Schumann, Berlioz & Šostakovič

Lior Shambadal, direttore

Iakov Zats, viola

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    13 Dicembre 2019

    Ore

    21,00

    Durata

    100min.

    Prezzi

    25 - 12 €

    Calendario

  • Programma

  • Robert Schumann
    Zwickau, 1810 - Bonn, 1856

    Manfred, ouverture

    Rasch. Langsam (Rapidamente. Largo)

     

     

    "Tra tutti i pezzi musicali, vi raccomando soprattutto l'ouverture. La considero uno dei miei figli più robusti e spero che voi condividiate il mio modo di vedere".

     

    Con queste poche parole Schumann raccomandava a Liszt l'ouverture delle musiche di scena per il Manfred di Byron che sarebberostate eseguitein occasione di una rappresentazione del dramma al Teatro Di Cortedi Weimar sotto la direzione del compositore ungherese, il 13 giugno 1852. In effetti l'ouverture è la pagina più importante e riuscita di questo lavoro di Schumann che corrisponde al secondo esperimento teatrale dopo l'opera Genoveva, alla cui composizione Schumann aveva lavorato tra l'aprile del 1847 e l'agosto del 1848. Nel mese di ottobre dello stesso anno Schumann iniziò a comporrele musiche di scena del Manfred con un'impazienza che testimonia l'attrazione esercitata su di lui dall'eroe di Byron nel quale il compositore aveva visto certo una forma di suo alter ego. Con il personaggio di Byron Schumanncondivideva, infatti, l'anelito verso una dimensione che trascende l'umana esistenza percepita come qualcosa di incompiuto, l'interesse per la magia, per il mondo degli spiriti e per le scienze occulte e, infine, il desiderio di redenzione. Per questo lavoro di Byron, che in origine non era stato pensato per il teatro, Schumann compose tra il 1848 e il 1851 un'ouverture e 15 brani la cui funzione era quella, in alcuni casi, o di enfatizzare il testo o, in altri, semplicemente di accompagnarlo.

    Entrata stabilmente nel repertorio, l'ouverture è un piccolo capolavoro dal momento che si presenta come una magistrale sintesi dell'intera vicenda incentrata su un misterioso senso di colpa che attanaglia Manfred per la morte dell'amata sorella Astarte. In forma-sonata, si basa sul contrasto di due temi dei quali il primo agitato allude al temperamento di Manfred, mentre il secondo, per il suo carattere lirico, è associato al personaggio di Astarte. Nello sviluppo si consuma la lotta tra i due temi al termine della quale prevale il secondo quasi a decretare la morte dell'eroe che giunge come liberatoria e quasi catartica.

    Durata: 13'

    Hector Berlioz
    La Côte-Saint-André, 1803 - Parigi, 1869

    Aroldo in Italia, Sinfonia in quattro parti con viola solista op. 16 (nel 150° anniversario della morte)

    Aroldo fra i monti. Scene di malinconia, di felicità e di gioia (Adagio, Allegro)

    Marcia dei pellegrini che cantano la preghiera della sera (Allegretto)

    Serenata di un montanaro degli Abruzzi alla sua amata (Allegro assai)

    Orgia dei briganti. Ricordi di scene precedenti (Allegro frenetico)

     

     

    “Alcune settimane dopo il concerto di riabilitazione [22 dicembre 1833 al Conservatorio con in programma la Symphoniefantastique] di cui ho parlato, Paganini venne a trovarmi «io ho una viola meravigliosa, mi disse, un ammirevole strumento di Stradivari che mi piacerebbe suonare in pubblico. Ma io non ho musica adatta. Volete scrivere un assolo per viola? Io ho fiducia solamente in voi per questo lavoro».  «Certamente, gli risposi, io sono lusingato più di quanto non saprei dire, ma per rispondere alle vostre aspettative, per fare in una simile composizione eccellere, come è giusto, un virtuoso come voi, bisogna saper suonare la viola; e io non la suono. Mi sembra che voi solo sareste in grado di risolvere questo problema». «No, no, insisto, disse Paganini, voi farete un bel lavoro; quanto a me io non sto troppo bene in questo momento per comporre e non posso pensare ad essa»”.

