Strauss/Bonis/ Massenet/Schmitt

CLAIRE LEVACHER direttrice

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi - Palermo

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Sabato
    30 Maggio 2026

    Ore

    17,30

    Durata

    60min.

    Prezzi

    30 - 18 €

    Calendario

  • Programma

  • Richard Strauss
    Monaco di Baviera, 1864 - Garmisch-Partenkirchen, 1949

    Salome, Danza dei sette veli

    Dopo la fredda accoglienza di Guntram e il discreto successo di Feuersnot, Strauss colse il vero trionfo con Salome che gli fruttò anche lauti guadagni, ma cosa aveva spinto il compositore a scegliere come soggetto lo scabroso dramma di Oscar Wilde che, alla sua prima rappresentazione in Francia il 12 febbraio 1896, era andato incontro a un fiasco? A differenza della Francia e dell’Inghilterra, dove era stata interdetta dalla censura, Salome godeva di una certa popolarità in Germania, dove era rappresentata nella versione tedesca approntata dalla poetessa Hedwig Lachmann. Strauss, dopo aver assistito a una di queste rappresentazioni a Berlino nel 1903, affascinato dall’argomento, esclamò: «questo testo grida musica». Nacque, così, la decisione di comporre Salome per il cui libretto si offrì Anton Lindner, autore già del testo di uno dei suoi Lied, che gli inviò alcune scene iniziali. Alla fine, però, fu lo stesso Strauss a sfrondare la versione tedesca, eliminando le parti ridondanti e riducendo lo spazio assegnato a personaggi come il Paggio, Herodes ed Herodias. La composizione dell’opera occupò Strauss dal mese di agosto del 1903 al 20 giugno del 1905, data in cui ultimò l’orchestrazione, sebbene mancasse nella partitura la danza dei sette veli, che sarebbe stata da lui scritta nel mese di agosto del 1905. Nello stesso periodo Strauss mise in musica anche l’originale francese di Wilde, come si evince dalla fitta corrispondenza da lui intrattenuta, in quell’anno, con lo scrittore francese Romain Rolland, al quale chiedeva di risolvere alcuni dubbi inerenti la fonetica della lingua francese. Nonostante il soggetto scandaloso e le iniziali riserve della critica, l’opera, già alla prima rappresentazione a Dresda, ottenne un successo strepitoso con ben trentotto chiamate e fu ripresa in altri teatri europei, eccezion fatta per la cattolica Austria dove fu ignorata fino al 1918.  In Italia fu rappresentata quasi contemporaneamente al Regio di Torino il 22 dicembre 1906 sotto la direzione dello stesso Strauss e a Milano il 26 dicembre sotto la direzione di Toscanini, sulla cui interpretazione il compositore diede un giudizio caustico, affermando che a Milano «il direttore aveva suonato una sinfonia senza cantanti», mentre a Torino l’orchestra «aveva accompagnato i cantanti permettendo al pubblico d’intendere ogni loro parola».

    Tratta dal secondo atto, la danza dei sette veli, eseguita da Salome su richiesta di Erode, è aperta e conclusa da un’orchestra che si produce in sonorità percussive quasi “barbariche” di sconvolgente modernità che incastonano sensuali e orientali melodie, come quella iniziale dell’oboe, caratterizzata da triple morbide acciaccature, e quella intonata dai violini nella parte medio-grave del loro registro che conferisce al passo una corporeità che sembra quasi si possa toccare con le mani.

