Nobre, Beethoven, Penderecki & Lutoslawski

José Maria Florêncio, direttore

Roberto Giordano, pianoforte

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    13 Maggio 2022

    Ore

    21,00

    Durata

    90min.

    Prezzi

    20 - 10 €

    Calendario

  • Giorno

    Sabato
    14 Maggio 2022

    Ore

    17,30

    Durata

    90min.

    Prezzi

    20 - 10 €

    Calendario

  • Programma

  • Marlos Nobre
    Recife, 1939

    Kabbalah for orchestra

    Compositore brasiliano, originario di Recife, Marlos Nobre, dopo aver studiato presso il Conservatorio di Pernambuco ed essersi perfezionato a Buenos Aires dove ebbe modo di frequentare grandi compositori quali Alberto Ginastera, Olivier Messiaen, Aaron Copland e Luigi Dallapiccola, si trasferì nel 1969 negli Stati Uniti. Attivo anche come pianista e direttore d’orchestra, Norbre, che negli USA lavorò al Berskshire Music Festival di  Tanglewood e al Columbia-Princeton Electronic Music Center di New York, è stato insignito nella sua lunga carriera di numerosi premi internazionali. Tra le sue composizioni più interessanti va annoverata certamente Kabbalah (2004) per la quale il compositore brasiliano si è ispirato all’etimologia del termine ebraico che significa letteralmente ciò che è ricevuto o tramandato e che, essendo una fonte di energia, svela la via per raggiungere una forma di conoscenza superiore. Ispirata alle regole fondamentali della cabala, l’opera, per la cui struttura ritmica Nobre si è avvalso di una citazione quasi letterale di un canto degli Indiani Xingu, popolazione del Brasile, è stata concepita in due parti che rappresentano la luce e l’energia. Brano eminentemente ritmico, Kabbalah si apre con numeri cabalistici che definiscono la struttura ritmica e melodica e si presenta su due livelli dei quali il primo è rigorosamente matematico nel costruire le micro e la macro strutture, mentre il secondo, che si configura come una libera forma di intuizione, è caratterizzato da una spontanea ispirazione.

    Durata: 10'

    Ludwig van Beethoven
    Bonn, 1770 - Vienna, 1827

    Concerto n.3 in do minore op.37 per pianoforte e orchestra

    Allegro con brio

    Largo

    Rondò (Allegro)

     

    Il Concerto n. 3 per pianoforte e orchestra op. 37 segna un cambiamento nello stile di Beethoven che, staccandosi dai modelli tradizionali e sfruttando le potenzialità degli strumenti usati in quel periodo, inaugurò la fase romantica della forma del concerto in cui il solista intraprende quasi una gara con l’orchestra; ciò comportò, per il pianoforte, la perdita del suo caratteristico stile ornato e l’utilizzo di una maggiore robustezza che lo avrebbe trasformato in protagonista. Il Concerto, la cui composizione risale all’inizio del 1800, dedicato al principe Luigi Ferdinando di Prussia, fu eseguito per la prima volta a Vienna il 5 aprile 1803 con la direzione di Ignaz von Seyfried e con lo stesso Beethoven al pianoforte. Per questa Accademia, nella quale furono eseguite anche altre pagine beethoveniane e, in particolar modo, Cristo sul monte degli Ulivi, la Seconda e la Prima sinfonia, il compositore di Bonn decise di raddoppiare quando addirittura non triplicare i prezzi dei biglietti suscitando qualche commento malevolo nella stampa locale. Nonostante le attese e i preparativi l'Accademia rischiò di saltare a causa del sabotaggio messo in atto dal Barone von Braun, impresario degli altri due maggiori teatri di Vienna.  Alla prima esecuzione Beethoven suonò quasi a memoria essendo la partitura incompleta, come apprendiamo da una dichiarazione dello stesso Seyfried, che quella sera voltò le pagine per lui:

    “Non vidi quasi niente, ma fogli vuoti; al più, su una pagina o un’altra geroglifici egiziani, interamente incomprensibili per me, erano scarabocchiati giù per servire come tracce per lui, per cui egli suonò quasi tutta la parte a memoria. Come avveniva spesso, egli non aveva avuto il tempo di metterla tutta giù sulla carta”.

