Richard Strauss

Hansjörg Albrecht, direttore

Damiano Scarpa, violoncello

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    21 Marzo 2025

    Ore

    21,00

    Durata

    100min.

    Prezzi

    30 - 15 €

    Calendario

  • Giorno

    Sabato
    22 Marzo 2025

    Ore

    17,30

    Durata

    100min.

    Prezzi

    30 - 15 €

    Calendario

  • Programma

  • Richard Strauss
    Monaco di Baviera, 1864 - Garmisch-Partenkirchen, 1949

    Konzertouverture (Ouverture da concerto) in do minore

    Allegro

     

    Fu durante l’estate del 1883 che il diciannovenne Strauss, fresco di diploma e da poco iscritto all’Università di Monaco, dove, però, seguì i corsi di estetica, filosofia e storia, solo per un anno, compose, insieme alla Sinfonia in fa minore, la Konzertouverture (Ouverture da concerto) in do minore che, completata in breve tempo, fu eseguita per la prima volta il 19 dicembre 1884 a Dresda dalla Sächsische Staatskapelle (Cappella di Stato sassone) sotto la direzione di Ernst von Schuch. L’ouverture, che, però, non fu mai pubblicata da Strauss, incontrò delle riserve presso il suo grande mentore, il famoso direttore d’orchestra Hans von Bülow il quale, a un’attenta analisi, espresse le sue perplessità già sull’attacco, che, realizzato con un unisono, appare simile all’ouverture del Coriolano di Beethoven. Del resto fu proprio a Bülow che Strauss avrebbe confessato, 5 anni dopo, in una famosa lettera di aver preso le distanze da questi lavori giovanili e soprattutto dalla cosiddetta musica assoluta, citando, in realtà, solo la Sinfonia in fa minore, che, a differenza dell’Ouverture da concerto, il famoso direttore aveva accettato:

    “Mi sono allontanato dalla Sinfonia in fa minore in una contraddizione sempre crescente tra il contenuto poetico-musicale che volevo comunicare e la classica forma tradizionale della sonata in tre parti. Non posso ancora dire in modo specifico se io possa ritornare indietro dal percorso che ho intrapreso con il successivo sviluppo della Sinfonia in fa minore. Una connessione al Coriolano di Beethoven, all’Egmont o alle tre ouverture della Leonora, ai suoi Les Adieux, o all’ultimo Beethoven, le cui opere, secondo me, non avrebbero potuto realizzarsi senza modelli poetici, sembra essere l’unica via possibile nella quale lo sviluppo indipendente della nostra musica strumentale può aver luogo per un certo tempo”.

    In realtà, pur non nominando questa Ouverture da concerto, Strauss, in questa lettera, cita proprio uno dei suoi modelli, rappresentato dall’ouverture del Coriolano, anche se, a differenza del capolavoro di Beethoven, questa sua opera non costituisce una parte di più ampie musiche di scena e soprattutto non ha un contenuto programmatico extramusicale. Anzi, dal punto di vista formale, quest’Ouverture da concerto segue la tradizionale forma-sonata con due temi, dei quali il primo mostra l’evidente legame con l’attacco del Coriolano di Beethoven, mentre il secondo, aperto dalle trombe su un ritmo puntato, è affidato agli ottoni e ai legni, ai quali si uniscono, dopo, gli archi con un breve inciso di carattere lirico. Nonostante in alcuni passi traspaiano, oltre al modello di Beethoven, quelli di Wagner e di Mendelssohn, si vede in questa partitura già una grande padronanza sia dei diversi timbri orchestrali sia della scrittura contrappuntistica, evidente quest’ultima nel fugato inserito nello sviluppo.  

    Durata: 12'

    Richard Strauss
    Monaco di Baviera, 1864 - Garmisch-Partenkirchen, 1949

    Don Quixote op. 35. Fantastische Variationen uber ein Thema ritterlichen Characters (Variazioni fantastiche su un tema di carattere cavalleresco)

    Introduzione, Tema con variazioni e Finale

    Mässiges Zeitmass, ritterlich und galant (Tempo moderato cavalleresco e galante); Mässig (Moderato); Sehr ruhig (Molto tranquillo)

     

    “Il poema sinfonico Held und Welt comincia a prendere forma, con un’appendice giocosa per fargli compagnia: Don Quixote”.