     

    Berlioz, quindi, come scrisse nei suoi Mémoires, si convinse ad accontentare il grande virtuoso, scrivendo un assolo per viola capace di coinvolgere l’orchestra in modo tale da non sminuire l’efficacia del suo contributo, sicuro che Paganini, con le sue incomparabili capacità come esecutore, avrebbe saputo come mantenere la viola in risalto. Paganini, invece, quando vide le pause della viola nell’Allegro del primo movimento, deluso esclamò:

     

    “Io non lo farò, sono silenzioso per troppo tempo, ho bisogno di suonare senza interruzione”.

     

    La collaborazione con Paganini non ebbe seguito, ma Berlioz decise di portare avanti il suo progetto scrivendo una serie di scene orchestrali in cui la viola, senza perdere le sue caratteristiche, avrebbe più o meno preso parte. Nacque Harold en Italie, una sinfonia in quattro parti ispirata a Il pellegrinaggio del giovane Aroldo di Lord Byron, che, composta nel 1834, fu eseguita con successo al Conservatorio lo stesso anno.

    Nella sinfonia, uno dei suoi lavori più poetici, Berlioz sembra aver raggiunto il suo scopo, quello di scrivere musica a programma, le cui prime manifestazioni sono già nella SymphonieFantastique del 1830, dalla quale differisce per un’atmosfera più distesa. Qui la malinconia del protagonista è, infatti, molto lontana dall’angoscia del giovane musicista. Oltre al programma poetico, esplicitato dai titoli dati ai quattro movimenti allo scopo di rendere palesi le intenzioni e i sentimenti espressi dal compositore nella musica, un’altra innovazione è costituita dalla melodia caratteristica, una melodia, affidata, in questo caso, alla viola, che dà voce e consistenza musicale ai sentimenti provati dal protagonista di fronte alle varie situazioni espresse da sapienti variazioni e modulazioni. Questa melodia costituisce il tema principale che, come nella SymphonieFantastique, ritorna in tutti i movimenti con una differenza rilevata dallo stesso Berlioz il quale scrisse:

     

    “Il tema della SymphonieFantastique, l’idéefixe, s’interpone ostinatamente come un’idea appassionata, episodica in mezzo alle scene che le sono estranee e le rende diverse, mentre il canto di Harold si sovrappone agli altri canti dell’orchestra con i quali contrasta con il suo movimento e il suo carattere senza interromperne lo sviluppo”.

     

    Dedicata all’amico Humbert Ferrand, la sinfonia, composta in poco tempo, ma migliorata nel corso degli anni, ebbe un discreto successo alla sua prima esecuzione avvenuta al Conservatorio il 23 novembre 1835, come ricordò lo stesso Berlioz:

     

    “Solo il primo brano fu poco applaudito per colpa di Girard che dirigeva l’orchestra e che non riuscì mai a guidarla abbastanza rapidamente nella coda il cui movimento deve animarsi gradualmente del doppio della velocità. Senza questa animazione progressiva la fine di questo Allegro è languente e glaciale. Soffrii il martirio sentendolo trascinarsi così. La Marche despèlerins fu bissata. Alla sua seconda esecuzione e verso la metà della seconda parte del brano, nel momento in cui, dopo una breve interruzione, si sente di nuovo il suono delle campane del convento rappresentato da due note di arpa che raddoppiano i flauti, gli oboi e i corni, l’arpista contò male le sue pause e si perse. Girard allora, invece di rimettere sulla strada giusta, come ciò mi è accaduto 10 volte in un simile caso (i tre quarti degli esecutori commettono a questa entrata lo stesso errore), gridò all’orchestra: «L’ultimo accordo!» e fu preso l’accordo finale saltando le oltre cinquanta misure che lo precedono. Ciò fu uno sgozzamento completo. Fortunatamente la Marche era stata eseguita bene la prima volta e il pubblico fece caso al disastro della seconda”.

     

    Nonostante il successo tributato dal pubblico del quale facevano parte personalità illustri della cultura francese, come Victor Hugo, Eugéne Sue, Alexandre Dumas, Alfred De Vigny, Franz Liszt, Chopin e Lesueur, la critica non fu tutta favorevole tanto che su un giornale di musica di Parigi apparve un articolo pieno di invettive che cominciava in modo spiritoso: Ha! ha! ha! haro! haro! Harold!