    Durata: 6'

    Mel Bonis
    Parigi 1858 - Sarcelles 1937

    Salomé op. 100 (prima esecuzione a Palermo)

    Assez vif. A tempo. Vif. Modéré. Plus vite. Moins vite. Modéré. Assez vite. Vite. Moins vite

     

    Rimasta per la maggior parte inedita e caduta in oblio dopo la morte della sua autrice, la produzione musicale di Mel Bonis, all'anagrafe Mélanie-Hélène Bonis, è stata riscoperta soltanto nel 1986 per merito di Eberhard e di Ingrid Mayer che hanno trovato presso la Bibliothèque Nationale de France di Parigi le partiture del Quartetto con pianoforte n. 1, della Sonata per flauto e pianoforte e della Sonata per violoncello e pianoforte. Da questo momento in poi, gli studiosi hanno avviato un percorso di riscoperta e di diffusione della notevole produzione di Mel Bonis che abbraccia quasi tutti i generi, eccezion fatta per l’opera, e trova nel pianoforte il suo strumento d’elezione. Rimaste, per molto tempo, del tutto sconosciute al largo pubblico, le sue opere rivelano i vari e vasti interessi musicali di questa compositrice che, dopo un apprendistato da autodidatta, aveva studiato con César Franck, il quale ebbe il merito di incoraggiarla a sostenere l’esame di ammissione al Conservatorio di Parigi. Ammessa al Conservatorio, il 30 dicembre 1876, per decisione del direttore Ambroise Thomas, Mel Bonis studiò armonia con Guiraud e organo con Franck, annoverando tra i suoi docenti anche Massenet e Lavignac. Ottenuto nel 1880 il premier prix, corrispondente al diploma, in armonia, si iscrisse, per lasciarla un anno dopo, nella classe di contrappunto e fuga di Guiraud che la riteneva un’allieva eccellente.

    Per il pianoforte, che, come si diceva, fu lo strumento d’elezione di Mel Bonis, fu inizialmente da lei composto, nel 1909, questo brano, Salomé, facente parte della raccolta Trois Pièces pour piano, pubblicata nello stesso anno dall’editore parigino Alphonse Leduc, nella quale figuravano anche altri due ritratti musicali di donne, Phoebé e Viviane, ai quali si sarebbero aggiunti, nel 1925, sempre presso lo stesso editore, quelli Desdémona e Mélisande. Non si conosce con precisione, però, la data nella quale la Bonis avrebbe realizzato la versione orchestrale di questo brano, dal momento che la partitura, rimasta inedita, quando la compositrice era ancora in vita, fu pubblicata postuma soltanto nel 2017. Pagina di carattere evocativo, Salomè non rappresenta, banalmente, la danza eseguita dall’eponima protagonista, ma cerca di regalare attraverso la musica un profilo psicologico della donna, avvolta da un ineluttabile destino di passione e di morte, in un certo qual modo, rivelato, nel finale, da una citazione, appena accennata dall’oboe, di uno dei Leitmotiv del Tristano di Wagner. In questo lavoro, estremamente vario dal punto di vista agogico, le diverse sfaccettature di Salomé emergono grazie a una sensuale armonia cromatica, a languidi sincopati lenti e a una scrittura orchestrale particolarmente ricca.

    Durata: 5'

    Jules Massenet
    Montaud 1842 - Parigi 1912

    Hérodiade: Balletto Atto quarto; Interludio Atto terzo

    Balletto del quarto atto

    Les égyptiennes (Le Egiziane). Andantino

    Les Babyloniennes (Le Babilonesi). Allegretto

    Les Gauloises (Le Galliche). Allegro moderato

    Les Phéniciennes (Le Fenicie). Andante

    Final (Finale). Allegro

    Durata 10'

     

    Interludio del terzo atto

    Andante sostenuto religioso

    Durata 2'

     

