Mendelssohn & Beethoven

Sir John Eliot Gardiner, direttore

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    09 Ottobre 2020

    Ore

    19,00

    Durata

    60min.

    Prezzi

    30 - 15 €

    Calendario

  • Programma

  • Felix Mendelssohn-Bartholdy
    Amburgo, 1809 - Lipsia, 1847

    Le Ebridi "La grotta di Fingal", ouverture op. 26

    Allegro moderato, Animato

     

    Il viaggio effettuato da Mendelssohn in Scozia nel 1829 e, in particolar modo, la visita alla grotta di Fingal nell’isola di Staffa, appartenente all’arcipelago delle Ebridi, costituiscono la fonte primaria d’ispirazione dell’Ouverture op. 26, Le Ebridi, il cui sottotitolo è appunto La grotta di Fingal. Mendelssohn giunse ad Edimburgo il 30 luglio 1829 reduce dal recente successo ottenuto nei concerti londinesi, organizzati dall’amico Klingemann, diplomatico che lo aveva invitato nella capitale inglese, da Cramer, che lo aveva introdotto nell’ambiente musicale di Londra, e dal pianista Ignaz Moscheles, insieme al quale si era esibito nell’esecuzione del suo Concerto in mi maggiore per due pianoforti. Durante il viaggio verso gli Highlands in Scozia, fatta una sosta ad Abbotsford, fece visita a Sir Walter Scott e il 7 agosto salpò in piroscafo per l’isola di Staffa, dove si trova la Grotta di Fingal. La traversata non fu semplice, in quanto sul Mare delle Ebridi si abbatté una violenta tempesta, della quale il compositore si ricordò certamente durante la composizione di quest’ouverture il cui primo abbozzo risale proprio a quel giorno; l’opera fu, tuttavia, sottoposta a continue revisioni che si protrassero ben oltre la prima esecuzione, avvenuta il 14 maggio 1832 alla Filarmonica di Londra sotto la direzione di M. Attwood. L’ouverture fu pubblicata nel 1833 a Lipsia dalla casa editrice Breitkopf & Härtel dopo un’ultima e definitiva revisione.

    Quest’ouverture, la migliore di Mendelssohn, definito da Wagner, con una punta di ironia, un paesaggista di prim’ordine, si presenta come una mirabile sintesi tra una solida costruzione formale, che si fonda sulla forma-sonata, e il contenuto programmatico, rappresentato dall’affascinante paesaggio della Grotta di Fingal bagnata dal mare. Il mare costituisce, infatti, il primo elemento rappresentato da Mendelssohn attraverso un tema formato da un unico inciso esposto dalle viole, dai violoncelli e dal primo fagotto, mentre gli altri strumenti, che si aggiungono a poco a poco, danno la misura della struttura della grotta costituita da colonne basaltiche ordinate in prospettiva. Ogni strumento, che si aggiunge, sembra rappresentare lo stupore del visitatore che s’inoltra al suo interno e vede in sequenza le colonne, ascoltando nel contempo il brusio del mare le cui onde si infrangono contro la roccia. Inoltrandosi nella grotta e, quindi, nell’ouverture, nella sezione modulante dell’esposizione il mare si trasforma quasi in un oggetto di poesia con il primo flauto, il primo oboe ed il primo fagotto che rileggono il tema iniziale per moto contrario e in una forma lirica. Sembra che nella grotta si respiri ancora un’aria impregnata delle gesta del leggendario eroe irlandese Fingal, padre di Ossian, e il secondo tema, dotato di forte lirismo, sorge dalle sue profondità, rese dai toni gravi dei violoncelli e dei fagotti per dispiegarsi senza esitazioni nella parte dei violini. Questo momento di incanto e di poesia è, tuttavia, turbato dal mare che si agita improvvisamente, facendo materializzare, nella parte iniziale dello sviluppo, una tempesta, ispirata probabilmente dalla difficile traversata in piroscafo fatta dal compositore, con il tema del mare che, esposto in questo passo dai violini e dai flauti, si carica di una violenza tale da simboleggiare il rumore delle onde. Non manca il tuono rappresentato perfettamente dai timpani e dagli ottoni che, poco dopo, quando la tempesta si sta ormai allontanando, fanno sentire in lontananza la loro eco, mentre il moto ondoso si placa e il tema iniziale ricomincia a prendere forma. La poesia può di nuovo trionfare ed il secondo tema si può nuovamente dispiegare con tutto il suo lirismo; è il mare, tuttavia, il protagonista con il suo tema variato in canone dai legni e dagli archi che intrecciano un fitto dialogo in un crescendo di eccitazione che conduce alla fine dello sviluppo. La semplice ripresa ripropone l’esposizione in una forma abbreviata, in cui viene eliminato il tema della sezione modulante, e conduce alla coda leggermente più animata.

