Falla, Chapì, Guridi, Granados, Chueca & Luna
José Miguel Rodilla, direttore
Pierre-Laurent Boucharlat, pianoforte
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Programma
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Manuel de Falla
Cadice 1876 - Alta Gracia 1946Il cappello a tre punte (El sombrero de tres picos), suite n. 2
I vicini (Seguidilla) (Allegro ma non troppo)
La danza del mugnaio (Farruca) (Moderato assai, molto ritmico e pesante)
Danza finale (Jota) (Allegro ritmico, molto moderato e pesante)
Nel mese di aprile del 1917 a Madrid, proprio durante le rappresentazioni al Teatro Eslava di El corregidor y la molinara, pantomina composta tra il 1916 e il 1917 da Manuel de Falla su libretto di Martinez Sierra e ispirata ad un racconto omonimo di Pedro Antonio de Alarcón y Ariza, si trovava Diaghilev, impresario dei Ballets Russes, che già da tempo faceva pressioni sul compositore spagnolo affinché scrivesse qualcosa per la sua compagnia. Dopo aver assistito ad una di queste rappresentazioni, il geniale impresario chiese a De Falla di trasformare proprio questa pantomina in un balletto riorchestrando interamente la partitura per un organico più ampio. Nacque così Il cappello a tre punte, che, sottoposto da De Falla ad una profonda rielaborazione tra il 1918 e il 1919, fu rappresentato all’Alhambra Theatre di Londra il 22 luglio 1919 con le coreografie di Léonide Massine e le scene e i costumi di Pablo Picasso. La prima fu un trionfo, nonostante alcune situazioni sfortunate come l’improvvisa malattia di Felix Fernando Garcia, primo ballerino e specialista di flamenco, scoperto da Diaghilev in un caffè situato in un vicolo della capitale spagnola, prontamente sostituito dallo stesso Massine. Anche De Falla non poté dirigere il balletto, in quanto raggiunto, il pomeriggio della prima, dalla notizia che la madre stava morendo. Il suo posto fu preso da Ernest Ansermet che contribuì al notevole successo del balletto. La trama di questo lavoro ruota attorno alle figure del Corregidor, magistrato di un paese, il cui potere è rappresentato dal cappello a tre punte, e della bella moglie di un mugnaio che egli tenta, senza successo, di sedurre. Beffato dalla donna fedele e astuta, alla fine l’uomo diventa lo zimbello del paese. Da questo balletto De Falla trasse due suites nelle quali egli mantenne il carattere folkloristico grazie all’introduzione di danze come la Seguidilla e la Farruca che danno un’immagine tradizionalmente solare della Spagna.
La seconda suite si compone di tre brani, dei quali il primo, Danza de los vicinos, è una seguidilla, danza popolare andalusa, caratterizzata da un tema melodioso e da una seconda idea tematica dolce e struggente che rappresenta uno splendido paesaggio notturno. Il brano successivo, Danza del Molinero, è una farruca, una varietà del flamenco, che il mugnaio e la moglie ballano su invito di quest’ultima, mentre la Danza final, è una festosa jota nella quale ritorna il tema già ascoltato nel Meriggio.
Durata: 14'
Manuel de Falla
Cadice 1876 - Alta Gracia 1946Noches en los Jardines de España
En el Generalife - Allegretto tranquillo e misterioso
Danza Lejana - Allegro giusto
En los Jardines de la Sierra de Córdoba - Vivo
“Sebbene in questo lavoro, come in tutti quelli che possono legittimamente aspirare al nome di musica, l’autore abbia seguito un preciso disegno per quanto concerne il materiale tonale, ritmico, tematico, lo scopo per cui tale composizione è stata scritta non è altro che quello di evocare luoghi, sensazioni e sentimenti. I temi utilizzati si basano su ritmi, cadenze e figurazioni che caratterizzano la musica popolare dell’Andalusia, anche se essi sono raramente usati nelle loro forme originali; l’orchestrazione fa uso in modo convenzionale di certi effetti degli strumenti popolari suonati in quelle regioni della Spagna. Qualcosa di più che i suoni delle feste e delle danze ha ispirato queste evocazioni sonore, poiché in esse hanno parte anche la malinconia e il mistero”.
