Sibelius/Strauss/ Skrjabin

JÉRÉMIE RHORER direttore

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi - Palermo

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Sabato
    14 Marzo 2026

    Ore

    17,30

    Durata

    80min.

    Prezzi

    30 - 18 €

    Calendario

  • Programma

  • Jean Sibelius
    Hämeenlinna, 1865 - Järvenpää, 1957

    Aallottaret (Le Oceanidi) poema sinfonico op. 73

    Nel 1913, Sibelius ricevette diverse commissioni, delle quali la prima gli venne dagli Stati Uniti e in particolare dal compositore Horatio Parker, docente di composizione presso la Yale University dal 1894. Nella primavera del 1913, Parker aveva chiesto, infatti, a Sibelius alcune canzoni da destinare alle scuole americane, ricevendone ben tre, Autumn Song, The Sun upon the Lake is low e A Cavalry Catch, che sarebbero state pubblicate dal compositore americano nel 1915 nella raccolta The Progressive Music Series sotto il titolo Three Songs for American Schools. Fu, in seguito, lo stesso Parker a mettere in contatto Sibelius con il ricco mecenate Carl Stoeckel, il cui padre Gustav Jacob era stato, dal 1855 al 1896, anno del suo pensionamento, il primo docente di musica a Yale, e con sua moglie Ellen, figlia, quest’ultima, di Robbins Battell, che era stato uno degli uomini più influenti del Connecticut a livello sia economico che culturale e il cui padre Joseph aveva fatto costruire a Norfolk una sontuosa residenza, da lui chiamata White House, come quella ufficiale del presidente degli Stati Uniti. Estremamente colti e amanti della musica e della pittura, i due coniugi avevano creato, finanziandolo, a Norfolk, un festival che si tiene ancora oggi tutte le estati con il nome di Norfolk Chamber Music Festival e che attualmente fa capo all’Università di Yale. Per ospitare le manifestazioni, il 6 giugno del 1906 era stata inaugurata una sala da concerto di ben 2000 posti. Tra i compositori dei quali furono eseguite le musiche in quell’occasione c’era stato anche Parker il quale, all’inizio dell’estate del 1913, inviò a Stoeckel una lista di musicisti da invitare a Norfolk. Il mecenate rispose il 18 agosto, dicendo che gli avrebbe fatto piacere incominciare con Sibelius, al quale Parker inviò un invito a recarsi a Norfolk nel mese di giugno del 1914 per dirigere diverse opere, di cui una, che non doveva durare più di 15 minuti, da lui composta per l’occasione. Attanagliato da ristrettezze economiche, Sibelius accettò la commissione, come si può notare da quanto egli scrisse il 24 ottobre 1913 al suo editore Breitkopf & Härtel: “Non me ne vorrete, se vi parlo francamente. Come senza dubbio sapete, lavoro a nuove grandi opere per una serie di concerti che darò probabilmente in Europa in un anno. Ho dunque rifiutato tutte le offerte che mi sono state fatte di dirigere. Avendo dovuto far fronte quest’anno a grosse spese, sono stato obbligato, contrariamente ai miei principi, ad accettare commissioni. Ho avuto soprattutto bisogno di 20000 marchi per la sistemazione di mia figlia maggiore, che si è sposata. Questa somma, me la sono procurata grazie a due lavori – un poema sinfonico per l’America [Le Oceanidi] e una pantomima per la Danimarca [Scaramouche]”.

