Strauss & Wagner

Maxime Pascal, direttore

Otto Katzameier, bass-baritono

Enrico Corli, violoncello

Vincenzo Schembri, viola

RINVIATO A DATA DA DESTINARSI

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    15 Maggio 2020

    Ore

    21,00

    Durata

    80min.

    Prezzi

    25 - 12 €

    Calendario

  • Programma

  • Richard Strauss
    Monaco di Baviera, 1864 - Garmisch-Partenkirchen, 1949

    Don Quixote op.35

    (Introduzione, Tema con variazioni e Finale)  

    Fantastische Variationen uber ein Thema ritterlichen Characters (Variazioni fantastiche su un tema di carattere cavalleresco)

    Mässiges Zeitmass, ritterlich und galant (Tempo moderato cavalleresco e galante); Mässig (Moderato); Sehr ruhig (Molto tranquillo)

     

    “Il poema sinfonico Held und Welt comincia a prendere forma, con un’appendice giocosa per fargli compagnia: Don Quixote”.

     

    Così lo stesso Strauss ricordò, in un appunto del 16 aprile 1897, le genesi di Don Quixote, che egli riteneva un’appendice giocosa a Held und Welt, titolo originario di Ein Heldenleben, l’altro poema sinfonico che egli andava componendo in quel periodo e con il quale il compositore intendeva dare una particolare immagine di sé. Inizialmente Strauss lavorò ad entrambi i progetti, ma dall’estate del 1897 si concentrò esclusivamente sul Don Quixote, portando a termine il 29 dicembre di quell’anno la stesura della partitura che fu eseguita per la prima volta a Colonia l’8 marzo 1898 sotto la direzione di Franz Wüllner. Strauss, che non aveva inserito molte indicazioni nella partitura eccezion fatta per la descrizione dei due temi principali che si riferiscono a Don Quixote e a Sancho Panza, decise di far circolare, in occasione della prima esecuzione, un programma di sala redatto da Arthur Hahn. In seguito lo stesso Strauss redasse una serie di indicazioni esplicative di tutte le sezioni di questo poema sinfonico che, formalmente costituito da un’introduzione a cui seguono 10 variazioni e una coda, presenta alcuni elementi comuni con la sinfonia concertante per lo spazio dato ad un violoncello e ad una viola solista. Il poema sinfonico si apre con un’Introduzione piuttosto complessa che è esemplificata, nelle scarne indicazioni scritte dallo stesso Strauss, in poche parole:

     

    “Don Quixote perde la ragione dopo aver letto dei libri di cavalleria e decide di diventare anche lui un cavaliere errante.

    Tema: Don Quixote, cavaliere dall’aspetto triste (violoncello solista). Sancho Panza (clarinetto basso, tuba tenore e viola solista)”.

     