    Il primo movimento, Aroldo fra i monti. Scene di malinconia, di felicità e di gioia si apre con un’introduzione lenta e misteriosa (Adagio), nel disegno cromatico dei violoncelli e dei contrabbassi, imitati in successione dai violini primi, dalle viole e dai violini secondi, che entrano quasi in stile fugato. Su questo attacco degli archi si staglia un nuovo tema, affidato al fagotto, prima e all’oboe, dopo, in imitazione. Dopo l’esplosione dell’intero organico orchestrale emerge sul delicato accompagnamento dell’arpa il tema affidato alla viola che rappresenta perfettamente il carattere romantico del protagonista Aroldo, dietro il quale si cela lo stesso Berlioz, immerso nella natura che lo circonda contemplandola in modo nostalgico, come ha notato Liszt che nella sua recensione scrisse:

     

    “Aroldo vorrebbe immergersi nella natura, perdersi nel gran tutto, dissolversi… La viola ha un suono velato, ottavato, che simboleggia la voce di Aroldo, espressione della sua interiorità: aleggia sull’orchestra come il respiro dell’uomo sensibile sulla natura… Improvvisamente la monodia diventa più flebile, la voce si spegne, l’anima che volava chiude le ali”.

     

    Il successivo Allegro, in forma-sonata con due temi che vengono ampiamente sviluppati da Berlioz, si snoda sul ritmo di un brillante salterello che evoca perfettamente le scene di felicità, anche se non è del tutto capace di sottrarre alla sua nostalgia Aroldo che ritorna alla fine del movimento con il suo tema cupo.

    Il secondo movimento, Marcia dei pellegrini che cantano la preghiera della sera(Allegretto), è un altro saggio delle capacità di Berlioz di disegnare dei perfetti quadri di genere. L’atmosfera serale è perfettamente rappresentata all’inizio dai pizzicati delle viole, dei violoncelli e dei contrabbassi ai quali rispondono corni e fagotti, mentre la marcia è interrotta da un motivo di carattere processionale che ritorna periodicamente. Nella parte centrale, costituita da un canto religioso il suono della viola interviene con leggeri arpeggi per annunciare la presenza di Aroldo che guarda con disinteresse a tutto ciò che gli accade intorno, mentre il carattere processionale è conferito al passo dal pizzicato dei contrabbassi che accompagnano le note lunghe dei legni e degli archi. Al canto religioso segue la ripresa della marcia che risuona sempre più lontana.

    Il terzo movimento, Serenata di un montanaro degli Abruzzi alla sua amata, si apre con un brillante episodio, Allegro assai, in 6/8 che sembra assumere le movenze di una tarantella; ad esso segue la serenata vera e propria, Allegretto, nella quale emerge la voce del corno inglese, strumento idoneo a rappresentare il canto d’amore del pastorello nei confronti della sua amata. Nemmeno il canto struggente del pastorello riesce a coinvolgere Aroldo che, introdotto dalla viola con il suo tema, resta uno spettatore triste della scena.

    Nell’ultimo movimento, Orgia dei briganti. Ricordi di scene precedenti, Aroldo è ritratto all’interno di una caverna in preda ai fumi dell’alcool insieme a dei briganti dediti ad un’orgia rappresentata con un’esplosione ritmica dell’orchestra il cui organico è considerevolmente ampliato con ottavino, tuba, piatti e due tamburi piccoli. È un attacco frenetico dell’orchestra il cui vivace tema in sol minore è interrotto, all’inizio, da confusi richiami alle scene precedenti con la ripresa in una forma ciclica di parti dei movimenti precedenti. Le allucinazioni si affollano nella mente del protagonista e assumono le forme ora della marcia dei pellegrini, ora della romanza d’amore abruzzese. La sua voce è ora spezzata e confusa annunciando così la prossima morte di Aroldo il cui cadavere viene trascinato, nella parte conclusiva, nel fondo della caverna.

