Portera, Mahler & Čajkovskij

Mārtiņš Ozoliņš, direttore

Anna Maria Chiuri, mezzosoprano

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    04 Marzo 2022

    Ore

    21,00

    Durata

    90min.

    Prezzi

    20 - 10 €

    Calendario

  • Giorno

    Sabato
    05 Marzo 2022

    Ore

    17,30

    Durata

    90min.

    Prezzi

    20 - 10 €

    Calendario

 

 

  • Programma

  • Andrea Portera
    Grosseto, 1973

    Formula Eurk (Commissione Orchestra Sinfonica Siciliana - prima esecuzione assoluta)

    Composta su commissione dell’Orchestra Sinfonica Siciliana,  Formula EURK è una composizione di Andrea Portera che ha voluto espressamente dedicare la prima esecuzione assoluta del suo brano alla giornalista Anna Amoroso, recentemente scomparsa. Su questo  lavoro inedito, pubblichiamo qui di seguito  una nota dettagliata della psicologa Laura Artusio, che ha perfezionato i suoi studi conseguendo il dottorato di ricerca europeo ed è in atto direttrice di PER Lab (Laboratorio di Psicologia, Emozioni & Ricerca, spin-off dell’Università degli Studi di Firenze in partnership con il Yale Center for Emotional Intelligence):

    Formula EURK deve il suo titolo a un acronimo nato da un percorso di ricerca di anni del compositore Andrea Portera, un'idea ‘sprigionata’ durante la fase di lockdown dell'emergenza pandemica: Emozione-Umore, Ripetizione-K (K in molte formule chimico/fisiche indica una costante, in questo caso di astrazione).

    Si tratta di una vera e propria formula musicale che per Portera rappresenta l’unica via percorribile per scrivere musica oggi.

    EURK si rivolge all’ascoltatore odierno del quale conosciamo la complessità meglio di qualsiasi altra epoca.

    L’Emozione richiede una riflessione particolare, così come il suo ruolo nel concetto di Intelligenza Emotiva: nessun dato cognitivo può mettere radici dentro di noi se non è connesso a un’emozione; il dato analitico tende a svanire se appreso senza un'esperienza emozionale. La musica, nella seconda metà del XX secolo, ha ridotto notevolmente il suo perimetro emotivo a favore di una creatività retta su processi matematico/analitici, dando vita ad opere più simili a istallazioni sonore, incentrate su poche emozioni simili tra loro, quali inquietudine, depressione, angoscia, paura, raramente rabbia e a volte persino apatia, indebolendo la connessione  emozionale variegata e profonda con l’ascoltatore.

    Anche l’atteggiamento opposto di riproporre  musicalità del passato travestite da nuove opere ha dato atto a una pigra rassicurazione con emozioni già assimilate dall’inconscio collettivo: se una musica non è realmente nuova risveglierà vissuti familiari connessi a strutture musicali preesistenti e socialmente già acquisite, dando atto a un’esperienza d’ascolto emozionalmente prevedibile e  anestetizzante.

    L’Emozione, fenomeno intenso e di breve durata, in musica deve avvalersi di una sua chiara riconoscibilità e per riproporre il nostro vissuto emotivo dovrà dialogare con uno scenario più sotterraneo, meno intenso ma più duraturo: l’Umore.

    Su un umore di sottofondo orbitano molte emozioni con esso concordanti o incongruenti.

    Se per l’Emozione l’aspetto musicale affine è ritmico/tematico, la principale configurazione  musicale dell’Umore è la polarità armonica.

    Riguardo alla “erre” della formula EURK basterebbe dire che ogni grande compositore è stato maestro della Ripetizione.

    La musica, attraverso il ripetersi, viene appresa in ogni parte del nostro cervello e non solo in alcune aree.

    La mera esposizione, come definita da Zajonc, è il fenomeno per il quale le persone tendono a preferire un elemento o una situazione per il semplice fatto che gli è familiare, anche a livello subliminale e tale fenomeno si verifica anche in musica.

    Va adesso aggiunta una dimensione fondamentale per carpire in profondità l’ascoltatore, ossia  l’astrazione, l’inafferrabilità percettiva che Kostantemente dovrebbe aleggiare nel processo di ascolto.

    Già nel 1907 l’astrazione era collegata all’emozione nel titolo del libro manifesto:  Astrazione ed empatia di Worringer.