    Dopo un lungo soggiorno, che Sibelius fece a Berlino all’inizio del 1914 per conoscere le nuove tendenze musicali europee, il compositore, ritornato ad Ainola (dimora di Aino), la sua residenza che sorgeva nei pressi del lago Tuusulanjärvi a Järvenpää e prendeva il nome dalla moglie, dal mese di febbraio al maggio del 1914 si dedicò seriamente alla composizione di Le Oceanidi, il cui titolo, però, non era stato ancora definito. In una lettera inviata a Parker il 10 marzo, nella quale si legge che il suo nuovo lavoro sarebbe stato pronto in partitura e in parti al più tardi il 1° aprile, Sibelius chiama, infatti, il poema sinfonico Rondo of Waves (Rondò delle onde), salvo, poi a smentirsi in un’altra lettera inviata sempre a Parker il giorno dopo, nella quale si legge: «Non sono ancora sicuro del titolo del mio nuovo poema sinfonico, e vi prego di non pubblicare quello indicato nella mia lettera di ieri». A confermare l’indecisione di Sibelius sul titolo da dare a questa composizione vi è una laconica annotazione sul suo diario risalente al 30 marzo: «Opus 73 terminata». Si trattava, in realtà, della seconda versione di questo poema sinfonico che era in re bemolle maggiore, in un unico movimento di 128 battute e con l’indicazione di Larghetto come andamento iniziale. È questa la versione che Sibelius spedì a Parker il 3 aprile, ricevendo dal collega americano, il 12 aprile, un invito a dirigere a Norfolk questa e altre sue opere per un compenso di 1200 dollari, Il 22 aprile, Sibelius ricevette, inoltre, un altro prestigioso invito, proveniente, questa volta, dall’Università di Yale che intendeva conferirgli la laurea honoris causa in musica. Forse preoccupata di essersi fatta scavalcare da Yale, anche l’Università di Helsinki decise, allora, di conferire la laurea honoris causa in filosofia a Sibelius che, nel frattempo, lavorava a una terza versione del poema sinfonico, come si evince da una lettera indirizzata il 29 aprile a Parker, nella quale, oltre ad annunciare la sua partenza da Brême, fissata per il 19 maggio sul piroscafo Kaiser Wilhelm II, e il suo arrivo a New York il 26, scriveva: “Vogliate scusarmi. Herr Doctor, se faccio eseguire il nuovo poema sinfonico sotto il suo titolo originale di Rondo of Waves. La versione intitolata Aallottaret (Le Oceanidi) che vi ho inviato può restare da Stoeckel”.

    In effetti, Sibelius stava lavorando a una terza versione che egli, tra l’altro, dovette completare in fretta e furia, come si evince da quanto scritto dalla moglie Aino nel suo diario il 14 maggio: “La partitura non è ancora pronta. Il copista, il signor Kauppi, è da noi e scrive giorno e notte. […] Ieri sera, non potevamo fare più niente per aiutarlo, ma Jean, con la forza che gli appartiene, ha obbligato se stesso a mettersi a lavoro; restavano ancora una ventina di pagine. Si sono accese le lampade nella sala da pranzo, il lampadario nel soggiorno, era un momento di festa. Non osavo dire una parola. […] Tutta la notte ho sentito i suoi passi, talvolta dei suoni ovattati. Di mattina, è salito. Il copista era sempre sveglio nella sua camera. […] Se solamente potessi restare calma, sarebbe il solo modo di essergli utile ora”.

    Il poema sinfonico, con il titolo dalla grafia errata Aalottaret e con quello in inglese Nymphs of Ocean, fu eseguito per la prima volta il 4 giugno del 1914 nella sala da concerto “The Shed” del Norfolk Music Festival sotto la direzione di Sibelius, che elogiò l’orchestra, formata da membri della Philharmonic Society e del Metropolitan Opera di New York. Questa prima esecuzione fu un vero trionfo, come ricordato da Stoeckel in un lungo memoriale, da lui scritto dopo la partenza di Sibelius per l’Europa: “Tutti quelli che hanno avuto la fortuna di essere tra il pubblico hanno concordato che si trattava dell’evento musicale della loro vita, e dopo l’esecuzione dell’ultimo numero c’è stata un’ovazione per il compositore che non ho mai visto eguagliare da nessuna parte, l’intero pubblico si è alzato in piedi e ha gridato con entusiasmo, e probabilmente l’uomo più calmo in tutta la sala era il compositore stesso; si inchinò ripetutamente con quella distinzione di modi che era così tipica per lui. Così calmo come era apparso sul palco, Sibelius, dopo che la sua parte era terminata, salì le scale e si lasciò cadere su una sedia in uno degli spogliatoi ed era assolutamente sopraffatto. Alcune persone hanno dichiarato che piangeva. Personalmente non penso che l’abbia fatto, ma c’erano lacrime nei suoi occhi mentre ci stringeva le mani e ci ringraziava per quello che era contento di chiamare l’onore che gli avevamo fatto”.