    Durata: 35'

    Dmitrij Dmtrevič Šostakovič
    San Pietroburgo, 1906 - Mosca, 1975

    Sinfonia n.12 in re minore op. 112 "L'anno 1917"

    Pietroburgo rivoluzionaria (Moderato - Allegro)

    Razliv (Allegro - Adagio)

    Aurora (Allegro) attacca

    L'alba dell'umanità (L'istesso tempo)

     

     

    "In questo momento i miei pensieri ruotano sempre più intorno a un'opera dedicata alla figura immortale di Vladimir Lenin".

     

    In queste parole, pubblicate il 6 giugno 1959  sulla rivista «SovietskaCultura»,è contenuto il primo accenno di Šostakovič alla sua Dodicesima sinfonia, della quale già aveva composto i primi due movimenti nel secondo semestre dell'anno successivo, come si apprende da un'intervista apparsa su un'altra rivista, «La vita Musicale», dove si leggeva:

     

    "Dei quatto movimenti della sinfonia, io ne ho quasi terminato due. […] Nella misura in cui la sua concezione è già matura in me, io mi permetto di raccontare il contenuto della Dodicesima sinfonia […]. Il primo movimento è un racconto musicale dell'arrivo di Lenin a Pietroburgo nel mese di aprile del 1917 e del suo incontro con gli operai […]. Il secondo movimento riflette gli eventi storici del 7 novembre. Il terzo movimento ritrae la guerra e il quarto, infine, la vittoria della Grande Rivoluzione Socialista".

     

    In realtà, nonostante i comunicati stampa, di cui uno, apparso nel mese di febbraio del 1961, nel quale si leggeva che la sinfonia era pronta e che sarebbe stata messa a breve in programma, Šostakovič, dopo aver completato il terzo movimento alla fine del 1960, non riusciva a trovare la giusta ispirazione per comporre il quarto. Questa gli venne finalmente nell'estate del 1961 e il 22 agosto completò la sinfonia, rilasciando nel contempo questa dichiarazione alla Radio:

     

    "Volevo che la Dodicesima sinfonia fosse completata per il XXII Congresso del PCUS. E ci sono riuscito. Sono riuscito a completare la mia sinfonia in queste storiche giornate per la nostra patria".

     

    Dopo essere stata presentata all'Unione dei Compositori di Mosca in una versione a quattro mani da Boris Čajkovskij e da MoisejSamuilovičVajnberg, la Dodicesima sinfonia fu eseguita per la prima volta a Leningrado il 1° ottobre 1961 sotto la direzione di Evgenij Mravinskij con un buon successo che consentì a questo lavoro di Šostakovič di affermarsi in Unione Sovietica, dove fu ripresa in occasione di celebrazioni, a differenza di quanto avvenne in occidente dove non mancarono anche critiche piuttosto severe tra cui certamente la più pesante fu quella di Peter Heywoth il quale sul «New York Times» del 5 settembre 1962 scrisse:

     

    "Da dove viene che un compositore al quale noi dobbiamo una musica sublime, piena di calore umano, d'umore e di ironia spirituale, ci presenta oggi un tale monumento di trivialità?»

     

    Intitolato Pietroburgo rivoluzionaria, il primo movimento, si apre con un tema esposto dagli archi gravi all'unisono per giungere, dopo un crescendo, all'Allegro, caratterizzato da un grande slancio e da due temi molto simili, dei quali il primo sembra descrivere la sommossa. Il secondo movimento, il cui titolo Razlivsi riferisce alla località nella quale Lenin risiedeva clandestinamente e da dove dava i suoi ordini, si apre con cinque battute introduttive (Allegro) caratterizzate da pizzicati d'archi sostenuti dalla batteria. Dell'ampio Adagio che segue quest'introduzione, sono protagonisti il corno che espone il bel primo tema, e il clarinetto al quale, invece, è affidato il secondo. Il terzo movimento, il cui titolo Aurora si riferisce al nome del famoso incrociatore che nel 1917 con un colpo di cannone diede il segnale per la conquista del Palazzo d'Inverno durante la Rivoluzione russa, costituisce il punto culminante della sinfonia e si segnala per un crescendo da un pianissimo al fortissimo di grande suggestione. Il Finale, intitolato L'alba dell'umanità perché intende descrivere l'atmosfera post-rivoluzionaria, riprende, in una scrittura a volte di un ottimismo pomposo e retorico, alcuni temi dei movimenti precedenti oltre a citare la parte corale della Decima sinfonia.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 40'