    L’astrazione rappresenta nell’arte una grande conquista del XX secolo, quell’esplorazione di fenomeni (qui sonori) che permettono stratificazioni simultanee ben distinte in un’opera, senza creare caos ma mondi paralleli.

    Integrare la K a EUR significa generare le ombre necessarie che traghettano ogni Emozione e Umore nelle terre profonde dell’inconscio.

    In Formula EURK la K è frutto di un'intensa ricerca: attraverso la Klecksofonia (esperimento uditivo ispirato alle macchie di Rorschach,  già presente nelle opere porteriane Klecksophonic Lieder e Caron), l’eterofonia, l’isoritmia e la microtonalità nelle esperienze etniche, la simulazione di fenomeni fisiologici (il respiro, il battito cardiaco, etc.) si attua un processo che dialoga immediatamente con l’inconscio e i suoi 5archetipi.

    Nell'ambito della ricerca di Portera sulla connessione tra musica e Intelligenza Emotiva, la formula EURK si pone l’obiettivo di generare un Sentimento: la nostra interpretazione soggettiva di ciò che proviamo, la rielaborazione di emozioni e umori attraverso la ripetizione e la connessione con l’inconscio; il sentimento richiede un cervello più evoluto, come quello umano, dove è sviluppata la neocorteccia.

    In conclusione, EURK= Sentimento”.

    Durata: 16'

    Gustav Mahler
    Kaliště, 1860 - Vienna, 1911

    Lieder eines fahrenden Gesellen (Canti di un viandante) per mezzosoprano e orchestra

    Wenn mein Schatz Hochzeit macht (Quando il mio amore andrà a nozze)

    Ging heut' morgen übers Feld (Questa mattina andavo per i prati)

    Ich hab' ein glühend Messer (Ho un coltello rovente)

    Die zwei blauen Augen (Gli occhi azzurri del mio tesoro)

     

    Composti tra il Natale 1884 e il Capodanno del 1885, ma pubblicati nella versione per canto e pianoforte 12 anni dopo, nel 1897, i Lieder eines fahrenden Gesellen, il cui titolo può essere tradotto con Canti di un giovane in viaggio o Canti di un viandante o Canti di uno in cammino, oltre a rappresentare il primo ciclo liederistico di Mahler, costituiscono un unicum nella sua produzione. Sono, infatti, gli unici i cui testi furono scritti dallo stesso Mahler, che però - forse per una questione di gusto o per una forma di discrezione, non volendo dare adito ad interpretazioni autobiografiche - non rivelò mai di esserne l'autore. In effetti elementi autobiografici sembrano trasparire nei testi di questi Lieder la cui versione orchestrale (pubblicata postuma nel 1912) fu completata molto probabilmente nei giorni precedenti la prima esecuzione, avvenuta a Berlino il l6 marzo 1896 con i Berliner Philharmoniker diretti dallo stesso compositore in un concerto in cui furono anche eseguiti la Prima sinfonia e il primo movimento della Seconda.    

    Nel primo Lied, Wenn mein Schatz Hochzeit macht (Quando il mio amore andrà a nozze), il dolore per l'abbandono da parte della donna amata che sta per sposare un altro uomo si esprime attraverso un iniziale Schneller (Più rapido) che rende  l'agitazione dell'uomo per l’imminente matrimonio. Nell'ultima parte, marcata dall'andamento Sanft bewegt (Delicatamente mosso) questo sconvolgimento  fa posto ad un'illusoria rappresentazione dell'ingresso della primavera tra rimpianti e ironia. Nel secondo Lied, Ging heut' morgen übers Feld (Questa mattina andavo per i prati), nel quale appare un tema che Mahler utilizzò anche nella Prima sinfonia, è espresso il contrasto tra i ridenti e ottimisti messaggi della natura - rappresentati dal richiamo del cuculo, dal saluto del fringuello e dalla campanula - e la consapevolezza di una felicità definitivamente perduta. Le conseguenze di questo conflitto sono espresse nel terzo Lied, Ich hab' ein glühend Messer (Ho un coltello rovente), nel quale il compositore afferma di avere una lama piantata nel petto, mentre l'ultimo Lied, Die zwei blauen Augen (Gli occhi azzurri del mio tesoro), è una marcia funebre con la quale il viandante dà il definitivo addio al suo amore.