    Dopo un’introduzione nella quale Strauss sembra ambientare il suo poema sinfonico in una fiabesca atmosfera cavalleresca, appaiono il tema di Don Quixote, nobile e velato da una certa malinconia, e quello di Sancho Panza, ironico e goffo nel ripetitivo disegno di semicrome. Le successive 10 variazioni costituiscono un itinerario ideale che i due personaggi seguono adattandosi alle singole situazioni in cui si vengono a trovare, ma, alla fine, nell’Epilogo, i due temi vengono ripresentati da Strauss nella loro forma originale, quasi a voler indicare che i caratteri dei due personaggi non erano mutati. Molto interessante è l’orchestrazione a cui diede vita il compositore di Amburgo che alternò le variazioni in modo tale da creare un contrasto sonoro e timbrico. Se, infatti, in alcune variazioni Strauss sfruttò per intero l’organico orchestrale, in altre attribuì agli strumenti una funzione concertante riducendo sensibilmente la massa. Nella prima variazione, nella quale, secondo quanto indicato dallo stesso Strauss, la strana coppia si mette in viaggio nel segno della bella Dulcinea del Toboso, si realizza la prima avventura: la battaglia contro i mulini a vento. In questa variazione i temi appaiono ancora nella loro forma originale fino a quando questi ineffabili e inafferrabili nemici non appaiono grazie a trilli acuti degli archi che sostengono i ribattuti degli strumentini. Questa prima battaglia si rivela una sconfitta e ironicamente Strauss, con un repentino disegno discendente dell’arpa che si conclude su un colpo di timpano, sembra rappresentare il colpo della pala dato al nostro cavaliere errante. Nella seconda variazione, nella quale è descritta la vittoriosa battaglia contro l’esercito dell’imperatore Alifanfarone che è in realtà un gregge di montoni, Strauss dà vita ad una pagina di straordinario virtuosismo orchestrale, nel quale l’inizio ironicamente eroico è subito smascherato dalle seconde minori affidate ai fiati che rappresentano onomatopeicamente i belati delle bestie. In questa variazione il virtuosismo orchestrale si manifesta attraverso una scrittura estremamente complessa in cui le parti sia degli ottoni (sei corni) che degli archi vengono divise. Delicatamente cameristica è la parte iniziale della terza variazione, nella quale è rappresentato il dialogo tra il cavaliere e il suo scudiero, mentre la massa orchestrale ritorna ad essere protagonista nella perorazione conclusiva dell’orchestra che sembra esprimere con ironia la magniloquenza barocca di Don Quixote. Nella IV Variazione, Sfortunata avventura con una processione di penitenti il cui incedere è rappresentato da una scrittura solenne quasi innodica, il cavaliere viene ancora una volta disarcionato, mentre un altro quadretto quasi cameristico è disegnato nella V Variazione, dove il nostro Don Quixote, impegnato in una veglia d’armi, è assorto nei suoi pensieri d’amore per la bella Dulcinea. Nella VI Variazione Don Quixote crede di realizzare il suo sogno d’amore scambiando per la donna una contadina incontrata per caso, il cui carattere rustico è rappresentato da un Zwiefacher, una danza popolare basata sull’alternanza del ritmo 2/4 e 3/4. Nella VII Variazione, Cavalcata per aria, i due personaggi, che credono di essere portati su cavalli magici capaci di volare, sono librati in volo da arpeggi e scale ascendenti e discendenti in una scrittura di straordinario virtuosismo orchestrale al cui carattere suggestivo contribuisce anche l’uso della macchina del vento, mentre nell’VIII Variazione (sfortunata avventura su una barca incantata) i due personaggi cadono in acqua rappresentata dai fagotti che, con un tema in semicrome quasi un moto perpetuo, sembra disegnare il gorgogliare delle onde. A questa variazione, che si segnala per una fitta e densa scrittura contrappuntistica, segue la IX, nella quale è descritto un combattimento contro presunti magici che non sono altro che due monaci sui loro asini, i quali rispondono a un Don Quixote aggressivo che si presenta con il suo tema con delle disquisizioni teologiche espresse dal dialogo imitativo tra i due fagotti. Nell’ultima Variazione, Don  Quixote, dopo essere stato sconfitto in duello dal cavaliere della Bianca Luna che altri non è se non Sanson Carrasco, decide di tornare a casa, dove, nell’Epilogo, recuperata la ragione, termina i suoi giorni in contemplazione. Tutti i temi fin qui esposti vengono ripresentati, in questo epilogo, in una forma trasfigurata e proiettata nella dimensione memoriale, mentre un etereo e pianissimo accordo di re maggiore scrive la parola fine su questo eroe che, altro alter ego di Strauss, muore dopo aver vissuto queste straordinarie e quasi surreali avventure.   

