Respighi/Ravel/ Musorgskij
Daniele Callegari, direttore
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Programma
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Ottorino Respighi
Bologna 1879 - Roma 1936Antiche danze ed arie per liuto, terza suite per orchestra d’archi
Ignoto (fine del sec. XVI: Italiana
Giovan Battista Besardo (sec. XVI): Arie di corte
Ignoto (fine sec. XVI): Siciliana
Lodovico Roncalli (1692): Passacaglia
Nella terza Suite di Antiche danze ed arie per liuto, composta nel 1931 a distanza di circa 14 anni dalla prima ed eseguita, per la prima volta, al Conservatorio di Milano nel mese di gennaio 1932, confluiscono, amalgamandosi in una sintesi perfetta, l’attività di musicologo e quella di compositore di Ottorino Respighi il quale, allo stesso modo degli altri compositori della cosiddetta generazione dell’Ottanta, manifestò sempre un grande interesse per la musica antica italiana, in ciò influenzato certamente dall’attività di musicologi che alla fine dell’Ottocento avevano tentato un recupero della nostra tradizione musicale. Grazie all’attività di questi musicologi, tra cui spiccano i nomi di Torchi, che aveva pubblicato un’opera in sette volumi L’arte musicale in Italia, e di Chilesotti, autore di una raccolta in nove volumi di musiche rinascimentali, Biblioteca di rarità musicali, alla fine dell’Ottocento era stato avviato un recupero della tradizione musicale italiana alla quale aveva partecipato anche Respighi, che aveva pubblicato, dopo averle revisionate, musiche di Vivaldi, Monteverdi e Marcello. A ispirare la composizione della prima suite, che, al pari delle altre, è costituita da libere trascrizioni di originali intavolature per liuto, era stato, però, molto probabilmente, il Lautenspieler des 16 Jaharhunderts, un’antologia di cinquecentesche arie per liuto pubblicata nel 1890 da Chilesotti, da cui Respighi aveva tratto alcuni brani. Sulla scelta di Respighi di rivolgersi ancora alla tradizione musicale italiana influirono sia il successo ottenuto dalla prima Suite, eseguita, per la prima volta, all’Augusteo di Roma il 16 dicembre 1917 sotto la direzione di Bernardino Molinari, sia la conoscenza della futura amante di D’Annunzio, l’avvenente e, allora, giovanissima pianista Luisa Bàccara, che fu la prima applauditissima interprete delle trascrizioni per pianoforte della Toccata e fuga e della Passacaglia per organo di Frescobaldi e di alcune arie per liuto.
La terza Suite evidenzia il virtuosismo orchestrale di Respighi che sembra indugiare in una dolce nostalgia. Il primo brano dal titolo L’italiana presenta, infatti, un carattere calmo e languido derivato da un’Aria di autore anonimo di fine Cinquecento, mentre è più articolato il secondo che comprende brani tratti dal Thesaurus Armonicus di Jean-Baptiste Besard dal titolo Arie di corte che contengono 6 Chansons delle quali la prima, C’est malheur que de vous aimer, fa da cornice con il suo tono malinconico esaltato dalle viole e dai violoncelli. Il terzo brano è una Siciliana di genere pastorale di un autore anonimo di fine Cinquecento, mentre il quarto è una Passacaglia del bergamasco Ludovico Roncalli.