    Il progetto di Hérodiade aveva cominciato a prendere forma nel 1878 quando Hartmann, editore di Massenet, dopo aver scartato l’idea di Milliet e dello stesso compositore di scrivere un poema d’amore che evocasse il Cantico dei cantici, propose la composizione di una pièce teatrale che s’ispirasse alla celebre opera di Gustave Flaubert, Trois contes, pubblicata in quell’anno. Il personaggio di Salomè aveva attratto molti scrittori, tra cui il poeta Stéphane Mallarmé, il quale aveva pensato a una pièce teatrale dedicata, però, alla madre Hérodiade, ma non aveva completato l’opera, lasciando frammenti presi a modello da altri. Sulla sua scia, avevano scritto della perversa giovinetta Salomè e della madre Hérodiade altri autori tra cui Oscar Wilde, Richard Strauss, Paul Hindemith, ma per il lavoro di Massenet il modello utilizzato fu sicuramente quello di Gustave Flaubert a cui probabilmente si aggiunsero brani tratti dalla Vie de Jésus di Renan, soprattutto, quelli relativi alle vicende del Battista e alla stirpe di Erode, presenti nei capitoli sesto e dodicesimo. Quando Hartmann propose questo soggetto, chiese, tuttavia, di firmare lui stesso il libretto con lo pseudonimo di Grémont, rivendicandone per sé anche i diritti. Dopo alcuni giorni, Massenet, Hartmann e Milliet partirono per Milano non solo per assistere alla messa in scena di Le roi de Lahore alla Scala, ma per accordarsi anche con Ricordi per la rappresentazione di Hérodiade in Italia. Fu deciso che l’opera sarebbe andata in scena contemporaneamente alla Scala e all’Opéra di Parigi e, a questo punto, sul libretto si aggiunse una nuova firma, quella di Zanardini in qualità di traduttore. Massenet, quindi, lavorò per due anni e mezzo all’opera che orchestrò a Pourville e nel 1881 poté portarla in visione al nuovo direttore dell’Opéra, Vaucorbeil, il quale la rifiutò in quanto poco fiducioso nella qualità del libretto. Il compositore deluso si riprese la partitura e andò via senza alcuna speranza di vedere rappresentata la sua opera, ma, secondo quanto egli scrisse in Mes souvenirs, la fortuna gli venne in soccorso nella persona di Calabrési, direttore del Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles, il quale gli chiese appunto Hérodiade. Lo stesso Massenet ricordò questo incontro e la relativa proposta:

    “- So (mi disse avvicinandomi il signor Calabrési) che lei ha una grande opera: Hérodiade. Se lei vuole darmela, io la allestisco subito al Théâtre de la Monnaie.

    - Ma lei non la conosce? Gli dissi.

    - Non mi permetterei mai di chiedere a lei, proprio a lei, un’audizione.

    - Ebbene! Io, replicai subito, questa audizione gliela infliggo.

    - Ma… domani mattina riparto per Bruxelles.

    - A questa sera, allora! Risposi. La attenderò alle otto nel magazzino di

    Hartmann. Questo sarà chiuso a quell’ora… vi saremo soli”.

    Ben presto iniziarono le prove e l’opera, affidata alle voci di Marthe Duvivier (Salomè), di Blanche Deschamps (Hérodiade), di Vergnet (Jean), di Manoury (Hérode), di Gresse (Phanuel), di Fontaine (Vitellius) e alla bacchetta di Joseph Dupont, andò in scena il 19 dicembre 1881 ottenendo un successo strepitoso tanto che la regina Maria Enrichetta, tra il secondo e il terzo atto, si complimentò con il compositore il quale, due giorni dopo, fu nominato cavaliere dell’Ordine di Leopoldo.

    L’azione si svolge nella Giudea governata dal tetrarca Erode Antipa, innamorato da tempo della bellissima danzatrice Salomè, la quale, a sua volta, ama in modo mistico il profeta Jean che va annunciando il prossimo arrivo del Messia, venuto a rigenerare la terra. Il profeta Jean, censurando continuamente la viziosa Hérodiade che ha un rapporto incestuoso con Hérode, suscita il terribile odio della donna che, per vendicarsi, promette al proconsole romano Vitellius, mandato da Roma per calmare le velleità di rivolta del tetrarca, di far condannare a morte il profeta, unico impostore. Inoltre Hérodiade chiede al mago Phanuel in che modo castigare Salomè, oggetto del desiderio sfrenato del vecchio marito, e il mago le rivela che Salomè è sua figlia abbandonata e creduta morta. Intanto Hérode ha fatto imprigionare Jean, ordinandone l’esecuzione, e Salomè, venuta a palazzo per implorare la salvezza del profeta, scopre che Jean è stato ucciso. Folle di disperazione, allora, si scaglia contro Hérodiade, la vera colpevole, ma, quando apprende che è sua madre, si uccide con un pugnale, evocando, mentre muore, l’unione eterna della sua anima con quella del profeta in un mondo migliore.