    Durata: 37'

    Richard Wagner
    Lipsia 1813 - Ca' Vendramin Calergi 1883

    Tannhäuser, ouverture

    Completata nella primavera del 1845, Tannhäuser fu rappresentata per la prima volta il 19 ottobre dello stesso anno al teatro di Dresda, ma dal pubblico, che rimase profondamente deluso nelle sue aspettative di assistere ad un nuovo grand-opéra simile al Rienzi, non fu bene accolta. Essa, tuttavia, fu tenacemente difesa da Wagner che non prese in considerazione, almeno non subito, la sua «triplice ambiguità», notata da Rubens Tedeschi (Invito all'ascolto di Wagner, Mursia, Milano 1993, p. 117), «nella concezione, nella struttura e nella scrittura». Egli, in seguito, l’avrebbe rimaneggiata più volte, migliorandone alcune parti, ma sul Tannhäuser sono stati espressi, da parte dei critici, pareri opposti: è un’opera, per alcuni, di transizione, per altri, di anticipazione della musica dell’avvenire. Di essa protagonista  è Tannhäuser (o Danhauser secondo altre versioni), uno degli ultimi trovatori del XIII secolo che, vissuto girovagando tra i paesi dell’Occidente e dell’Oriente, pago delle sue scelte e non perdendo mai l’allegria e il buon umore nonostante la miseria abituale alla quale era costretto dalla sua vita grama; è ricordato fra coloro che parteciparono alla Crociata indetta da Federico II e acquistò fama per essere stato l’autore di un gran numero di poesie erotiche che gli guadagnarono l’epiteto di poeta maledetto. Federico il Bellicoso, avendogli concesso un beneficium corrispondente ad un feudo dove egli si stabilì in via definitiva, gli permise di imprimere una svolta alla sua vita, abbandonando le sue precedenti esperienze di girovago. Nei due secoli successivi le sue poesie licenziose e spregiudicate ebbero una discreta diffusione e nell’Ottocento furono ripubblicate offrendo materia per altre narrazioni e testi poetici agli intellettuali e letterati del tempo, tra cui Heine, autore di un suo Tannhäuser. Wagner ebbe l’occasione di leggere sia il racconto di Heine che quello di E. T. A. Hoffmann, La gara dei maestri cantori, contenuto nella raccolta I fedeli di San Serapione, e ne trasse, unificandone gli intrecci, il contenuto per un melodramma abbozzato già nella primavera del 1842 con il titolo originario di Venusberg (Monte di Venere), poi modificato, per suggerimento dell’editore Meser, nel titolo indicativo della doppia saga Tannhäuser.

    Il dramma, ancora una volta autobiografico, si sviluppa sulla contrapposizione tra colpa e perdono, tra l’amore sensuale, incarnato dalla dea pagana Venere, e l’amore casto della principessa Elisabetta, che redime l’uomo amato e lo riunisce a sé in un tempo senza tempo, l’eternità della beatitudine celeste. L'ouverture, soprattutto nella versione di Dresda, ci presenta questo dramma che pervade Tannhäuser, il quale sta tra il cielo, a cui aspira con ansia, e i peccati che lo trattengono a terra. Il celebre coro dei Pellegrini, uno stupendo corale, qui affidato ai corni, ai fagotti e ai clarinetti, che apre l'ouverture, mostra, anche nella sua strutturazione intervallare, la volontà, il desiderio, di ascesa di un uomo che, quasi dantescamente, vorrebbe salire il colle del Purgatorio senza espiare, ma, nello stesso tempo, è impossibilitato a farlo. Nella sezione centrale, di carattere contrastante, è rappresentato da Wagner l'amore profano con i temi del baccanale e quello dell'Inno a Venere, intonato da Tannhäuser nella scena che si svolge sul Venusberg, mentre nella terza e ultima parte ritorna il tema del Coro dei Pellegrini a sancire in modo solenne la redenzione del cantore errante.