    Pubblicato nel 1915 dall’editore Breitkopf & Härtel con il titolo Aallottaret, al quale Sibelius aggiunse una traduzione tedesca esplicativa, Die Okeanide (Le Oceanidi), il poema sinfonico è strutturato in un unico movimento con due temi principali dei quali il primo, esposto dai flauti all’inizio, rappresenta le ninfe impegnate in un’attività di carattere ludico. Ad esso si contrappone il secondo tema che, esposto alternativamente dall’oboe e dal clarinetto, sostenuto quest’ultimo dai glissandi delle arpe, rappresenta le profondità dell’oceano. Nel prosieguo del brano, attraverso lo sviluppo dei due temi, viene evocata una tempesta che trova uno dei momenti culminanti nello schianto dell’onda in un fortissimo, dopo il quale si ritorna alla calma iniziale e immobile, come l’accordo finale di re maggiore che rappresenta il carattere immutabile dell’oceano.

    Durata: 10'

    Richard Strauss
    Monaco di Baviera, 1864 - Garmisch-Partenkirchen, 1949

    Don Juan (Don Giovanni), poema sonoro per grande orchestra op. 20

    Allegro molto con brio, Molto vivace

     

    Composto nel 1888, Don Juan è il secondo dei grandi poemi sinfonici di Richard Strauss, o, come egli stesso preferiva chiamarli, poemi sonori, in quanto la sua redazione è successiva a quella del Macbeth, nonostante la prima esecuzione di quest’ultimo, il 13 ottobre 1890 a Weimar, sia successiva di un anno rispetto a quella del Don Juan che ebbe luogo sempre a Weimar l’11 novembre 1889 sotto la direzione dell’autore. In quell’occasione Strauss ottenne uno strepitoso successo da lui descritto, in una lettera al padre, come un vero e proprio uragano di applausi mai udito a Weimar. Strauss aveva preparato questa première con meticolosità e durante le prove era stato particolarmente esigente, come si evince da una lettera, indirizzata sempre al padre il 7 novembre dopo una prova con singole sezioni dell’orchestra: “Suona tutto in modo eccellente ed avviene in modo splendido, nonostante sia terribilmente difficile. Provai un vero dispiacere per i poveri corni e le trombe. Soffiarono fino alla nausea, è un lavoro talmente faticoso per loro… Il suono era bello con grande calore e sontuosità, l’intero evento farà un’incredibile impressione qui. Il suono era particolarmente bello nel passaggio in sol maggiore dell’oboe con i contrabbassi a quattro parti, i violoncelli divisi e le viole, tutti con sordina, e i corni tutti con sordina, suonava veramente magico allo stesso modo del complicato passaggio del bisbigliando dell’arpa e dei ponticelli delle viole… Una cosa buona è che nell’insieme il pezzo non è realmente difficile; è soltanto molto duro e impegnativo, ma cinquanta note in un modo o nell’altro non faranno certo alcuna differenza… La prova di ieri fu un successo ai miei occhi, dal momento che vidi che avevo fatto un ulteriore progresso riguardo a una certa sicurezza nella mia scrittura per orchestra. L’orchestra sembrava godere dell’intero evento malgrado il comprensibile stupore di fronte a tali novità”.

    Il 10 novembre, dopo una prova con l’intera orchestra, Strauss scrisse ancora al padre: “L’orchestra è rimasta ansante e senza fiato, ma ha fatto un lavoro di prim’ordine. Uno splendido divertimento: dopo il Don Juan, un corno, madido di sudore e senza fiato, ha sospirato: Dio santo, che cosa abbiamo fatto di male perché ci fosse mandato questo flagello? (il flagello sono io). Non sarà facile liberarci presto di lui. Tutti ridemmo a crepapelle”. 

    Il successo, arriso a questa partitura, in realtà, non è solo il frutto di questo lavoro meticoloso durante le prove, ma costituisce il coronamento di un processo di maturazione, relativamente breve, che aveva investito sia le suggestioni poetico-musicali riguardanti questo soggetto sia soprattutto la concezione sinfonica di Strauss, espressa in forma chiara in una lettera indirizzata a Bülow nel periodo in cui egli compose proprio il Don Juan: “Bisogna che ciò che l’autore intende dire appaia anche plasticamente agli occhi del suo spirito. Ciò è possibile quando esiste lo stimolo di un’idea poetica, indipendentemente dal fatto che essa sia o meno aggiunta all’opera come programma”.

