Francesca Dego/Brahms
Jordan de Souza, direttore
Francesca Dego, violino
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Programma
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Johannes Brahms
Amburgo, 1833 - Vienna, 1897Concerto in re maggiore per violino e orchestra op. 77
Allegro non troppo
Adagio
Allegro giocoso, ma non troppo vivace
Periodo di composizione: 1878
Prima esecuzione: Lipsia, Gewandhaus, 1 gennaio 1879. Il 31 dicembre Thomas Edison inaugurò in Menlo Park l’illuminazione a incandescenza
Nell’estate del 1878 Brahms, di ritorno dall’Italia, si fermò nel villaggio di Pörtschach, in Carinzia, con l’intenzione di raggiungere presto Vienna, ma, attratto dalla bellezza e dalla serenità di quel luogo, vi restò più a lungo, come egli stesso ebbe modo di scrivere all’amico Billroth:
“Mi sono fermato in questo paese al ritorno dall’Italia, con l’intenzione di proseguire per Vienna. Ma il primo giorno è stato così bello che ho deciso di fermarmi anche il secondo; il secondo così bello che ho deciso di rimanere il terzo, e così via. Montagne bianche di neve, il lago azzurro, gli alberi ricoperti di un verde tenero, nessuno potrebbe darmi torto”.
È in questa splendida cornice che egli meditò di comporre un nuovo lavoro, come si evince dal fatto che egli chiese che gli fosse spedita da Vienna molta carta da musica e in una lettera al critico Hanslick scrisse: «In questo villaggio vagano così tante melodie che si deve stare attenti a non calpestarle». Nacque così il Concerto in re maggiore per violino e orchestra op. 77 che, composto in brevissimo tempo e completato nel mese di agosto, fu sottoposto da Brahms, mai soddisfatto, a ritocchi che lo impegnarono fino al mese di novembre. Pur essendo innamorato del violino, egli non aveva una perfetta competenza tecnica, e, per questo motivo, si rivolse al suo amico, il violinista Joachim, per alcune consulenze. Nonostante i consigli di Joachim, che eseguì il Concerto per la prima volta al Gewandhaus di Lipsia il 1° gennaio del 1879, questo lavoro non fu subito compreso dal pubblico e dagli stessi musicisti che lo giudicarono, in certi passi, ineseguibile. Emblematiche furono anche alcune stroncature che, tuttavia, misero in evidenza il carattere innovativo del Concerto, non ancora del tutto comprensibile né al pubblico né alla critica dell’epoca. Il Concerto fu definito, infatti, ora una Sinfonia con violino obbligato, ora un Concerto contro il violino secondo quanto affermato da Bülow, ora un Concerto tra violino e orchestra, in cui alla fine vince l’orchestra. Soltanto nel Novecento il Concerto fu rivalutato e considerato un capolavoro del repertorio violinistico paragonabile ai lavori di Beethoven, di Mendelssohn e di Čajkovskij.
Anche il Concerto per violino e orchestra, come i due per pianoforte, presenta un’impostazione sinfonica dalle proporzioni monumentali. Il primo movimento, Allegro non troppo, in forma-sonata, mostra sin dalle prime battute il suo carattere sinfonico con tre temi, dei quali il primo presenta toni di accentuato lirismo e di grande cantabilità. Ad esso si contrappone l’entrata del violino solista che si impone per una scrittura idonea ad esaltare le caratteristiche tecniche dello strumento. La scrittura sinfonica del primo movimento raggiunge il suo punto culminante nello sviluppo dove i temi sono sottoposti ad un’elaborazione molto complessa. Un’impostazione classica presenta il secondo movimento, Adagio, la cui struttura formale tripartita è riassumibile nello schema A-B-A. Suggestiva e poetica è la melodia d’apertura, di carattere pastorale, che, secondo Max Bruch, deriva da una vecchia canzone boema. Affidata all’oboe, questa melodia ha dato adito anche alla celebre quanto maligna battuta di Pablo de Sarasate che affermò:
“Non posso negare che si tratti di buona musica. Ma non potete certo pensare che io sia così privo di buon senso da salire sul palco, con il violino in mano, per ascoltare un oboe che nell’Adagio esegue l’unica melodia di tutto il Concerto!”
Un intenso lirismo informa la sezione centrale, mentre nella conclusione si affermano toni soffusi grazie al timbro dolce dei fiati. Di grande respiro sinfonico è il Finale con il solista, che introduce un tema di carattere tzigano eroico e rude al tempo stesso che, molto probabilmente, sarebbe stato apprezzato da Haydn. Vivace e marcato è anche il secondo tema, mentre il terzo è estremamente dolce e melodico. Tutto il movimento è un brillante Rondò nel quale il solista può mettere in evidenza le sue doti tecniche.