Durata: 16'
Maurice Ravel
Ciboure, 1875 - Parigi, 1937Le tombeau de Couperin (La tomba di Couperin), suite per orchestra (150° anniversario della nascita)
Prélude (Vif)
Forlane (Allegretto)
Menuet (Allegro moderato)
Rigaudon (Assez vif)
Alla stregua di altri lavori di Ravel, anche Le tombeau de Couperin è la versione orchestrale di una precedente opera pianistica, composta durante la Prima Guerra Mondiale, alla quale il compositore, preso da acceso patriottismo e da una forte volontà d’azione propugnata dalle ideologie delle moderne avanguardie culturali, aveva partecipato con entusiasmo arruolandosi da volontario senza mai cadere negli eccessi sciovinisti di Debussy che avrebbe voluto escludere dai programmi dei concerti tutti i musicisti tedeschi, compreso Beethoven. Ravel iniziò a lavorare a Le tombeau de Couperin, ultimo capolavoro pianistico, nel mese di luglio del 1914, mentre si trovava nell’incantevole località di Saint-Jean-de-Luz sull’Atlantico, portando a termine lo spartito nella versione pianistica soltanto tra il mese di giugno e il mese di novembre del 1917 al suo ritorno dal fronte. L’idea di comporre questa Suite si fece strada nella mente del compositore quasi per caso, come sembra dimostrato da una curiosa lettera indirizzata da Ravel alla sua amica Cipa Godebski, nella quale ironizzava sulla politica di Pio X che, cercando di ricomporre la separazione fra stato e chiesa in Francia, aveva messo in atto una forma di richiamo all’ordine dei laici francesi, lodando le danze campagnole tra le quali la forlane. In questa ironica lettera è contenuto il primo riferimento sia a François Couperin sia alle forlane di quest’ultimo, ben più raffinate di quelle popolari di origine trevigiana:
“Lavoro con le finestre aperte su un tempo primaverile… Nel frattempo volteggio secondo le disposizioni del papa. Voi sapete che questo augusto personaggio, del quale la casa Redfern eseguirà prossimamente alcuni progetti di abito, ha appena lanciato una nuova danza, la forlane. Ne sto trascrivendo una di Couperin. Mi occuperò di farla danzare in Vaticano da Mistinguett e da Colette Willy travestite. Non vi stupite di questo ritorno alla religione. È l’atmosfera nativa”.
Composta da sei brani, ciascuno dei quali dedicato alla memoria di un suo amico morto durante la Prima Guerra Mondiale, la Suite, nella sua versione pianistica, fu eseguita per la prima volta l’11 aprile 1919 a Parigi nella sala Gaveau da Marguerite Long, moglie del Capitano Joseph de Marliave, morto durante un’azione militare nel mese di agosto del 1914, a cui è, peraltro, dedicata la conclusiva Toccata. Nello stesso anno Ravel fece, in vista di una realizzazione ballettistica per la compagnia Les Ballets Suédois (I balletti svedesi) di Rolf de Maré, una versione orchestrale di quattro dei sei brani della Suite e, in particolar modo, del Prélude, della Forlane, del Menuet e del Rigaudon, eliminando così la Fugue e la Toccata. La prima esecuzione della Suite fu, però, in forma di concerto a Parigi il 18 febbraio 1920 presso i Concerts Populaires Pasdeloup sotto la direzione di Rhené-Bâton, mentre il balletto vide le scene l’8 novembre dello stesso anno al Théâtre des Champs-Elysées con la compagnia dei Ballets Suédois sotto la direzione di Désiré-Émile Inghelbrecht con la coreografia di Jean Börlin.
Il titolo tombeau, lungi dall’avere qualunque significato funebre, deve essere inteso nella sua accezione rinascimentale come un omaggio, alieno da qualunque forma di compianto, a un illustre defunto. Il tombeau è, infatti, una convenzione letteraria rinascimentale in base alla quale si immagina che il defunto, dopo aver acquisito meriti morali e civili in vita, possa godere della beatitudine dei Campi Elisi, dove, secondo una visione di matrice gluckiana, i morti danzano al suono di raffinate danze di corte. In questa Suite, concepita, come dichiarato dallo stesso compositore nell’Esquisse autobiographique, dettato a Roland-Manuel nel 1928, come un omaggio diretto, in realtà, più alla musica francese del XVIII secolo che a Couperin, Ravel ha rivestito con un’armonia moderna le strutture dell’ordre, nome con il quale era chiamata in Francia nel Settecento la suite, del grande clavicembalista francese nelle tre magnifiche danze, Forlane, Menuet e Rigaudon, precedute, nella versione orchestrale, dal Prélude. Il Prélude è una pagina fluida, leggera e volubile, che nella versione orchestrale è dotata di un colore affascinante grazie al timbro dell’oboe, a cui è affidato il moderno tema nella sua struttura pentatonica, del clarinetto, del corno inglese, degli archi e di tutti gli altri strumenti che a poco si inseriscono come delle tessere di un raffinato mosaico. Una raffinata ricerca timbrica caratterizza anche la successiva Forlane, dedicata a Gabriel de Luc il cui tema settecentesco elegante e cerimonioso, esposto inizialmente dai primi violini, ritorna per ben tre volte in una scrittura estremamente moderna per la presenza di settime maggiori e cromatismi. Una grazia aristocratica e arcaizzante contraddistingue il successivo Menuet, il cui tema malinconico è esposto inizialmente dall’oboe, mentre il conclusivo Rigaudon dalla struttura tripartita (A-B-A1) vive del contrasto tra la brillante sezione iniziale, ripresa nella parte conclusiva, e la delicata parte centrale nella quale l’oboe intona una malinconica melodia pastorale accompagnato dal pizzicato degli archi che evocano le sonorità di una chitarra.
