Beethoven/ Britten

Francesco Cilluffo, direttore

Trio di Parma

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    10 Gennaio 2025

    Ore

    21,00

    Durata

    80min.

    Prezzi

    - €

    Calendario

  • Giorno

    Sabato
    11 Gennaio 2025

    Ore

    17,30

    Durata

    80min.

    Prezzi

    - €

    Calendario

  • Programma

  • Ludwig van Beethoven
    Bonn, 1770 - Vienna, 1827

    Triplo Concerto in do maggiore op.56

    Allegro

    Largo

    Rondò alla polacca

     

    Considerato fino a qualche tempo fa un lavoro minore, il Triplo Concerto di Beethoven fu composto su richiesta del giovane Arciduca Rodolfo d’Austria, suo allievo di pianoforte non tra i più dotati, che si dilettava a suonare in trio con il violinista Carl August Seidler e il violoncellista Anton Kraft. Pur essendo stato poco apprezzato dai contemporanei, come è testimoniato dal fatto che la casa editrice Breitkopf & Härtel si rifiutò per ben due volte di pubblicarlo, e dalla tardiva prima esecuzione pubblica avvenuta all’Augarten soltanto nel 1808, il Concerto, che Beethoven chiamava classicamente sinfonia concertante, si è affermato per il suo carattere gaio che si rifà più ai modelli francesi che a quelli di Haydn e Mozart e nel contempo esprime lo stato d’animo del compositore. In effetti il Triplo Concerto era stato composto tra la seconda metà del 1803, dopo che l’Eroica era stata già completata, e i primi mesi del 1804, poco prima della stesura del Fidelio, in un periodo particolarmente felice per il compositore che stava vivendo un intenso quanto importante idillio con Josephine Brunswick, donna che egli avrebbe voluto sposare dopo la morte del primo marito, il vecchio e geloso conte Joseph Deym von Stritetz. Per un momento il dramma della sordità e quello della solitudine sembrarono superati in virtù di questo amore espresso in questo Concerto attraverso una straordinaria ricchezza tematica, che emerge nonostante un certo squilibrio nelle parti solistiche la cui scrittura è stata dettata fondamentalmente dalle capacità tecniche degli esecutori a cui era destinata la partitura. La parte del pianoforte, che doveva essere eseguita dall’Arciduca Rodolfo, è, infatti, la più semplice, mentre molto complessa è quella del violoncello destinata ad Anton Kraft, il più virtuoso dei tre esecutori.

    La ricchezza delle figurazioni ritmiche contraddistingue il primo movimento, Allegro, che si apre con una suggestiva e classica esposizione orchestrale, nella quale il primo tema, esposto inizialmente in pianissimo da violoncelli e contrabbassi, è ripreso dai violini dopo un crescendo, tipico dei lavori concertanti della scuola di Mannheim. Gaio è anche il secondo tema esposto dai violini in una solare tonalità di sol maggiore, mentre più complessa è l’esposizione dei tre solisti con il violoncello che riprende il tema iniziale, imitato dal violino e, con un certo distacco, anche dal pianoforte.

    A questo primo movimento, ricco di figurazioni ritmiche e tematiche, si contrappone il breve secondo movimento, Largo, strutturato su un unico tema estremamente melodioso. In       questo movimento domina il violoncello che in alcuni passi raggiunge anche le zone più acute del suo registro a ulteriore conferma del fatto che questa parte è stata scritta per un virtuoso dello strumento.

    Nel Finale, un Rondò alla polacca, di grande effetto per la brillantezza ritmica, Beethoven utilizzò, per la seconda volta dopo la Serenata op. 8, questa danza dalla quale in questo movimento ha tratto il ritmo ternario e alcuni abbellimenti utilizzati nel refrain.