Con queste parole lo stesso De Falla ha descritto Noches en los Jardines de España, che, nati come pezzi pianistici a se stanti nel 1909, si ispirano ai dipinti paesaggistici del più famoso pittore spagnolo di giardini, Santiago Rusiñol, come si evince anche da una lettera indirizzata alla sua famiglia nel mese di gennaio di quell’anno da Parigi nella quale De Falla chiedeva ai suoi famigliari di inviargliene le riproduzioni. Dedicati al pianista Ricardo Viñes, questi brani furono rielaborati in impressioni sinfoniche per pianoforte e orchestra soltanto nel 1915 e in questa forma eseguite per la prima volta a Madrid il 9 aprile 1916 dal pianista José Cubiles sotto la direzione di Enrique Fernandez Arbós. Il grande pianista Arthur Rubinstein, presente a questa prima esecuzione, decise di inserire nel suo repertorio questo lavoro del quale decretò così il successo internazionale.
Nella prima delle tre impressioni intitolata En el Generalife, in cui è evocato il giardino dell’eponima villa moresca situata nei pressi della città di Granada, emerge immediatamente un tema sommesso esposto dalla viola e ripreso in una forma variata dal pianoforte. Subito dopo è introdotto dall’orchestra un nuovo tema ripreso anche questo dal pianoforte, mentre quello iniziale ritorna nella parte del corno nel suggestivo finale in pianissimo.
Del pari suggestivo è l’attacco della seconda impressione Danza Lejana (Danza lontana), del quale sono protagoniste quatto viole con sordina che si producono in trilli alternati a fioriture sui quali si staglia una melodia affidata al flauto e al corno inglese. Un ritmo di danza contagia l’orchestra e il solista prima che, nel finale, vengano riprese, su un tremolo degli archi nel registro acuto, le note iniziali.
Legata alla precedente, l’ultima impressione, En los Jardines de la Sierra de Córdoba, evoca attraverso una musica di carattere zingaresco e melodie di matrice andalusa le feste gitane che si svolgono nelle campagne intorno alla città spagnola.
Durata: 25'
Ruperto Chapì
Villena, 1851 - Madrid, 1909La revoltosa (La ribelle), preludio
Durata: 5'
Jesús Guridi
Vitoria-Gasteiz, 1886 - Madrid, 1961El Caserio (Il casale), preludio
Durata: 7'
Enrique Granados
Lleida, 1867 - La Manica, 1916Goyescas, intermezzo
Durata: 6'
Federico Chueca
Madrid, 1846 - Madrid, 1908El bateo (Il cinturone), preludio
Durata: 4'
Pablo Luna
Alhama de Aragòn, 1879 - Madrid, 1942Danza del fuego da "Benamor"
Durata: 8'
Ruperto Chapì
Villena, 1851 - Madrid, 1909El tambor de granaderos (Il tamburo dei granatieri), preludio
Durata: 6'
La Spagna musicale dalla Zarzuela a Granados
Genere operistico tipico della Spagna, la Zarzuela nacque nel XVII sec. per opera dell’Infante Don Fernando che promosse la rappresentazione di spettacoli con accompagnamento musicale nel Palacio de la Zarzuela, residenza privata del re di Spagna a Madrid. Il suo nome deriva probabilmente dallo spagnolo «zarza» che significa mora, i cui rovi erano presenti in abbondanza nei giardini. Caratterizzata dalla mescolanza di parti cantate e recitate, come il Singspiel tedesco e l’Opéra-Comique francese, la Zarzuela, dopo aver vissuto una fase di decadenza nel Settecento, ritornò ai suoi precedenti splendori nel XIX sec. in conseguenza della nascita del movimento nazionalistico, animato, soprattutto, da musicisti catalani residenti all’estero. Nell’Ottocento la zarzuela, che pur si rifaceva principalmente al carattere comico e realistico dell’Opéra-Comique, subì un’importante evoluzione ad opera di Francisco Barbieri al quale si deve la nascita della zarzuela grande con l’opera, di argomento drammatico, Jugar con fuego.