    Il compositore provvide in un tempo molto breve alla stesura della parte pianistica che risultò di grande livello virtuosistico per l’epoca, come ci è testimoniato da quanto scrisse un recensore dell’«Allgemeine Musikalische Zeitung» a proposito dell’esecuzione del Concerto durante l’Accademia, tenuta all’Augarten di Vienna il 26 luglio 1804 con Ferdinand Ries al pianoforte:

    “Il signor Ries ha presentato un’esecuzione molto serrata ed espressiva, come pure un’abilità e una sicurezza rare nel superamento delle notevoli difficoltà”.

    Nonostante il periodo difficile che Beethoven stava vivendo, il Concerto presenta importanti aspetti innovativi tra cui le dimensioni molto ampie rispetto agli altri lavori del genere e il carattere romantico di alcuni temi dei quali il secondo del primo movimento spicca per il suo straordinario lirismo. Il primo movimento, Allegro con brio, si apre con una tradizionale lunga esposizione orchestrale che precede l’ingresso del solista impegnato sin dall’inizio a gareggiare con l’orchestra grazie a tre perentorie scale. Il primo tema, per il suo carattere solenne, non può non ricordare quello principale dell’Eroica, mentre il secondo, in netto contrasto con il precedente, è di carattere cantabile e lirico. Questo primo movimento presenta un forte senso drammatico che raggiunge il suo culmine nella parte conclusiva con il dialogo fra pianoforte e timpani. Il secondo movimento, Largo, dalla struttura tripartita A-B-A, si segnala per il suo carattere contemplativo ottenuto con un ampio flusso melodico esposto dal pianoforte e ripreso dagli archi con sordina. Nella sezione centrale il pianoforte accompagna con degli arpeggi il flauto e il fagotto che dialogano fra di loro, mentre la terza ed ultima parte del movimento è caratterizzata dal ritorno del clima iniziale in una scrittura più armonica che melodica. Il Rondò conclusivo, ad un ascolto superficiale, può apparire come un ritorno ad una scrittura più tradizionale, ma il tema iniziale, che si estende per otto misure, è uno dei più lunghi scritti da Beethoven in un Concerto per pianoforte e orchestra; alcune armonie dissonanti, collocate all’inizio del ritornello e apparse al pubblico contemporaneo particolarmente insolite, costituiscono un’ulteriore conferma della modernità di questo Concerto.

    Durata: 36'

    Krzysztof Eugeniusz Penderecki
    Cracovia, 1933 - Cracovia, 2020

    Trenodia per le vittime di Hiroshima per 52 strumenti ad arco

    Compositore polacco, Krzysztof Eugeniusz Penderecki, dopo aver conseguito il diploma in composizione alla Scuola Superiore di Cracovia dove nel 1958 sarebbe diventato docente, si è rivelato al mondo musicale della sua nazione nell’anno successivo vincendo tutti e tre i premi disponibili in occasione della seconda edizione del Concorso Musicale della città polacca. Al 1959 risale anche la composizione della Trenodia per le vittime di Hiroshima per 52 strumenti ad arco (24 violini, 10 viole, 10 violoncelli e 8 contrabbassi) che non solo valse a Penderecki il terzo premio al concorso Grzegorz Fitelberg di Katowice, ma gli regalò quella fama mondiale che lo avrebbe accompagnato per tutta la sua carriera. Giunta a Parigi attraverso una registrazione su nastro della prima esecuzione radiofonica, avvenuta nel 1961 con l’orchestra della Radio di Varsavia sotto la direzione di Jan Krenz, la Trenodia vinse, infatti, il prestigioso premio Tribune Internationale des Compositeurs. Eseguita per la prima volta in concerto il 22 settembre sempre a Varsavia con la direzione di Andrzej Markowski, quest’opera fu intitolata da Penderecki  inizialmente 8’37” con evidente riferimento all’ipotetico tempo di esecuzione, alla stregua di 4’ 33” di John Cage, ma già dopo le prima esecuzione il compositore polacco decise di intitolarla semplicemente Tren (Trenodia), influenzato probabilmente dall’impatto che questo suo lavoro aveva avuto immediatamente presso la critica.  Il critico tedesco Karl H. Wörner lo aveva definito, infatti,

    "un pezzo profondamente inquietante di atmosfera cataclismica apparentemente senza speranza in una tecnica altamente individuale di composizione e strumentazione”. 

