrivea le parole, ei ne faceva la musica. In sei settimane tutto era all'ordine. La buona fortuna di Mozzart volle che mancassero spartiti al teatro. Colta però l'occasione, andai, senza parlare con chi che sia, ad offrir il Figaro all'imperadore medesimo. «Come!» diss'egli. «Sapete che Mozzart, bravissimo per l'istrumentale, non ha mai scritto che un dramma vocale, e questo non era gran cosa!» «Nemmen io,» replicai sommessamente, «senza la clemenza della Maestà Vostra non avrei scritto che un dramma a Vienna.» «È vero,» replicò egli; «ma queste Nozze di Figaro io le ho proibite alla truppa tedesca.» «Sì,» soggiunsi io; «ma, avendo composto un dramma per musica e non una commedia, ho dovuto ommettere molte scene e assai più raccorciarne, ed ho ommesso e raccorciato quello che poteva offendere la delicatezza e decenza d'uno spettacolo, a cui la Maestà sovrana presiede. Quanto alla musica poi, per quanto io posso giudicare, parmi d'una bellezza maravigliosa.» «Bene: quand'è così, mi fido del vostro gusto quanto alla musica e della vostra prudenza quanto al costume. Fate dar lo spartito al copista.» Corsi subito.”

    Il racconto di Da Ponte non è del tutto attendibile, in quanto studi recenti hanno dimostrato come l’imperatore, desideroso di dare di sé un’immagine di sovrano illuminato, non solo non abbia ostacolato la rappresentazione, ma abbia preso parte attiva alla realizzazione dell’opera dalla quale fece, però, espungere le scene più rivoluzionarie.

    Composta dopo la stesura dell’intera partitura, l’ouverture sembra ispirata, come notato da Otto Jahn, uno dei primi biografi di Mozart, al sottotitolo della commedia francese La folle journée. È, infatti, una pagina brillante, in forma-sonata senza sviluppo, che introduce perfettamente il vortice degli eventi grazie anche alla scelta di Mozart di eliminare dalla versione definitiva un Andante, inserito nell’originale prima della ripresa del primo tema dopo un improvviso arresto sull’armonia della dominante. Al primo serpeggiante tema esposto in pianissimo dagli archi e dei fagotti, i quali con il loro timbro danno a esso un garbato e raffinato tocco di ironia, fa da pendant il secondo pomposo e altrettanto ironico tema introdotto da una cadenza imperfetta (IV-I), frequente nei lavori di Johann Christian Bach, compositore particolarmente ammirato da Mozart.

    Durata: 5'

    Sinfonia n. 36 in do maggiore KV 425 “Linz”

    Adagio, Allegro spiritoso

    Andante

    Minuetto, Trio

    Presto

     

    “Quando arrivammo alle porte di Linz […] noi trovammo lì un servo che ci aspettava per condurci dal Conte Thun, nella cui casa noi ancora abitiamo. Io realmente non posso dirti quante gentilezze la famiglia ci sta mostrando. Martedì quattro novembre io darò un concerto nel teatro di qui e poiché non ho una singola sinfonia con me, io ne scriverò una nuova a rotta di collo che deve essere finita in quel tempo. Bene io devo chiudere perché realmente devo mettermi al lavoro”.

    Con queste parole, scritte al padre il 31 ottobre 1783 per esprimere tutto il suo compiacimento per quel soggiorno così ospitale, Mozart fa un chiaro riferimento alla composizione di una nuova sinfonia che, pur essendo stata scritta nel breve periodo di quattro giorni, costituisce uno dei suoi capolavori. Essa segna, infatti, l’inizio della fase più matura della sua produzione sinfonica, nella quale, per la prima volta, è evidente, l’influenza di Haydn non solo nella scelta di iniziare il primo movimento con un’introduzione lenta, ma anche nel disegno dei bassi che accompagna il tema marziale del primo movimento.

    Mozart, nell’estate del 1783, si era recato, insieme alla moglie Konstanze Weber, a Salisburgo nel tentativo di appianare le relazioni tese fra la donna e suo padre Leopold dopo il loro matrimonio celebrato il 4 agosto 1782 a Vienna nella chiesa di Santo Stefano e mai accettato dalla famiglia del compositore. Avendo compreso che era inutile ogni tentativo di riconciliazione tra la moglie e la sua famiglia, egli decise di rientrare a Vienna facendo tappa a Linz dove fu ospitato dal Conte Thun che lo convinse a dare un concerto pubblico al teatro della città il 4 novembre. Nacque così la Sinfonia n. 36 in do maggiore KV 425 “Linz”, il cui nome si riferisce appunto alla città dove l’opera fu scritta da Mozart, il quale, non avendo molto probabilmente la partitura di una sinfonia adatta alla situazione e in grado di figurare in questa accademia così importante, ne scrisse una nuova in cui la scelta di utilizzare sia una tonalità di carattere festoso, come il solare do maggiore, sia i timpani e le trombe anche nel movimento lento di solito riservato agli archi, ne tradisce la funzione celebrativa.