    Durata: 35'

    Benjamin Britten
    (Lowestoft, 1913 - Aldeburgh 1976)

    Sinfonia da Requiem per orchestra op. 20

    Lacrymosa (Andante ben misurato)

    Dies irae (Allegro con fuoco)

    Requiem aeternam

     

    Nel 1940 il governo giapponese, già impegnato nella guerra con la Cina, ma non ancora alleato della Germania nazista, per celebrare il 2600 anni dalla nascita dell’Impero iniziato con l’imperatore Jimmu Tenno nel 660 a.C., invitò compositori stranieri a scrivere lavori per l’occasione. Britten compose allora la Sinfonia da Requiem che, pur non eseguita in Giappone perché rifiutata a causa sia del suo carattere cupo sia dell’utilizzo di titoli latini tratti dalla liturgica cattolica per i tre movimenti, di cui si compone, sarebbe diventata la sua più grande opera per orchestra. Essendo un pacifista convinto, Britten aveva, infatti, voluto esprimere i suoi sentimenti sulla guerra con questa sinfonia i cui tre movimenti portano il nome di parti della tipica messa da requiem cattolica. Quando il ministro degli esteri giapponesi vide la partitura completa, la rifiutò protestando per l’insulto subito, dal momento che essa si riferiva alla liturgia cristiana. Eseguita con grande successo, per la prima volta, il 29 marzo 1941 dalla New York Philharmonic sotto la direzione di John Barbirolli, la Sinfonia è divisa in tre movimenti legati fra di loro, dei quali il primo, Lacrymosa (Andante ben misurato) si apre con desolati colpi di tamburo che scandiscono una marcia funebre con una sezione centrale della quale assoluto protagonista è il sassofono. Il secondo movimento, Dies irae (Allegro con fuoco), rappresenta, con un ritmo concitato affidato a marziali fanfare, la forza distruttrice della guerra, configurandosi quasi come una vera e propria danza di morte. Il movimento si conclude con uno Scherzo che conduce al conclusivo Requiem aeternam (Andante molto tranquillo), una pagina che equilibra il drammatico movimento iniziale con una scrittura che introduce un’atmosfera di consolazione e di pace.      

    Durata: 21'

    Benjamin Britten
    (Lowestoft, 1913 - Aldeburgh 1976)

    Quattro interludi marini da “Peter Grimes” (“Peter Grimes”. Four Sea Interludes) op. 33a

    Dawn (Alba)

    Sunday Morning (Domenica mattina)

    Moonlight (Chiaro di luna)

    Storm (Tempesta)

     

    La prima rappresentazione del Peter Grimes di Benjamin Britten al Sadler’s Wells di Londra il 7 giugno 1945 con la direzione di Reginald Goodall e con l’interpretazione del tenore Peter Pears, per la cui voce fu adattata la parte del protagonista originariamente scritta per baritono, segnò l’alba di una nuova era per la storia del teatro musicale inglese, finalmente emancipato dal dominio della produzione operistica europea. Il successo di critica e di pubblico, arriso alla prima londinese, si ripeté alla première americana avvenuta al Berkshire Festival di Tanglewood nel 1946 dove a salire sul podio fu un allora sconosciuto Leonard Bernstein, allievo preferito del direttore russo-americano Sergej Koussevitzky, committente del lavoro con cui aveva voluto onorare la memoria della moglie Natalia. Nello stesso anno della prima americana e precisamente il 3 aprile la National Symphony Orchestra, diretta da Hans Kindler, eseguì i Quattro interludi marini che Britten trasse dall’opera insieme a una Passacaglia in cui è descritto il carattere contrastante di Grimes, ora violento e capriccioso, ora gentile e passionale.

    L’argomento del Peter Grimes è tratto da The Borough, un’opera di George Crabbe, da Britten conosciuto fino dal 1941 quando su una rivista lesse un articolo di E. M. Forster sul poeta inglese del XVIII sec., come egli stesso ricordò in seguito:

     

    “Io non conoscevo niente dei poemi di Crabbe in quel tempo, ma leggere su di lui mi provocò un sentimento di nostalgia per Suffolk, dove io ero vissuto da sempre, che cercai una copia dei suoi lavori e iniziai con The Borough. Il ‘Poeta completamente inglese’ evocava un desiderio intenso per le realtà di quella austera ed eccitante costa attorno ad Aldeburgh”.