Particolarmente attivi in questo genere furono Ruperto Chapì, Jesús Guridi, Federico Chueca e Pablo Luna, mentre ad Enrique Granados si deve il tentativo di creare un vero e proprio teatro musicale spagnolo.
Nato a Villena nel 1851, Ruperto Chapì fu, infatti, un famoso compositore di zarzuele tra le quali va segnalata La Revoltosa (La ribelle), composta nel 1897 su libretto di José Lopez Silva e Carlos Fernández Shaw e rappresentata per la prima volta il 25 novembre dello stesso anno al Teatro Apolo di Madrid. Ritenuto uno dei capolavori del cosiddetto género chico (genere piccolo, in un atto), questo lavoro si configura come una vera e propria riflessione sulla vita di quartiere nella Madrid dell’Ottocento, della quale mette in scena situazioni e personaggi tipici. Aperto da una fanfara, il preludio è una pagina brillante, nella cui sezione centrale si staglia un episodio di carattere lirico di cui sono protagonisti l’oboe e gli archi che dialogano tra di loro. Travolgente è, infine, la coda conclusiva di questa partitura che, come quella del preludio di El tambor de granaderos (Il Tamburo dei granatieri) è entrata nel repertorio sinfonico. Composta nel 1894 su libretto di Emilio Sánchez Pasto e rappresentata per la prima volta al Teatro Eslava di Madrid il 16 novembre dello stesso anno, questa zarzuela ottenne un enorme successo testimoniato dal giornalista Francisco Fernández Villegas, noto con lo pseudonimo di Zeda, che scrisse:
“chiunque, senza assistere all'esecuzione de Il tamburo dei granatieri, avesse udito ieri sera gli applausi, le ovazioni e le acclamazioni con cui il popolo sovrano celebrò l'opera rappresentata all'Eslava, avrebbe creduto, sicuramente che Calderón fosse risorto o che Wagner e Shakespeare, forse miracolosamente, si erano uniti per creare tra loro la più stupefacente epopea drammatica di tutte quelle prodotte nel corso dei secoli”.
La vicenda, che si svolge nel giorno immediatamente precedente alla fuga dalla Spagna di José Bonaparte, è incentrata sulla storia d’amore tra Gaspare, condannato a morte per essere stato fedele ai Borboni, e Luz, orfana del cui patrimonio vorrebbe impossessi il suo tutore il quale, per ottenere il suo scopo, vorrebbe che la giovane si facesse suora. L’eponimo tamburo con tre rulli in crescendo apre il preludio che pullula di motivi orecchiabili da quello iniziale, di carattere pomposo, a quello leggero e brillante esposto dagli archi nella sezione centrale.
Di origine basca, Jesús Guridi, dopo aver studiato presso gli Scolopi e i Gesuiti a Saragozza, completò la sua formazione, prima, in Spagna, in particolar modo a Madrid e a Bilbao dove studiò violino con Lope Alaña, che lo introdusse nella società chiamata “El Cuartito”, e armonia con José Sáinz Besabe, e, poi, alla Schola Cantorum di Parigi, dove ebbe come maestri Abel Decaux per l’organo, August Sérieux per la composizione e Vincent d’Indy per il contrappunto e la fuga. Fu un compositore abbastanza fecondo, nonostante abbia svolto anche l’attività di docente, di organista e di direttore di coro. Composto nel 1926 su libretto di Federico Romero e Giullermo Fernández-Shaw e rappresentato per la prima volta nel Teatro de la Zarzuela di Madrid, l’11 novembre dello stesso anno, El caserio (Il casale) è sicuramente la sua zarzuela più famosa. Al centro della vicenda c’è un casale che costituisce il patrimonio familiare e che Santi, celibe e sindaco del paese, vorrebbe trasmettere intatto in eredità ai suoi nipoti e cugini Ana Mari e José Miguel il quale, preso da divertimenti, ignora il sentimento della giovane. Santi decide allora di annunciare il proprio matrimonio per indurre il nipote a mettere la testa a posto. Dopo varie peripezie, il sindaco ottiene il suo scopo e i due cugini si sposano mantenendo intatta l’eredità. Entrato nel repertorio sinfonico, il preludio presenta una struttura tripartita con tre motivi diversi dei quali il primo, esposto dagli archi, si segnala per la sua grandiosità. Dopo una sezione centrale, che si apre con un orecchiabile tema esposto dagli strumentini su un rullo di tamburo e prosegue con un tema di carattere malinconico e intriso di lirismo, il preludio si conclude con una travolgente coda.