    Così lo stesso Strauss ricordò, in un appunto del 16 aprile 1897, le genesi di Don Quixote, che egli riteneva un’appendice giocosa a Held und Welt, titolo originario di Ein Heldenleben, l’altro poema sinfonico che egli andava componendo in quel periodo e con il quale il compositore intendeva dare una particolare immagine di sé. Inizialmente Strauss lavorò a entrambi i progetti, ma dall’estate del 1897 si concentrò esclusivamente sul Don Quixote, portando a termine il 29 dicembre di quell’anno la stesura della partitura che fu eseguita per la prima volta a Colonia l’8 marzo 1898 sotto la direzione di Franz Wüllner. Strauss, che non aveva inserito molte indicazioni nella partitura eccezion fatta per la descrizione dei due temi principali che si riferiscono a Don Quixote e a Sancho Panza, decise di far circolare, in occasione della prima esecuzione, un programma di sala redatto da Arthur Hahn. In seguito lo stesso Strauss redasse una serie di indicazioni esplicative di tutte le sezioni di questo poema sinfonico che, formalmente costituito da un’introduzione a cui seguono 10 variazioni e una coda, presenta alcuni elementi comuni con la sinfonia concertante per lo spazio dato a un violoncello e a una viola solista. Il poema sinfonico si apre con un’Introduzione piuttosto complessa che è esemplificata, nelle scarne indicazioni scritte dallo stesso Strauss, in poche parole:

    “Don Quixote perde la ragione dopo aver letto dei libri di cavalleria e decide di diventare anche lui un cavaliere errante.

    Tema: Don Quixote, cavaliere dall’aspetto triste (violoncello solista). Sancho Panza (clarinetto basso, tuba tenore e viola solista)”.

