Schubert

Mario Brunello, direttore/violoncello

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    10 Febbraio 2023

    Ore

    21,00

    Durata

    75min.

    Prezzi

    20 - 10 €

    Calendario

  • Giorno

    Sabato
    11 Febbraio 2023

    Ore

    17,30

    Durata

    75min.

    Prezzi

    20 - 10 €

    Calendario

  • Programma

  • Franz Schubert
    Vienna, 1797 - Vienna, 1828 Gaspar Cassadó
    Barcelona 1897 - Madrid 1966

    Sonata in la minore "Arpeggione" per violoncello e pianoforte D 821 (versione per violoncello e orchestra di Cassadó)

    Allegro moderato

    Adagio. Allegretto

     

    Strumento inventato nel 1823 dal liutaio viennese Johann Georg Staufer, l'arpeggione, chiamato anche chitarra-violoncello, chitarra d'amore e chitarra ad arco, consisteva, come si può notare anche dai nomi, in un ibrido tra la chitarra e il violoncello. Esso, infatti, pur conservando la tecnica esecutiva del violoncello essendo suonato con un arco e tenuto tra le ginocchia, aveva della chitarra la forma della cassa, l'accordatura a sei corde e la tastiera del manico. Di questo strumento, che, però, non si affermò nel mondo musicale, essendo già del tutto dimenticato già all'inizio degli anni Trenta dell'Ottocento, fu un grande promotore il violoncellista Vinzenz Schuster il quale, nel 1824, commissionò a Schubert questa Sonata per arpeggione e pianoforte da lui stesso eseguita per la prima volta nel mese di novembre dello stesso anno. Rimasta inedita fino al 1871, la Sonata sarebbe stata pubblicata da Johann Peter Gotthard che, oltre a ricostruire la genesi e a dare una spiegazione di cosa fosse questo strumento ignorato da alcuni dizionari dell'epoca come, per esempio, il Dictionnaire des Instruments de musique di Jacquot, trascrisse la parte per violoncello, strumento con il quale oggi è comunemente eseguita. Di questa  Sonata Gaspar Cassadó i Moreu nel 1930 fece una versione per violoncello e orchestra.

    Il primo movimento, Allegro moderato, in forma-sonata con due temi dei quali il primo malinconico e il secondo, in do maggiore, più capriccioso, è tutto intriso di serena malinconia, mentre il secondo movimento, Adagio, si segnala per il suo lirismo di matrice liederistica. Collegato all'Adagio da una breve cadenza, l'Allegretto è un rondò che si svolge al ritmo di una danza viennese.

     

    Durata: 26'

    Franz Schubert
    Vienna, 1797 - Vienna, 1828

    Rosamunde, Fürstin von Kypern (Rosamunda, Principessa di Cipro), Entr’acte n. 3 D. 797

    Ultimo contributo al teatro di Schubert, le musiche di scena per Rosamunde furono composte nell'autunno del 1823 su commissione del conte Palffy, proprietario del teatro An der Wien, per  il dramma di Helmina von Chezy che, alla prima rappresentazione avvenuta il 20 dicembre di quell'anno, andò incontro ad un clamoroso insuccesso. Un grande successo arrise, invece, alle musiche composte da Schubert come riconosciuto dalla stessa Helmina von Chezy che cinque anni dopo ebbe modo di affermare: «La magnifica musica di Schubert fu apprezzata e coronata da un brillante successo nonostante il testo non ne fosse all'altezza». Del dramma, che fu immediatamente ritirato, infatti, è andato perduto anche il testo, ma è possibile ricostruirne la vicenda grazie alle recensioni sui giornali dell'epoca. Protagonista è Rosamunde che, affidata dal padre ad un povero pescatore, cresce del tutto ignara della sua origine. Alla fine, però, dopo diverse vicissitudini, la donna sposa il suo amato Alfonso e viene reintegrata nella sua legittima condizione di regina. Le musiche di scena di Rosamunde sono costituite complessivamente da 10 numeri esclusa l'ouverture che Schubert, pressato dalla committenza, non compose, decidendo di utilizzare, secondo una testimonianza di Moritz von Schwind consegnata ad una lettera ad un amico, quella «scritta per Alfonso und Estrella», perché l'avrebbe trovata «troppo sempliciotta per quell'opera» tanto da voler farne una nuova. Tra tutti i brani celeberrimo è il terzo Entr'acte la cui dolcissima melodia, esposta inizialmente dagli archi,  è stata ripresa da Schubert sia nell'Andante del Quartetto in la minore D. 804 che nell'Impromptu op. 142 n. 3 D. 935 per pianoforte.