    Durata: 16'

    Richard Wagner
    Lipsia 1813 - Ca' Vendramin Calergi 1883

    Cavalcata delle Valchirie e Addio di Wotan (da "La Valchiria")

    La Walkiria è la seconda delle quattro opere che costituiscono l’immensa saga scenica Der Ring des Nibelungen (L’anello del Nibelungo) che, formato da un prologo, Das Rheingold (L’Oro del Reno), e da tre giornate, Die Walkürie (La Walkiria) appunto, Siegfried (Sigfrido) e Götterdämmerung (Il Crepuscolo degli Dei), rappresenta l’opera dell’intera vita di Wagner il quale si dedicò ad esso nei ventotto anni che intercorrono tra il 1846 e il 1874. Secondo quanto si legge in alcune lettere, risale al 1846 il primo interesse per il mito germanico da parte di Wagner che, tuttavia, stese soltanto due anni dopo, tra il 12 e il 28 novembre del 1848, un primo abbozzo, il poema Sigfried’s Tod (La morte di Sigfrido), il cui contenuto anticipa sostanzialmente quello del Crepuscolo, anche se il vero e proprio embrione del Ring è rappresentato da uno scritto redatto nell’ottobre dello stesso anno intitolato Der Nibelungenmythus. Als Entwurf zu einem Drama (Il mito dei Nibelunghi. Progetto per un dramma). L’immensa opera cominciò a prendere forma quando Wagner, avendo partecipato ai moti rivoluzionari che nel mese di maggio del 1849 avevano infiammato la città di Dresda, fu costretto a riparare prima a Weimar presso Liszt e poi a Zurigo, in quanto ricercato dalla polizia come terrorista. In questo periodo di isolamento e consapevole del fatto che la sua carriera di compositore e direttore d’orchestra nei paesi tedeschi poteva essere, se non troncata, almeno compromessa, Wagner si dedicò allo studio del grande mito germanico fiorito tra l’undicesimo e il dodicesimo secolo sui frammenti dei miti scandinavi conservati nell’Edda di Snorri Sturluson risalendo alle sue origini nordiche e, in particolar modo, a quelle islandesi. Inizialmente lo studio del mito germanico aveva fatto maturare in Wagner l’idea di scrivere una Storia del genere umano nel mito e nella leggenda, ma la passione per la musica e per l’arte portò il compositore a scrivere il Ring. La stesura del testo poetico fu alquanto rapida e Wagner poté leggerlo ad un ristretto gruppo di amici tra cui Bakunin e Nietzsche, il giorno di Natale del 1852. Nello stesso periodo egli, molto probabilmente, aveva iniziato ad abbozzare alcuni dei temi dell’opera e nel 1853 pose mano alla composizione dell’Oro del Reno che, completato il 26 settembre 1854, fu rappresentato per la prima volta soltanto 15 anni dopo a Monaco il 22 settembre 1869 sotto la direzione di Wüllner. La composizione del Ring sembrò assorbire totalmente Wagner che iniziò a lavorare subito alla Walkiria la quale, completata nel 1856, fu rappresentata per la prima volta 14 anni dopo a Monaco di Baviera il 26 giugno 1870 prima che il compositore tedesco avesse ultimato tutta la composizione del Ring. Nonostante avesse iniziato la composizione del Sigfrido, del quale ultimò il primo e il secondo atto in breve tempo, quasi contemporaneamente alla Walkiria, il suo lavoro subì una lunga battuta d’arresto e venne ripreso nel 1865 per essere completato nel 1871. Il Crepuscolo degli dei, infine, fu completato tre anni dopo anche se fu rappresentato per la prima volta al Festpielhaus di Bayreuth il 17 agosto 1876 sotto la direzione di Hans Richter. In questa occasione, tre giorni prima, era stata rappresentata per la prima volta, insieme all’intera Tetralogia, anche La Walkiria.