Durata: 37'
Ludwig van Beethoven
Bonn, 1770 - Vienna, 1827Sinfonia n. 8 in fa maggiore op. 93
Allegro vivace e con brio
Allegretto scherzando
Tempo di Minuetto
Allegro vivace
Periodo di composizione: 1812
Prima esecuzione: Vienna, Burgtheater, 27 febbraio 1814. Il 1° novembre si apre il Congresso di Vienna
Unica tra le nove sinfonie di Beethoven a non avere una dedica, l’Ottava nacque in un periodo particolarmente intenso della vita del compositore dal momento che, pur essendo stata iniziata insieme alla Settima nel 1811, fu completata tra il giugno e l’ottobre del 1812. In questo periodo Beethoven si trovava in Boemia dove era andato su consiglio del medico per guarire da disturbi all’apparato digerente. A Praga, dove giunse il 2 luglio, aveva molto probabilmente appuntamento con Josephine Brunswick alla quale, secondo una tesi piuttosto plausibile anche se più volte messa in discussione, avrebbe scritto tra il 6 e il 7 luglio, mentre si trovava Teplitz, la famosa lettera piena di passione, All’amata immortale, mai spedita e ritrovata soltanto dopo la sua morte insieme al Testamento spirituale di Heilingestadt. A Teplitz, poche settimane dopo, grazie all’interessamento di Bettina Brentano, Beethoven ebbe la possibilità di conoscere e frequentare per tre giorni, dal 19 al 21 luglio, Wolfgang Goethe suscitando nell’ormai sessantenne scrittore tedesco una certa impressione testimoniata in una lettera indirizzata alla moglie nella quale si legge:
“Ho imparato a conoscere Beethoven. Il suo talento mi ha sconvolto; sfortunatamente, però, egli è una personalità del tutto senza freni. Senza dubbio, non ha torto di trovare il mondo detestabile; però, così facendo, non lo rende affatto migliore né per sé né per gli altri. È veramente da scusare e molto da compiangere, poiché il suo udito lo abbandona, e questo è un fatto che danneggia forse meno la parte musicale del suo essere che quella sociale”.
Durante quell’intensa estate Beethoven, dopo aver soggiornato per breve tempo a Karlsbad, si stabilì a Franzesbad, presso le cui terme cercò di curare la sua malferma salute; durante questo soggiorno probabilmente allietato dall’amore di Josephine Brunswick che certo aveva avuto l’opportunità di incontrare più volte durante questo periodo, egli lavorò alla sua Ottava sinfonia. Secondo un’ipotesi suggestiva avanzata da Tellenbach ma non suffragata da prove, la sinfonia sarebbe stata segretamente dedicata proprio alla donna il cui nome non poteva essere rivelato essendo sposata. Tellenbach aveva creduto di individuare questa fantomatica dedica nel carattere boemo di alcune melodie della sinfonia che ricorderebbero la regione d’origine della Brunswick. Ad ottobre Beethoven, richiamato da problemi familiari, si recò a Linz e qui completò la sinfonia che fu eseguita con successo per la prima volta, sotto la sua direzione, il 27 febbraio 1814 in un concerto il cui programma prevedeva la ripresa della Settima. L’Ottava fu concepita, quindi, in un periodo intenso ma felice per il compositore che espresse nella musica uno straordinario desiderio di evasione, lontano dalle tensioni dei precedenti lavori sinfonici. Manca, infatti, un tempo lento nel quale Beethoven generalmente dava sfogo al suo mondo spirituale, mentre la scelta di reintegrare il Minuetto al posto dello Scherzo e alcune suggestioni haydniane e mozartiane, più volte interpretate dalla critica come un’involuzione del suo stile, in realtà denunciano la voglia del compositore di giocare con le forme in un’ulteriore affermazione di vitalità e di forza.
Vitale e luminoso è il primo movimento, Allegretto vivace e con brio, in forma-sonata, che si apre con un tema cordiale e accattivante al quale si contrappone un secondo tema estremamente marcato dal punto di vista ritmico. Il secondo movimento, Allegretto scherzando, oltre a richiamare alcune movenze dei Finali haydniani, è un’elegante burla che ha per oggetto l’ambiente musicale vicino al compositore e in particolar modo Johann Nepomuk Mälzel, inventore del metronomo, per il quale Beethoven avrebbe scritto, secondo quanto affermato da Schindler, nella primavera del 1812 un canone a 4 voci Ta, ta, ta, caro Mälzel, addio, vessillo del tempo, grande metronomo. Beethoven avrebbe poi trasferito questo tema nella sinfonia, ma la notizia, riportata da Schindler, è poco attendibile in quanto il nome del metronomo fu utilizzato per la prima volta soltanto nel 1816 e, quindi, il canone non sarebbe stato scritto nel 1812. Il terzo movimento è un elegante Minuetto, che, secondo Tellenbach, corrisponderebbe a un preciso omaggio a Josephine Brunswick, in quanto riporta lo stesso titolo del terzo movimento della Sonata op. 31 n. 3, composta nel 1802 e, come l’Ottava sinfonia, senza dedica, ma inviata in dono alla donna. Questo Minuetto è una pagina seria e compassata che nel Trio si stempera in un’atmosfera nostalgica di rimpianto e ironia. Richiami ad Haydn sono presenti nel Finale, Allegro vivace, dove, come è stato notato da Vincent D’Indy, appare un tema ungherese che, sempre a giudizio di Tellenbach, costituirebbe un ennesimo omaggio alla Brunswick. Tutto il movimento è pervaso da un sentimento di allegria che, oltre a riallacciarsi ai Finali delle sinfonie di Haydn e di Mozart, anticipa il carattere solare e burlesco di certe pagine rossiniane.
Riccardo Viagrande
Durata: 26'