    Durata: 18'

    Pëtr Il'ič Čajkovskij
    Votkinsk, 1840 - San Pietroburgo, 1893

    Sinfonia n.6 in si minore op.74 "Patetica"

    Adagio, Allegro non troppo, Andante, Moderato assai, Adagio mosso, Allegro vivo, Andante come prima, Andante mosso

    Allegro con grazia

    Allegro molto vivace

    Finale (Adagio lamentoso, Andante)

     

    “Non puoi immaginare con quanto ardore lavori intorno alla mia nuova opera […]. Durante il viaggio a Parigi mi è venuta l’idea di una nuova sinfonia sopra un programma che rimarrà un enigma per tutti; lasciamo che ci si rompano il capo intorno!... Quale esso sia, traduce i miei più reconditi sentimenti: spesso in viaggio, mentre andavo mentalmente articolandone l’abbozzo, ho pianto come un bambino”.

    In questa lettera scritta da Čajkovskij al nipote è contenuta la presentazione della sua Sesta sinfonia, sulla quale in un’altra del 18 ottobre (data russa, secondo il calendario giuliano, il 30 in base a quello gregoriano) 1893, indirizzata a Jurgenson due giorni dopo la prima esecuzione, si espresse così: “Accade qualcosa di strano con la mia sinfonia! Non si può dire che non piaccia, ma piuttosto che provoca smarrimento”.

    In questa sintetica considerazione è racchiusa l’impressione, non certo confortante e lusinghiera, che Čajkovskij ricavò  dalla fredda accoglienza riservata dal pubblico alla prima esecuzione - avvenuta il 16 (28) ottobre a Pietroburgo da lui diretta - della sua ultima sinfonia. Tale reazione aveva, in parte, confermato le perplessità  del compositore su questa sua creatura, maturate soprattutto durante le prove che avevano fatto apparire allo stesso Čajkovskij il Finale fiacco. Le sue riserve non riguardavano tanto il contenuto programmatico, che - come egli stesso ebbe modo di affermare nei suoi carteggi e in una coeva intervista - avrebbe dovuto rimanere segreto, ma la struttura formale della sinfonia. La sua vena creativa stava infatti attraversando un periodo di grave crisi d’ispirazione rispetto alle composizioni che avevano una struttura conforme ai principi della sinfonia classica.

     A tal proposito non è superfluo sottolineare che il musicista russo aveva composto la Quinta sinfonia nel 1888, ben cinque anni prima, e che nel 1892 ne aveva abbozzato un’altra, il cui materiale fu in seguito rielaborato da Taneev in un concerto per pianoforte e orchestra, apparso postumo come Concerto n. 3. La scelta dello stretto collaboratore di Čajkovskij - volta appunto a riconfigurare questa sinfonia appena abbozzata, in modo da darle la forma di un concerto per pianoforte e orchestra - molto probabilmente seguiva fedelmente l’intenzione del compositore che, però, non riuscì a dare corso ad essa e, alla fine, scrisse un pezzo in un solo movimento, Konzertstück. Una traccia di questa indecisione tra la forma del concerto e quella della sinfonia è rimasta proprio in questa pagina, composta  tra il  4 (16) febbraio e il 22 luglio (2 agosto) 1893, ed ultimata per quanto attiene all’orchestrazione il 12 (24) agosto.

    Ma torniamo alla Sesta Sinfonia. Una settimana prima del suo debutto a Pietroburgo,  fu eseguita in forma privata il 9 (21) ottobre dagli allievi del Conservatorio diretti da Safonov.

    Di questa partitura – che dal punto di vista formale evidenzia alcune anomalie, come, per esempio, quella di concludersi con un Adagio lamentoso in luogo del solito movimento vivace – è possibile ricavare il programma segreto da un appunto autografo ritrovato nella casa di Klin, nel quale si legge: “Il motivo sotterraneo è la vita, con la sua antitesi in essa connaturata: il primo movimento è soltanto passione, fiducia, slancio vitale; il secondo movimento raffigura l’amore; il terzo la fine delle illusioni per l’incalzare minaccioso delle forze del male; il quarto è la  Morte, cioè l’annientamento della vita”.