    Il primo movimento, in forma-sonata, si apre con un’introduzione lenta (Adagio), nella quale gli archi, i legni e i corni intonano all’unisono un tema di carattere solenne che sfocia in un passo di grande instabilità armonica grazie a disegni cromatici ascendenti e discendenti che configurano una situazione preromantica. A questa introduzione solenne risponde, per contrasto, il primo tema dell’Allegro spiritoso, agile nel disegno dei primi violini, ma asimmetrico nella struttura fraseologica. La sezione di transizione è uno scintillare di timbri e ritmi marziali e brillanti che sfociano in un’oasi galante costituita da una variazione in chiave sentimentale del primo tema. Il secondo tema, che, dal punto di vista armonico, oscilla tra un insolito mi minore, dominante parallela, e il sol maggiore, la regolare tonalità della dominante di do maggiore, è, nella parte iniziale, una fanfara declamata a piena orchestra, nella quale George de Saint-Foix ha visto un’impronta turca. Lo sviluppo si apre con la ripresa del primo tema in una forma variata, che si alterna al disegno conclusivo dell’esposizione, per sfociare di nuovo in una fanfara. Nel secondo movimento, Andante, Mozart mantiene inalterato, insolitamente, lo stesso organico del primo, lasciando le trombe e i timpani molto probabilmente per fare un omaggio al Conte, amante della musica militare. Il secondo movimento si apre con un tema di cullante siciliana che sfocia in altri due estremamente affini tra loro, con il secondo che trae spunto dal primo ed il terzo che, a sua volta, nasce dall’elemento caratteristico del secondo. Non meno scintillante del primo movimento è il Minuetto che, come ha notato giustamente Luigi Della Croce, è uno dei più scatenati e danzanti di Mozart. Anche in questo movimento si nota l’influenza di Haydn nel raddoppio all’ottava inferiore del tema principale, mentre il Trio è una pagina particolarmente elegante nel tema affidato ai violini primi raddoppiati all’ottava superiore dagli oboi. Il quarto movimento, Presto, la cui parte iniziale è caratterizzata da contrasti dinamici di ascendenza haydniana, conclude, in sintonia con gli altri movimenti, questo lavoro, realizzando un perfetto connubio tra la grazia tipicamente mozartiana e l’eroismo di Haydn. Il movimento è costruito su due temi di carattere giocoso, dei quali il secondo rivela l’influenza haydniana nel disegno formato da una quartina di crome preceduta da un’acciaccatura. Questo disegno, utilizzato spesso proprio da Haydn nei suoi quartetti e nel Finale della sua celeberrima Sinfonia Militare, sfocia, però, in un motivo di tre note il quale, nelle dolenti appoggiature che lo informano, svela la firma di Mozart.

    Durata: 25'

    Ludwig van Beethoven
    Bonn, 1770 - Vienna, 1827

    Sinfonia n. 8 in fa maggiore op. 93

    Allegro vivace e con brio

    Allegretto scherzando

    Tempo di Minuetto

    Allegro vivace

     

    Unica tra le nove sinfonie di Beethoven a non avere una dedica, l’Ottava nacque in un periodo particolarmente intenso della vita del compositore dal momento che, pur essendo stata iniziata insieme alla Settima nel 1811, fu completata tra il giugno e l’ottobre del 1812. In questo periodo Beethoven si trovava in Boemia, dove era andato su consiglio del medico per guarire da disturbi all’apparato digerente. A Praga, dove giunse il 2 luglio, aveva molto probabilmente appuntamento con Josephine Brunswick alla quale, secondo una tesi piuttosto plausibile anche se più volte messa in discussione, avrebbe scritto tra il 6 e il 7 luglio, mentre si trovava Teplitz, la famosa lettera piena di passione, All’amata immortale, mai spedita e ritrovata soltanto dopo la sua morte insieme al Testamento spirituale di Heilingestadt. A Teplitz, poche settimane dopo, grazie all’interessamento di Bettina Brentano, Beethoven ebbe la possibilità di conoscere e frequentare per tre giorni, dal 19 al 21 luglio, Wolfgang Goethe suscitando nell’ormai sessantenne scrittore tedesco una certa impressione testimoniata da una lettera dello scrittore tedesco alla moglie nella quale si legge: “Ho imparato a conoscere Beethoven. Il suo talento mi ha sconvolto; sfortunatamente, però, egli è una personalità del tutto senza freni. Senza dubbio, non ha torto di trovare il mondo detestabile; però, così facendo, non lo rende affatto migliore né per sé né per gli altri. È veramente da scusare e molto da compiangere, poiché il suo udito lo abbandona, e questo è un fatto che danneggia forse meno la parte musicale del suo essere che quella sociale”.