    Durata: 8'

    Franz Schubert
    Vienna, 1797 - Vienna, 1828

    Sinfonia n. 8 in si minore D. 759 “Incompiuta”

    Allegro moderato

    Andante con moto

     

    Un alone di mistero avvolge ancora la genesi e la composizione del capolavoro sinfonico di Schubert, la Sinfonia n. 8 “Incompiuta”, chiamata così perché priva degli ultimi due movimenti rispetto ai quattro complessivi che tradizionalmente costituivano, nel periodo classico, questa forma. L’unica certezza è la data di composizione, 30 ottobre 1822, apposta da Schubert sull’autografo che egli stesso inviò all’amico Hans Hüttenbrenner, esponente della Società Musicale Stiriana di Graz, in segno di gratitudine per la nomina a membro onorario. Su questa sinfonia, eseguita per la prima volta postuma ben 43 anni dopo la sua composizione, il 17 dicembre 1865 a Vienna sotto la direzione di Johann Herbeck, che, per l’occasione, aggiunse come Finale l’ultimo movimento della Terza sinfonia dello stesso Schubert, sono state formulate diverse ipotesi, delle quali alcune, per quanto suggestive, sono del tutto destituite di fondamento. La tesi, sostenuta, tra gli altri, dall’autorevole musicologo Alfred Einstein, secondo la quale Schubert avrebbe considerato la sinfonia un lavoro perfettamente compiuto soltanto con due movimenti, è smentita dall’esistenza della versione pianistica quasi completa di uno Scherzo, del quale il compositore portò a termine l’orchestrazione delle prime due pagine. Non è, inoltre, verificabile l’ipotesi secondo cui l’intermezzo in si minore, tratto dalle musiche di scena per il dramma, Rosamunde, Fürstin von Cypern (Rosamunda, principessa di Cipro), di Helmina von Chézy, sia stato originariamente concepito come ultimo movimento di questa sinfonia, come è stato affermato da alcuni musicologi, tra cui gli inglesi Gerald Abraham e Brian Newbould che hanno tentato di completarla. Non si conoscono le ragioni per cui Schubert decise di non completare la sinfonia, ma è plausibile l’ipotesi che l’insistenza su uno stesso metro, il 3/4 del primo movimento, il 3/8 del secondo e, nuovamente, il 3/4 dell’incompiuto scherzo, mai attuata in nessuna  delle sinfonie del periodo classico, abbia potuto indurre, molto probabilmente, il compositore a non ultimarla. Anche la scelta della tonalità di si minore, mai utilizzata da Haydn, Mozart e Beethoven, oltre a costituire uno strappo con il classicismo, apre le porte alla temperie romantica e permette a Schubert di esprimere gli angosciosi tormenti del suo animo tra immagini di morte e momenti sognanti che hanno nella memoria la loro origine.

    Sul primo movimento, Allegro moderato, che della forma-sonata conserva solo l’apparenza esteriore, dal momento che i due temi si sviluppano in modo libero, il critico musicale Eduard Hanslick così si è espresso:

     

    “Quando dopo le battute di introduzione, il clarinetto e l’oboe all’unisono elevano il loro dolce canto [primo tema] sul quieto mormorare dei violini, anche un bambino sente di quale compositore si tratta e la sala intera sussurra il nome: Schubert! Non è ancora entrato ma è come lo si conoscesse al passo, al suo modo di aprire la serratura. Su quella modulazione in minore contrasta il tema in sol maggiore del violoncello [secondo tema], un magnifico canto di Lied di piacevolezza quasi agreste, e allora ogni cuore ha un palpito come se Schubert dopo una lunga assenza comparisse in persona in mezzo a noi. Tutta questa parte è un dolce torrente di melodie chiaro come cristallo che lascia vedere ogni pietruzza sul fondo. E dappertutto un raggio di sole caldo, dorato filtra attraverso il fogliame!”

     

    Non si può non condividere il commento di Hanslick su questo primo movimento che, aperto da una breve introduzione la cui sonorità grave, secondo il direttore d’orchestra austriaco Felix Paul Weingartner, sembra uscire dalle profondità dell’Averno, si svolge con una scrittura melodica di straordinaria purezza che qualche volta cede, nello sviluppo, il posto a momenti drammatici e si conclude con una ripresa del motivo introduttivo che, esposto da tutte le famiglie orchestrali, riporta sulla scena i fantasmi iniziali. La stessa purezza melodica contraddistingue il secondo movimento, Andante con moto, che, dal punto di vista formale, è strutturato con la giustapposizione di due episodi dei quali il primo presenta un carattere pastorale venato da una certa tristezza, mentre il secondo è pieno di pathos nella melodia esposta dal clarinetto su un accompagnamento sincopato dei violini e delle viole. Anche il percorso armonico è più tortuoso con modulazioni continue che esprimono perfettamente l’inquietudine tipica del Romanticismo. Altrettanto fine e acuto è il commento su questo secondo movimento di Eduard Hanslick che, nella parte conclusiva, non risparmia una pungente allusione a Wagner, suo bersaglio preferito:

     

    “Più largamente e maestosamente si svolge l’Andante. Tristezze ed inquietudini affondano in questo canto pieno di intimità e di calma felicità. In tutte e due le parti la sonorità miracolosa; isolando qualche battuta di corno e qualche breve a solo di clarinetto o di oboe sullo sfondo semplice e naturale dell’orchestra Schubert ottiene degli effetti di sonorità che nessuna raffinatezza di orchestrazione wagneriana sa raggiungere”.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 25'