    Durata: 10'

    Ludwig van Beethoven
    Bonn, 1770 - Vienna, 1827

    Sinfonia n. 4 in si bemolle maggiore op. 60

    Adagio, Allegro vivace

    Adagio

    Allegro vivace

    Allegro ma non troppo

     

    “Beethoven diede, nella residenza del principe Lobkovitz, due concerti nei quali non vennero eseguite se non sue proprie composizioni; ovverosia le sue prime quattro sinfonie, una ouverture al dramma Coriolano, un Concerto per pianoforte e alcune arie dell’opera Fidelio. Ricchezza di idee, originalità audace e pienezza di vigore, pregi unici della Musa beethoveniana, si presentarono in questi concerti in tutta chiarità; certo alcuno biasimò l’aver trascurato una schietta semplicità è l’affastellarsi fin troppo prolifico delle idee, che per la loro moltitudine non sono sufficientemente lavorate e connesse fra loro, e perciò più sovente suscitano come l’effetto di un diamante non levigato”.

    Questa corrispondenza da Vienna, pubblicata nel mese di aprile del 1807 dal   «Journal des Luxus und der Moden di Weimar, è una delle prime recensioni della Quarta sinfonia di Beethoven eseguita per la prima volta in un’accademia privata nel salotto del principe Lobkovitz nel mese di marzo dello stesso anno, e, nello stesso tempo, una testimonianza del progressivo allontanamento del pubblico e della critica dalla musica di Beethoven. Dopo la Prima sinfonia, apprezzata dalla critica contemporanea, l’evoluzione della scrittura sinfonica beethoveniana aveva prodotto una frattura tra il compositore e i giornali che dalle loro colonne stroncavano senza appello le sue opere con giudizi poco condivisibili che ponevano l’accento sul carattere complicato della sua musica.  Se non sorprende, quindi, il giudizio del «Journal des Luxus und der Moden», che si allineava ai commenti prevalenti sulla musica di Beethoven, incomprensibile e alquanto sconcertante appare, invece, quello di Carl Maria von Weber che si espresse così a proposito di questa sinfonia:

    “All’inizio un movimento lento, pieno di idee spezzate, dove nessuna è in rapporto con le altre! Ogni quarto d’ora, tre o quattro note! Poi un rullo di timpani, e misteriose frasi delle viole, il tutto ornato da una folla di pause e di silenzi [...]. Beethoven in questa Sinfonia ha voluto sottrarsi a ogni regola, anche perché la regola incatena soltanto il genio”

    Eppure la prima esecuzione pubblica della sinfonia, avvenuta in un concerto di beneficenza il 15 novembre 1807 all’Oftheater di Vienna sotto la direzione dell’autore, aveva ottenuto un discreto successo presso il pubblico che evidentemente non si era ancora del tutto schierato con i detrattori del compositore di Bonn; l’amico Schindler scrisse a proposito di questa prima esecuzione:

    “La Sinfonia ha prodotto una viva impressione sull’uditorio. Il successo è stato ancor più incisivo di quello ottenuto, otto anni or sono, dalla Prima Sinfonia”.

    Il pubblico aveva smentito i giudizi della critica, che non molto tempo dopo dalle colonne dell’autorevole «Allgemeine Musikalische Zeitung», mostrò di comprendere questa sinfonia composta  in un periodo particolarmente felice della sua vita, mentre era ospite nelle tenuta degli amici Brunsvik a Martonvasar, dove Beethoven aveva potuto lavorare con una certa serenità dovuta anche al fidanzamento con la contessa Therese von Brunsvik. La Sinfonia, iniziata nell’estate del 1806, fu ultimata nel mese di novembre dello stesso anno come si arguisce dalla documentazione relativa al pagamento di 500 fiorini, somma corrisposta dal conte Oppersdorf dedicatario dell’opera, per la sua composizione.

    Definita da Schumann come una slanciata fanciulla greca tra due giganti nordici, rappresentati dall’Eroica e dalla Quinta, la Quarta sinfonia ha un carattere leggero e gioioso, ben preparato quest’ultimo da un intenso e misterioso Adagio introduttivo; questo Adagio, il più lungo dell’intera produzione sinfonica beethoveniana,  dà l’impressione di un forte immobilismo reso perfettamente dal pedale di tonica tenuto inizialmente e pronto ad esplodere nell’Allegro vivace in forma-sonata. Nel primo tema (Es. 1) che, esposto nella parte iniziale dai violini e completato dai legni, è un’espressione di gioia pura, mentre il secondo in fa maggiore(Es. 2), affidato in successione al fagotto, all’oboe e al flauto, ha un andamento arcadico. Molto bella è, infine, la coda nella quale appare in canone una terza idea tematica, derivata dalla seconda, esposta prima dal clarinetto e fagotto e, poi, declamata a piena orchestra.

    Il secondo movimento, Adagio, è una pagina di straordinaria bellezza per una struttura melodica che Richard Strauss non mancò di definire preziosa; dal punto di vista formale il movimento ha una struttura tripartita con due temi dei quali il primo è esposto dai violini e il secondo dal clarinetto il cui timbro è trattato con una sensibilità preromantica.

    Il terzo movimento, formalmente uno Scherzo, nonostante non sia segnalato in partitura, conferma, con il suo andamento rapido, il tono gaio e sereno dell’intera sinfonia; il Trio si basa su un tema, esposto come da tradizioni dai fiati (legni e corni) di carattere bucolico.

    Il carattere gaio, che caratterizza il terzo movimento, informa anche l’ultimo Allegro ma non troppo, che si distingue per la straordinaria orchestrazione e per un brillante disegno di semicrome che innesca un moto perpetuo circoscritto nella struttura della forma-sonata.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 34'