    È questa una coerente e già matura definizione di Strauss del rapporto tra stimolo letterario-poetico e composizione sinfonica nella sua produzione di poemi sinfonici. Ma a quando risalgono le prime suggestioni poetico-letterarie del Don Juan? Molto probabilmente, la figura di questo dissoluto, al quale per la prima volta Tirso da Molina nel 1630 aveva dato una vita letteraria nella sua commedia El Burlador de Sevilla y convidado de piedra, aveva affascinato Strauss sin dal 1885. Il 13 giugno di quell’anno, egli aveva assistito, infatti, insieme a Bülow, a Francoforte, a una rappresentazione della tragedia di Paul von Heyse, Don Juans Ende (La fine di Don Giovanni), una delle tante versioni teatrali e letterarie che erano succedute a quella di Tirso da Molina, ma il poema sinfonico incominciò a prendere forma soltanto nel mese di maggio del 1888 durante un secondo viaggio in Italia, come lo stesso compositore ricordò:«Durante un successivo viaggio in Italia per visitare Venezia, nel chiostro di Sant’Antonio a Padova mi vennero in mente i primi temi di Don Juan». Sembra che nel suggestivo chiostro della Basilica di Sant’Antonio si fosse accesa nella mente di Strauss la scintilla dell’ispirazione che lo portò a completare la stesura della partitura nel volgere di un’estate, quella del 1888, dal momento che l’ultima nota fu scritta il 30 settembre di quell’anno, mentre si trovava a Monaco. Sembra sorprendente la facilità e la rapidità con cui Strauss abbia composto Don Juan, ma è necessario ricordare che in realtà la partitura è il frutto di una lunga e intensa maturazione alla quale aveva contribuito non solo la tragedia di Heyse, ma soprattutto la lettura del poema drammatico incompiuto,Don Juan,di Nikolaus Lenau dal quale Strauss trasse tre citazioni che antepose alla partitura. Esse mostrano un Don Giovanni, ormai stanco, deluso e annoiato dalla vita senza più quella baldanza giovanile che lo aveva sostenuto nelle sue conquiste. Le tre citazioni rappresentano, infatti, il carattere di Don Giovanni che se, da una parte, nel primo passo scelto, “vorrebbe percorrere il cerchio magico e immenso delle belle donne armate di mille seduzioni all’assalto del gaudio e sulla bocca dell’ultima morire nell’atto di baciarla”, dall’altra, nella seconda citazione, fugge la sazietà e la stanchezza del piacere; rendendo omaggio al bello seguito a mantener possente il mio vigore”, aggiungendo che “il profumo di una donna, il quale oggi simile m’è al dolce effluvio primaverile, mi soffoca domani quasi come aria di galera”. L’ultimo frammento scelto da Strauss mostra, infine, Don Giovanni che, avendo preso coscienza della vacuità della sua esistenza, afferma: “Fu bella la tempesta che mi ha agitato; ora è passata e rimane il silenzio. Ogni desiderio e speranza è apparenza di morte”.

    La parabola esistenziale di Don Giovanni, disegnata nei tre frammenti citati, è evocata da una musica che non segue minuziosamente un programma costituito da eventi susseguenti, ma che esprime stati d’animo e caratteristiche umane del personaggio attraverso una scrittura formalmente libera nella quale il principio dialettico, rielaborato liberamente, della forma-sonata convive con quello ciclico del rondò. Nell’esposizione vengono rappresentati due aspetti complementari del carattere di Don Giovanni: la sua esuberanza giovanile, nella quale Strauss giovane sembra identificarsi, espressa nel travolgente e imperioso primo tema,e le sue doti di seduttore che emergono nel lirico e cavalleresco secondo tema in si maggiore, il quale, annunciato da un sensuale violino solista che sembra evocare le grazie femminili nella mente del seduttore, presenta una struttura cromatica in cui è possibile riconoscere influenze della scena della Morte di Isotta del Tristano wagneriano. Nello sviluppo, dove è più evidente il carattere ciclico del rondò, l’elemento femminile, rappresentato dalle donne sedotte da Don Juan, si esprime attraverso temi lirici e sensuali al tempo stesso e dalle larghe e morbide arcate melodiche, di cui un esempio è il tema affidato all’oboe. Dopo la ripresa, il poema sinfonico si conclude in un’atmosfera rarefatta che rappresenta la morte di Don Giovanni, ormai stanco e annoiato della vita.