    Dopo un’introduzione nella quale Strauss sembra ambientare il suo poema sinfonico in una fiabesca atmosfera cavalleresca, appaiono il tema di Don Quixote, nobile e velato da una certa malinconia, e quello di Sancho Panza, ironico e goffo nel ripetitivo disegno di semicrome. Le successive 10 variazioni costituiscono un itinerario ideale che i due personaggi seguono adattandosi alle singole situazioni in cui si vengono a trovare, ma, alla fine, nell’Epilogo, i due temi vengono ripresentati da Strauss nella loro forma originale, quasi a voler indicare che i caratteri dei due personaggi non erano mutati. Molto interessante è l’orchestrazione a cui diede vita il compositore di Amburgo che alternò le variazioni in modo tale da creare un contrasto sonoro e timbrico. Se, infatti, in alcune variazioni, Strauss sfruttò per intero l’organico orchestrale, in altre attribuì agli strumenti una funzione concertante riducendo sensibilmente la massa. Nella prima variazione, nella quale, secondo quanto indicato dallo stesso Strauss, la strana coppia si mette in viaggio nel segno della bella Dulcinea del Toboso, si realizza la prima avventura: la battaglia contro i mulini a vento. In questa variazione i temi appaiono ancora nella loro forma originale fino a quando questi ineffabili e inafferrabili nemici non appaiono grazie a trilli acuti degli archi che sostengono i ribattuti degli strumentini. Questa prima battaglia si rivela una sconfitta e ironicamente Strauss, con un repentino disegno discendente dell’arpa che si conclude su un colpo di timpano, sembra rappresentare il colpo della pala dato al nostro cavaliere errante. Nella seconda variazione, nella quale è descritta la vittoriosa battaglia contro l’esercito dell’imperatore Alifanfarone, che è, in realtà, un gregge di montoni, Strauss dà vita a una pagina di straordinario virtuosismo orchestrale, nella quale l’inizio, ironicamente eroico, è subito smascherato dalle seconde minori affidate ai fiati che rappresentano onomatopeicamente i belati delle bestie. In questa variazione il virtuosismo orchestrale si manifesta attraverso una scrittura estremamente complessa in cui le parti sia degli ottoni (sei corni) che degli archi vengono divise. Delicatamente cameristica è la parte iniziale della terza variazione, nella quale è rappresentato il dialogo tra il cavaliere e il suo scudiero, mentre la massa orchestrale ritorna a essere protagonista nella perorazione conclusiva dell’orchestra che sembra esprimere con ironia la magniloquenza barocca di Don Quixote. Nella IV Variazione, Sfortunata avventura con una processione di penitenti il cui incedere è rappresentato da una scrittura solenne quasi innodica, il cavaliere viene ancora una volta disarcionato, mentre un altro quadretto quasi cameristico è disegnato nella V Variazione, dove il nostro Don Quixote, impegnato in una veglia d’armi, è assorto nei suoi pensieri d’amore per la bella Dulcinea. Nella VI Variazione Don Quixote crede di realizzare il suo sogno d’amore scambiando per la donna una contadina incontrata per caso, il cui carattere rustico è rappresentato da un Zwiefacher, una danza popolare basata sull’alternanza del ritmo 2/4 e 3/4. Nella VII Variazione, Cavalcata per aria, i due personaggi, che credono di essere portati su cavalli magici capaci di volare, sono librati in volo da arpeggi e scale ascendenti e discendenti in una scrittura di straordinario virtuosismo orchestrale al cui carattere suggestivo contribuisce anche l’uso della macchina del vento, mentre nell’VIII Variazione (sfortunata avventura su una barca incantata) i due personaggi cadono in acqua rappresentata dai fagotti che, con un tema in semicrome quasi un moto perpetuo, sembra disegnare il gorgogliare delle onde. A questa variazione, che si segnala per una fitta e densa scrittura contrappuntistica, segue la IX, nella quale è descritto un combattimento contro presunti magici che non sono altro che due monaci sui loro asini, i quali rispondono a un Don Quixote aggressivo, che si presenta con il suo tema, con delle disquisizioni teologiche espresse dal dialogo imitativo tra i due fagotti. Nell’ultima Variazione, Don Quixote, dopo essere stato sconfitto in duello dal cavaliere della Bianca Luna che altri non è se non Sanson Carrasco, decide di tornare a casa, dove, nell’Epilogo, recuperata la ragione, termina i suoi giorni in contemplazione. Tutti i temi fin qui esposti vengono ripresentati, in questo epilogo, in una forma trasfigurata e proiettata nella dimensione memoriale, mentre un etereo e pianissimo accordo di re maggiore scrive la parola fine su questo eroe che, altro alter ego di Strauss, muore dopo aver vissuto queste straordinarie e surreali avventure.   

    Durata: 37'

    Richard Strauss
    Monaco di Baviera, 1864 - Garmisch-Partenkirchen, 1949

    Aus Italien (Dall’Italia), fantasia sinfonica op. 16

    Auf der Campagna (Nella campagna). Andante

    In Roms Ruinen (Tra le rovine di Roma). Allegro molto e con brio

    Am Strande von Sorrent (Sulla Spiaggia di Sorrento). Andantino

    Napolitanisches Volksleben (Vita popolare a Napoli), Allegro molto

     

    “In Italia ho messo sulla carta gli abbozzi per una fantasia sinfonica per orchestra, di cui già il primo tempo fa intravedere la conclusione”.

    È questo il primo sintetico accenno, consegnato a una lettera indirizzata il 23 giugno 1886 ad Hans von Bülow, alla composizione di Aus Italien che, intitolata da Strauss fantasia sinfonica, costituisce un lavoro di passaggio tra la forma sinfonica tradizionale, seppure a programma, e quella del poema sinfonico, nella quale il compositore eccelse. Il programma trae spunto da un viaggio effettuato dal compositore nella primavera del 1886 in Italia su consiglio di Brahms che il ventiduenne Strauss aveva conosciuto a Meiningen, dove era assistente di Bülow. Certamente questo periodo fu per il giovane Strauss estremamente importante sul piano della maturazione di uno stile e di un linguaggio personali che si rivelano in embrione già in questa prima composizione. Brahms, infatti, oltre a instillare nel giovane collega il desiderio di conoscere l’Italia nella quale era stato ben otto volte, diede a Strauss alcuni importanti consigli, come quello, ricordato dallo stesso compositore a proposito di una sua giovanile Sinfonia in fa minore eseguita nel mese di ottobre del 1885:

    “Giovanotto, esamini attentamente le Danze di Schubert e si provi a inventare semplici melodie di otto battute. Io devo principalmente a Brahms se da allora in poi non ho più avuto timore d’introdurre nei miei lavori una melodia popolare”.

    A Meiningen, inoltre, Strauss conobbe Alexander Ritter, primo violino dell’orchestra e compositore di origine russa, che gli fece comprendere l’importanza delle opere di Wagner e Liszt, come lo stesso compositore ricordò:

    “Fino ad allora ero stato educato esclusivamente al pensiero classico, ero cresciuto soltanto in compagnia di Haydn, Mozart e Beethoven e arrivavo sino a Brahms attraverso Mendelssohn, Chopin e Schumann. La conoscenza di Alexander Ritter, i suoi ripetuti sforzi e i suoi affettuosi suggerimenti fecero di me, definitivamente, un musicista dell’avvenire, mostrandomi l’importanza delle opere composte da Wagner e da Liszt. A lui soltanto debbo la comprensione di questi due maestri”.

    Lasciato l’incarico di Meiningen, gravido di importanti esperienze e conoscenze professionali, Strauss partì alla volta dell’Italia il 17 aprile 1886 per far ritorno in patria il 22 giugno. Durante questo lungo viaggio, Strauss visitò diverse città italiane, tra cui Bologna, Firenze, Napoli, Sorrento e Amalfi che ispirarono alcune pagine di Aus Italien. Attratto dal patrimonio artistico monumentale della penisola, Strauss mostrò una certa insofferenza nei confronti sia del popolo italiano, reo di avere un comportamento incivile, sia dell’opera italiana. L’Aida di Verdi, ascoltata a Bologna, fu da lui giudicata musica da pellirosse e non toccò miglior sorte al Barbiere di Siviglia di Rossini. Dopo aver assistito a una rappresentazione del capolavoro del Pesarese, Strauss, sdegnato, affermò, infatti, che non si sarebbe mai convertito all’opera italiana. Nonostante questi inconvenienti, il viaggio nella nostra penisola, insieme a una nuova concezione musicale maturata nel periodo di Meiningen, costituisce la fonte d’ispirazione di Aus Italien che, iniziata in abbozzo in Italia, fu completata tra il mese di luglio e ottobre 1886 ed eseguita per la prima volta sotto la direzione del compositore il 2 marzo 1887 all’Odeon di Monaco. L’accoglienza del pubblico fu piuttosto fredda per ammissione dello stesso compositore, che pur aveva definito questo suo lavoro un legame tra il vecchio e il nuovo modo di fare musica. In una lettera a un amico si legge:

    “Stupore generale e collera poiché anch’io ora ho iniziato a intraprendere la mia propria strada. Per creare una mia propria forma e disturbare le teste delle persone indolenti. I primi tre movimenti furono accolti con una certa tolleranza, ma per l’ultimo movimento, Vita popolare a Napoli, che, lo ammetto, è piuttosto stravagante e folle (la vita a Napoli, a dire il vero, è turbolenta), ci fu non solo un vivo applauso, ma veri e propri fischi, che naturalmente mi divertirono molto. Bene, mi consolo; […] Nessuno mai è diventato un grande artista senza non essere stato preso dai più per pazzo… Questo è il mio primo lavoro che ha incontrato l’opposizione della massa, poiché deve essere di una certa importanza”.

    Più tecnico appare il commento di Bülow che scrisse in una lettera indirizzata a Ritter:

    “Il geniale autore si è spinto sino all’estremo limite delle possibilità tonali […]. Ammirevole e invidiabile difetto, questa esuberanza di idee, questa ricchezza di apporti”.