    Tra le pagine più interessanti della partitura si segnala il balletto, tratto dal quarto atto e costituito da cinque numeri di cui i primi quattro sono dedicati rispettivamente a Les égyptiennes (Le Egiziane), che si muovono su degli arabeschi dei legni, a Les Babyloniennes (Le Babilonesi), caratterizzate da un ritmo più marcato, a Les Gauloises (Le Galliche), la cui musica si segnala per un tema affidato ai violini che eseguono quasi un moto perpetuo su un ritmo ternario, e, infine a Les Phéniciennes (Le Fenicie), le cui movenze assumono i contorni sensuali di un lirico tema affidato agli archi a cui rispondono i legni con un civettuolo disegno in semicrome. Il balletto si conclude con una sfrenata e brillante danza.

    Posto tra la prima e la seconda scena del terzo atto, che si svolge nel tempio sacro, il breve interludio ne introduce il carattere religioso attraverso un tema innodico e solenne.

    Durata: 12'

    Florent Schmitt
    Blâmont, Meurthe-et-Moselle 1870 - Neuilly-sur-Seine 1958

    La tragédie de Salomé op. 50 (prima esecuzione a Palermo)

    Première partie

    Prélude (Lent)

    Danse des perles (Danza delle perle) (Assez vif)

    Seconde Partie (Lent)

    Les enchantements sur la mer (Gli incantesimi sul mare) (Un peu moins lent)

    Danse des éclairs (Danza del fulmine) (Animé, sans exagération)

    Danse de l’effroi (Danza del terrore) (Animé)

     

    “Quand’è che infine apparirà la Sua geniale Salomé [...]? Confesso che è la più grande gioia che un’opera d’arte mi abbia dato da molto tempo a questa parte. [...] Mi creda, sono molto orgoglioso che me l’abbia dedicata”.

    In questo ringraziamento di Stravinskij per la dedica della partitura de La tragédie de Salomé op. 50 traspare tutto il suo entusiasmo per questo lavoro di Florent Schmitt, compositore francese, che fu allievo, al Conservatorio di Parigi, di Massenet, Fauré e Lavignac, tanto che vinse nel 1900 il prestigioso Prix de Rome con la cantata Semiramis. Dopo aver fatto diversi viaggi in Europa e nel Medio Oriente, al suo ritorno in patria, Schmitt insegnò, dal 1922 al 1924, armonia al Conservatorio di Lione, ma fu come critico musicale del quotidiano «Le temps», attività che svolse dal 1929 al 1939, che esercitò la sua influenza sul mondo musicale francese dell’epoca. Vicino al nazismo sin dal 1933, Schmitt, durante la Seconda Guerra Mondiale, si mise al servizio della Repubblica di Vichy, ma, alla fine della guerra, riuscì a sfuggire all’accusa di collaborazionismo con la giustificazione che aveva tenuto quel comportamento, soltanto perché preoccupato delle condizioni del figlio, detenuto in un campo di concentramento in Germania. Gli fu, allora, comminata una pena simbolica, consistente nel divieto per un anno di esecuzioni delle sue opere.