    Come accennato in precedenza, Wagner nel Ring intese rappresentare una storia del genere umano, vista attraverso il mito, in cui viene condannata l’ambizione del potere, per il quale lo gnomo Alberich è pronto a rinunciare persino all’amore. Nell’Oro del Reno, infatti, lo gnomo non ha alcuna esitazione e sceglie il potere quando le incaute Ondine gli fanno la rivelazione del segreto del fiume, secondo il quale avrebbe ottenuto il potere chi avesse forgiato un anello con l’oro del Reno, a patto che rinunciasse all’amore; d’altra parte anche i giganti Fafner e Falsot pretendono l’anello e il tesoro del Reno al posto della bella Freia, sorella della moglie di Wotan, re degli dei, che l’aveva promessa a loro come ricompensa per la costruzione della sua dimora sul Walhalla. Su questo anello, tuttavia, pende una terribile maledizione: Alberich, costretto a cederlo a Wotan che glielo sottrae con astuzia, scaglia un anatema secondo il quale lo avrebbe sempre desiderato colui che non lo possedeva e, alla fine, sarebbe morto colui che l’avrebbe ottenuto. Soltanto un eroe puro, come Sigfrido, riuscirà a sconfiggere Fafner e a riconquistare l’anello che regalerà alla Walkiria Brünnhilde come pegno d’amore, ma finirà per soccombere dopo essere stato ingannato. L’anello ha mietuto un’altra vittima, l’unica ignara della sua forza, ma, nello stesso tempo, passerà in altre mani avide di potere fino a ritornare nel Reno, riportato dalle Ondine.

    Dopo l’antefatto esposto nel prologo, Das Rheingold (L’Oro del Reno), nel quale è narrata la storia dell’anello che, forgiato dal nano Alberich con l’oro del Reno, giunge, dopo una serie di peripezie, nelle mani del gigante Fafner, il quale, pur di ottenere il potere, non si fa scrupolo di uccidere anche il fratello, nella Walkiria “s’inizia il dramma sulla terra” come ha notato Gustavo Macchi. Protagonista del dramma è la Walkiria Brünnhilde , la quale, pur essendo la prediletta delle nove donne selvagge generate da un amore illegittimo di Wotan con Erda, la Madre Terra, disobbedisce al volere del padre che le aveva ordinato di favorire Hunding nel duello che vede quest’ultimo contrapposto a Siegmund, il quale, a sua volta, figlio del re degli dei e di una donna selvaggia, si è reso reo di incesto con la sorella gemella Sieglinde, moglie di Hunding. La Walkiria, infatti, commossa dall’amore di Siegmund, disposto ad uccidere Sieglinde pur di non lasciarla nelle mani di Hunding, decide di proteggerlo in battaglia, ma l’intervento risolutivo di Wotan, che spezza la spada, Notung, figlia della necessità e capace di assicurare la vittoria a colui che sarebbe riuscito ad estrarla dal tronco, sposta l’esito dello scontro a favore di Hunding. Siegmund muore e Brünnhilde  fugge insieme a Sieglinde svenuta.

    La celeberrima Cavalcata fa da preludio all’atto terzo e si sviluppa in tutta la sua maestosità quando le Walkirie, emettendo il loro terrificante grido di battaglia, rese furibonde dalla consapevolezza di non potere sottrarre la sorella alla vendetta del padre, si abbandonano alla travolgente cavalcata. Introdotto da un inquietante e turbinoso movimento ritmico, viene esposto dagli ottoni il celeberrimo tema della Cavalcata, costituito da un semplice arpeggio di si maggiore, mentre nella parte centrale una scala cromatica discendente riproduce in modo onomatopeico l’urlo di guerra delle donne guerriere.

    Tratto dalla scena terza dell'atto terzo, l'Addio di Wotan a Brünnhilde è certamente uno dei momenti più struggenti del Ring; Wotan, su una serie di Leitmotive tra cui emerge quello del sonno, esposto in fortissimo dai fiati, dando, infatti, l'addio all'amata figlia Brünnhilde chiamata nel testo herrliches Kind (superba bimba) e meines Herzens heiligster Stolz (il più sacro orgoglio del mio cuore), mostra sentimenti pienamente umani.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 15'

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