Durata: 21'
Modest Petrovič Musorgskij
Karevo 1839 - San Pietroburgo 1881 Maurice Ravel
Ciboure, 1875 - Parigi, 1937Quadri di una esposizione
Promenade (Allegro giusto nel modo russico senza allegrezza ma, poco sostenuto
Gnomus (Vivo)
Promenade (Moderato comodo e con delicatezza)
Il vecchio castello
Promenade (Moderato non tanto, pesante)
Tuileries (Allegretto non troppo, capriccioso)
Bydlo (Sempre moderato pesante)
Promenade (Tranquillo)
Balletto dei pulcini nel loro guscio (Scherzino, vivo leggero)
Samuel Goldenberg e Schmuyle
Il mercato di Limoges (Allegro vivo, sempre scherzando
Catacombae (Sepulcrum Romanum) (Largo)
Cum mortuis in lingua morta (Andante non troppo, con lamento)
La capanna sulle zampe di gallina (Allegro con brio, feroce)
La grande porta di Kiev (Allegro alla breve; maestoso; con grandezza)
La fama e la diffusione di Quadri di un’esposizione di Modest Petrovič Musorgskij sono indissolubilmente legate alla magistrale rielaborazione orchestrale fatta da Maurice Ravel nel maggio del 1922 su invito del direttore d’orchestra russo Sergej Koussevitzky. Il compositore francese, intuendo le importanti possibilità timbriche offerte dallo spartito pianistico, diede a esse forma ricorrendo alla sua ricca tavolozza strumentale. In realtà prima della celebre orchestrazione realizzata da Ravel ne erano apparse altre e in particolare: una parziale realizzata, nel 1891, da Mikhail Touchmalov su invito di Rimskij-Korsakov che nel 1886 aveva pubblicato per la casa editrice Bessel una revisione dello spartito pianistico di Musorgskij; una seconda risalente al 1915 per mano dell'inglese Henry Wood e una terza nel 1921 a opera dal violinista e direttore d'orchestra sloveno Leo Funtek. Eseguita per la prima volta all'Opéra (Palais Garnier) di Parigi, il 19 ottobre del 1922, sotto la direzione di Koussevitzky, l'orchestrazione di Ravel si impose immediatamente ottenendo un successo immediato.
L’originale pianistico di Musorgskij, costituito da 15 brani che si susseguono senza soluzione di continuità, era stato ispirato da una mostra di quadri del pittore, scenografo e architetto Victor Hartmann scomparso alla giovane età di trentanove anni nel mese di luglio del 1873. La mostra, che raccoglieva circa quattrocento oggetti diversi tra quadretti di genere, progetti architettonici, bozzetti scenici, figurini, gioielli e artigianato vario, era stata organizzata nel febbraio 1874 dal critico d’arte Vladimir Stasov, amico di Hartmann e di Musorgskij, il quale era rimasto profondamente colpito dalla morte del pittore. Sulla spinta di questo sentimento il compositore, che condivideva con Hartmann il desiderio di creare un’arte russa che avesse un linguaggio e caratteristiche propri, si era messo subito al lavoro in modo febbrile al punto tale che la penna era più lenta della sua ispirazione, come si evince da una lettera indirizzata a Stasov nel giugno 1874:
“Hartmann ribolle proprio come lo fece a suo tempo il Boris […]. Posso a malapena correre con la penna per mettere le idee sulla carta”.