     

    La lettura del poema di Crabbe fece maturare nel compositore il progetto di un’opera incentrata sul protagonista, Peter Grimes, la cui storia suscitava il suo interesse, come egli stesso spiegò, perché:

     

    “Per la maggior parte della mia vita io ho vissuto strettamente a contatto con il mare. La casa dei miei genitori a Lowestoft si affacciava direttamente sul mare e la mia vita di bambino fu colorata dalle violente tempeste che alcune volte spingevano le navi sulla nostra costa ed erodevano strisce delle vicine scogliere. Nello scrivere Peter Grimes io volevo esprimere la mia consapevolezza dell’eterna lotta degli uomini e delle donne la cui sopravvivenza dipende dal mare – anche se è difficile trattare un tale tema universale in forma teatrale”.

     

    Sarà proprio la nuova ideologia socialista, comune a Britten e al librettista Montagu Slater, insieme alla scelta di creare il personaggio per la vocalità di Peter Pears, compagno d’arte e di vita del compositore inglese, a trasformare lo statuto teatrale del protagonista. Ecco allora che la sinistra figura di Peter Grimes, emarginato dai suoi concittadini per la sua natura violenta e rappresentato nel poema di Crabbe come una specie di mostro, si trasforma in una vittima dei pregiudizi della gente e del suo bisogno spasmodico di migliorare la sua condizione sociale.

    Il primo interludio, The Dawn (L’alba), si colloca subito dopo il prologo e si riferisce a un desolato paesaggio marino alle prime luci dell’alba rappresentato da una serie di interessanti effetti ottenuti con i vari strumenti. I violini all’unisono e i flauti sembrano evocare il solitario canto del gallo e, al tempo stesso, disegnare con le loro arcate le volte del cielo sopra il mare increspato dalle onde sospinte dal vento che spira negli arpeggi dell’arpa e dei clarinetti. L’apparente calma iniziale viene, però, minata dal sinistro ingresso degli ottoni che, in modo misterioso, mettono in evidenza il carattere pericoloso del mare con la sua violenza.

    Con il secondo interludio viene sovvertito, in questa suite, l’ordine dei brani nell’opera, in quanto al posto di The Storm (La tempesta), è inserito il preludio al secondo atto, Sunday Morning (Domenica mattina), nel quale, in forma di toccata, è ritratto il villaggio vicino al mare dove è ambientata l’opera. Il giorno di festa è reso, nella parte iniziale, dai corni i quali sembrano evocare il suono festante delle campane che accompagnano le persone mentre vanno in chiesa. Un tema dolce e contrastante emerge nella parte delle viole e dei violoncelli e si alterna al suono delle campane in un tripudio di timbri.

    Il terzo interludio, Moonlight (Chiaro di luna), che, nell’opera introduce il terzo atto, inizia con un esitante corale per rappresentare una situazione che potremmo definire, con un’espressione dantesca, l’ondeggiar della marina. Gli archi con dei pizzicati sembrano evocare le gocce d’acqua, mentre un tema cantabile rende efficacemente i pallidi raggi lunari che attraversano le nuvole. Tromba e xilofono turbano solo per un istante il momento di pace notturna, perfettamente rappresentata dalla dolcissima conclusione dell’interludio.

    L’ultimo interludio, The Storm (La Tempesta), che, nell’opera, costituisce il preludio all’atto primo, è un magnifico Rondò con tre episodi in cui Britten fa ricorso a tutti i timbri orchestrali e ad una scrittura bitonale per rappresentare la forza e la violenza del temporale rese dalle trombe e dai tromboni. Nel terzo episodio sembra che un pallido sole possa squarciare il velo delle nubi quando una parte dell’orchestra esegue un ostinato in pianissimo, ma, alla fine, la tempesta prevale con la sua forza minacciosa per la sicurezza delle persone e delle cose.

        

    Riccardo Viagrande

    Durata: 21'

I prossimi eventi