    Schmitt fu autore di una notevole produzione, oggi quasi del tutto sconosciuta, nella quale è evidente il suo originale linguaggio musicale che, sensuale e, al tempo stesso, di una certa complessità, si segnala per un’elegante orchestrazione e per la grande perizia contrappuntistica unita a un’armonia raffinata. Queste caratteristiche contraddistinguono anche La tragédie de Salomé op. 50, composta nel 1907 su commissione del poeta Robert d’Humières, il quale desiderava accompagnare con la musica un suo scenario dedicato a Salomé che aveva scritto per la ballerina Loïe Fuller, la quale ne fu la prima interprete il 9 novembre dello stesso anno al Théâtre des Arts di Parigi, sotto la direzione di Désiré-Émile Inghelbrecht, alla guida di una piccola orchestra di soli 20 musicisti. Completamente diverso dall’opera di Strauss, che era stata rappresentata a Parigi sei mesi prima, questo balletto di Schmitt, seguendo la tesi che aveva inteso sostenere nel suo lavoro Robert d’Humières, si presenta come una forma di risposta “morale” al carattere immorale della tragedia di Wilde, utilizzata da Strauss. Secondo il poeta francese, Salomé non è, infatti, la donna perversa che matura un’insana passione per Giovanni Battista, del quale, di fatto, alla fine decreta la morte, chiedendo ad Erode la sua testa come ricompensa per la sua lasciva danza dei sette veli, ma è una fanciulla innocente e soltanto obbediente alla madre, dal momento che non desidera affatto l’esecuzione del profeta, del quale, inorridita, getta via la testa. Da qui scaturisce la tragedia della donna, la cui mente, perseguitata dal fantasma del Battista, è presa da sensi di colpa e da terrore. Da questo balletto, che fu accolto con grande entusiasmo tanto da arrivare a contare ben 50 rappresentazioni, Schmitt ricavò nel 1909 una suite sinfonica per grande orchestra, che fu eseguita, per la prima volta, l’8 gennaio 1911 ai Concerts Colonne sotto la direzione di Gabriel Pierné. In questa nuova veste si ripeté il successo del balletto tanto che, nel mese di aprile del 1912, la suite fu utilizzata per una messa in scena dalla compagnia di Natacha Trouhanova, rivale di Diaghilev, al Théâtre du Châtelet. Il successo, ottenuto dalla suite in quest’occasione, indusse Diaghilev a realizzare, con i suoi Balletti Russi, una spettacolare messa in scena nel 1913 con scene e costumi di Serge Sudeykin, la cui moglie, Vera de Bosset, sarebbe diventata la seconda moglie di Stravinskij.

    Influenzata da Sheherazade di Rimsky-Korsakov dalla quale trae spunto per il carattere sensuale e orientaleggiante, la partitura di Schmitt si segnala per una scrittura originale, basata su armonie dissonanti, realizzate con combinazioni bitonali, e su strutture ritmiche insolite che ben figurerebbero nella coeva Sagra di Stravinskij. Rispetto al balletto, costituito da ben otto numeri musicali, la suite ne propone cinque, dei quali i primi due costituiscono la prima parte e gli altri tre la seconda. Il primo brano è un Prélude, nel quale Schmitt ambienta la scena attraverso i timbri scuri dell’orchestra che evocano una sensuale notte orientale. Il secondo numero, costituito dalla Danse des perles, corrisponde alla prima danza, in ritmo ternario da scherzo, che Salomé esegue davanti a Erode e che si segnala per un’orchestrazione brillante. Aperta da una breve introduzione (Lent), la seconda parte ripropone i toni scuri del preludio, quasi a presagire l’imminente tragedia, che sembra, però, ritardata dall’atmosfera fiabesca di Les enchantements sur la mer, una pagina che si distingue per la raffinata orchestrazione. Ad essa si contrappone la sfrenata Danse des éclairs che si impone per la particolare struttura ritmica e per le sonorità che ricordano il Sacre. La suite si conclude con la frenetica Danse de l’effroi, nella quale Salomé, sull'orlo della follia, cerca di sfuggire alle visioni di sangue e di distruzione che attanagliano la sua mente.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 30'