    In realtà Aus Italien non è ancora un vero e proprio poema sinfonico, in quanto la sua struttura formale, con la sua scansione in quattro movimenti, appare più vicina alla sinfonia a programma. Secondo il programma scritto dallo stesso Strauss per l’«Allgemeine Musikzeitung» in occasione di un’esecuzione a Weimar il 28 ottobre del 1889, il primo movimento, Auf der Campagna,

    “riproduce lo stato d’animo provato dal compositore nel vedere l’ampia distesa della campagna romana immersa in un bagno di luce solare così come è vista dalla Villa d’Este a Tivoli”.

    Un pedale di sol, tenuto da violoncelli e contrabbassi, su cui si costruisce a poco l’accordo di sol maggiore, rappresenta l’ampia distesa della campagna che, presentandosi inizialmente informe agli occhi di Strauss, pian piano si colora di nuovi dettagli, resi musicalmente con gli altri suoni dell’accordo e in particolar modo della terza che giunge alla terza battuta. Mentre un tema dalle larghe arcate melodiche sembra descriverne la bellezza quasi a perdita d’occhio, un altro, intonato dai clarinetti, mostra lo stato d’animo un po’ turbato del musicista grazie a cromatismi ascendenti. Il brano, inoltre, si segnala per una raffinata scrittura contrappuntistica che coinvolge intere sezioni dell’orchestra.

    Il secondo movimento, In Roms Ruinen (Tra le rovine di Roma), sempre secondo quanto recita il programma, è dedicato alla rappresentazione delle

    “immagini fantastiche di una gloria svanita, sentimenti di malinconia e di afflizione tra il brillante splendore del presente. La struttura formale del movimento è quella di un grande primo movimento di sinfonia”.

    Scritto in forma-sonata, il movimento si apre con un tema di carattere arcaizzante intonato da una tromba solista, mentre il secondo, esposto dagli archi, appare poco incisivo.

    Il terzo movimento, Am Strande von Sorrent (Sulla Spiaggia di Sorrento), sempre secondo quanto affermato dallo stesso Strauss,

    “rappresenta, come in un dipinto, la tenera musica della natura, che un orecchio interiore percepisce nel fruscio del vento tra le foglie, nel canto degli uccelli e in tutte le delicate voci della natura, e nel distante mormorio del mare da dove un canto solitario raggiunge la spiaggia. In contrasto con quel suono distante sono le sensazioni provate da un uomo che le ascolta. L’interazione tra la separazione e l’unione parziale di questi contrasti costituisce il contenuto spirituale di questo dipinto di emozioni”.

    Le voci della natura, il cui risveglio, nella parte iniziale, è rappresentato dai trilli degli archi, prendono forma grazie a una scrittura di carattere simbolistico che Debussy ammirò particolarmente. Una dolce melodia romantica, sempre affidata agli archi, che rappresenta lo stato d’animo del compositore, costituisce il tema principale di questo movimento che si distingue per una scrittura estremamente ricercata dal punto di vista timbrico.

    Per quanto riguarda il quarto movimento, Napolitanisches Volksleben (Vita popolare a Napoli) Strauss affermò:

    “Il tema principale è una ben nota canzone popolare. In aggiunta, una tarantella che il compositore ha sentito a Sorrento è usata nella coda. Dopo alcune rumorose battute introduttive, l’esposizione del tema principale da parte delle viole e dei violoncelli dà l’avvio a questa folle fantasia orchestrale, che tenta di descrivere il colorato viavai di Napoli in un’esilarante girandola di temi; la tarantella, all’inizio sentita solo in lontananza, gradualmente si afferma fino alla fine del movimento e fornisce la conclusione a questa humoresque. Alcune reminiscenze del primo movimento esprimono una forma di nostalgia per la pace della Campagna”.

    Nella sua puntuale analisi, Strauss, tuttavia, commette un errore: il tema principale non è costituito da una canzone popolare napoletana, ma dalla celebre canzone napoletana, Funiculì funiculà composta nel 1880 da Luigi Denza.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 46'