    Solo in seguito fu introdotto il riferimento alle vittime di Hiroshima da Penderecki il quale affermò che il pezzo non era stato, comunque, ispirato dalla distruzione della città giapponese, nonostante il compositore, in occasione di un’esecuzione a Hiroshima avvenuta il 1° dicembre 1964,  abbia scritto al sindaco in una lettera che quella detonazione fu una “tragedia dell’umanità”.

    Da un punto di vista musicale la Trenodia è un lavoro sperimentale nel quale l’altezza determinata del suono è sostituita da agglomerati sonori che danno la sensazione di rumori. In questo lavoro Penderecki, inoltre, fece ricorso anche a particolari effetti sonori ottenuti facendo suonare l’arco in punti inconsueti, come la cordiera o la parte opposta del ponticello o sulla cassa armonica. Infine autentica novità per l’epoca, dal punto di vista timbrico, è il fatto che, come dichiarato da Penderecki, i cordofoni suonino come se fossero delle percussioni, mentre dal punto di vista formale si nota l’adozione di un serialismo vicino al puntillismo che genera una sensazione di forte drammaticità.

    Durata: 10'

    Witold Lutoslawski
    Varsavia, 1913 - Varsavia, 1994

    Sinfonia n.4

    Nato a Varsavia nel 1913, Witold Lutoslawski è stato uno dei più importanti compositori polacchi del Novecento, secolo che ha interamente attraversato rinnovando il suo linguaggio senza mai allontanarsi dalla sua concezione musicale nella quale l’attenzione nei confronti della forma e del suono costituisce l’aspetto privilegiato. Diplomatosi nel 1936 in pianoforte, strumento che aveva iniziato a studiare sin dall’età di 6 anni, Lutoslawski fu allievo, per quanto riguarda la composizione, di Malishevskij, personalità eminente del panorama musicale polacco, essendo stato, oltre che docente al Conservatorio di Varsavia, anche fondatore di quello di Odessa. Rimasto particolarmente colpito dalla Terza sinfonia di Szymanowski, Lutoslawski si rivelò, nel 1939, al mondo musicale con le Variazioni sinfoniche nelle quali appaiono evidenti proprio le influenze del compositore polacco scomparso due anni prima. Emblematiche dell’evoluzione stilistica di  Lutoslawski sono, però, le quattro sinfonie che sembrano quasi segnare altrettante tappe del cammino musicale del compositore. Composta nel 1941 e bandita per dieci anni dal regime sovietico che, nel secondo dopoguerra, controllava la Polonia e aveva trovato in questo lavoro tendenze “formaliste”, la Prima sinfonia (1941), in quattro movimenti, conclude, infatti, il primo periodo della produzione di Lutoslawski. Emblematica del terzo periodo, nel quale Lutoslawski adottò i principi della cosiddetta “alea controllata”, è la Seconda sinfonia (1966-1967), scritta 20 anni dopo, mentre la Terza, nella quale si assiste a un uso più radicale dei procedimenti aleatori, costituisce il primo grande lavoro dell’ultimo periodo.

    Composta su commissione della Los Angeles Philharmonic Orchestra in un arco di tempo che va dal 1988 al 22 agosto 1992 ed eseguita per la prima volta  nella città californiana il 4 febbraio 1993, la Quarta Sinfonia è l’ultimo lavoro in questo genere di Lutoslawski che sarebbe morto nel 1994. A differenza delle altre sinfonie, questa si presenta in un unico movimento, che, però, può essere diviso in due sezioni delle quali la prima costituisce una sorta di preparazione all’evento musicale principale che occupa la seconda parte. La parte iniziale, che vive del contrasto tra una lirica melodia, esposta dal clarinetto e ripresa poi dal flauto e dallo stesso clarinetto insieme, e interludi più veloci di carattere aleatorio, culmina in un grande climax che si conclude su tre poderosi unisoni orchestrali. Di carattere aleatorio, la parte centrale conduce a una coda nella quale emerge una doppia fuga, prima del finale nel quale trovano di nuovo posto procedimenti aleatori che danno vita a una forma di cadenza.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 25'

I prossimi eventi