    Durante quell’intensa estate, Beethoven, dopo aver soggiornato per breve tempo a Karlsbad, si stabilì a Franzesbad, presso le cui terme cercò di curare la sua malferma salute. Durante questo soggiorno, probabilmente allietato dall’amore di Josephine Brunswick, che certo aveva avuto l’opportunità di incontrare più volte, egli lavorò alla sua Ottava sinfonia. Secondo un’ipotesi suggestiva avanzata da Tellenbach ma non suffragata da prove, la sinfonia sarebbe stata segretamente dedicata proprio alla donna il cui nome non poteva essere rivelato essendo sposata. Tellenbach aveva creduto di individuare questa fantomatica dedica nel carattere boemo di alcune melodie della sinfonia che ricorderebbero la regione d’origine della Brunswick. Ad ottobre, Beethoven, richiamato da problemi familiari, si recò a Linz e qui completò la sinfonia che fu eseguita con successo per la prima volta, sotto la sua direzione, il 27 febbraio 1814 in un concerto il cui programma prevedeva la ripresa della Settima. L’Ottava fu concepita, quindi, in un periodo intenso ma felice per il compositore che espresse nella musica uno straordinario desiderio di evasione, lontano dalle tensioni dei precedenti lavori sinfonici. Manca, infatti, un tempo lento nel quale Beethoven generalmente dava sfogo al suo mondo spirituale, mentre la scelta di reintegrare il Minuetto al posto dello Scherzo e alcune suggestioni haydniane e mozartiane, più volte interpretate dalla critica come un’involuzione del suo stile, in realtà denunciano la voglia del compositore di giocare con le forme in un’ulteriore affermazione di vitalità e di forza.

    Vitale e luminoso è il primo movimento, Allegretto vivace e con brio, in forma-sonata, che si apre con un tema cordiale e accattivante al quale si contrappone un secondo tema estremamente marcato dal punto di vista ritmico. Il secondo movimento, Allegretto scherzando, oltre a richiamare alcune movenze dei Finali haydniani, è un’elegante burla che ha per oggetto l’ambiente musicale vicino al compositore e in particolar modo Johann Nepomuk Mälzel, inventore del metronomo, per il quale Beethoven avrebbe scritto, secondo quanto affermato da Schindler, nella primavera del 1812 un canone a 4 voci Ta, ta, ta, caro Mälzel, addio, vessillo del tempo, grande metronomo. Beethoven avrebbe, poi, trasferito questo tema nella sinfonia, ma la notizia, riportata da Schindler, è poco attendibile in quanto il nome del metronomo fu utilizzato per la prima volta soltanto nel 1816 e, quindi, il canone non sarebbe stato scritto nel 1812. Il terzo movimento è un elegante Minuetto, che, secondo Tellenbach, corrisponderebbe a un preciso omaggio a Josephine Brunswick, in quanto riporta lo stesso titolo del terzo movimento della Sonata op. 31 n. 3 che, composta nel 1802 e, come l’Ottava sinfonia, senza dedica, fu inviata in dono alla donna. Questo Minuetto è una pagina seria e compassata che nel Trio si stempera in un’atmosfera nostalgica di rimpianto e ironia. Richiami ad Haydn sono presenti nel Finale, Allegro vivace, dove, come è stato notato da Vincent D’Indy, appare un tema ungherese che, sempre a giudizio di Tellenbach, costituirebbe un ennesimo omaggio alla Brunswick. Tutto il movimento è pervaso da un sentimento di allegria che, oltre a riallacciarsi ai Finali delle sinfonie di Haydn e di Mozart, anticipa il carattere solare e burlesco di certe pagine rossiniane.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 26'