Il lavoro fu completato il 22 luglio 1874 e dedicato, con la dicitura “in memoria del nostro caro Victor”, a Stasov che scrisse la prefazione dell’edizione a stampa pubblicata, tuttavia, soltanto nel 1886 nella già citata revisione di Rimskij-Korsakov dalla casa editrice Bessel a cinque anni di distanza dalla morte del compositore.
Il tentativo di rappresentare una mostra di quadri diversi comportava il rischio di costruire un brano estremamente disorganico in cui le diverse immagini si susseguivano senza alcuna relazione, ma la scelta di Musorgskij di introdurre un intermezzo, intitolato Promenade (Passeggiata), nel quale il compositore intese illustrare se stesso nel momento in cui passeggiava tra i quadri della mostra, costituisce l’elemento unificatore. Il tema della Promenade, che ritorna nel corso dell’opera, appare rielaborato in modo da rappresentare le diverse e sempre nuove emozioni suscitate in lui dalla visione dei quadri della mostra. Questa evoluzione di stati d’animo, che nello spartito pianistico è espressa con tonalità diverse, nell’orchestrazione di Ravel trova la sua naturale realizzazione in un colore strumentale sempre nuovo. Il celeberrimo tema della Promenade apre il brano annunciato prima dagli ottoni ed esposto, poi, dall’orchestra nella tonalità di si bemolle maggiore. Al suo esaurirsi, dopo la perorazione conclusiva dell’orchestra, si materializza l’immagine dì uno gnomo che sembra quasi uscire dal quadro con un atteggiamento dinoccolato reso da ritmi irregolari. Il musicista sembra già colpito da questo primo quadro e copre la breve distanza che lo separa dal successivo con un fare pensieroso reso perfettamente da un’orchestrazione soffusa e molto leggera della Promenade che conduce al secondo quadro, Il vecchio castello. In questo brano antiche leggende sembrano rivivere nel delicato timbro del saxofono che intona un nostalgico motivo amoroso alternandosi all’orchestra a cui è affidato un tema secondario. Dopo la ripresa della Promenade, esposta, questa volta, dagli ottoni nella tonalità di si maggiore, due nuovi quadri si offrono agli occhi del visitatore: il parco delle Tuileries, dove bambini si rincorrono frenati dai genitori il cui intervento è reso con un motivo dolce e cantabile, e Bydlo, un carro polacco, il cui pesante incedere sembra materializzarsi nel tema affidato al bassotuba. La Promenade, che appare per l’ultima volta in una tonalità minore e con un’orchestrazione leggera affidata ai legni, introduce tutti gli altri quadri tra cui il Balletto dei pulcini nei loro gusci con la sua gaiezza. Ad esso segue Samuel Goldenberg e Schmuyle che rappresenta due ebrei polacchi, il primo dei quali è ricco, mentre il secondo è povero. Uno sfolgorio di timbri e di voci è Il mercato di Limoges, che si contrappone al carattere lugubre del quadro successivo Catacombae, dove è rappresentato lo stesso Hartmann che osserva le catacombe di Parigi. Il clima lugubre è confermato nel quadro successivo Cum mortuis in lingua morta nel quale, secondo quanto scrisse lo stesso Musorgskij nell’autografo,
“lo spirito creatore del defunto Hartmann mi conduce verso i crani e li invoca. I crani si illuminano dolcemente dall’interno”.
In questo quadro ritorna inaspettatamente il tema della Promenade come se lo spettatore volesse fuggire da quelle immagini così lugubri che, tuttavia, ritornano in quello successivo Capanna sulle zampe di gallina. In questo quadro con un “barbarico” e “feroce” tema esposto da ottoni e archi viene rappresentata la leggendaria strega russa Baba-Yaga che mangia le ossa umane dopo averle pestate in un mortaio. Un’immagine serena e festante è, infine, quella consegnata all’ascoltatore dalla rappresentazione dell’ultimo grandioso quadro, La porta di Kiev, che si presenta come la celebrazione di una Russia epica e al tempo stesso religiosa.
Riccardo Viagrande