In Spagna, ancora nella prima metà del Novecento era molto forte l’influenza del melodramma italiano e, in seguito, di Wagner la cui presenza è riscontrabile anche nella produzione di Enrique Granados y Campiña che ottenne il suo primo successo nel 1898 con Maria del Carmen. Dopo alcuni lavori teatrali di minore importanza, Granados compose Goyescas, in un atto e tre quadri, prima opera di un compositore spagnolo ad essere rappresentata al Metropolitan Opera di New York il 28 gennaio 1916 sotto la direzione di Gaetano Bavagnoli. L’opera, composta su suggerimento del pianista americano Ernest Schelling che aveva apprezzato la suite pianistica composta da Granados nel 1911 e ispirata ai dipinti di Francisco Goya, grazie anche al cast nel quale figuravano il tenore Giovanni Martinelli e il baritono Giuseppe De Luca, ottenne alla prima un successo tale che il compositore fu invitato per un concerto alla Casa Bianca dal presidente Wilson. Questo fatto fu la causa della prematura morte di Granados il quale, essendo stato costretto a ritardare la sua partenza per l’Europa, s’imbarcò il 24 marzo 1917 sul piroscafo Sussex che sarebbe stato silurato da un sottomarino tedesco mentre attraversava il canale della Manica. L’opera, che si ispira a una serie di dipinti giovanili di Goya, traduce il mondo del grande pittore spagnolo in una musica prevalentemente sinfonica piuttosto che operistica, tanto che spesso viene eseguita come suite sinfonica. Una delle pagine più famose è l’Intermezzo collocato tra il primo e il secondo quadro, che si segnala per la struggente malinconia del tema principale esposto dai violoncelli e per una brevissima sezione centrale di carattere drammatico.
Dotato di un grande talento che gli permetteva di sopperire alla sua formazione musicale avvenuta in modo irregolare, Federico Chueca, che fu, infatti, considerato un musicista autodidatta, lavorò come pianista e direttore dell’orchestra del Teatro Variedades. All’interno della sua produzione che consta di opere, zarzuele e sainete, che sono dei brevi componimenti drammatici di carattere giocoso accompagnati da musica strumentale e da danze, si segnala la zarzuela El balteo (Il cinturone), composta su libretto di Antonio Domínguez e di Antonio Paso e rappresentata per la prima volta il 7 novembre 1901 al Teatro de la Zarzuela di Madrid. Il preludio di questo lavoro costituisce una dimostrazione del talento di Chueca nel creare melodie orecchiabili che assumono le movenze di danze.
Prolifico compositore di zarzuele, Pablo Luna, che rinnovò questo genere ispirandosi all’operetta viennese e in particolar modo a quella di Franz Léhar, manifestò sin da bambino una certa inclinazione per la musica e, dopo aver studiato al Conservatorio di Saragozza, sua città natale, si fece conoscere suonando il violino in caffè, hotel, chiese e cinema per essere assunto nel 1900 come primo violino nell’orchestra del Teatro Principale di Saragozza. Tratta dalla zarzuela, Benamor, composta nel 1923 e rappresentata per la prima volta il 12 maggio dello stesso anno al Teatro de la Zarzuela, è la scintillante e orecchiabile Danza del fuego.
Riccardo Viagrande