    La Sesta può dunque essere considerata, dunque, come l’estremo e più malinconico momento della cosiddetta trilogia del destino, aperta dalla Quarta. Il carattere malinconico di essa, inoltre, molto probabilmente suggerì al fratello di Čajkovskij, Modest, il titolo di Patetica che il compositore accettò di buon grado. Come molte altre opere artistiche in generale, e musicali in particolare, anche questa sinfonia ottenne soltanto dopo la morte del compositore – ad appena tre settimane dalla prima esecuzione, sotto la direzione di Nápravník – il giusto riconoscimento del pubblico.

    Il primo movimento si apre con un cupo ed enigmatico Adagio, in cui il primo tema è esposto dal fagotto sulle quinte vuote dei contrabbassi che conferiscono al passo un forte senso di indeterminatezza. Dopo questa breve quanto intensa introduzione, nell’Allegro ma non troppo prende avvio la vera e propria esposizione tematica ad opera delle viole che sviluppano il tema con una figurazione in cui il ribattuto, con la sua insistenza, rappresenta efficacemente l’incombere del destino. Carattere malinconico ha invece il secondo tema esposto dagli archi nell’Andante, mentre un perentorio, quanto inquietante, accordo di settima dà l’avvio alla vorticosa e tormentata sezione centrale (Allegro vivo), alla quale si ricollega la parte iniziale della riesposizione che trova il suo punto culminante nella ripresa del secondo tema in si maggiore.

    Il secondo movimento (Allegro con grazia) è un elegante, ma, al tempo stesso, malinconico valzer in un’insolita struttura metrica di 5/4, in cui il ritmo ternario viene recuperato attraverso gli accenti che si sviluppano in modo asimmetrico. Nella prima misura, infatti, essi risiedono sul primo, secondo e quinto tempo, mentre nella seconda mettono in evidenza il primo, il secondo e il terzo. Questa struttura asimmetrica, così incerta e cangiante, si chiarisce nella sezione centrale, marcata dall’indicazione dinamica con dolcezza e flebile, nella quale, su un pedale di tonica di re maggiore, il primo flauto e i primi violini intonano una melodia accentuata sul terzo, quarto e quinto tempo, secondo uno schema ritmico costante in questo passo.

    Il terzo movimento (Allegro molto vivace) – che assume i contorni di quello conclusivo di un concerto solistico per il carattere gioioso e complessivamente vivace – si apre con un tema rapido e scorrevole, affidato agli archi, al quale si contrappone un motivo marziale in cui è riproposto lo scardinamento dello schema ritmico attraverso un’accentuazione che travalica i limiti della misura in 4/4, per dare vita con il battere e il levare della misura successiva a un 5/4. La seguente sovrapposizione dei due temi con varianti anticipa alcuni importanti esiti mahleriani.

    La sinfonia avrebbe potuto concludersi col vivace terzo movimento, ma Čajkovskij decise di aggiungerne un quarto lento che, apertosi con un Adagio lamentoso, ripropone e rievoca l’atmosfera mesta del primo movimento. Sembra che in questo Finale tutti i fantasmi del primo movimento ritornino  trasfigurandosi in una vera e propria elegia funebre e, mentre il primo tema riappare nell’Adagio ma non troppo, il secondo viene ripreso nell’Andante in una forma ritmica diversa per l’utilizzazione di una struttura ternaria. Dopo uno sviluppo estremamente vario dal punto di vista agogico, la sinfonia si conclude con le drammatiche sonorità del fagotto, dei violoncelli e dei contrabbassi che avevano aperto il primo movimento.

    L’intensità del dramma ha attraversato una successione di diversi stadi e, sebbene abbia registrato momenti sia pure effimeri di gioia, come quelli suscitati nel terzo movimento, alla fine, in un’evoluzione sempre più cupa, sembra quasi soffocare l’uomo Čajkovskij che non molto tempo dopo avrebbe concluso la sua parentesi terrena. Allo sgomento iniziale si è ormai sostituito un consenso unanime e costante per un’opera che ancora oggi è una delle più amate dal pubblico. È considerata dalla critica il suo canto del cigno  e, in quanto “avvolta di mistero e angoscia fatale”, sembra essere un’anticipazione profetica dell’imminente tragica morte del compositore, che si spense, stroncato dal colera o suicida, alle 3 del mattino del 25 ottobre (6 novembre) 1893. Aveva appena 53 anni. 

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 49'

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