    Durata: 18'

    Alexander Nikolaevič Skrjabin
    Mosca 1872 - Mosca 1915

    Sinfonia n. 3 in do minore op. 43 “Le divin poème”

    Introduction (Divin, grandiose) - Lento

    Luttes (Lotte) – Allegro

    Voluptés (Delizie) – Lento

    Jeu divin (Gioco divino) – Allegro

     

    Composta tra il 1902 e il 1904 ed eseguita per la prima volta a Parigi il 29 maggio 1905, la Sinfonia n. 3 in do minore op. 43 “Le divin poème” non solo rappresenta un momento di svolta nell’opera di Aleksander Nikolaevič Skrjabin, il cui sinfonismo mostra un’evoluzione significativa ed evidente soprattutto grazie al confronto con la precedente del 1901, ancora intrisa di elementi tardo-romantici, ma è anche il frutto di un rinnovato interesse da parte del compositore nei confronti della filosofia che lo avrebbe condotto a elaborare una teoria musicale su sui si sarebbe basata la produzione più matura. Formatosi da autodidatta attraverso la lettura dei classici greci, di Kant, di Fichte, di Hegel, di Schelling, di Feuerbach, di Nietzsche e di Trubeckoj, Skrjabin cercò di valorizzare l’atto estetico, ritenendolo come un momento fondamentale nel percorso dell’uomo verso il trascendente attraverso una forma o di sua divinizzazione o di ricongiungimento con entità superiori. L’influenza della filosofia sulla composizione di questa sinfonia non è solo evidente nei titoli dei movimenti Introduction, Luttes, Voluptés e Jeu divin, che, tra l’altro, devono essere eseguiti senza soluzione di continuità, ma si evince anche dal programma di sala scritto per la prima esecuzione, nel quale si legge che questo lavoro rappresenta “l’evoluzione dello spirito umano che, liberato da un passato di leggende e di mistero che supera e abbatte, giunge, dopo essere passato attraverso il Panteismo, all’affermazione libera e gioiosa della sua libertà e della sua unione con l’Universo, l’Io divino”.

    L’ispirazione filosofica di questo lavoro appare evidente nei singoli movimenti, nei quali le tradizionali indicazioni di andamento Lento e Allegro non bastano a descrivere i sentimenti che il compositore ha inteso evocare in questa sua sinfonia. Nel primo movimento, per esempio, è possibile leggere indicazioni come Divin, Grandiose, avec trouble et effroi (con turbamento e paura) o Mystique (mistico), aggettivo utilizzato quest’ultimo per esprimere come deve essere eseguito un accordo dei tromboni nel primo movimento, Lento, nel quale il tema principale è esposto dai violoncelli, dai contrabbassi, dai tromboni e dai controfagotti, a cui rispondono le trombe. Il secondo movimento (Allegro), intitolato Luttes, come si legge sempre nella nota di sala, descrive «la lotta tra l’uomo schiavo di un dio personale, maestro supremo del mondo, e l’uomo potente, libero: l’uomo-dio. Quest’ultimo trionfa, sembrerebbe, ma è solo l’intelligenza che si solleva all’affermazione di un Io divino, poiché la volontà individuale, ancora debole, è tentata di inabissarsi nel Panteismo». Questa lotta assume, in questo movimento, contorni misteriosi e tragici, come si evince dall’indicazione apposta da Skrjabin nella partitura, Mysterieux, Tragique. Il movimento, caratterizzato da una grande instabilità tonale, si segnala per un tema inquietante affidato agli ottoni ai quali rispondono gli archi con un tema agitato che, esposto inizialmente in minore, evolve verso la tonalità maggiore. Di carattere sensuale è il terzo movimento, Voluptés, nel quale il compositore ha voluto rappresentare l’uomo che «si lascia prendere dalle delizie del mondo sensuale. I piaceri lo lusingano, lo cullano, ed egli vi si immerge. La sua personalità si annienta nella natura. In quel momento dal fondo del suo essere s’innalza però il sentimento del sublime che l’aiuta a vincere la passività dell’Io umano». Al contrario, nell’ultimo movimento, Jeu Divin, «lo spirito liberato infine da tutte le sue catene che lo legano al passato di sottomissione ad una forza superiore, divenuto creatore dell’universo con il solo potere della sua volontà, conscio di essere un tutt’uno con questo universo, si dona alla gioia sublime della libera esistenza: il Jeu Divin». La sinfonia si conclude con un estatico accordo di ascendenza brahmsiana.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 38'